Aumento di capitale e compensazione di crediti

30 Luglio 2024

Il Tribunale di Milano si è pronunciato (inter alia) in merito alla nullità di un (asserito) conferimento di crediti a mezzo del quale il socio che aveva impugnato la delibera di approvazione del bilancio era entrato nel capitale sociale della Società.

Massima

In materia di aumento di capitale nelle s.r.l., la sottoscrizione della quota del nuovo capitale è qualificabile come atto negoziale (consensuale), rispetto a cui a legge non prevede l'adozione di una forma particolare. Da tale atto negoziale sorge un obbligo di versamento per il socio.

Il caso

Di seguito una breve ricostruzione fattuale della fattispecie in esame:

(a)                 in data 28 novembre 2015, una s.r.l. ("la s.r.l.") cedeva - al valore nominale – ad altra società (la "Società") crediti vantati dalla s.r.l. verso soggetti terzi per complessivi Euro 6.200.000 (la "Cessione di Crediti");

(b)                in pari data, la s.r.l. diveniva socia della Società a seguito della sottoscrizione di un aumento di capitale della Società per complessivi Euro 6.200.000 (l'"Aumento di Capitale");

(c)                nel contesto dell'impugnazione da parte della s.r.l. della delibera di approvazione del bilancio di esercizio della Società al 31 dicembre 2019, le due società qualificavano in maniera diversa la liberazione dell'Aumento di Capitale:

(i)       nelle argomentazioni della s.r.l., l'Aumento di Capitale sarebbe stato liberato mediante compensazione tra il proprio debito da conferimento e il proprio credito verso la società quale corrispettivo per la Cessione di Crediti;

mentre

(ii)      nelle argomentazioni della società, l'Aumento di Capitale sarebbe stato liberato mediante conferimento di crediti, del quale la Società domandava la nullità per assenza della perizia di stima ex art. 2465 c.c..

Le questioni

Investito della questione, il Tribunale di Milano ha preso posizione in merito alla distinzione ontologica tra la liberazione di un aumento di capitale mediante: (i) compensazione tra debito da conferimento e controcredito vantato dal sottoscrittore verso la società; e (ii) conferimento di crediti, offrendo lo spunto per ripercorrere - senza pretesa di esaustività - le relative posizioni giurisprudenziali, dottrinali e notarili succedutesi nel tempo, nonché gli orientamenti concettuali in merito all'ammissibilità, alle caratteristiche e ai possibili profili elusivi del meccanismo compensativo in sede di aumento di capitale.

Osservazioni

L'applicabilità dell'istituto della compensazione in àmbito societario ha da sempre dato luogo ad un vivace ed articolato dibattito giurisprudenziale, dottrinale e notarile.

Una prima corrente di pensiero (sul punto, cfr.: (i) in giurisprudenza, Trib. Napoli, 9 luglio 1962, in Giur. It., 1963, I, 88; App. Napoli, 7 marzo 1953, in Banca borsa tit. cred., 1954, II, 405; e (ii) in dottrina, G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1986, 335; G. Frè, Società per azioni, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1982, 142; G. Simonetto, Prestazione del socio e compensazione, in Riv. dir. comm., 1955, I, 237; P. Auletta, Esecuzione dei conferimenti sociali e compensazione, in Dir. e gius., 1945, 118; L. Mossa, Compensazione nel pagamento dei decimi?, in Riv. dir. comm., 1939, II, 115) - poi rivelatasi minoritaria - si è mostrata contraria all'utilizzo della compensazione nelle operazioni sul capitale sociale, dal momento che:

(a)                 in primo luogo , la compensazione sarebbe lesiva del principio che impone nelle società di capitali il mantenimento - durante lo svolgimento dell'attività d'impresa - della corrispondenza tra il capitale nominale e quello reale. Secondo questo orientamento, a fronte dell'aumento di capitale mediante compensazione non si realizzerebbe un effettivo incremento del capitale reale, mancando alla base un corrispondente apporto patrimoniale;

