La censurabilità del travisamento (della lettura) della prova tra revocazione e ricorso in cassazione

Pasqualina Farina
09 Aprile 2024

Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione se possa dedursi con il ricorso di cui all'art. 360, numero 4, c.p.c., la violazione dell'art. 115 c.p.c. da parte del giudice di merito che è incorso nel c.d. travisamento (oggettivo) della prova.

Questione controversa

Gli eredi di un famoso pittore chiedevano al Tribunale la condanna di un'importante Galleria di Roma alla restituzione di un dipinto del de cuius. Nel 1965 il quadro, che si trovava presso una pinacoteca di Milano, era stato - da quest'ultima - consegnato alla suddetta Galleria per un'esposizione presso una mostra itinerante. Nonostante le successive plurime richieste di restituzione, l'opera era non solo rimasta presso la Galleria di Roma, ma addirittura inserita nel Catalogo sul presupposto di averla ormai acquisita in proprietà, rifiutando la richiesta di restituzione del quadro avanzata in via stragiudiziale dagli eredi del pittore.

A differenza della decisione del Tribunale che aveva accolto la domanda attorea, quella del giudice di seconde cure ribaltava il precedente verdetto e veniva quindi impugnata dagli eredi in Cassazione. Segnatamente, per i ricorrenti, il giudice avrebbe - in violazione dell'art. 116 c.p.c. - esercitato il potere di libero apprezzamento in relazione a prove legali, senza indicare le ragioni per le quali aveva escluso il carattere confessorio delle missive versate in atti; inoltre, la sentenza sarebbe stata viziata per violazione dell'art. 115 c.p.c. per travisamento della prova laddove la corte d'appello aveva ritenuto irrilevante: a) il fatto che lo stesso pittore avesse scelto l'opera da inviare per la mostra itinerante per il tramite della Pinacoteca milanese; b) la circostanza che dalle lettere prodotte risultasse palesemente la cessione del quadro alla convenuta a titolo di comodato. In altre parole, ad avviso dei ricorrenti, la corte territoriale aveva stravolto le risultanze processuali, utilizzando informazioni probatorie del tutto diverse ed inconciliabili con quelle contenute nelle lettere prodotte nel giudizio.

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Per un primo tradizionale orientamento, sostenuto da Cass. civ., ord., 29 marzo 2023,  n. 8895 se il c.d. travisamento della prova è frutto di un errore percettivo del giudice il rimedio impugnatorio a disposizione della parte è la revocazione; se invece esso costituisce diretta conseguenza di un errore valutativo del giudice alla parte rimarrebbe preclusa sia la revocazione, sia il ricorso dinanzi al Giudice di legittimità. In altre parole, l'errore determinato dall'inesatta percezione del giudice di merito di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, è deducibile solo quale errore di fatto revocatorio poiché consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che ha portato il giudice ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l'inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, senza che su quel fatto, non «controverso» tra le parti, il giudice abbia reso un qualsiasi giudizio (v., tra tutte, Cass. civ. 3 novembre 2020, n. 24395).

Per una diversa impostazione (cfr. Cass. civ., ord., 27 aprile 2023, n. 11111), il c.d. travisamento della prova costituirebbe una categoria diversa sia dall'errore percettivo, destinato ad essere impugnato con lo strumento della revocazione, sia dall'errore valutativo che è sottratto al giudizio di legittimità. Si tratterebbe, infatti, di un errore «di percezione del contenuto oggettivo della prova», denunciabile in Cassazione, stante la violazione dell'art. 115 c.p.c. per mezzo dell'art. 360, n. 4, c.p.c. Ciò in quanto il giudice finirebbe per disattendere la normativa sulla disponibilità delle prove anche quando a fondamento della decisione collochi prove diverse da quelle proposte dalle parti, ovvero prove che nel processo non esistono affatto. Per l'ordinanza n. 11111 del 2023, si dovrebbe importare dal settore penale, il principio di un «errore revocatorio che però consente il ricorso al giudice di legittimità» che, quindi, esula dall'operatività dell'art. 395, n. 4, c.p.c., per essere intercettato dall'art. 360, n. 4, c.p.c. in relazione alla violazione appunto dell'art. 115 c.p.c. di cui s'è detto poc'anzi. In breve: il rimedio della revocazione non riguarderebbe gli errori di giudizio in senso stretto e si rende esperibile sempre che «il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare».

Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2023, n. 11111

Con ordinanza interlocutoria n. 11111 del 2023, la terza sezione della Suprema Corte ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, il quale ha assegnato la causa alle Sezioni Unite in ragione della questione di massima di particolare importanza e, comunque, oggetto del sentito contrasto giurisprudenziale di cui s'è detto poc'anzi.

Principio di diritto

Le Sezioni Unite, con la decisione che si annota, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall'art. 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell'art. 360, nn. 4 e 5, c.p.c. a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. civ., sez. un., 5 marzo 2024, n. 5792

La decisione delle Sezioni Unite prende posizione sul virtuale concorso dei mezzi ordinari di impugnazione(costituiti da ricorso per cassazione e revocazione) e apre ad alcune brevi, preliminari riflessioni.

