Le azioni esperibili dall’acquirente nel caso di vendita di bene privo delle qualità essenziali

04 Giugno 2024

Secondo un recente arresto della Suprema Corte, il compratore può domandare la riduzione del prezzo laddove la cosa venduta non abbia le qualità essenziali per l'uso cui è destinata. 

Massima

In caso di vendita di un bene mancante di qualità promesse o essenziali, la tutela giurisdizionale consentita al compratore ricomprende, fra le azioni esperibili, anche l'azione "quanti minoris", posto che l'art. 1497 c.c. - nel ricordare l'applicabilità della disciplina in tema di risoluzione contrattuale - non esclude che il compratore possa avere interesse a mantenere ferma in capo a lui la proprietà del bene conseguita attraverso il contratto.

Il caso

La venditrice conveniva dinanzi al Tribunale di Como l'acquirente per la risoluzione del contratto di compravendita immobiliare e la ritenzione della caparra confirmatoria, eccependo l'inadempimento dell'obbligo di pagamento delle rate del mutuo in favore dell'istituto di credito, quale modalità di pagamento del prezzo, cui l'acquirente si era obbligato in virtù di accollo interno concordato con la venditrice. A fronte di tale domanda, la controparte contestava la presenza di molteplici vizi e difetti del bene compravenduto e chiedeva, in via riconvenzionale, la riduzione del prezzo o, in alternativa, la condanna della venditrice al risarcimento del danno. In via subordinata, domandava la risoluzione del contratto e la condanna della venditrice alla restituzione del prezzo e al risarcimento del danno. Il Tribunale, nel comparare le condotte inadempienti delle parti, dichiarava risolto il contratto per colpa della venditrice ai sensi dell'art. 1497 c.c., riscontrando la più grave condotta nell'accertata inidoneità all'uso del bene compravenduto ed escludendo che l'inadempimento parziale dell'obbligo di pagamento delle rate del mutuo avesse pregiudicato la realizzazione dello scopo del contratto.

Tale statuizione veniva confermata dalla Corte d'Appello, la quale evidenziava che l'accertata mancanza delle qualità essenziali del bene compravenduto non consentiva l'accoglimento delle domande proposte in via principale dall'acquirente ai sensi dell'art. 1492 c.c., in quanto l'unico rimedio esperibile nel caso di bene inidoneo all'uso è quello della risoluzione del contratto, come previsto dall'art. 1497 c.c.

Con ricorso per Cassazione, l'acquirente denunciava, per quel che rileva in questa sede, la violazione degli artt. 1490,1492,1497 c.c. e dell'art. 112 c.p.c. in quanto la Corte territoriale, una volta ricondotto il caso di specie nell'ambito dell'art. 1497 c.c., aveva statuito che l'unico rimedio possibile nel caso di vendita di bene inidoneo all'uso fosse la risoluzione del contratto, con conseguente rigetto delle domande di riduzione del prezzo e/o di risarcimento del danno proposte in via principale.

La questione

La questione giuridica controversa posta all'attenzione della Suprema Corte è se la domanda di riduzione del prezzo prevista dall'art. 1492 c.c. possa essere proposta solo in presenza di vendita di bene affetto da vizi o anche nel caso di mancanza delle qualità essenziali ex art. 1497 c.c.

Le soluzioni giuridiche

L'actio quanti minoris è proponibile nel caso di mancanza delle qualità essenziali del bene compravenduto. 

Secondo i giudici di legittimità, sebbene la tradizionale normativa codicistica diversifichi i rimedi esperibili in caso di vizi (art. 1490 c.c.), mancanza delle qualità promesse o essenziali (art. 1497 c.c.), cattivo funzionamento (art. 512 c.c.) e aliud pro alio datum, non può escludersi che il compratore possa formulare una domanda complessa e/o gradata nella sua articolazione o chiedere un provvedimento non ancora tipizzato dal legislatore, ove lo stesso sia rispondente allo specifico interesse fatto valere.