(b)                in secondo luogo , non ricorrerebbe l'identità soggettiva tra creditore e debitore della società tale da giustificare la compensazione legale. Segnatamente, il socio sarebbe creditore uti socius, ma debitore uti tertius: le posizioni giuridiche attive e passive in questione sarebbero quindi vantate nei confronti della società in forza di distinti rapporti obbligatori (sul punto, cfr. G. Leocata, La compensazione del debito da conferimento e l'art. 56 l.f., in Not., 2011, 5, 522, il quale, passando in rassegna le argomentazioni di tale orientamento sul tema, afferma che “il rapporto sociale si pone su di un piano distinto rispetto al rapporto obbligatorio, nel quale il soggetto non interviene in qualità di socio, bensì come terzo creditore, pertanto non ricorre l'identità di veste giuridica tra creditore e debitore nei confronti della società che giustifica la compensazione legale”. In senso conforme, cfr. M. Foschini, La compensazione nel fallimento, Napoli, 1965).

Una corrente più "moderata" di tale orientamento ha sostenuto, alla luce di quanto sopra, l'applicabilità della c.d. compensazione volontaria, che ricorre in assenza dei presupposti normativi per la compensazione legale o quella giudiziale (sul punto, cfr.: (i) in giurisprudenza, Trib. Casale Monferrato, 20 febbraio 1995, in Soc., 1995, 1194; Trib. Firenze, 5 marzo 1981, in Vita not., 1983, I, 453; e (ii) in dottrina, P. Guida, Conferimento mediante compensazione: spunti per una riflessione, in Riv. not., 1992, 1500);

(c)                in terzo luogo , a mezzo della compensazione il socio non effettuerebbe un conferimento, ma una mera liberazione della società da una posta passiva del proprio patrimonio.

Ammissibilità della liberazione dell'aumento di capitale mediante compensazione .

Le argomentazioni sopra passate in rassegna sono state sconfessate da una successiva - e maggioritaria - corrente di pensiero, che ha affermato - in caso di aumento del capitale sociale a titolo oneroso - la legittimità della liberazione dell'aumento mediante compensazione del debito da sottoscrizione con un credito vantato dal socio nei confronti della società emittente, sulla scorta del seguente ordine di argomentazioni:

(a)                 non sussiste all'interno del nostro ordinamento giuridico un divieto - esplicito implicito - che impedisca in tal caso l'operatività della compensazione ex art. 1246, n. 5, c.c. (sul punto, cfr.: (i) in giurisprudenza, Trib. Milano, 8 gennaio 2009, in Giur. It., 2009, 902, secondo cui “non si intende quale sia la vigente normativa che impedisca al socio di compensare il suo debito per la sottoscrizione del nuovo capitale con propri pregressi crediti verso la società”. In senso conforme, cfr.: (a) nella giurisprudenza di legittimità, Cass., 19 marzo 2009, n. 6711, in Not., 2011, 5, 519; Cass., 24 aprile 1998, n. 4236, in Foro It., 1998, I, 2892; Cass., 5 febbraio 1996, n. 936, in Giur. Comm., 1998, II, 505; e (b) nella giurisprudenza di merito, App. Roma, 3 settembre 2002, in Soc., 2003, 41; App. Napoli, 13 maggio 2002, in Dir. e giur., 2002, 236; App. Potenza, 29 gennaio 1999, in Riv. not., 1999, 747; Trib. Napoli, 1° ottobre 1998, in Riv. dir. comm., 1999, II, 129; Trib. Piacenza, 1° giugno 1995, in Soc., 1995, 1593; Trib. Milano, 9 febbraio 1995, in Soc., 1995, 1591; (ii) in dottrina, C.A. Busi, Aumento del capitale nelle S.p.A. e S.r.l., Milano, 2013, 283-287, secondo cui “non esiste una norma che limiti positivamente i mezzi con cui possa effettuarsi il versamento della quota di capitale sottoscritta. […] il legislatore quando ha voluto vietare la compensazione, anche nel campo societario, lo ha fatto espressamente, basti pensare all'art. 2271 c.c.”; in senso conforme, cfr. M.S. Spolidoro, I conferimenti in denaro, in G.E Colombo - G.B. Portale (diretto da), Trattato delle società per azioni, 2004, I, 423; A. Bortoluzzi, Delibera di aumento di capitale per compensazione o eseguita in compensazione?, in Riv. not., 2002, 663; A. Dentamaro, Aumento di capitale e compensazione, in Riv. soc., 1997, 1027; G. Giordano, Note sulla compensabilità del debito da conferimento, in Riv. soc., 1996, 736; N. Atlante, Compensazione del credito del socio con il debito da sottoscrizione, in Not., 1995, 46; F. Di Sabato, Sulla estinzione per compensazione del debito di conferimento, in Contr. impr., 1995, 656; G. Lamanna, Debiti di conferimento del socio e compensazione, in Fall., 1995, 598; M. Maltoni, Compensazione del credito del socio verso la società con il debito sorto a suo carico a seguito della sottoscrizione dell'aumento di capitale, in Giur. Comm., 1994, 205; C. Angelici, Appunti sull'art. 2346 c.c., con particolare riguardo al conferimento mediante compensazione, in Giur. Comm., 1988, I, 175; V. Salafia, Aumento del capitale e conferimento di crediti, in Soc., 1988, 225; G.E. Colombo, Il bilancio e le operazioni sul capitale, in Comitato Regionale Notarile Lombardo (a cura di), 1985, 19; G. Campeis - A. De Pauli, L'aumento di capitale mediante utilizzo del credito del socio nei confronti della società, in Soc., 1983, 620; G.B. Portale, I conferimenti atipici nella società di capitali, Milano, 1974, 70; F. Montanari, L'aumento di capitale mediante compensazione, in Riv. soc., 1967, 999; G. Minervini, Obbligazioni convertibili in azioni e opzione, in Riv. dir. comm., 1946, I, 544; (iii) nella prassi notarile, Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 23/2011 (Aumento di capitale mediante compensazione e crediti postergati nella S.r.l.), secondo cui “non esiste una norma che limiti i mezzi con i quali può essere effettuato il versamento della quota capitale sottoscritta”);

