Convalida di licenza e sfratto

Francesco Tallaro
26 Settembre 2017

Il libro IV, titolo I, capo II del codice di procedura civile disciplina uno speciale procedimento, detto per convalida, a tutela del locatore di immobili. Il procedimento si applica anche al contratto di affitto e al caso, previsto dall'art. 659 c.p.c., che il godimento di un immobile sia stato pattuito come corrispettivo, anche solo parziale, di una prestazione d'opera. Il procedimento per convalida non può riguardare l'ipotesi di locazione di beni mobili. Infatti, l'art. 659 c.p.c. contiene un espresso riferimento agli immobili; inoltre, l'uso dei termini licenza e sfratto rimanda linguisticamente al concetto del bene immobile.
Inquadramento

Il libro IV, titolo I, capo II del codice di procedura civile disciplina uno speciale procedimento, detto per convalida, a tutela del locatore di immobili.

Il procedimento si applica anche al contratto di affitto e al caso, previsto dall'art. 659 c.p.c., che il godimento di un immobile sia stato pattuito come corrispettivo, anche solo parziale, di una prestazione d'opera.

Il procedimento per convalida non può riguardare l'ipotesi di locazione di beni mobili. Infatti, l'art. 659 c.p.c. contiene un espresso riferimento agli immobili; inoltre, l'uso dei termini licenza e sfratto rimanda linguisticamente al concetto del bene immobile; infine, l'iter processuale si conclude con un provvedimento con cui si ordina il rilascio, che, alla stregua degli artt. 605 e 608 c.p.c., riguarda esclusivamente beni immobili.

Il procedimento di cui si tratta, per la sua natura speciale, può essere adoperato solo nei casi espressamente previsti dal legislatore, e dunque non da chi intenda far valere un diritto reale o miri a ottenere il rilascio di un bene goduto da altri senza titolo.

Benché nell'art. 657 c.p.c. si faccia espresso riferimento ai rapporti agrari, è dubbio se il procedimento per convalida possa essere adoperato per ottenere il rilascio del fondo dato in affitto, in quanto l'art.11 d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, attribuisce la competenza esclusiva sulle controversie agrarie alla sezione specializzata agraria, la cui composizione collegiale appare incompatibile con la struttura del procedimento (Trib. Nocera Inferiore, sez. agraria, 18 aprile 2008, e Trib. Parma, 16 giugno 2005, entrambe in www.dejure.it)

In evidenza

In giurisprudenza si ritiene che il ricorso al procedimento speciale per convalida presuppone che sia stato stipulato un valido contratto di locazione.

Quindi, la forma scritta del contratto, richiesta dalla legge ad substantiam, costituisce presupposto di accoglibilità della domanda di convalida di licenza o di sfratto (cfr. Tribunale Trani 05 maggio 2008 n. 126, e Trib. Modena, 11 maggio 2011, in Arch. locazioni, 2011, 5, 671, quest'ultima relativa ad un caso in cui, per ragioni di diritto intertemporale, la forma scritta non era richiesta a pena di nullità)

Va poi ricordato che l'art. 1, comma 346, l. 30 dicembre 2004, n. 311, stabilisce che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati. Anche in tal caso, la mancanza della registrazione del contratto comporta che lo sfratto o la licenza intimati non possano essere convalidati (Trib. Catanzaro, 9 novembre 2009).

