Estinzione della società susseguente alla cancellazione dal registro delle imprese

01 Luglio 2024

La questione giuridica oggetto di contrasto in sede di legittimità attiene, nell'ipotesi di cancellazione dal registro delle imprese e successiva estinzione di una società, l'eventuale configurabilità di un'automatica rinuncia dei crediti di quest'ultima, non compresi nel bilancio finale di liquidazione, in pendenza del giudizio volto al loro accertamento.

Massima

[…] Si è perpetuato un contrasto in seno alla Corte, vertente in particolare sulla possibilità di configurare la tacita rinuncia ad alcuni dei crediti della società, sub iudice e illiquidi, e non compresi nel bilancio finale di liquidazione, ove questa venga cancellata dal registro delle imprese in pendenza di lite, con conseguente estinzione e impossibilità di trasferimento ai soci anche ai fini dell'art. 110 c.p.c.

Il caso

Una s.r.l. ed i relativi fideiussori hanno convenuto in giudizio la banca presso la quale la società aveva aperto i conti correnti chiedendo la restituzione delle somme indebitamente versate per l'asserita illegittima applicazione degli interessi sugli stessi.  

Il Tribunale, anche all'esito della CTU ha dichiarato cessata la materia del contendere sulle domande presentate dalla società che, nelle more, era stata cancellata dal registro delle imprese e ha respinto le domande dei fideiussori.

La società ha proposto impugnazione della sentenza che veniva dichiarata inammissibile dall'adita Corte d'Appello, la quale condannava, inoltre, la banca al pagamento della somma corrispondente al saldo del conto corrente in favore del socio unico della società estinta, dichiarando, poi, assorbita la domanda dei fideiussori.

Contro tale provvedimento, la banca ha proposto ricorso per cassazione.

La questione

La Suprema Corte torna a pronunciarsi su un tema che, nonostante sia stato sottoposto all'attenzione delle Sezioni Unite nel 2013, è, tuttavia, ancora controverso a causa di alcune pronunce successive che si sono poste in contraddizione con quanto da esse originariamente statuito.

La questione giuridica oggetto di contrasto in sede di legittimità attiene, nell'ipotesi di cancellazione dal registro delle imprese e successiva estinzione di una società, l'eventuale configurabilità di un'automatica rinuncia dei crediti di quest'ultima, non compresi nel bilancio finale di liquidazione, in pendenza del giudizio volto al loro accertamento.

Nel caso di specie, la Prima Sezione civile della Suprema Corte, alla luce della particolare rilevanza attribuita alla questione oggetto di dibattito che potrebbe riproporsi in un numero indeterminato di casi, ha ritenuto di rimettere gli atti alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

Le soluzioni giuridiche

Come premesso, le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., n. 6070/2013, Cass. civ., sez. un., n. 6071/2013 cui si è conformata successiva giurisprudenza, tra cui Cass. civ, n. 25974/2015) sono intervenute sul tema stabilendo che se all'estinzione della società, successiva alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico in capo alla società estinta, i diritti e i beni non facenti parte del bilancio finale di quest'ultima si trasferiscono ai soci “con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo”.

Successivamente, la Terza sezione civile (Cass. civ., n. 15782/2016) ha affermato che nella predetta ipotesi si presume che la società abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, sia pur incerto ed illiquido, preferendo concludere il procedimento estintivo della società stessa. Da tale presunzione deriverebbe, pertanto, che non si possa realizzare alcun fenomeno successorio in pendenza del corrispettivo giudizio e che i soci della società estinta non risultino essere legittimati ad impugnare la pronuncia di rigetto di tale pretesa emessa in appello.

Da ultimo, l'indirizzo interpretativo proposto dalle Sezioni Unite è stato confermato da una recente pronuncia (Cass. civ., sez. III, n. 21071/2023) che si è espressa confermando che non opererebbe la successione dei soci rispetto a crediti non liquidi e non esigibili che, appunto, si presumono oggetto di tacita rinuncia da parte della società.

Un differente orientamento espresso dalla Prima sezione (Cass. civ., n. 9464/2020) ritiene, al contrario, che la cancellazione dal registro delle imprese e la successiva estinzione della società avvenuta in pendenza di un giudizio intrapreso dalla stessa, non comporta anche l'estinzione della relativa pretesa a meno che il creditore non abbia manifestato, sia pur con comportamenti concludenti, la volontà di rimettere il debito e, per contro, il debitore abbia dichiarato di non voler avvantaggiarsene.

A tale orientamento si è conformata anche la Prima sottosezione della Sesta sezione civile (Cass. civ., n. 30075/2020), la quale, ritenendo non configurabile un'automatica rinuncia del credito controverso, ha espresso il principio generale della successione dei residui attivi in favore dei soci, ad eccezione del verificarsi della remissione del debito ex art. 1236 c.c. che deve risultare allegata e provata da chi intenda farla valere.

Nel solco di tale contrasto, con l'ordinanza interlocutoria in commento la questione è stata rimessa alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione alle S.U. che dovranno eventualmente esprimersi a riguardo pronunciando il relativo principio di diritto.

