Subingresso del curatore nel contratto preliminare e operatività dell’art. 108, comma 2, l.fall.

23 Maggio 2024

Le Sezioni Unite hanno risposto al quesito se l’art. 108, comma 2, l.fall. sia o meno applicabile anche alla vendita attuata non all’esito di una proceduta competitiva pubblicizzata e svoltasi sulla base di valori di stima, ma in forma contrattuale, in adempimento di un contratto preliminare in cui il curatore sia subentrato ex lege in applicazione del disposto dell’art. 72, ult. comma, l.fall.

Massima

Nel sistema della legge fallimentare l’art. 108, comma 2, prevede il potere purgativo del giudice delegato in stretta ed esclusiva consonanza con l’espletamento della liquidazione concorsuale dell’attivo disciplinata nella Sezione II del Capo VI secondo le alternative indicate nell’art. 107, perché in essa il curatore esercita la funzione di legge secondo il parametro di legalità dettato nell’interesse esclusivo del ceto creditorio mediante gli appositi procedimenti destinati al fine; mentre è da escludere che la norma possa essere applicata – e il potere purgativo esercitato dal giudice delegato - nei diversi casi in cui il curatore agisca nell’ambito dell’art. 72, ultimo comma, l. fall. quale semplice sostituto del fallito, nell’adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita.

Il caso

Nell’ambito di una procedura fallimentare avviata a carico di una società, il giudice delegato, con decreto, autorizzava il curatore a subentrare in un contratto preliminare di assegnazione in proprietà della porzione di un immobile stipulato tra la società fallita e un socio, disponendo altresì la cancellazione dei gravami insistenti sul bene, tra cui l’ipoteca iscritta a favore di un istituto di credito che aveva provveduto a promuovere l’azione esecutiva prima della dichiarazione di fallimento.

La SPV cessionaria del credito garantito proponeva reclamo avverso tale decreto rilevando, in particolare, come alla fattispecie non fosse applicabile l’art. 108, comma 2, l. fall., trattandosi di un mero subentro ex lege del curatore nel contratto preliminare (trascritto in data anteriore al fallimento) di un immobile destinato a costituire abitazione principale dell’acquirente (che aveva già provveduto a versare l’intero prezzo dovuto alla società poi fallita, sempre in epoca anteriore al fallimento); secondo la reclamante si trattava, in altri termini, di un atto consequenziale al preliminare, di natura totalmente privatistica, e non di una vendita forzata.

L’adito Tribunale di Monza rigettava il reclamo rilevando – sulla base della pronuncia di Cass. civ. n. 3310/2010 - come la vendita ex art. 72, ult. comma, l. fall., sebbene attuata in forme privatistiche, fosse da riguardarsi quale vendita fallimentare, essendo attuata coattivamente (ossia a prescindere dalla volontà del titolare del diritto sul bene) e all’interno di un procedimento di liquidazione concorsuale, mediante un atto del curatore, rappresentante istituzionale della massa dei creditori. Secondo il Tribunale di Monza, inoltre, non osterebbe alla soluzione proposta il diverso principio affermato da Cass., n. 23139/2020 – di cui si dirà infra - in quanto relativo alla fattispecie del concordato preventivo con continuità aziendale, e, oltretutto, deporrebbe a supporto della propria tesi la disciplina introdotta dall’art. 173, 4°co., CCII, secondo la quale spetta al giudice delegato la potestà di cancellare le ipoteche gravanti sull’immobile venduto al promissario acquirente dal curatore subentrato nel contratto preliminare (salva l’inopponibilità della metà degli acconti già versati).