Il procedimento per convalida può essere utilizzato nelle seguenti due ipotesi di carattere generale.

a) In considerazione dello spirare del termine di efficacia della locazione. L'art. 657 c.p.c., peraltro, attribuisce al locatore il potere di ricorrere al procedimento per convalida di licenza:

a1) dopo la scadenza del contratto, al fine di ottenere la convalida dello sfratto per finita locazione;

a2) prima della scadenza, al fine di ottenere la convalida della licenza per finita locazione, e cioè una condanna in futuro, comunque suscettibile di esecuzione forzata, al rilascio dell'immobile al momento della scadenza del contratto.

b) In caso di morosità del conduttore. In tale ipotesi, il locatore persegue innanzitutto l'obiettivo di ottenere una pronunzia costitutiva di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, ai sensi dell'art. 1453 c.c., cui segue la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile. Con l'introduzione del procedimento di convalida dello sfratto per morosità, il locatore può facoltativamente chiedere anche la condanna della propria controparte contrattuale al pagamento dei canoni scaduti e che verranno a scadere sino all'effettivo rilascio, mediante la pronunzia, da parte del medesimo giudice della convalida e dopo di essa, di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

A queste due fattispecie di carattere generale, l'art. 659 c.p.c. aggiunge l'ipotesi della cessazione del rapporto d'opera in forza del quale è stato concesso il godimento del bene.

In evidenza

Il legislatore, con l'art. 659 c.p.c., ha inteso riferirsi a quelle situazioni in cui il godimento dell'immobile non trova la sua fonte in un distinto contratto di locazione, ma in un contratto di lavoro; a quelle ipotesi, cioè, nelle quali la concessione del godimento di un immobile non è fine a se stessa, ma riveste nell'economia del contratto, che appunto per questo è caratterizzato da una diversa funzione economico-sociale, una rilevanza accessoria e non primaria, ricollegata alla prestazione d'opera (Corte cost., 10 dicembre 1975, n. 238).

In giurisprudenza si è ritenuto che il rito sia utilizzabile non solo nelle sole ipotesi, socialmente tipiche, di custodia, portierato e guardiania, ma in tutti i casi di concessione in godimento di un immobile funzionalmente collegata con un rapporto di prestazione d'opera in modo da costituirne, anche parzialmente, il corrispettivo (Cass., sez. III, 21 giugno 1984, n. 3680).

L'art. 659 c.p.c. può trovare applicazione anche nel rapporto di lavoro subordinato, quando il datore di lavoro abbia concesso al lavoratore il godimento di un immobile con contratto distinto rispetto a quello di lavoro subordinato, purché sussista collegamento funzionale tra la concessione in godimento e la prestazione d'opera, la cui esistenza è riservata al prudente apprezzamento del giudice (Cass. civ., Sez. III, 5 maggio 2003, n. 6800).

L'intimazione di licenza ai sensi dell'art. 657 c.p.c. non è ammissibile per denegare il rinnovo della locazione alla prima scadenza, per cui occorre invece proporre il ricorso previsto dall'art. 30, legge 27 luglio 1978, n. 392, di cui si tratterà nel prosieguo.

Fonte: ilprocessocivile.it

Introduzione del procedimento

La legittimazione attiva e passiva spetta, nel procedimento per convalida, alle parti del contratto di locazione.

Quindi, titolare della legittimazione attiva all'esperimento dell'azione di licenza o di sfratto è, alla stregua degli artt. 657, 658 e 659 c.p.c. il locatore, il datore di lavoro nel caso di locazione d'opera, e il concedente se si ammetta il procedimento per convalida anche con riferimento ai rapporti agrari. La legittimazione passiva è attribuita, specularmente, al conduttore, al lavoratore e all'affittuario.

In caso di trasferimento della proprietà dell'immobile oggetto del contratto di locazione, l'acquirente, subentrando al precedente proprietario nei diritti e negli obblighi relativi all'immobile trasferito, assume dal giorno dell'acquisto la qualità di locatore e ha quindi azione nei confronti del conduttore (Cass., Sez. III, 24 febbraio 1997, n. 1685). Egli, dunque, è l'unico legittimato ad agire per il rilascio della res locata. Nel caso di morosità, la legittimazione sussiste anche se l'inadempimento si sia verificato prima della compravendita (Cass., Sez. III, 24 luglio 2012, n. 12883).