Osservazioni

Come considerato dai giudici ermellini con il provvedimento in commento, nonostante le pronunce a Sezioni Unite, nella giurisprudenza di legittimità non è venuto il meno il contrasto relativo alla “possibilità di configurare la tacita rinuncia ad alcuni dei crediti della società, sub iudice e illiquidi, e non compresi nel bilancio finale di liquidazione, ove questa venga cancellata dal registro delle imprese in pendenza di lite, con conseguente estinzione e impossibilità di trasferimento ai soci anche ai fini dell'art. 110 c.p.c..”.

In particolare, constatando che dall'applicazione del disposto delle pronunce del 2013 deriverebbe una presunzione di rinuncia pressoché assoluta, la Suprema Corte ha individuato alcune conseguenti criticità,

in primis, per l'irrazionalità della configurazione che riconosce l'idoneità dei crediti ad essere iscritti nel bilancio finale: tale circostanza risulterebbe, invero, in contrasto con il principio contabile a carattere generale secondo cui ogni credito, sia pur illiquido o incerto, può essere iscritto in bilancio al valore presumibile di realizzo ai sensi dell'art. 2426 c.c. In particolare, infatti, ai sensi del prima comma, n. 8 di quest'ultimo, nella redazione del bilancio di esercizio, diversi sono i criteri di valutazioni utilizzati, tra cui, appunto, la circostanza che i crediti e i debiti siano rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, rispetto ai crediti, del presumibile valore di realizzo.

A ciò si è aggiunta la riconduzione automatica della formalità pubblicitaria, ossia la cancellazione dal registro delle imprese, all'ipotesi di rinuncia, nonostante il realizzarsi di circostanze logicamente incompatibili quali la pendenza di un giudizio volto all'accertamento del credito da parte del liquidatore.

Come osservato anche in dottrina, secondo l'interpretazione delle Sezioni Unite della Suprema Corte, l'elemento determinante a ritenere la società giuridicamente estinta sarebbe l'iscrizione della cancellazione dal registro delle imprese, prescindendo dalla circostanza che la liquidazione sia stata ultimata con la definizione di tutti i rapporti facenti capo alla società, tra cui, anche gli eventuali giudizi pendenti.

Infine, si è sottolineata la difficoltà di rispettare l'assunto da un punto di vista degli effetti pratici poiché in virtù dell'automatismo si realizzerebbe una potenziale perdita in pregiudizio degli stessi creditori che non potrebbero far affidamento alla corrispondente posta attiva.

Inoltre, nel più generale ambito delle criticità riscontrate, attenta dottrina, con riferimento alle pronunce delle Sezioni Unite, ha osservato che sostenere la configurabilità di un fenomeno successorio cui applicare l'art. 110 c.p.c. implicherebbe, sotto un profilo processuale, la realizzazione di un litisconsorzio necessario tra i soci delle società estinta. Posto che l'art. 2495 c.c.. non dispone la possibilità di una notificazione collettiva, da una siffatta impostazione deriverebbe, innanzitutto, una difficoltà da un punto di vista pratico rispetto alle modalità di notificazione dell'atto di riassunzione o di impugnazione nei confronti di tutti gli ex soci singolarmente considerati quali litisconsorti necessari, dal momento che la relativa identificazione potrebbe non risultare affatto agevole. A tale rilievo devono poi aggiungersi le problematiche derivanti dalle brevi tempistiche previste dalla legge, a seconda dalla fase del processo in cui si verifica l'estinzione della società, al fine di evitare la susseguente estinzione del processo pendente.

Ciò posto, i già citati provvedimenti del 2020 hanno optato, al contrario, per una scelta che esclude la configurabilità di automatismi in considerazione della circostanza che alla cancellazione della società non segue un'implicita rinuncia del credito controverso.

Nel solco di tale contrasto, si è inserita, infine, la più recente pronuncia del 2023 della Terza sezione che ha nuovamente sollevato il problema dell'automatismo, in linea con quanto disposto dalle Sezioni Unite, rispetto alla ripartizione dell'onere della prova: in tal caso, cioè, i giudici ermellini, sostenendo la presunzione della volontà abdicativa fino a prova contraria, hanno ritenuto che il credito non sia da considerare implicitamente rinunciato.

Alla luce degli evidenti contrasti di legittimità anche richiamati nello stesso provvedimento in commento, si resta in attesa dell'auspicabile eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite da parte della Prima Presidente per una definitiva risoluzione della questione.

Riferimenti

G. B. Barillà, Cancellazione della società dal registro delle imprese e sopravvenienze attive: il dibattito prosegue, in Giur. comm., 2014, 5;

D. Dalfino, La cancellazione della società dal registro delle imprese, Torino, 2017; E. De Sabato, Cancellazione dal registro delle imprese, estinzione ed effetti su rapporti giuridici sostanziali e processuali, in Giur. comm., 2013, 4;

M. Vanzetti, Cancellazione delle società dal registro delle imprese e processi pendenti, in Giur. comm., 2013, 6.

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