(b)                non è ravvisabile una violazione dei principi inderogabili che regolano la corretta formazione del capitale sociale, dal momento che al mancato effettivo accrescimento del capitale corrisponde l'eliminazione di una posta passiva del bilancio: l'elisione di tali due poste dà un risultato contabile paritario, e non una perdita patrimoniale (tale da pregiudicare gli interessi dei creditori) (sul punto, cfr. Comitato Notarile della Regione Campania, Massima n. 4 (Aumento oneroso di capitale di S.p.A. o di S.r.l. - Esecuzione mediante compensazione di un credito), secondo cui “la compensazione […] non viola il principio della effettività del capitale e non determina una mancata corrispondenza tra nominalismo e sostanza del capitale. L'eliminazione di una passività (il debito della società verso il socio) mediante la sua stessa trasformazione (per compensazione) in una attività da imputare a capitale (il conferimento del socio in sede di aumento) si traduce, infatti, in una attribuzione reale a favore della società, la quale si arricchisce in conseguenza della estinzione del suo debito verso il socio a vantaggio dei creditori”. In senso conforme, cfr. G. Leocata, cit., 521-523, secondo cui “la compensazione non pregiudica l'effettività del capitale sociale perché la società, a fronte dell'estinzione del proprio credito, acquisisce la liberazione dal proprio debito; […] la compensazione non comporta lesioni dell'integrità ed effettività del capitale sociale e non modifica l'oggetto del conferimento, che avviene pur sempre in denaro, ma solo le modalità di estinzione dell'obbligo di conferire in quanto si estingue un debito liquido ed esigibile della società verso il socio”);

(c)                non risulta alcun pregiudizio al ceto creditorio, anzi, vi è un interesse generale alla conversione dei crediti verso la società in capitale di rischio (secondo G. Leocata, cit., 523, “la sottoscrizione del capitale sociale, mercé la contestuale estinzione per compensazione di un credito del socio sottoscrittore, non arreca alcun pregiudizio ai creditori sociali, scaturendo invece da tale operazione per i creditori sociali medesimi un aumento della generica garanzia patrimoniale, poiché dalla trasformazione del credito del socio in capitale di rischio deriva che detta garanzia non copre più il credito medesimo”. In senso conforme, cfr. Consiglio Notarile di Firenze, cit., secondo cui “manca qualsiasi pregiudizio per i terzi dato che il mancato versamento materiale viene bilanciato dall'eliminazione di un debito della società”). Il detrimento per i creditori potrà configurarsi solo laddove il credito del socio non esista, oppure non abbia lo stesso valore del debito di conferimento: in tal caso, saranno “sufficienti i rimedi generali contro la frode e la simulazione e, ove ne ricorrano le condizioni, le azioni di responsabilità contro gli amministratori, nonché, nel caso di fallimento, l'azione revocatoria” (così C.A. Busi, cit., 285, il quale afferma anche che “ciò che viene integralmente e immediatamente acquisito dalla società con la compensazione, non è l'ingresso di un'attività reale, ma l'eliminazione di una passività altrettanto reale; questo risultato ugualmente realizza la copertura richiesta dalla legge, grazie al principio secondo il quale la diminuzione del passivo è un incremento patrimoniale come l'aumento dell'attivo”);