La più recente giurisprudenza ritiene che l'acquirente sia legittimato ad introdurre procedimento per convalida anche nel caso in cui il contratto di locazione fosse già scaduto al momento trasferimento della proprietà (Cass., Sez. III, 24 luglio 2012, n. 12883)

Al contrario, se l'acquisto sulla cosa locata avvenga non a titolo derivativo, ma a titolo originario, l'avente causa non subentra nel contratto e, pertanto, non può esperire le azioni che da esso derivano (Cass., Sez. III, 29 ottobre 1992, n. 11767).

Il procedimento per convalida si propone inderogabilmente d'innanzi al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata. Nel caso in cui sia convenuta un'amministrazione dello Stato, non si applica la regola del foro erariale di cui agli artt. 25 c.p.c. e art. 6 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Cass. Civ., Sez. III, ord. 8 giugno 2005, n. 11967).

In evidenza

Ci si interroga se il locatore possa fare uso del procedimento per convalida allorché le parti del contratto di locazione abbiano stipulato una clausola compromissoria.

La giurisprudenza di merito ha ritenuto che con la stipula della clausola compromissoria le parti abbiano privato l'autorità giurisdizionale del potere di assumere provvedimenti con riferimento alle questioni devolute agli arbitri (Pret. Roma, 18 luglio 1996, in Arch. loc. e cond., 1997, 476 e Pret. Roma, 12 dicembre 1996, in Arch. loc. e cond., 1997, 421).

La Corte di Cassazione, invece, ha affermato che tra le controversie non deferibili ad arbitri rientrano tutte quelle per le quali è prevista la competenza funzionale ed inderogabile del giudice ordinario, come, in particolare, i procedimenti speciali di convalida di licenza o di sfratto, limitatamente peraltro alla prima fase a cognizione sommaria, non sussistendo invece alcuna preclusione a che nella fase successiva a cognizione piena la causa sia decisa nel merito da arbitri.

Da ciò deriva che la deduzione, nella fase sommaria, dell'esistenza di una clausola arbitrale, non priva il giudice della competenza ad emettere i provvedimenti immediati ma lo obbliga, una volta chiusa la fase sommaria, a declinare con sentenza la propria competenza, dichiarando sussistente per il merito quella arbitrale, incombendo poi alle parti di attivarsi per l'effettivo svolgimento del relativo giudizio (Cass. civ., Sez. III, 23 giugno 1995, n. 7127; conforme, Cass. civ., Sez. III, 16 gennaio 1991, n. 387).

Il procedimento per convalida si introduce mediante la notificazione di un atto nel quale è contenuta: a) l'intimazione di rilascio dell'immobile locato o di sfratto dallo stesso; b) la citazione a comparire ad udienza fissa, ai fini della convalida dell'intimazione o dello sfratto. I due elementi dell'atto non sono separabili (Bucci-Crescenzi,106; Di Marzio, 144; Lazzaro – Preden - Varrone, 68).

L'art. 660 c.p.c. stabilisce che il locatore deve dichiarare nell'atto la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito. In caso contrario, l'opposizione tardiva prevista nell'articolo 668 c.p.c. e qualsiasi altro atto del giudizio possono essergli notificati presso la cancelleria.

La citazione per la convalida deve essere redatta a norma dell'art. 125 c.p.c., e quindi deve contenere:

a) l'indicazione dell'ufficio giudiziario al quale si rivolge la domanda di convalida;

b) l'individuazione delle parti del procedimento;

c) l'enunciazione dell'oggetto della domanda, e cioè il rilascio dell'immobile;

d) le ragioni della domanda, specificando se l'intimante agisca in ragione della scadenza del contratto di locazione o per la morosità del conduttore;

e) le conclusioni, che nel caso di specie sono da individuare nella richiesta di convalida della licenza o dello sfratto;

f) l'invito a comparire ad un'udienza scelta dallo stesso intimante, la quale deve essere – salva la possibilità di abbreviazione prevista dall'art. 660 c.p.c. - di venti giorni liberi posteriori al perfezionamento della citazione;

g) la sottoscrizione della parte, se ha i requisiti per stare personalmente in giudizio, o del suo difensore.

