Parcheggio di veicolo su fondo altrui: le Sezioni Unite ammettono la costituzione della servitù

20 Febbraio 2024

La disciplina della servitù (art. 1027 c.c.), avendo come scopo l’attribuzione di un vantaggio per il migliore utilizzo di un fondo, non ne preclude la costituzione avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo, purchè sussistano i requisiti del diritto reale e della localizzazione, alla luce di un’analisi del titolo e della situazione di fatto.

Il caso

I giudici di merito rigettavano la domanda di nullità della servitù di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi in genere, costituita con atto notarile. In particolare, secondo la Corte territoriale, l'appellante aveva acquistato il suo immobile ben sapendo dell'esistenza della servitù di parcheggio, debitamente riportata nell'atto di trasferimento; inoltre, l'attore non aveva dato adeguata prova della carenza di utilità della servitù. Difatti, questa consisteva nel più comodo sfruttamento del fondo dominante a vocazione industriale, e poteva concretizzarsi anche in maggiore amenità e comodità, sicché non era esatto affermare che sul fondo servente non era possibile esercitare nessuna attività, potendosi sfruttare il sottosuolo e potendosi comunque compiere le attività non incompatibili con il parcheggio. Avverso tale sentenza, l'appellante aveva proposto ricorso in Cassazione.

La rimessione della vicenda alle Sezioni Unite

Attesa la particolarità della vicenda, il difensore del ricorrente aveva chiesto al Primo Presidente di disporre l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza in merito alla possibilità di costituire e riconoscere servitù prediali di parcheggio: alcune pronunce negavano la configurabilità di una servitù di parcheggio/posteggio per assenza del requisito della realità (proprio del diritto di servitù), altre pronunce, invece, ammettevano la possibilità di costituire una simile servitù prediale.

Un orientamento consolidatosi dal 2004 riteneva che il parcheggio di autovetture su di un'area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, diritto caratterizzato dalla cosiddetta "realitas", intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità così come al fondo servente del peso, mentre la mera "commoditas" di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedevano al fondo non poteva in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari.

Successivamente, a partire dal 2017, la giurisprudenza di legittimità registrava invece un'inversione di tendenza perché, discostandosi dal filone che seguiva la tesi restrittiva, ammetteva, a certe condizioni, la possibilità di costituzione della servitù di parcheggio. Secondo questo orientamento, infatti, lo schema previsto dall'art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un'autovettura su fondo altrui, a condizione però che, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione.

Premesso ciò, le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire alla tesi favorevole alla configurabilità, a determinate condizioni, di una convenzione istitutiva di una siffatta servitù in linea con l'orientamento inaugurato dalla sentenza n. 16698/2017. Quindi, nel dirimere il contrasto di giurisprudenza, è stato enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di servitù, lo schema previsto dall'art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione».

Secondo i Giudici di legittimità, ai fini della configurabilità a determinate condizioni della servitù di parcheggio, la Corte d'Appello avrebbe dovuto analizzare specificamente il contenuto della pattuizione secondo la volontà delle parti contraenti, quindi verificare in concreto la sussistenza dei requisiti dello ius in re aliena. Invece, mancava l'analisi della sussistenza in concreto di tutti i requisiti della servitù perché è mancato, a monte, l'esame completo della specifica clausola contenuta nel titolo negoziale (l'atto notarile): ad essa e al suo specifico contenuto non si faceva nessun riferimento nella sentenza, che desumeva sbrigativamente la natura prediale della servitù «dalla chiara lettera dell'atto costitutivo», senza però mai scendere nel dettaglio della pattuizione, limitandosi a soffermarsi sulla destinazione industriale del fondo dominante e sulla necessità di procurare piazzali adeguati all'azienda, con salvezza della possibilità di sfruttamento del sottosuolo da parte del proprietario del fondo servente.

Oltre al problema dell'omessa verifica della realitas nel senso sopra inteso, i giudici della Suprema Corte contestavano il mancato approfondimento della localizzazione, non essendo concepibile una servitù di parcheggio che si estenda, a mera discrezione del titolare del fondo dominante, in qualsiasi momento e indistintamente su qualsiasi punto del fondo servente, che finirebbe in tal modo per essere svuotato di ogni possibilità di sfruttamento, finanche mediante accesso al sottosuolo.

In conclusione, non essendosi la Corte territoriale attenuta ai princìpi di diritto, il ricorso è stato accolto e, per l'effetto, il provvedimento è stato cassato con rinvio.

(tratto da dirittoegiustizia.it)

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