(d)                non sussiste alcuna ragione ostativa ad ammettere la compensazione in questione anche in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale ex artt. 2447 e 2482-ter c.c., visto il favor che l'ordinamento accorda a "strumenti" in grado di evitare scenari liquidatori (sul punto, cfr. Comitato Notarile della Regione Campania, cit., secondo cui “tale operazione, infatti, nonostante le sue peculiari finalità, rimane pur sempre una operazione di aumento del capitale sociale e, quindi, non può essere disciplinata in modo diverso dal semplice aumento realizzato al solo scopo di incrementare un capitale già esistente. In particolare, la predetta operazione non danneggia le aspettative dei terzi creditori considerata l'evidente finalità di evitare lo scioglimento e la messa in liquidazione della società”).

Le argomentazioni sopra passate in rassegna sono il precipitato della - o, comunque, sono connesse alla - rivisitazione della concezione della funzione del capitale sociale avutasi con la riforma del diritto societario del 2003. Tale intervento di chirurgia normativa, infatti, ha preso le mosse da un revirement che ha portato a prendere le distanze dalla funzione di garanzia del capitale sociale e ad aderire ad una funzione produttivistica ovvero organizzativa, che giustifica, per l'effetto, la possibilità di conferire in società non soltanto beni passibili di espropriazione forzata, bensì “ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell'impresa sociale” (art. 4, comma 5 della Legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario)) (secondo C.A. Busi, cit., 286-287, “la dottrina e la giurisprudenza più moderne già prima della riforma preferivano riconoscere al capitale sociale una funzione prevalentemente produttiva, qualificando il conferimento come attribuzione alla società di qualsiasi entità economicamente valutabile e idonea a consentire il conseguimento dell'oggetto sociale. […] Con la riforma il legislatore per la sola s.r.l. ha espressamente esaltato la prevalenza della funzione produttiva del capitale, riconoscendo all'art. 2464 che possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica”).

Caratteristiche della liberazione dell'aumento di capitale mediante compensazione.

La liberazione dell'aumento di capitale mediante compensazione (sulla cui legittimità le argomentazioni della corrente di pensiero maggioritaria passate in rassegna sopra non lasciano ragionevolmente residuare alcun dubbio) presenta - in sintesi - le seguenti caratteristiche:

(a)                 il credito del socio verso la società da opporre in compensazione dev'essere preesistente rispetto al debito da sottoscrizione (sul punto, cfr. Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 125 del 5 marzo 2013 (Aumento di capitale e compensazione di crediti), secondo cui “la fattispecie […] consiste […] nella preesistenza di un debito certo e liquido della società verso il sottoscrittore, debito che - al momento della sottoscrizione dell'aumento in denaro - forma oggetto di compensazione con il credito della società per la liberazione dell'aumento stesso”; Comitato Notarile della Regione Campania, cit., secondo cui “l'operazione di compensazione tra credito verso la società e debito da conferimento deve ritenersi ammissibile in sede di aumento del capitale sociale, purché tale credito risulti preesistente rispetto al debito da sottoscrizione. Diversamente, infatti, tale tecnica potrebbe essere utilizzata, in frode alla legge, per aggirare l'obbligo di redazione della relazione di stima previsto per i conferimenti in natura o, addirittura, per aggirare il divieto di conferimento dell'opera nelle società per azioni”);

