L’intervento del terzo nel processo amministrativo

26 Luglio 2024

Il presente focus si pone l'obiettivo di perimetrare, con riferimento al rapporto giuridico amministrativo, le tipologie di intervento che il terzo può spiegare nel processo amministrativo, di primo grado e di secondo grado, all'esito dell'individuazione della nozione di controinteressato sul piano sostanziale.

Il rapporto giuridico di diritto amministrativo: cenni

Il rapporto giuridico di diritto amministrativo, oltre a distinguersi da quello civilistico perché connotato da posizioni giuridiche soggettive entrambe attive, può essere di due tipi: bilaterale e multipolare.

Nel primo caso (rapporto giuridico bilaterale), esso si risolve nella dialettica privato - P.A. e si declina in due centri di interessi contrapposti. Sul piano processuale, tale circostanza non esclude l'intervento del terzo nel processo, seppure nelle forme, di cui si dirà successivamente, del cointeressato di diritto e del controinteressato di diritto.

Nel secondo caso (rapporto multipolare), il rapporto giuridico interessa, oltre al privato e alla P.A., anche il controinteressato, che è titolare di un terzo centro di interessi, di segno opposto rispetto all'istante. Sul piano processuale, il controinteressato potrà assumere le diverse configurazioni, di cui si dirà successivamente, di cointeressato di fatto e di controinteressato di fatto.

Tanto premesso, deve allora essere da subito perimetrata la nozione di terzo e di controinteressato nel processo amministrativo indagando, dapprima, la loro genesi e quindi l'eventuale differenza ontologica tra i predetti istituti.

La nozione di terzo nel rapporto amministrativo

La posizione del terzo rispetto a una determinata vicenda giuridica rinviene il proprio archetipo nel diritto civile e nel processo civile. In tale ambito, l'esclusività e la tendenziale immediatezza del diritto soggettivo - che, da un lato, non necessita dell'intermediazione di alcuna Amministrazione per il soddisfacimento del bene della vita, e, dall'altro, deve, necessariamente, appartenere o un soggetto - hanno imposto un ampio sviluppo della categoria del terzo sia sul piano sostanziale, sia processuale.

Nel diritto amministrativo, invece, siffatta nozione ha preso le mosse, con maggiore compiutezza, a partire dalla pronuncia (additiva) della Corte cost., 17 maggio 1995, n. 177, con la quale sono stati dichiarati incostituzionali gli artt. 28 e 36 L., 6 dicembre 1971, n. 1034. L'introduzione, nel processo amministrativo, del rimedio dell'opposizione di terzo, disciplinato poi dagli artt. 180 e 109 c.p.a., sulla falsa di riga di quanto già previsto dall'art. 404 c.p.c., ha completato le tutele del terzo e imposto la perimetrazione della relativa nozione.

A tal fine, occorre premettere come parte della dottrina ritenga che non sia possibile, nemmeno sul piano teorico, distinguere tra controinteressato e terzo, finendo quest'ultimo sempre per essere un soggetto portatore di interessi contrapposti rispetto al privato istante e godendo delle medesime tutele del primo.

Altra parte della dottrina muove, invece, dalla tesi per la quale è terzo, e non invece controinteressato, colui che mira a ottenere il medesimo bene della vita (es.: l'appaltatore che contesta l'indizione di una nuova gara da parte della P.A. per l'individuazione di altro e diverso contraente che porterà a termine l'opera in corso di esecuzione). Sempre secondo tale linea di pensiero, è invece controinteressato il titolare di situazioni giuridiche autonome e contrarie rispetto a quelle dell'interessato.