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione la SPV, per violazione o falsa applicazione degli artt. 72 e 108 l. fall., denunciando l’erronea decisione del Tribunale sotto il profilo: a) della qualificazione come vendita concorsuale del contratto definitivo concluso dal curatore in esecuzione del preliminare trascritto ex art. 72, ult. comma, l. fall., ai fini del successivo art. 108 (che si inserisce nell’alveo della liquidazione dell’attivo); nonché b) della presunta esistenza di una ragione di prevalenza del fine di tutela dei diritti del promissario acquirente rispetto ai diritti del creditore ipotecario, da tutelare mediante l’esercizio del potere di purgazione (ciò che comporterebbe una sorta di soppressione sostanziale del diritto di sequela riconosciuto dall’art. 2808 c.c. al creditore ipotecario). Da ultimo, secondo la ricorrente non potrebbe soccorrere, nel caso di specie, l’invocata disciplina di cui all’art. 173, comma 4, CCII, trattandosi di regola completamente innovativa di bilanciamento tra la tutela del promissario acquirente e quella del creditore ipotecario, a condizioni del tutto diverse e come tali inestensibili alla l. fall.

La questione 

La prima sezione della Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 16166/2023, ha disposto la rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ritenendo trattarsi di questione di massima di particolare importanza, molto dibattuta e oggetto di contrasto, integrata dall’interrogativo se l’art. 108, comma 2, l.fall. sia o meno applicabile anche alla vendita attuata non all’esito di una proceduta competitiva pubblicizzata e svoltasi sulla base di valori di stima, ma in forma contrattuale, in adempimento di un contratto preliminare in cui il curatore sia subentrato ex lege in applicazione del disposto dell’art. 72, ult. comma, l.fall.

In altri termini, la questione controversa attiene al fatto se possa o meno considerarsi come vendita concorsuale, ai fini dell’art. 108 l.fall. e delle conseguenze da esso stabilite, la modalità dell’alienazione che si realizza in esito al subentro ex lege del curatore fallimentare nel contratto preliminare di vendita di un immobile da adibire ad abitazione principale del promissario acquirente, trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c.; o, il che è lo stesso, del contratto preliminare di assegnazione del bene al socio di una cooperativa edilizia.

Si tratta, come noto, di una questione assai dibattuta, sia in dottrina sia in giurisprudenza, e che potrebbe aver trovato una soluzione definitiva grazie all’arresto in commento.

Le soluzioni giuridiche

Le adite Sezioni Unite hanno risolto il contrasto affermando il principio per cui, nel sistema della legge fallimentare, l’art. 108, comma 2, prevede il potere purgativo del giudice delegato in stretta ed esclusiva consonanza con l’espletamento della liquidazione concorsuale dell’attivo disciplinata nella Sezione II del Capo VI secondo le alternative indicate nell’art. 107, perché in essa il curatore esercita la funzione di legge secondo il parametro di legalità dettato nell’interesse esclusivo del ceto creditorio mediante gli appositi procedimenti destinati al fine; mentre è da escludere che la norma possa essere applicata – e il potere purgativo esercitato dal giudice delegato - nei diversi casi in cui il curatore agisca nell’ambito dell’art. 72, ult. comma, l.fall., quale semplice sostituto del fallito, nell’adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita.

Il ragionamento dalle Sezioni Unite muove dalla natura giuridica delle vendite effettuate all’interno della procedura fallimentare: è proprio da tale natura, e dalla funzione liquidatoria della vendita espropriativa, che trae diretto fondamento l’effetto purgativo previsto dall’art. 108, comma 2, l.fall., esattamente come accade per l’esecuzione individuale con l’art. 586 c.p.c. In altri termini, l’applicazione dell’art. 108 l.fall. presuppone la c.d. vendita fallimentare, il cui elemento centrale è ravvisabile nella natura esecutiva (e procedimentale) della vendita coattiva (forzata).

Nel dettaglio, dopo le riforme del 2006-2007 l’art. 107 l.fall. contiene la disciplina delle modalità delle vendite delineando tre distinte modalità (in nessuna delle quali rientra l’ipotesi della cessione per atto negoziale), così evidenziando come il legislatore non voglia dissociare i provvedimenti purgativi dal tipo di vendita forzata presupposta, che è e resta una vendita procedimentalizzata. In altre parole, il presupposto di adozione del decreto del giudice delegato conseguente alla vendita appare sempre essere integrato dalla vendita esecutiva procedimentalizzata in funzione liquidatoria di cui alle alternative ipotesi disciplinate nell’art. 107, perché questa – e solo questa – è la vendita forzata.