(b)                la compensazione in parola non può operare in sede di conferimenti iniziali, dal momento che, non essendo ancora venuta giuridicamente ad esistenza la società, non possono sussistere crediti verso la stessa da opporre in compensazione (sul punto, cfr. C.A. Busi, cit., 289, secondo cui “quanto ai centesimi di cui all'art. 2342 c.c., la compensazione non può avvenire per l'assorbente ragione che la società, come ente fornito di personalità giuridica, ancora non esiste e quindi non possono aversi crediti verso di essa deducibili in compensazione”). Anche a voler ammettere, prima dell'iscrizione nel competente Registro delle Imprese, l'esistenza di una società irregolare (sul punto, cfr. P. Guida, Società di capitali irregolare: prospettive nuove per un vecchio problema, in Riv. not., 1983, II, 508) o in formazione (sul punto, cfr. G.B. Portale, Conferimenti in natura ed effettività del capitale nella società per azioni in formazione, in Riv. soc., 1994, 58), non si potrebbe parlare di un patrimonio sociale nella disponibilità degli amministratori (sul punto, cfr. Cass., 5 novembre 2003, n. 16609, in Soc., 2004, 5, 588);

(c)                se il debito della società è certo, liquido ed esigibile, la compensazione - in applicazione dell'art. 1243 c.c. - potrà operare a prescindere da un'espressa previsione, nella delibera di aumento, di tale possibilità (fermo restando che l'assemblea potrà escludere in delibera il ricorso alla modalità della compensazione) (sul punto, cfr. C.A. Busi, cit., 294, secondo cui “l'interesse della società a procedere alla ricapitalizzazione reperendo nuove disponibilità liquide sembra meritevole di tutela”).

Laddove, per converso, non ricorrano i presupposti per la compensazione legale, sarà necessario il consenso da parte dell'organo di gestione della società (sul punto, cfr. Consiglio Notarile di Milano, cit., secondo cui “qualora il debito della società non presenti invece il carattere dell'esigibilità […] allora la compensazione non potrà operare che in via volontaria, per effetto del consenso della società, secondo quanto previsto dall'articolo 1252 c.c.. In tale caso, il verbale assembleare che (a prescindere dalle conseguenze di ordine fiscale) attestasse la contestuale sottoscrizione e - quindi - la compensazione potrà opportunamente dare menzione di questo consenso, che - atteggiandosi ad atto di gestione - dovrà essere rilasciato dall'organo amministrativo”) e una proposta di regolamento compensativo preventivoex art. 1252, comma 2, c.c. che, secondo parte della dottrina, dovrà essere formulata dall'assemblea, visto che nel nostro ordinamento vige un principio secondo cui, in mancanza di un'espressa volontà assembleare, non può realizzarsi un aumento o una ricostituzione di capitale senza acquisizione di denaro liquido (ciò sulla base di quanto previsto, per le S.p.A., dagli artt. 2342, comma 1 e 2439, comma 4, c.c. e, per le S.r.l., dagli artt. 2464, comma 3 e 2481-bis, comma 4, c.c.) (sul punto, cfr. C.A. Busi, cit., 292, secondo cui “all'assemblea spetterebbe non solo la decisione di optare per un conferimento diverso da quello in denaro (in natura o di credito), ma anche di decidere preventivamente le modalità di esecuzione dell'obbligazione (diverse dal versamento di denaro liquido), comunque satisfattive. È vero che la volontà della società in ambito negoziale viene espressa dagli amministratori, ma proprio nel caso di aumento del capitale a pagamento […] la legge vuole eccezionalmente che tale potere negoziale spetti all'assemblea”).

Aumento di capitale mediante compensazione e conferimento di crediti: fattispecie a confronto.

Posto quanto sopra in tema di ammissibilità e caratteristiche dell'aumento di capitale mediante compensazione, si passa ad analizzarlo mettendolo a confronto con una fattispecie che potrebbe sembrare limitrofa ad uno sguardo "panoramico", ma che non risulta tale a valle di un'attenta analisi: il conferimento di crediti.