L'art. 660 c.p.c. prescrive, a pena di nullità (Cass., Sez. I, 9 dicembre 2004, n. 23010; Frasca, 149; Lazzaro - Di Marzio, 143), che l'intimazione contenga l'avvertimento al conduttore che se egli non comparisce o, comparendo, non si oppone alla convalida, il giudice convaliderà la licenza o lo sfratto.

Se tale avvertimento manchi o sia incompleto, il giudice, se l'intimato non compaia in udienza, dovrà fissare un termine perentorio per la rinnovazione dell'atto di intimazione. La comparizione dell'intimato, al contrario, sana il vizio, salva possibilità, ove questi lo richieda, della fissazione di una nuova udienza, nel rispetto dei termini a comparire (Serpolla, 72).

Allorché tra la notificazione dell'intimazione e l'udienza fissata per la comparizione non vi sia lo spazio di tempo di venti giorni prescritto dalla legge, le conseguenze saranno le medesime esaminate per il caso di mancanza o incompletezza dell'avvertimento di cui all'art. 660 c.p.c. (Cass., Sez. III, 3 dicembre 2002, n. 17151).

L'art. 660 c.p.c. proibisce che la notificazione dell'intimazione avvenga al domicilio eletto dal conduttore, onde evitare che costui, spinto dalla necessità di instaurare il rapporto locatizio, venga indotto ad eleggere, nel corpo dello stesso contratto, il proprio domicilio presso un luogo (p.es. presso la residenza del locatore) tale da impedirgli di venire a conoscenza dell'intimazione, privandolo così del diritto di difesa. Il legislatore, quindi, tende ad assicurarsi che la scelta del conduttore di non comparire all'udienza di convalida sia consapevole (Lazzaro – Preden - Varrone, 78).

Dalla stessa logica è animata la previsione dell'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c., per la quale, se l'intimazione non è stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario deve spedire all'intimato avviso dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione. L'avviso andrà inviato anche quando la notifica si sia perfezionata sulla base della procedura prescritta dell'art. 140 c.p.c. (Di Marzio, 155 e ss.; Frasca, 167 e ss) ed è sempre necessario quando la notificazione sia stata eseguita a mezzo posta.

La giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. III, 5 agosto 2002, n. 11702) esclude che l'avviso di cui si tratta debba essere inviato allorché il conduttore non sia una persona fisica; infatti, in tali ipotesi giammai si potrà parlare di notifica eseguita a mani proprie.

L'omissione dell'invio dell'avviso previsto dall'art. 660 c.p.c. comporta la nullità della notificazione (Di Marzio, 157; Lazzaro – Preden - Varrone, 83) e la necessità di rinnovare la citazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c..

In considerazione delle cautele che l'ordinamento appresta per assicurare che il conduttore abbia effettiva conoscenza della pendenza del procedimento per convalida, in dottrina (Garbagnati, 308; Lazzaro – Preden - Varrone, 86) si esclude che la notificazione dell'intimazione possa essere effettuata ai sensi dell'art. 143 c.p.c., e cioè a persona di residenza sconosciuta. In tal caso, al locatore non rimarrà che adire il giudice per le vie ordinarie.

L'art. 663 c.p.c. contiene, al primo comma, una norma di chiusura in tema di notificazioni dell'intimazione, teso ancora una volta a garantire l'effettiva conoscenza, da parte dell'intimato, della pendenza del procedimento. Infatti, quando l'intimato non compare in udienza, il giudice, se risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, deve ordinare che sia rinnovata la citazione, indipendentemente dalla regolarità della sua notifica.

Ai sensi del combinato disposto dell'art. 3 l. 7 ottobre 1969, n.742, e dell'art. 92 r.d. 30 gennaio 1941, n.12, al procedimento per convalida non si applica, prima del mutamento dl rito, la sospensione feriale dei termini.

