Bene locato: il vincolo culturale non impedisce la licenza per finita locazione

26 Luglio 2024

L'apposizione del vincolo culturale sull'immobile interessa, oltre ai locali e agli arredi, anche la licenza di esercizio; tuttavia, tale constatazione non può legittimamente tradursi nell'impossibilità per il locatore di intimare a un determinato conduttore la licenza per finita locazione.

Il caso

Nella vicenda in esame era stato notificato ad una società la licenza per finita locazione, in relazione all'immobile oggetto di locazione ad uso commerciale. Costituendosi in giudizio, parte conduttrice rilevava l'esistenza di un vincolo di natura amministrativa e l'esigenza di tutela dell'attività (bar) quale bene di interesse storico.

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, accolsero la domanda di parte locatrice, dichiarando la cessazione del contratto per finita locazione, così confermando l'ordinanza provvisoria di rilascio. In particolare, secondo la Corte territoriale, pur in presenza di decreti ministeriali e dell'importanza storica, artistica e culturale del bar, ciò non escludeva l'interesse ad agire, in capo al proprietario, per ottenerne il rilascio alla data di scadenza della locazione. Non sussisteva, pertanto, il preteso diritto di proprietà della società conduttrice, quanto piuttosto il vincolo relativo anche alla licenza di esercizio, tale da rendere immodificabile la destinazione commerciale, con conseguente sacrificio del proprietario. Diversamente argomentando, del resto, si sarebbe determinata un'arbitraria proroga con effetti permanenti del rapporto di locazione.

Avverso il provvedimento in esame, la società proponeva ricorso in Cassazione, evidenziando che la decisione qui impugnata era in contrasto con il precedente giudicato amministrativo.

L'estensione del vincolo

Secondo la S.C., nella specie non era configurabile alcuna violazione in quanto la decisione del TAR –adottata per ragioni di rito – si era limitata ad escludere l'interesse a ricorrere contro l'atto impugnato per la ragione che esso era inidoneo a spiegare effetti lesivi sulla posizione dell'allora ricorrente, in quanto detti effetti non erano ad esso ricollegabili.

Il cuore delle censure prospettate riguardava, invece, l'interpretazione del significato delle affermazioni del TAR a proposito del vincolo posto e nella sua prospettazione a loro fondamento. Invero, i decreti ministeriali, avente ad oggetto l'estensione dello stesso vincolo al cortile coperto ed al salone con attiguo laboratorio, letto alla luce della citata sentenza del TAR, secondo parte ricorrente avrebbe determinato una sorta di doppia proprietà e di doppio vincolo, nel senso che vi sarebbe stato un nesso inscindibile tra quel bene e lo specifico contratto di locazione dell'immobile.

Le limitazioni del proprietario

A parere dei giudici di legittimità, invece, il vincolo non poteva essere identificato con quello specifico contratto di locazione e con quello specifico conduttore. Difatti il vincolo apposto dal decreto ministeriale comportava certamente un sacrificio per il diritto dominicale dell'ente ricorrente, limitando la possibilità di destinazione dell'immobile, che doveva essere compatibile con l'attività commerciale svolta nello storico locale, ma detto sacrificio, era legittimo alla luce della legislazione vincolistica, rientrando nel potere conformativo attribuito all'amministrazione con riguardo a categorie particolari di beni.

Questa ricostruzione significava che il vincolo istituito aveva oggetto il locale, i preziosi arredi in esso contenuti e la licenza di esercizio, nel senso che il locatore non poteva sottrarre il complesso dello storico bar alla destinazione a suo tempo stabilita; ma non poteva certo tradursi in un divieto, a carico del locatore, di intimare uno sfratto – come nel caso specifico – per finita locazione. In sintesi, il vincolo di destinazione d'uso non comportava l'obbligo di esercizio o prosecuzione dell'attività o una sorta di riserva di attività, ma precludeva ogni uso incompatibile con la conservazione materiale della res.

L'asportazione del mobilio

Non erano meritevoli di accoglimento, inoltre, neppure le ulteriori argomentazioni della parte ricorrente secondo le quali gli arredi e il mobilio non potevano comunque essere asportati dall'interno del locale e nessuno – se non l'attuale conduttore – poteva proseguire nell'attività di gestione avvalendosi dell'insegna dello storico bar.

Invero, secondo la S.C., in vista di un'eventuale procedura esecutiva per il rilascio, ove fosse dimostrato che alcuni o tutti beni presenti fossero di proprietà della società oggi ricorrente, poiché si trattava di oggetti che non potevano essere rimossi, proprio a causa del vincolo culturale su di essi apposto, poteva farsi applicazione degli artt. 1592 e 1593 c.c., qualora fosse dimostrata l'esistenza di miglioramenti riconducibili all'odierno conduttore. Quanto, invece, al problema dell'uso dell'insegna dell'antico bar, la prosecuzione dell'attività da parte dei proprietari dovrà avvenire nel rispetto delle norme sui segni distintivi (artt. 2563 e ss. c.c.), onde evitare il possibile compimento di atti di concorrenza sleale.

Principio di diritto

Alla luce delle considerazioni esposte, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso con enunciazione del seguente principio di diritto: «Qualora un bene immobile, per il quale sia stato stipulato un contratto di locazione ad uso commerciale, risulti classificato, in base ad un provvedimento amministrativo emesso ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, quale bene di interesse particolarmente importante, determinandosi in tal modo un vincolo artistico e culturale non soltanto sull'immobile, ma anche sugli arredi, le decorazioni, i cimeli storici e la relativa licenza di esercizio, la sussistenza di tale vincolo non si traduce, per il proprietario, nel divieto di intimare al conduttore la licenza per finita locazione, ma soltanto nell'obbligo di garantire la continuità della destinazione del bene nei termini indicati dal provvedimento istitutivo di quel vincolo».

(tratto da: dirittoegiustizia)

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