Nello specifico:

(a)                 il conferimento di crediti ha ad oggetto crediti vantati dal socio conferente nei confronti di terzi (sul punto, cfr. C. Grippa, Legittimità della compensazione in sede di aumento del capitale sociale: difficoltà di inquadramento del fenomeno, in Giur. Comm., 1998, IV, 505, secondo cui “partendo da una considerazione meramente descrittiva della vicenda che si sviluppa intorno ad una reciproca posizione debitoria (creditoria) fra socio e società, emerge come dato strutturale costante (effetto diretto della situazione di reciprocità segnalata) la coincidenza fra il soggetto passivo del rapporto obbligatorio oggetto, se così vogliamo dire, di "conferimento" e destinatario del "conferimento" stesso. Tale aspetto risulterebbe difficilmente conciliabile con quello che è invece il dato strutturale costante del vero conferimento di credito (così come di tutte le altre tipologie di cessione) e che è quello del coinvolgimento di tre distinte sfere soggettive, ovvero la presenza di una triplice situazione di interessi necessariamente distinte: la situazione debitoria e le situazioni relative alle sfere patrimoniali dell'originario e del nuovo creditore”) e rientra nella generale disciplina della cessione del credito ex artt. 1260 ss. c.c., con la precisazione che il credito, in sede di conferimento, rileva quale bene in natura e, come tale, soggiace alle relative regole, inclusa la necessarietà di una perizia di stima che ne attesti il valore ai fini del conferimento (secondo il Consiglio Notarile di Milano, cit., la perizia di stima si rende altresì necessaria laddove l'aumento di capitale avvenga mediante imputazione allo stesso di crediti derivanti da un'operazione commerciale (ad esempio, la vendita di un bene alla società con prezzo dilazionato) e quest'ultima operazione e la liberazione dell'aumento di capitale appaiano l'una preordinata all'altra. In senso conforme, in dottrina, cfr. C.A. Busi, S.p.A. - S.r.l.. Operazioni sul capitale, Milano, 2004, 534-535, secondo cui “sembra opportuna l'applicazione analogica dell'art. 2343 c.c. o dell'art. 2464 c.c.. Ciò permetterebbe di evitare o, almeno, rendere più difficili quei sotterfugi, come il gonfiamento di crediti esistenti, che implicherebbero una violazione del principio di integrità ed effettività del capitale sociale”. In senso difforme, cfr. G.E. Colombo, Aspetti patrimoniali e finanziari della disciplina della società per azioni, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Diritto Commerciale - Corso progredito, A.A. 2007/2008, secondo cui “c'è chi sottolinea i pericoli dell'operazione: che il socio venda alla società a prezzi gonfiati (comunque non "controllati" da un soggetto imparziale, come invece accadrebbe se venisse conferito il credito) per poi compensare il proprio credito, gonfiato, col debito di conferimento. Il pericolo esiste: ma per la fase più delicata di vita della società (primi 2 anni), e limitatamente ai casi economicamente più rilevanti (corrispettivo dovuto alla società pari o superiore al decimo del capitale sociale), la legge appresta le cautele dell'art. 2343-bis: fuori di questo caso, è certo possibile un abuso, ma il rimedio non può essere l'indiscriminato rifiuto di un mezzo lecito, bensì la reazione contro l'abuso, cioè l'utilizzo del principio della frode alla legge e, se del caso, della responsabilità degli amministratori”. Analogamente, nel senso che ciò che rileva non è tanto la stima in quanto tale, bensì il dato oggettivo dell'effettiva consistenza del credito vantato dal socio verso la società (sicché, ove questo risulti effettivo, nessun pregiudizio potrà derivare ai creditori dalla compensazione), cfr. A. Ratti, Sui conferimenti in natura per via indiretta, in Riv. soc., 1993, 231);