La vendita effettuata dal curatore in adempimento del preliminare stipulato dal fallito, viceversa, non possiede natura coattiva, né funzione liquidatoria dell’attivo, neppure quando il preliminare abbia riguardato la casa di abitazione e sia stato trascritto prima del fallimento. Nel caso dell’art. 72, ult. comma, l.fall. viene in risalto il mero subentro ex lege del curatore nel preliminare stipulato dal fallito; l’atto col quale è poi eseguita la vendita resta avvinto dalla ordinaria funzione di adempimento delle obbligazioni discendenti dal preliminare; per tale ragione la vendita non costituisce un atto esecutivo di liquidazione dell’attivo fallimentare, a prescindere dal fatto che il prezzo sia stato versato interamente o meno, e che il curatore, in luogo del fallito, possa ottenere a sua volta il pagamento di un residuo. In altri termini, nel caso dell’art. 72, ult. comma, l.fall., la finalità vera è sempre quella di adempiere l’obbligo a contrarre; la funzione liquidatoria, viceversa, esclude il vincolo negoziale, essendo l’organo fallimentare astretto all’osservanza delle (sole) modalità procedimentali dettate per il legittimo esercizio del potere di realizzazione coattiva.

Ciò dimostra come la vendita procedimentalizzata sia altra rispetto alla vendita negoziale semplicemente autorizzata dal comitato dei creditori. La finalità liquidatoria non implica una procedimentalizzazione purchessia (del tipo di quella evincibile dall’eventuale necessità di previa autorizzazione del comitato dei creditori alla stipula di un contratto), ma la procedimentalizzazione dettata dall’art. 107 l. fall. in vista del miglior soddisfacimento delle ragioni creditorie: e ciò spiega il collegamento esistente tra l’art. 108 e l’art. 107 l.fall.

Ai fini dell’effetto purgativo è perciò necessario che la vendita sia stata attivata nel senso indicato dall’art. 107 l.fall., perché questo rende la vendita declinabile in senso procedimentale come atto di liquidazione dell’attivo, per effetto della messa in esecuzione di un programma di liquidazione all’esito delle conseguenti possibilità offerte dalla norma. E poiché in situazioni del genere può discorrersi di vendita procedimentalizzata, l’art. 108 l. fall. coerentemente prevede che, una volta riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordini, con suo decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti, dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo incidente sul bene.

All’opposto, l’esecuzione del preliminare è sempre tecnicamente qualificabile come vendita negoziale (e non come vendita esecutiva concorsuale), e non è in grado (ontologicamente) di garantire la realizzazione dell’effetto pratico che la vendita concorsuale persegue per il tramite della sua procedimentalizzazione (ossia, la realizzazione dei diritti patrimoniali dei creditori). L’atto al quale è tenuto il curatore, dopo il subentro ex lege nel preliminare, esaurisce la sua funzione nel contesto del preesistente rapporto obbligatorio, cosa che ne impedisce la ventilata comune prospettiva funzionale rispetto alla disciplina dei trasferimenti coattivi.

Mancando l’anzidetta idoneità dell’atto a garantire la realizzazione dei diritti patrimoniali dei creditori – cui è paradigmaticamente funzionale il procedimento che conduce alla vendita secondo l’art. 107 l.fall. -, non può invocarsi, in relazione all’art. 72, ult. comma, l.fall., il successivo art. 108, e dunque non può discorrersi di potere purgativo del giudice delegato.

