Dopo cinquant’anni dal parto la madre biologica può mantenere il suo anonimato

09 Febbraio 2024

Il rifiuto delle autorità nazionali nel comunicare l'identità della madre biologica non viola il diritto della ricorrente a conoscere le proprie origini.

Il rifiuto delle autorità nazionali di comunicare alla ricorrente l’identità della madre biologica, motivato dalla volontà di quest’ultima di mantenere l’anonimato cinquant’anni dopo il parto, realizza un giusto equilibrio tra i rispettivi diritti ai sensi dell’articolo 8 CEDU. In un caso del genere, il diritto della ricorrente a conoscere le proprie origini, che costituisce espressione del diritto al rispetto della vita privata, entra in conflitto con i diritti della madre biologica a mantenere il suo anonimato in un’epoca che non è più quella della nascita. La Corte europea dei diritti dell’uomo, sebbene abbia criticato che l’accesso alle origini sia qualificato come “volontà legittima” e non, al pari del diritto di partorire, come diritto soggettivo, ha statuito che lo Stato non ha ecceduto il suo margine di apprezzamento avendo definito un sistema volto a facilitare l’accesso alle origini personali senza trascurare la volontà e il consenso della madre. Difatti la ricorrente ha beneficiato di un procedimento in contraddittorio dinnanzi al giudice nazionale ed ha ricevuto dalle stesse autorità tutte le informazioni non identificative in grado di evidenziare le circostanze della sua nascita.

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