In ogni caso, in tale ultima categoria, si collocano i controinteressati in senso stretto e di cui all'art. 41, comma 2, c.p.a. (ossia coloro il cui nominativo risulta formalmente dal provvedimento impugnato, ovvero sono rintracciabili tramite l'ordinaria diligenza). Sempre in tale nozione, si collocano poi i controinteressati non facilmente individuabili o occulti (il cui rinvenimento rende necessario un contegno particolarmente oneroso da parte dell'interessato), i controinteressati pretermessi (coloro che sono parti necessarie del processo e a cui erroneamente non è stato notificato il ricorso) e, infine, i controinteressati sopravvenuti (si tratta di coloro che, non essendo stati interessati dal giudizio avverso l'atto presupposto, si vedono caducare automaticamente l'atto presupponente - avvinto al primo dal nesso di consequenzialità diretta, immediata e necessaria - che conferisce loro il bene della vita).

Sono invece estranei alla categoria del terzo i cointeressati di fatto, ossia coloro che traggono beneficio dall'eventuale sentenza di accoglimento del ricorso introduttivo, nonché i controinteressati di fatto, ossia coloro che traggono beneficio dall'eventuale sentenza di rigetto del ricorso introduttivo. Essi possono spiegare, in giudizio, l'intervento adesivo dipendente, ovvero in caso di res iudicata, non essendo legittimati a esperire l'opposizione di terzo ordinaria, possono avvalersi dell'opposizione di terzo revocatoriaex art. 108, comma 2, c.p.a., nei limiti in cui essa è ammessa (“la sentenza è effetto di dolo e collusione a danno del terzo”).

Le tipologie di intervento nel processo amministrativo

Generalmente, si tende a sostenere che l'unica tipologia di intervento ammessa nel processo amministrativo sia quella dell'intervento adesivo dipendente (ad opponendum, ovvero ad adiuvandum). Siffatta affermazione necessita di talune precisazioni e impone talune specificazioni in chiave tassonomica.

Certamente, non è ammesso, nel processo amministrativo, l'intervento principale ad excludendum in quanto, sul piano sostanziale, non opera la logica attributiva tipica del diritto soggettivo, ma quella relazionale, propria dell'interesse legittimo.

Ciò posto, con riferimento alla figura dei cointeressati - ossia a coloro che sono titolari di un interesse legittimo autonomo, diretto, immediato e attuale, analogo a quello del ricorrente all'annullamento dell'atto impugnato (l'art. 41, comma 2, c.p.a. onera infatti il ricorrente di notificare il ricorso contenente la domanda di condanna nei confronti di coloro che traggono beneficio dalla sentenza, onde evitare la proposizione i ricorsi autonomi che quindi devono essere riuniti) - occorre distinguere i cointeressati di diritto, il cui interesse è connesso al titolo oggetto del processo in cui essi mirano a partecipare (es.: il comproprietario del fondo attinto da dichiarazione di pubblica utilità), e i cointeressati di fatto, i quali sono titolari di un interesse riflesso (dipendente) rispetto all'oggetto del processo in parola, ma non fondato su un titolo (es.: se il ricorrente ha impugnato la dichiarazione di pubblica utilità, il coltivatore diretto del fondo oggetto di esproprio è cointeressato di fatto).

Sul piano processuale, ai cointeressati titolari di un interesse autonomo è preclusa la possibilità di spiegare intervento ad adiuvandum, in quanto tale ultimo intervento presuppone la titolarità di un interesse mediato e riflesso. Inoltre, ove esso venisse consentito, si rischierebbe di eludere il termine decadenziale di cui all'art. 29 c.p.a. E', tuttavia, ammissibile l'intervento spiegato dal cointeressato di tal fatta entro tale ultimo termine: in tal caso, l'atto di intervento assume la natura di intervento adesivo autonomo, contenendo esso la proposizione tempestiva di una nuova domanda. Parte della giurisprudenza sostiene invece che tale atto di intervento, per il principio di conservazione degli atti processuali, debba essere riqualificato e convertito in un autonomo ricorso, che affianca quello introduttivo.

I controinteressati titolari di un interesse autonomo ben possono spiegare intervento ad adiuvandum, in disparte qualsivoglia termine decadenziale, in quanto trattasi di parte che avrebbe dovuto essere chiamata a partecipare al giudizio. In tal caso, l'atto di intervento assume la natura di intervento litisconsortile. Atteso il carattere litisconsortile dell'intervento in parola, è evidente che esso sfugga ai limiti e alle preclusioni processuali. Del resto, la sentenza resa a contraddittorio viziato è nulla.

