Alla donna vittima di violenza domestica va garantita la protezione internazionale
23 Gennaio 2024
L'articolo 10, paragrafo 1, lettera d), della direttiva qualifiche, 2011/95/UE, deve essere interpretato nel senso che le donne di un paese o gruppi più ristretti di esse possono essere considerate appartenenti a “un determinato gruppo sociale”, quale “motivo di persecuzione” volto a riconoscere lo status di rifugiato. In caso di persecuzione da parte di soggetti non statuali, è sufficiente, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 3, della stessa direttiva, che sussista un collegamento tra uno dei motivi di persecuzione e la mancanza di protezione contro gli atti di persecuzione da parte dei soggetti che devono offrire la protezione. Infine, la nozione di danno grave , idonea a condurre al riconoscimento dello status conferito dalla protezione sussidiaria, comprende la minaccia reale , gravante sul richiedente, di essere ucciso o di subire atti di violenza da parte da un membro della propria famiglia, a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali. Tenuto conto difatti dell'obiettivo dell'articolo 15, lettera a), della direttiva qualifiche di garantire la protezione degli individui il cui diritto alla vita sarebbe minacciato in caso di ritorno nel paese d'origine, il termine “esecuzione” ivi presente non può essere interpretato come escludente gli attacchi alla vita semplicemente perché sono commessi da attori non statuali. Pertanto, quando una donna corre il rischio concreto di essere uccisa o di subire atti di violenza da parte di un membro della sua famiglia o della sua comunità a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali, tale grave violazione deve essere qualificata, ai sensi di questa disposizione, come “esecuzione”. |