Da questa prospettiva, si è rilevato che, per quanto l'art. 1497 c.c. autorizzi il compratore a chiedere la risoluzione del contratto in caso di mancanza di qualità essenziali o promesse, ciò non vieta che possa essere tutelato il suo interesse al mantenimento della proprietà del bene manifestato attraverso la proposizione – in via principale - della domanda di riduzione del prezzo.

Tale conclusione si fonda sulla considerazione che, nella nuova prospettiva di atipicità dell'azione giudiziaria, l'actio quanti minoris, come la domanda di risoluzione, costituisce un rimedio generale a tutela dell'acquirente e valorizza l'orientamento giurisprudenziale secondo cui le categorie dei vizi e della mancanza di qualità sono assoggettate alla stessa disciplina (Cass. civ. 17 gennaio 1978, n. 206; Cass. civ. 17 novembre 1978, n. 5361; Cass. civ. 3 agosto 2001, n. 10728; Cass. civ. 10 gennaio 1981, n. 247).

In considerazione di ciò, la S.C. ha affermato che l'actio quanti minoris è proponibile nel caso di mancanza delle qualità essenziali del bene compravenduto.

Osservazioni

Le azioni a tutela dell'acquirente.

La disciplina codicistica delle anomalie del bene compravenduto è incentrata sulle categorie dei vizi (art. 1490 c.c.), della mancanza delle qualità promesse o essenziali per l'uso cui la cosa è destinata (art. 1497 c.c.), del cattivo funzionamento (art. 1512 c.c.), dell'aliud pro alio datum.

Nella giurisprudenza di legittimità, è consolidato l'orientamento secondo cui il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) riguarda le imperfezioni ed i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa medesima, mentre la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497 c.c.) è inerente alla natura della merce e concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell'ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie, piuttosto che in un'altra. Tali categorie di vizi si distinguono, a loro volta, dall'ipotesi della consegna di aliud pro alio, la quale ricorre quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso, o presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti, facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (Cass. civ. 5 aprile 2016, n. 6596; Cass. civ. 29 aprile 2010, n. 10285).

La distinzione tra le menzionate categorie assume particolare rilievo sotto il profilo dell'apparato rimediale.

Invero, nel caso di vizi della cosa, il compratore può proporre, in alternativa, l'azione redibitoria o l'actio quanti minoris (art. 1492 c.c.). In queste ipotesi, la responsabilità del venditore prescinde da una sua colpa (Ferri-Nervi, 29). Inoltre, è espressamente prevista la responsabilità del venditore per danni, sancendo a suo carico una presunzione di colpa (art. 1494 c.c.).

Diversamente, la mancanza di qualità autorizza il compratore a chiedere la risoluzione del contratto, secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per l'inadempimento (art. 1453 c.c.), con l'importante precisazione che tale azione è soggetta agli stessi termini di prescrizione e decadenza previsti per i vizi della cosa (Mirabelli, 96).  In questi casi, il venditore risponde solo se è in colpa (Ferri-Nervi, 29; in giurisprudenza cfr. Cass. civ. 16 dicembre 2019, n. 33149; Cass. civ. 24 maggio 2005, n. 10922; Cass. civ. 21 gennaio 2000, n. 639).

Nel caso di consegna di aliud pro alio i rimedi esperibili dal compratore sono quelli ordinari: azione di adempimento, di risoluzione, di risarcimento del danno ed eccezione d'inadempimento (Mirabelli, 96).

Come evidenziato in dottrina (D'Amico, 455; Luminoso, 263), le differenze più rilevanti tra gli apparati rimediali previsti per vizi e mancanza di qualità sono: a) la rilevanza della colpa (esclusa nelle azioni edilizie); b) l'azione di riduzione del prezzo (non ricompresa nella tutela contrattuale); c) l'azione di esatto adempimento (generalmente negata con riferimento ai vizi redibitori); d) l'applicabilità dell'art. 1491 c.c. (da escludere in caso di tutela contrattuale).