Udienza e provvedimenti del giudice

L'art. 660 c.p.c. dispone che le parti si costituiscono depositando in cancelleria l'intimazione con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta oppure presentando tali atti al giudice in udienza.

L'intimante, il quale deve stare in giudizio necessariamente con il patrocinio di un difensore alla stregua dell'art. 82 c.p.c., può dunque costituirsi anche il giorno indicato nell'atto di citazione, presentandosi direttamente in udienza al giudice.

Tale facoltà non esclude, comunque, che l'intimante debba, ai sensi dell'art. 168 c.p.c., iscrivere a ruolo il procedimento.

Va poi precisato che l'udienza di convalida potrebbe non tenersi effettivamente nella data indicata nell'intimazione; infatti, ove il giudice assegnatario del procedimento non tenga udienza nel giorno indicato, troverà applicazione l'art. 168-bis c.p.c.

Nel corso della fase sommaria, l'intimato non ha la necessità, ma solo la facoltà, di nominare un difensore; infatti, ai sensi dell'art. 660, comma VI, c.p.c., può stare in giudizio personalmente.

Ai sensi dell'art. 662 c.p.c., in caso di mancata comparizione all'udienza del locatore intimante, il giudice non deve provvedere alla convalida dello sfratto o della licenza, ma gli effetti (processuali, non anche sostanziali: Cass., Sez. III, 18 giugno 1988, n. 4171; Cass., Sez. III, 3 ottobre 1997, n. 9666) dell'intimazione cessano. A tale ipotesi viene equiparata quella della mancata iscrizione a ruolo del procedimento (Cass., Sez. III, 24 marzo 1983, n. 2082).

La giurisprudenza prevalente nega che il conduttore, eventualmente comparso in udienza, possa richiedere al giudice la prosecuzione del giudizio (Cass., Sez. III, 29 ottobre 1960, n. 2935; in senso contrario, Cass., Sez. III, 6 giugno 1975, n. 2263, e, in dottrina, Bucci - Crescenzi, 123; Frasca, 183; Garbagnati, 312-313; Preden, 443).

Se l'intimato non compare all'udienza o, pur comparendo, non si oppone, il giudice convalida lo sfratto o la licenza e dispone con ordinanza l'apposizione sull'intimazione della formula esecutiva

In caso di opposizione alla convalida da parte dell'intimato, il giudice non potrà convalidare lo sfratto, ma dovrà disporre il mutamento del rito e la prosecuzione del giudizio nella cognizione piena, ai sensi del combinato disposto degli artt. 426 e 667 c.p.c.

Per opporsi alla convalida dello sfratto, il conduttore non deve adoperare formule sacramentali, né occorre che spieghi le ragioni della sua opposizione. E' sufficiente, invece, la sola manifestazione della volontà che l'intimazione non sia convalidata.

In caso di intimazione di sfratto per morosità, se l'intimato non neghi di essere moroso, ma contesti la misura del credito vantato dal locatore, il giudice, ai sensi dell'art. 666 c.p.c., può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere al convenuto un termine non superiore a venti giorni perché adempia. Se il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice convalida l'intimazione di sfratto e pronuncia, su richiesta del locatore, decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.

In evidenza

L'art. 55, comma I, l. 27 luglio 1978, n. 392, disegna uno specifico subprocedimento per la sanatoria della morosità da parte del conduttore di un immobile ad uso abitativo (e non anche ad altro uso: Cass., Sez. Un., 28 aprile 1999, n. 272).

La sanatoria può avvenire alla prima udienza, se il conduttore versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tal sede dal giudice (sanatoria banco iudicis). Altrimenti, su richiesta del conduttore, il giudice, in caso di comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnargli un termine perentorio (Cass., Sez. III, 27 febbraio 1995, n. 2232) non superiore a novanta giorni (detto termine di grazia) al fine di sanare la morosità.