Quanto poi ai cointeressati o controinteressati, entrambi titolari di un interesse mediato e riflesso e non autonomo, essi possono rispettivamente spiegare, il primo, intervento ad adiuvandum e, il secondo, intervento ad opponendum. Tali interventori, avendo sì interesse al mantenimento in vita del provvedimento amministrativo impugnato, ma in via mediata e indiretta, danno luogo a un intervento adesivo dipendente.

La conferma di quanto appena detto si rinviene nell'art. 102 c.p.a., che consente la proposizione dell'appello, oltre alle parti tra del giudizio di primo grado, anche al titolare di una “posizione giuridica autonoma”.

Tale locuzione fa senz'altro riferimento al terzo titolare di un interesse autonomo - ossia, sia al cointeressato di diritto, che in primo grado abbia spiegato intervento adesivo autonomo, sia al controinteressato di diritto, che in primo grado abbia spiegato intervento litisconsortile - avendo essi ivi assunto la qualifica di parti formali.

Tuttavia, tale norma deve essere coordinata con l'art. 109, comma 2, c.p.a., che stabilisce che “se l'opposizione di terzo è già stata proposta al giudice di primo grado”, quest'ultimo la dichiara improcedibile e assegna un termine all'opponente per l'intervento in appello.

La disposizione da ultimo invocata fa riferimento al terzo titolare di un interesse autonomo (cointeressato di diritto e controinteressato di diritto) che, rimasto estraneo al giudizio di primo grado, è tenuto a spiegare appello (appunto del terzo), ove avverso la sentenza di primo grado già penda siffatta impugnazione perché proposta da altre parti, ovvero opposizione di terzo, qualora la sentenza de qua sia passata in giudicato.

In conclusione

Nel diritto amministrativo, la posizione del terzo è meno articolata rispetto al processo civile, in ragione del carattere non attributivo, ma relazionale, che connota l'interesse legittimo.

Tale circostanza non impedisce, però, di limitare la tipologia di interventi ivi esperibili a quello adesivo dipendente, essendo invece ammessi, in favore del terzo titolare di un interesse o di un controinteresse autonomo, rispettivamente e altresì l'intervento adesivo autonomo e l'intervento litisconsortile.

Certamente, per quanto sopra detto, deve invece ritenersi inammissibile l'intervento principale ad excludendum.

Le conclusioni sin qui affermate trovano conferma negli artt. 102 e 109, comma 2, c.p.a. che, nel disciplinare rispettivamente l'intervento nel giudizio di appello e l'appello del terzo, fanno riferimento al terzo titolare di un interesse autonomo.

Guida all'approfondimento

A. Chizzini, L'intervento nella dinamica del processo amministrativo. Profili generali, in Riv. dir. proc. amm., 2023, p. 460 e ss.

A. Cassatella, Gli interventi dei terzi nel giudizio di ottemperanza: verso un processo di esecuzione multipolare, in Riv. dir. proc. amm., 2023, p. 523 e ss.

L. Bertonazzi, L'intervento in appello, in Riv. dir. proc. amm., 2023, p. 258 e ss.

G. Tropea, L'intervento volontario nel processo amministrativo di primo grado, in Riv. dir. proc. amm., 2023, p. 3 e ss.

M. Ramajoli, L'intervento per ordine del giudice nel processo amministrativo, 2023, p. 223 e ss.

M. Clarich, Manuale di giustizia amministrativa, Bologna, 2021, passim.

A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2021, passim.

M. D'Orsogna, L'intervento nel processo amministrativo: uno strumento cardine per la tutela dei terzi, in Riv. dir. proc. amm., 1999, p. 419.

V.M., Sessa, Intervento in causa e trasformazioni del processo amministrativo, Napoli, 2012, 48 e ss.

L. Coraggio, L'intervento nel codice del processo amministrativo, in Giur. amm., 2011, p. 299 e ss.

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