Risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita

17 Giugno 2024

Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha escluso la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita in assenza di lucida agonia. 

Il 27 marzo 2003, l'auto condotta da Tizio va fuori strada e urta contro un albero. Caia, trasportata, finisce in coma e decede tre giorni dopo.

I genitori e i fratelli di Caia agiscono in giudizio per ottenere la condanna del conducente e del proprietario dell'autovettura al ristoro dei  danni  conseguenti. Il Tribunale di Cassino accoglie parzialmente le domande attoree, escludendo però la risarcibilità  iure hereditatis  del  danno da perdita della vita.

La Corte d'Appello di Roma conferma l'esclusione della risarcibilità del menzionato pregiudizio, tanto che i congiunti della vittima, ben lungi dal rassegnarsi, ricorrono in Cassazione, formulando una specifica censura al riguardo.

Conformandosi a Cass., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15350, la Suprema Corte conferma la sentenza impugnata: la  risarcibilità iure hereditatis  del danno da perdita della vita  era stata  esclusa  perché la vittima, al momento del sinistro, era finita in uno stato di coma profondo e, non ravvisandosi la prova del contrario, il decesso era verosimilmente intervenuto in assenza di “lucida agonia”.

La decisione si colloca nell'ambito dell'orientamento che, a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite, pare prevalente. Sul punto, fra le altre, v. Cass. civ. 25 ottobre 2016, n. 21453Cass. civ.  9 marzo 2017, n. 6035Cass. civ. 30 novembre 2018, n. 2111Cass. civ. 13 febbraio 2019, n. 4146Cass. civ. 11 novembre 2019, n. 28989Cass. civ. 26 maggio 2020, n. 9861Cass. civ. 12 giugno 2020, n. 11279, nonché, fra le pronunce di merito, Trib. Terni 14 gennaio 2022, n. 60App. Genova 4 febbraio 2021, n. 140Trib. Savona 29 settembre 2020, n. 507

Sembra ormai superata la posizione espressa da Cass. civ. 23 gennaio 2014, n. 1361 che aveva ammesso la risarcibilità del danno da perdita della vita, a prescindere dalla  consapevolezza  che ne avesse il danneggiato e quindi anche nelle ipotesi di  morte c.d. immediata o istantanea.

Alla resa dei conti, risulta allora confermato l'insegnamento di Epicuro: «[…] il più temibile dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è la morte, quando c'è la morte non ci siamo più noi». Invero, se al momento della morte noi non ci siamo più, non c'è neanche un danno alla persona di cui i nostri eredi potranno ottenere il ristoro.

*Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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