Mentre si ritiene che il conduttore abbia il diritto potestativo di sanare banco iudicis la morosità (RICCI, 849), la concessione del c.d. termine di grazia rappresenta, al contrario, una facoltà discrezionale del giudice, in presenza di comprovate condizioni di difficoltà del conduttore (Cass., Sez. III, 14 febbraio 1992, n. 1830. In dottrina, DI MARZIO, 283), che deve allegarle e provarle (Cass., Sez. III, 3 giugno 1992, n. 6778).

Alla sanatoria il conduttore può avere accesso per non più di tre volte nel corso di un quadriennio, che diventano quattro volte complessive, se l'inadempienza si è protratta per non oltre due mesi ed è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi condizioni di difficoltà.

Il pagamento integrale di quanto dovuto, in udienza o nei termini assegnati, esclude la risoluzione del contratto.

Il proseguo del giudizio

Se l'intimato, comparso all'udienza, si oppone alla convalida, il giudice non potrà convalidare la licenza o lo sfratto; al contrario, dovrà disporre il mutamento del rito e la prosecuzione del giudizio nella cognizione piena, ai sensi degli artt. 426 e 667 c.p.c..

Al fine di opporsi alla convalida, è sufficiente che il conduttore manifesti la propria volontà che la licenza o lo sfratto non vengano convalidati, senza che debbano essere spiegate le ragioni di tale opposizione.

Anche in tale ipotesi, tuttavia, il locatore può ottenere un titolo che gli consenta di conseguire la restituzione del bene immobile locato, benché il processo prosegua nella cognizione piena: si tratta dell'ordinanza di rilascio ai sensi dell'art. 665 c.p.c..

L'ordinanza con cui dispone il mutamento del rito e il prosieguo del giudizio costituisce la chiave di volta del procedimento per convalida: prima della sua pronunzia il procedimento si trova nella fase necessaria a cognizione sommaria, disciplinato dagli artt. 658 ss. c.p.c.; con essa si transita nella fase a cognizione piena, cui si applica il rito locatizio in virtù della previsione dell'art. 447-bis c.p.c.

Solo successivamente alla pronunzia dell'ordinanza di mutamento del rito diventerà efficace l'obbligo, sancito dall'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, di mediazione; allo stesso modo, solo nella fase a cognizione piena matureranno, secondo la disciplina del processo locatizio, le preclusioni assertive ed istruttorie, in funzione delle quali il giudice deve concedere il termine (opportunamente sfalsato) per il deposito delle memorie integrative.

E' dubbio se l'intimante possa proporre domande nuove (in senso positivo Cass., Sez. III, 3 maggio 2004, n. 8336, e Cass., Sez. III, 20 maggio 2013, n. 12247; in senso negativo Cass., Sez. III, 27 maggio 2003, n. 8411).

Non vi sono ostacoli, invece, alla proposizione di domanda riconvenzionale.

Al termine della fase a cognizione piena il giudice si pronuncerà con sentenza sulla domanda di risoluzione in cui si trasforma automaticamente la domanda di convalida dello sfratto o della licenza (Cass., Sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2853) e sulle altre domande proposte.

Guida all'approfondimento

Bucci - Crescenzi, Il procedimento per convalida di sfratto, Padova, 1990;

Di Marzio, Il procedimento per convalida di licenza e sfratto, Milano, 1998;

Frasca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2001, 149;

Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1979;

Giordano, Procedimento per convalida di sfratto, Bologna 2015;

Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 2002;

Lazzaro - Preden - Varrone, Il procedimento per convalida di sfratto, Milano, 1978;

Preden, Sfratto (procedimento per convalida di), in Enc. Dir., Milano, 1990,443;

Ricci, Lo sfratto per morosità secondo la legge 27 luglio 1978, n. 392, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1980, 849;

Serpolla, La convalida di sfratto – Processo e patologie, Milano, 2011.

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