mentre

(b)                la liberazione dell'aumento di capitale mediante compensazione ha ad oggetto crediti vantati dal socio sottoscrittore verso la società e rappresenta uno strumento solutorio di distinti rapporti obbligatori - nonché, chiaramente, un possibile strumento di attuazione dell'aumento (tale tecnica è “del tutto estranea al sistema del conferimento del credito in senso proprio, giacché nella […] ipotesi in esame non si consente l'ingresso del credito nel patrimonio sociale, […] piuttosto si verifica l'estinzione per effetto della compensazione, appunto, della posizione debitoria della società verso il socio, in ciò realizzandosi l'arricchimento patrimoniale della società deliberante l'aumento” (così G.A.M. Trimarchi, L'aumento di capitale, Napoli, 2007, 288). In senso conforme, cfr. C. Grippa, cit., 512; A. Fabrizio, Compensazione di debiti e crediti del socio di società di capitali, in Soc., 1995, 12, 1591) - rientrante nel genus del conferimento in denaro (dal momento che il credito vantato dal socio non rileva quale bene economico, ma solo per la propria portata numeraria), con conseguente non necessarietà della perizia di stima (sul punto, cfr. Consiglio Notarile di Milano, cit., secondo cui “la fattispecie della compensazione, con evidenza, non coincide con la figura, disciplinata dalla legge, del conferimento di crediti, che si caratterizza per essere, il debitore, soggetto terzo, diverso dall'emittente; consiste invece nella preesistenza di un debito certo e liquido della società verso il sottoscrittore, debito che - al momento della sottoscrizione dell'aumento in denaro - forma oggetto di compensazione con il credito della società per la liberazione dell'aumento stesso”. In senso conforme, cfr. Consiglio Notarile di Firenze, cit., secondo cui “il capitale sottoscritto non viene liberato mediante il conferimento di un credito, per cui non si applica la disciplina prevista dall'art. 2464 c.c. per il conferimento di beni in natura e di crediti, in quanto un conto è il conferimento da parte del socio del credito vantato nei confronti di terzi - la cui figura giuridica deve rinvenirsi in quella della cessione del credito - altro è l'ipotesi in cui il credito del socio sia vantato nei confronti della società stessa. In altre parole, la compensazione non è una vicenda "traslativa" del credito dal socio alla società, ma una vicenda "estintiva" del credito stesso”; Comitato Notarile della Regione Campania, cit., secondo cui “la tecnica di esecuzione della delibera di aumento oneroso del capitale sociale mediante compensazione di un credito vantato dal socio verso la società con un suo debito derivante da sottoscrizione non può essere ontologicamente ricondotta allo schema del conferimento del credito. L'ipotesi legislativa disciplinata negli artt. 2440 e 2481-bis, quarto comma, c.c., infatti, avendo ad oggetto un credito vantato dal socio verso un terzo e non verso la società, non determina l'operatività del meccanismo compensativo di cui agli artt. 1241 ss. c.c., bensì rientra nella fattispecie generale della cessione del credito di cui agli artt. 1260 ss. c.c.. La compensazione del credito del socio con il debito da sottoscrizione, a differenza del conferimento del credito, stante la reciprocità delle posizioni giuridiche soggettive creditorie e debitorie, non determina l'acquisizione di un nuovo bene da parte della società ma, semplicemente, la "trasformazione" del credito del socio in capitale di rischio mediante l'estinzione della posta passiva, il che, peraltro, implica la non applicazione delle norme sui conferimenti in natura”. Sul punto, cfr. altresì Massimario del Tribunale di Milano (elaborato ante L. 340/2000 recante la soppressione dell'omologa degli atti societari), secondo cui “non è necessaria la perizia di stima nel caso di aumento di capitale mediante imputazione allo stesso di somme derivanti da prestiti effettuati dai soci alla società, sempre che detti prestiti siano avvenuti in denaro, realmente versato nelle casse sociali, e che risultino da bilancio o da apposita situazione patrimoniale approvata dall'assemblea”. In senso conforme, cfr. C. Grippa, cit., 514, secondo cui “non avrebbe senso sottoporre a stima il credito vantato dal socio nei confronti della società che sia sorto prima del debito da sottoscrizione. Il denaro o i mezzi apportati dal socio sono già entrati nelle casse sociali o comunque nel patrimonio aziendale e quindi non sussiste nessuna delle ragioni che hanno indotto il legislatore a prescrivere la necessità della relazione di stima. La società, al momento dell'aumento di capitale, non riceve dall'esterno alcun elemento patrimoniale, poiché il credito del socio rappresenta un'utilità economica già iscritta in bilancio o comunque già risultante dalla registrazione contabile dell'avvenuta operazione di finanziamento e quindi già valutata dagli amministratori nel rispetto dei criteri fissati dalla legge a tutela degli stessi soci e dei terzi”) (la perizia di stima non è altresì necessaria: (i) “se si procede all'aumento mediante passaggio a capitale del fondo soci-aumento di capitale, o soci-conto capitale, trattandosi di mezzi propri della società” (così Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Massima n. H.G.4, aumento di capitale con versamenti soci in conto capitale, 1° pubbl. 9/04); oppure (ii) “nel caso di aumento di capitale mediante imputazione allo stesso di somme derivanti da presiti effettuati dai soci o da terzi alla società, sempre che detti prestiti siano avvenuti in denaro e che risultino da bilancio o da apposita situazione patrimoniale approvata dall'assemblea” (così Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Massima n. I.A.4, Imputazione a capitale dei finanziamenti soci e stima, 1° pubbl. 9/04)).

