Distanza tra costruzioni: il principio di prevenzione prevale sui regolamenti locali
21 Maggio 2024
Il Tribunale di Pavia rigettava la richiesta di arretramento di un fabbricato eretto a pochi centimetri dal confine tra le proprietà delle parti. Nello specifico si trattava di una autorimessa, realizzata a ridosso di analoghi locali della confinante proprietà. Dopo il rinvio in appello per mancata evocazione in giudizio di un litisconsorte necessario, il Tribunale confermava il rigetto delle domande e la sentenza veniva confermata anche in appello. La questione è dunque giunta all'attenzione dei giudici di legittimità. Il ricorso lamenta in primo luogo la natura emulativa dell'attività edificatoria realizzata. Ma le censure risultano prive di fondamento. I giudici di merito hanno infatti correttamente escluso la volontà di emulazione, posto che la nuova costruzione di una autorimessa era accanto ad analogo locale di proprietà dell'attore, con la conseguenza che «eventuali disturbi (rumori delle autovetture, gas di scarico) risultano confinati, per entrambe le proprietà, in aree ristrette e contigue. Ben maggiore disturbo arrecherebbe, ad esempio, un box costruito a ridosso di un'abitazione». Infatti la Cassazione ricorda che «poiché gli atti emulativi, vietati dall'art 833 c.c., sono caratterizzati, oltre che dall'elemento oggettivo del danno e della molestia altrui, anche dall'animus nocendi, consistente nell'esclusivo scopo di nuocere o molestare i terzi senza proprio reale vantaggio, non è riconducibile nella previsione della citata disposizione né l'attività edificatoria posta in essere dal proprietario in violazione delle norme pubblicistiche disciplinanti lo ius aedificandi, in quanto comunque preordinata al conseguimento di un diretto concreto vantaggio, né il mantenimento dell'opera iniziata e non ultimata perché in contrasto con dette norme, il quale (salva l'ipotesi dell'inosservanza delle distanze legali e di un provvedimento amministrativo di riduzione in pristino) rientra sempre nel legittimo esercizio dei poteri del proprietario, sia in relazione a possibili diverse utilizzazioni del manufatto incompiuto, sia con riferimento ad una eventuale abrogazione delle norme limitative, sia con riguardo agli oneri cui l'interessato dovrebbe altrimenti soggiacere per ridurre in pristino lo stato dei luoghi» (Cass. civ. n. 3010/1981 e n. 4708/1977). Il ricorso sottolinea inoltre il fatto che tra le due costruzioni resta un'intercapedine di 20 cm. Sul punto correttamente è stata esclusa l'applicabilità dell'art. 877 c.c., non configurandosi una ipotesi di costruzione in aderenza. Di conseguenza, la norma da applicare è quella prevista dall'art. 873 c.c., che prescrive la distanza minima di tre metri tra le costruzioni, ove non derogata dalle normative regolamentari locali e salvo il principio della prevenzione stabilito dall'art. 875 c.c. Tornando alla vicenda, visto che il primo box era stato edificato ad una distanza dal confine minore della metà di quella stabilita dal regolamento locale, e poiché quest'ultimo non prevede un distacco assoluto dal confine, opera il criterio della prevenzione. Deve infatti essere applicato il principio secondo cui «il principio della prevenzione si applica anche nell'ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all'intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.». Di fatto, dunque, la seconda costruzione, con intercapedine di 20 cm, risulta violare l'art. 875 c.c. la cui finalità ultima è proprio quella di evitare la creazione di intercapedini dannose tra gli edifici. La sentenza impugnata va dunque cassata avendo erroneamente applicato la normativa locale e il principio della prevenzione. La Cassazione accoglie dunque il ricorso e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano. (Fonte: dirittoegiustizia.it) |