La prima. È sul «travisamento della prova» inerente ad un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare che la tenuta del sistema delle impugnazioni viene saggiata, poiché il c.d. travisamento della prova sfugge sia alla disciplina di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. sia a quella di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. In questa prospettiva va richiamato il tormentato percorso legislativo in ordine al regime dell'errore nella motivazione delle sentenze e della sua deducibilità in cassazione, specie ‘a lume della scelta operata dalla riforma del 2012 in favore di un restringimento delle maglie del controllo sulla motivazione, talmente serrato da indurre la stessa Suprema Corte ad operare un bilanciamento tra gli interessi sottesi, ammettendo il controllo di legittimità per i casi di omessa e contraddittoria motivazione (v. per tutte Cass. civ., sez. un., n. 8053/2014, con cui per la prima volta la Cassazione si è espressa sulla nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c. - introdotta dalla legge n. 134/2012 - che al numero 5 del primo comma tra i motivi di ricorso non prevede più come motivo di ricorso l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e documentato ma l'«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» ritornando quasi letteralmente, al vecchio testo del codice di procedura civile del 1940, che prevedeva quale motivo di ricorso in cassazione, l'«omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»).

La seconda. L'esigenza - portata dall'ordinanza interlocutoria - di dare giustizia al singolo caso deciso e la tendenza sempre più marcata di dettare regole di condotta per il genere di giudizi rapportabili a quel caso, apre ad un rinnovato interesse per il giudizio di fatto (la cui separazione dal giudizio di diritto è invero assai difficile, se non addirittura impossibile), ma si infrange - inevitabilmente -  sulla necessità di smaltire un arretrato sempre più greve. Cionondimeno il nostro ordinamento processuale  dovrebbe offrire sicura tutela alla parte ogni volta che il giudice abbia travisato il fatto o le prove, anche alla luce della circostanza che, oggi, in forza della modifica operata dalla legge n. 18/2015 all'art. 3 della legge n. 117/1988, è prevista la condanna dello Stato per i provvedimenti giudiziari emessi in base a travisamento del fatto o delle prove. Lasciando in disparte queste minime considerazioni, la decisione in commento finisce per disattendere l'interpretazione sostenuta dall'ordinanza n. 11111 perché scardinerebbe l'assetto del giudizio di legittimità scaturente dalla riformulazione del n. 5 dell'art. 360, n. 5, c.p.c.post riforma del 2012, (su cui v. Cass, civ., sez. un., n. 8053/2012 cit.), nel rispetto del quadro costituzionale. In breve, ad ammettere la ricorribilità per cassazione in caso di travisamento della prova, il giudizio di legittimità si atteggerebbe ad un terzo grado non sulla decisione impugnata, ma sull'intero compendio delle risultanze processuali, addirittura ampliando quello che era l'assetto anteriore alla riforma del 2012.

Sotto altro profilo le Sezioni Unite sono consapevoli che, l'ordinanza di rimessione (Cass. civ., ord. interloc., n. 11111/2023), tendeva a scongiurare il rischio di «un'inemendabile forma di patente illegittimità della decisione, in contrasto con il principio dell'effettività della tutela, qualora essa si fondi sulla ricognizione obbiettiva del contenuto della prova che conduca ad una conclusione irrimediabilmente contraddetta, in modo tanto inequivoco quanto decisivo, dalla prova travisata, su cui le parti hanno avuto modo di discutere». Tuttavia precisano che il rischio d'incensurabilità del travisamento della prova, è già azzerato dal sistema delle impugnazioni, in quanto per un verso, il momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività è ex se vagliato attraverso lo strumento della revocazione; per altro verso il momento dell'individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi è, come sempre, compito del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, purché il giudice di merito abbia adottato una motivazione eccedente la soglia del «minimo costituzionale».

In tal caso non v'è il rischio del consolidarsi di «un'inemendabile forma di patente illegittimità della decisione», giacché, una volta che il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività, pena la rettifica dell'errore a mezzo della revocazione, ed abbia adottato la propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio (il tutto sostenuto da una motivazione rispettosa dell'esigenza costituzionale di motivazione), si è dinanzi ad una statuizione fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile.

Resta sullo sfondo l'attenzione per il singolo caso di specie. Ed infatti, la Corte d'appello non ha affatto stravolto le risultanze processuali, utilizzando informazioni probatorie del tutto diverse da quelle contenute nelle note della Galleria Nazionale, ma ha in concreto esaminato «il contenuto delle dichiarazioni, come era del resto suo dovere fare, escludendo motivatamente che esse avessero natura confessoria». In breve: il giudice d'appello non è affatto incorso in una fattispecie di travisamento della prova, non vi è stato infatti un errore percettivo del significante ma un diverso ed ipotetico, errore valutativo in ordine alla riconducibilità delle due dichiarazioni al novero delle confessioni. Così una volta esclusa l'efficacia di piena prova delle due missive, quali dichiarazioni confessorie, la Corte d'appello ha ritualmente esaminato gli ulteriori elementi istruttori ritenuti rilevanti, pervenendo alla finale conclusione di rigetto della domanda attorea per mancanza di prova (la dicitura concernente la proprietà del dipinto in capo ad A.U. non poteva essere ricondotta all'artista, ma più plausibilmente ad un ignoto terzo).

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