(Possibili) profili elusivi.

La (non necessarietà della) perizia di stima offre lo spunto per rammentare come l'aumento di capitale sottoscritto mediante compensazione si presti astrattamente ad integrare profili elusivi della normativa in tema di conferimenti in natura.

Sono state oggetto di analisi giurisprudenziale, ad esempio, fattispecie in cui il credito del socio era stato appositamente precostituito - nello specifico, mediante un accordo tra il socio e l'amministratore affinché il primo vendesse un bene alla società, senza che la stessa ne pagasse il corrispettivo - per poi consentirne la compensazione con il debito da conferimento (sul tema, cfr. Trib. Monza, 10 giugno 1997, in Soc., 1997, 1433, la cui massima recita: “ È illegittima e non può essere omologata la deliberazione di aumento del capitale sociale eseguita mediante compensazione quando il credito del socio sia stato appositamente precostituito in modo tale da aggirare la disciplina cogente in tema di conferimenti di beni in natura e di crediti”. Sempre in tema di conferimenti d'opera o in natura "mascherati", cfr. Trib. Pavia, 17 aprile 2001, in Riv. dir. impr., 2004, 429) .

In tali situazioni, secondo parte della dottrina, al fine di fugare dubbi sulla legittimità dell'operazione, può rendersi opportuno indicare in delibera le ragioni dell'aumento, in modo da escludere (o, comunque, limitare) profili di responsabilità degli amministratori in una circostanza che, per converso, avrebbe richiesto di apportare in società nuove risorse finanziarie (anziché patrimoniali) (in tal senso, cfr. G. Giordano, cit., 782. In senso conforme, cfr. Consiglio Notarile di Firenze, cit., secondo cui “la decisione di accettare la compensazione come modalità di liberazione del capitale sottoscritto è atto gestionale e quindi riservato agli amministratori. Grava su di loro l'onere di valutare se il deliberando aumento richieda necessariamente l'apporto di capitali freschi oppure no e quindi su di loro ricadranno le eventuali responsabilità connesse a tale scelta. Come qualsiasi atto di gestione, quindi, la compensazione non dovrà essere autorizzata dall'assemblea, ma, eventualmente, espressamente esclusa qualora gli interessi della società e le ragioni del deliberato aumento impongano che l'esecuzione avvenga esclusivamente mediante effettivi versamenti”. Contra, cfr. F. Di Sabato, cit., 611, il quale ritiene nulla una delibera tale, in quanto sarebbe competenza degli amministratori decidere di accettare la compensazione).

Conclusioni

Nel caso di specie, il Tribunale di Milano ha ritenuto - anche sulla scorta del contenuto della delibera assembleare della Società del 27 novembre 2015 (nello specifico, l'assemblea dei soci della Società aveva deliberato: “1) Di autorizzare il Presidente a formulare la proposta di acquisto ed a concludere la cessione dei crediti […]; 2) In caso l'attuale unico socio, Aletti Fiduciaria S.p.A., non provveda alla sottoscrizione e versamento entro il 15 dicembre 2015 dell'aumento di capitale sociale deliberato lo scorso 23 novembre, di offrire alla società s. r.l. la possibilità di sottoscrivere l'aumento di capitale compensando il relativo versamento con il credito che scaturirà dalla cessione”) - che la fattispecie integrata sia quella della liberazione dell'aumento di capitale mediante compensazione del debito da conferimento col credito della s.r.l. verso la Società, non quella del conferimento di crediti.

Il provvedimento dei Giudici meneghini va a decretare - in adesione all'orientamento maggioritario sul tema - la legittimità dello schema compensativo in sede di liberazione dell'aumento di capitale, che risponde (anche) ad un principio di economicità degli adempimenti.

Occorrerà attendere le prossime pronunce (nonché le prossime elaborazioni dottrinali e notarili) per capire se vi sarà una granitica cristallizzazione dei principi espressi dalla corrente maggioritaria o se, invece, ci sarà un revirement verso orientamenti concettuali allo stato superati.

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