Da ultimo, per quanto riguarda il richiamo effettuato dal Tribunale di Monza alla nuova disciplina di cui all’art. 173, comma 4, CCII per avvalorare il nesso asseritamente sussistente tra l’art. 108 l.fall.e l’art. 72, ult. comma, l.fall., le Sezioni Unite rilevano come, con l’introduzione di tale norma, il legislatore non avrebbe inteso revisionare la disciplina anteriormente rinvenibile nell’art. 72 l.fall. mediante una previsione di estensione mera del potere purgativo del giudice delegato, bensì inserire un precetto del tutto nuovo. Da un lato, infatti, la disciplina non si pone in linea di continuità con quella della legge fallimentare – sola ipotesi in cui, secondo Cass. civ., sez. un., n. 12476/2020, è legittimo l’utilizzo del CCII quale dato comparativo funzionale a dirimere dubbi esistenti a proposito delle vecchie norme -, e dall’altro, in ogni caso, non ha affatto previsto il potere purgativo quale semplice effetto del subentro del curatore nel contratto preliminare e della conseguente vendita: nel CCII, in altri termini, non viene in considerazione il fatto (mero) della vendita obbligatoria. Se, dunque, nel nuovo contesto normativo il problema in esame è stato in qualche modo risolto, è anche vero che la soluzione è stata incentrata sulla codificazione della potestà di purgare le ipoteche (e di cancellare le iscrizioni, le trascrizioni o gli altri vincoli) come effetto di una accurata regolamentazione del tutto nuova.

Alla luce di tali considerazioni, le Sezioni Unite hanno accolto il ricorso della SPV, cassando con rinvio il decreto del Tribunale di Monza.

Osservazioni

Anzitutto è opportuno ricordare che, in presenza di un contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente, il curatore non ha possibilità di scegliere se subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendosi tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, ma succede necessariamente nel contratto, ex lege, ed è conseguentemente tenuto a darvi esecuzione.

È proprio l’esistenza di un simile obbligo di legge ad innescare l’interrogativo in esame, ossia se l’alienazione effettuata dal curatore fallimentare sia tale da rientrare nell’ambito dell’attività liquidatoria della procedura concorsuale. E su tale tema si è registrato il vivace contrasto, finalmente risolto dalle Sezioni Unite in commento, di cui è senz’altro opportuno richiamare gli estremi.

La tesi affermativa, fatta propria anche dal Tribunale di Monza, si basa sul rilievo per cui la vendita effettuata dal curatore è da considerare come afferente all’attività liquidatoria della procedura concorsuale anche se non effettuata secondo le regole proprie dell’esecuzione concorsuale. Secondo tale orientamento, sono da qualificare come vendite concorsuali quelle che, comunque attuate, possiedono natura coattiva perché avvengono invito domino in un ambito procedimentalizzato; conseguentemente, anche tali vendite sarebbero soggette all’efficacia purgativa. Dal punto di vista in esame, la vendita immobiliare fatta in esecuzione di un preliminare stipulato dal fallito e previamente trascritto diventerebbe vendita concorsuale, ai fini dell’art. 108 l.fall., perché disposta dal curatore fallimentare con l’autorizzazione del comitato dei creditori.

Tale indirizzo ha trovato avallo nella già richiamata pronuncia di Cass. civ n. 3320/2017, secondo cui in tema di vendita fallimentare, anche se attuata nelle forme contrattuali e non tramite esecuzione coattiva, trova applicazione l’art. 108, comma 2, l.fall., con la conseguente cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione a opera del giudice delegato e ammissione del creditore ipotecario al concorso, con rango privilegiato, sull’intero prezzo pagato, ivi compreso l’acconto eventualmente versato al venditore ancora in bonis. Tale sentenza, in particolare, ha posto la base per l’estensione del concetto di vendita fallimentare oltre lo steccato delle modalità di cui all’art. 107 l.fall.