Nonostante la tipicità dei rimedi previsti dalla normativa codicistica, una certa dottrina estende interamente alla mancanza di qualità la disciplina prevista per i vizi (artt. 1490-1495 c.c.), rilevando l'insussistenza di diversità strutturali e intrinseche tra le due categorie, dal momento che anche la mancanza di qualità costituisce un difetto materiale del bene preesistente alla conclusione del contratto che, in quanto tale, non può integrare un'ipotesi di responsabilità per inadempimento del venditore di cui agli artt. 1218 e 1453 c.c. Secondo questa impostazione, la mancanza di qualità postula necessariamente una “responsabilità del venditore fondata sull'inattuazione o, più specificamente, sull'inesatta attuazione del risultato traslativo” (Luminoso, 263).

Da questa prospettiva, si evidenzia che il rinvio contenuto nell'art. 1490 c.c. alle disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento non esclude che il compratore, nel caso di bene privo di qualità essenziali, possa esperire l'azione di riduzione del prezzo, la quale costituisce espressione di un rimedio generale a tutela del contraente (Bianca, 892).

A tale conclusione giunge la sentenza in commento considerando preminente rispetto al dato normativo la tutela dell'interesse concreto dell'acquirente.

Dunque, la S.C. ammette che il compratore, in caso di mancanza delle qualità essenziali, possa chiedere un provvedimento non ancora tipizzato dal legislatore, ove lo stesso sia rispondente allo specifico interesse alla conservazione del contratto fatto valere nel giudizio. Ciò viene giustificato osservandosi che, nella nuova prospettiva di atipicità dell'azione giudiziaria, le azioni di risoluzione del contratto e di riduzione del prezzo per vizi costituiscono rimedi a carattere generale a tutela dell'acquirente.

Secondo una diversa impostazione, vizi e mancanza di qualità sono assoggettate a discipline diverse, con la conseguenza che, nel caso di mancanza di qualità, il compratore è autorizzato ad esperire l'azione di risoluzione, secondo i principi generali di cui agli artt. 1218 e 1453 c.c. (Ferri, 233; Mirabelli, 96).

Tale ricostruzione, oltre a valorizzare il fatto che il dettato normativo non prevede l'azione di riduzione del prezzo nel caso di mancanza di qualità, sottolinea che tale anomalia del bene compravenduto integra un'ipotesi di vero e proprioinadempimento, che non consente il ricorso alle azione apprestate dalla garanzia in senso tecnico per la fattispecie dei vizi.

Questa diversa tesi ha trovato il conforto di una parte della giurisprudenza di legittimità e di merito limitatamente all'ipotesi di cessione di azienda (Cass. civ. 24 luglio 2023, n. 22075; Cass. civ. 8 marzo 2013, n. 5845; Cass. civ. 8 aprile 1971, n. 1049; Cass. civ. 13 novembre 1969, n. 3695; Trib. Imperia 29 luglio 2020, n. 397; Trib. Trento 17 febbraio 2017; Trib. Pisa 12 settembre 2016).

Riferimenti

Bianca, La vendita e la permuta, in Tratt. Vassalli, Torino, 1993, 883 ss.;

D'Amico, La compravendita, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, I, Perlingieri (diretto da), Napoli, 2013, 452 ss.;

Ferri, La compravendita come negozio di scambio, in Ferri e Angelici, Studi sull'autonomia dei privati, Torino, 1997, 233;

Ferri-Nervi, Il contratto di compravendita, in Diritto Civile, Lipari e Rescigno (diretto da), Milano, 2009, 29;

Greco-Cottino, Della vendita, in Commentario Scialoja, Branca, IV, Delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1981, sub artt. 1470-1547;

Luminoso, La compravendita , Torino, 2003, 262 ss.;

Mirabelli, Della vendita, in Commentario del codice civile, Torino, 1991, 90 ss.;

Rubino, La compravendita, in Tratt. Cicu e Messineo, Milano, 1971, 757 ss. – 888 ss.

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