Preliminare di compravendita di immobile con abusi edilizi: legittimo il recesso dell’acquirente

25 Luglio 2024

La mancanza della concessione edilizia (o, quanto meno, della concessione edilizia in sanatoria) costituisce causa di nullità degli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi a edifici o loro parti.

È necessario, difatti, che l'atto di compravendita di un immobile indichi gli estremi della concessione edilizia. La menzionata sanzione della nullità, di contro, non si applica al contratto preliminare, i cui effetti sono meramente obbligatori e non anche traslativi. Da ciò discende che le parti, pur in assenza di concessione edilizia, possono stipulare un contratto preliminare senza incorrere in alcuna nullità. In tali evenienze, il rilascio della concessione (anche in sanatoria) successivamente alla stipula del preliminare esclude la sanzione della nullità del contratto definitivo di compravendita, ovvero consente la pronuncia di sentenza ex art. 2932 c.c.

Con l'ordinanza in commento il S.C., confermando il pregresso orientamento in tema, precisa che l'assenza del titolo edilizio nell'ambito di un contratto ad effetto obbligatori – quale il preliminare – non determina la nullità del contratto ma, in caso, legittima l'acquirente a recedere dal contratto e vedersi riconosciuto, a sensi dell'art. 1385 c.c., il doppio della caparra.

Il caso

L'ordinanza in commento – che rigetta il ricorso avverso la decisione della Corte territoriale – definisce un contenzioso relativo alla validità o meno del recesso dal preliminare di compravendita, azionato dalla promissaria acquirente, di un immobile sul quale erano emersi, successivamente alla stipula del preliminare, una serie di abusi edilizi insanabili.

Accolta in primo grado la domanda di recesso e di restituzione del doppio della caparra, la domanda è confermata in appello sul rilievo dell'assenza della concessione edilizia per le opere realizzate e l'impossibilità di ottenere la DIA, stanti gli abusi originariamente commessi.

La decisione è confermata dal S.C., evidenziando come, in caso di difformità insanabili, l'azione deve essere ricondotta all'art. 1489 c.c., ritenendo l'assenza del titolo edilizio richiesto una limitazione del libero godimento della cosa medesima o, quanto meno, una diminuzione del suo valore.

La nullità “edilizia” come nullità testuale

Preliminarmente, il S.C. rammenta l'orientamento inaugurato della Sezioni Unite in ordine alla c.d. “nullità edilizia”. Sul punto, infatti, si è affermato che la nullità comminata dall'art. 46 d.P.R. n. 380/2001 e dagli artt. 17 e 40 l. n. 47/1985 va ricondotta nell'ambito nullità "testuale"; con tale espressione, in particolare, si intende un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile.

Al tempo stesso, però, anche il S.C. chiarisce che il titolo deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile, sicché, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.

Gli effetti dei titoli autorizzati “in sanatoria”

Sulla base del principio testè espresso, la Cassazione chiarisce che il rilascio dei titoli autorizzativi “in sanatoria” ha il solo effetto di impedire che all'opera abusiva vengano applicate le varie sanzioni previste dalla legge, tra cui la demolizione e la nullità degli atti di vendita, consentendo così ai beni stessi di poter circolare liberamente in modo legale.

Tali titoli autorizzativi, peraltro, non hanno il potere di rendere l'opera abusiva "conforme" alla normativa urbanistica vigente, né fanno acquisire al proprietario del fondo il diritto di disporre liberamente della volumetria oggetto di condono, dal momento che il condono esprime la rinuncia dello Stato ad esercitare una potestà sanzionatoria, rinuncia che deve considerarsi assolutamente eccezionale.

Trasferimento coattivo ed assenza dei titoli autorizzativi

In termini analoghi, secondo la giurisprudenza, la sentenza di trasferimento coattivo prevista dall'art. 2932 c.c.  non può essere emanata in assenza della dichiarazione, contenuta nel preliminare o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi della concessione edilizia, che costituisce requisito richiesto, a pena di nullità del contratto traslativo.

La dichiarazione di conformità: requisito essenziale

In particolare, la dichiarazione, contenuta nel preliminare o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, costituisce requisito richiesto a pena di nullità (art. 46 d.P.R. n. 380/2001), così integrando una condizione dell'azione. Da ciò discende che sia l'allegazione, sia la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono, quindi, avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purché prima della relativa decisione.

Gli effetti della vendita parziale di immobili in difformità

E' peraltro opportuno precisare che la vendita parziale di un immobile in assenza dei requisiti edilizi non è vietata dalla legge.

Il rilascio della concessione edilizia e della nuova licenza di abitabilità, ove necessarie per poter attuare lo scorporo di una parte dell'appartamento, infatti, non incide preventivamente sulla validità della vendita ma, solo successivamente, sulla sua attuazione e, pertanto, potrebbe rappresentare una ragione di risoluzione contrattuale per l'inadempimento delle obbligazioni gravanti sul venditore (trasmissione del possesso della cosa al compratore ed assicurazione allo stesso della possibilità di servirsi del bene in conformità con la sua destinazione).

Difformità edilizia e garanzia del bene

Il S.C. riconosce, con l'ordinanza in commento, la legittimità delle decisioni dei giudizi di merito che avevano riconosciuto la correttezza del recesso dichiarato dalla promissaria acquirente, in virtù delle difformità edilizie riscontrate.

In particolare, secondo la Cassazione, l'ipotesi in esame va inquadrata nell'ipotesi di vendita di cosa gravata da oneri o diritti di terzi, ex art. 1489 c.c. Nel caso, infatti, di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l'art. 1489 c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima, sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel contratto o, comunque, non sia conosciuta dal compratore al tempo dell'acquisto.

In sede di appello, quindi, la Corte, a fronte di una dichiarazione formale contenuta nel preliminare di compravendita di avvenuta realizzazione della costruzione in data antecedente al 1967, ha accertato la sussistenza nel bene di opere compiute in data successiva in assenza di titolo urbanistico e, dunque, la sostanziale inveridicità dell'affermazione contenuta nell'atto: aspetto che non riguarda la fase genetica del negozio ma che va ad incidere sulla fase della sua esecuzione e, in ultima analisi, sull'adempimento degli obblighi assunti.

(tratto da: dirittoegiustizia.it)

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