A tale tesi si contrappone quella secondo cui il risultato al quale tende l’art. 108, comma 2, l.fall., non sarebbe concepibile al di fuori di una procedura coattiva aperta al mercato e finalizzata al realizzo dell’intero (e anzi del migliore) prezzo di vendita del bene acquisito all’attivo. Ciò sarebbe in certa misura presupposto dalla norma, per essere la stessa riferibile al profilo di necessaria competizione nell’ambito di una procedura pubblica di dismissione dei beni, che dovrebbe sempre muovere da un prezzo di stima e favorire la massima informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati, al fine di assicurare il conseguimento del maggior risultato possibile e con esso la miglior soddisfazione dei creditori. In tale diversa prospettiva, la base di riferimento delle vendite fallimentari sarebbe dunque solo quella delineata dalla norma sulla vendita propriamente procedimentalizzata, e solo in tal guisa si giustificherebbe l’effetto purgativo.

Espressione di tale indirizzo è la già citata pronuncia di Cass. civ. n. 23139/2020, la quale, seppur pronunciandosi in tema di concordato preventivo con continuità aziendale, ha affermato che l’assegnazione dell’immobile al socio di una cooperativa, che avvenga in esecuzione di un piano gestionale teso all’ultimazione degli alloggi rimasti incompiuti, non può essere accompagnata dalla cancellazione ex art. 108 l.fall. delle iscrizioni pregiudizievoli, dal momento che i detti effetti purgativi si giustificano solo qualora la vendita si compia in esito a una procedura competitiva a evidenza pubblica secondo le regole di cui agli artt. 105 ss. l.fall. richiamate dall’art. 182,  comma 5, l.fall., e non anche quando essa sia il frutto della continuazione dell’attività di impresa.

Come visto, la soluzione proposta dalle Sezioni Unite ha inteso confermare l’esattezza di quest’ultimo filone giurisprudenziale.

Resta aperto il problema rappresentato dal Tribunale di Monza, relativo alla finalità di tutela sottesa alla disciplina dell’art. 72, ult. comma, l.fall. – ossia, la necessità di tutelare il promissario acquirente che abbia trascritto il preliminare di acquisto della casa di abitazione di fronte al rischio di sopravvenienza del fallimento -, la quale, tuttavia, secondo le Sezioni Unite non può imporre una soluzione diversa da quella indicata, in considerazione dei limiti propri dell’attività di interpretazione delle norme, che non può superare il limite di tolleranza e di elasticità dell’enunciato.

In definitiva, nella legge fallimentare il promissario acquirente resta tutelato dalla anteriorità della trascrizione del preliminare in vista dell’eventualità della dichiarazione di fallimento del promittente, non in rapporto alla posizione dei terzi titolari di anteriori diritti di prelazione.

Riferimenti

Sulle specifiche questioni si rinvia, oltre alla giurisprudenza citata nel testo, a Crivelli, Cancellazione delle formalità ex art. 108 e “atti negoziali” del curatore, in Fallimento, 2018, 1457 ss.; P. Farina, Subentro del curatore nel contratto preliminare e operatività dell’art. 108 l.f., in www.ilfallimentarista.it; Lamanna, La problematica cancellazione delle ipoteche iscritte in caso di subentro del curatore nel preliminare, in www.ilfallimentarista.it; Luminoso, Alienazioni non coattive in sede fallimentare (o concordataria) e cancellazione delle ipoteche: i giudici di legittimità ci ripensano, in Fallimento, 2021, 19 ss.; Luminoso, I contratti preliminari: dalla legge fallimentare al codice della crisi d’impresa, in Contr. & Impr., 2020, 1076 ss.; Tarzia, La sorte dell’ipoteca sull’immobile venduto dal curatore per subentro nel preliminare stipulato dal fallito, in Dir. fall., 2017, 890 ss.; Terrusi, Il contratto preliminare tra vendita obbligatoria, vendita concorsuale e purgazione delle ipoteche, in REF, 2024, 1 ss.; Zanichelli, Esecuzione obbligata del preliminare di vendita nelle procedure concorsuali e assimilabilità alle vendite forzate: una questione ricorrente, in Fallimento, 2022, 243 ss.

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