Immobile conferito nel fondo patrimoniale familiare: niente dolo se la moglie ignora la provenienza illecita dei fondi

06 Agosto 2024

Nel delitto di favoreggiamento, non è configurabile l’elemento soggettivo del reato, nel caso in cui, durante la crisi coniugale, il marito acquisti un immobile, intestandolo alla moglie e lo faccia confluire all’interno di un costituito fondo patrimoniale, qualora non si dimostri che la donna conosceva la provenienza illecita della provvista donatale.

La vicenda processuale: il primo grado

Il Tribunale di Firenze condanna una donna per favoreggiamento all'interno di una complessa vicenda che vedeva imputato per truffa l'ex marito, mentre l'imputata senza concorrere nel delitto ex art. 640 c.p., avrebbe aiutato l'ex ad assicurarsi il profitto del reato ai danni di alcuni istituti di credito. La condotta di favoreggiamento addebitata alla donna consiste nell'essersi prestata a ricevere dall'ex marito con atto di donazione la somma di 800 mila euro con assegni tratti in scoperto di conto correnti di alcune banche. La stessa imputata avrebbe poi utilizzato tale somma per formalizzare l'atto di acquisto di un immobile poi conferito in un fondo patrimoniale (destinato a far fronte ai bisogni della famiglia) costituito in pari data e che faceva annotare a margine dell'atto di matrimonio, in modo da non rendere aggredibile alle banche creditrici detto cespite immobiliare acquistato con i fondi dei reati di truffa commessi dall'ex marito.

L'overturning nel giudizio di appello

La Corte d'appello di Firenze ribaltava la pronuncia di prime cure, assolvendo l'imputata per assenza dell'elemento psicologico dell'ascritto reato di favoreggiamento. Per i giudici d'appello non erano emersi elementi a supporto della tesi accusatoria, considerato che le disponibilità patrimoniali del coniuge, la sua attività professionale in apparente ascesa e l'alto tenore di vita da lui sempre garantito alla famiglia restituivano l'immagine di un uomo di successo, con molti mezzi economici che, in quella fase della sua vita, avrebbe potuto permettersi di “liquidare” la moglie comprando la sua disponibilità a non intralciare i suoi programmi con una lunga e costosa battaglia legale per la separazione.

Ciò aveva trovato conferma dallo stesso comportamento degli operatori dei diversi istituti bancari coinvolti che gli avevano concesso importanti affidamenti, senza pretendere garanzie, basandosi esclusivamente sul suo profilo professionale e reddituale.

Inoltre, l'importo della donazione era stato conferito a mezzo di assegni circolari a lei intestati e che l'intera operazione era stata effettuata a mezzo di atti pubblici e di strumenti di pagamento palesi.

Infine, la Corte territoriale evidenzia la logicità della scelta di vincolare l'immobile di sua proprietà esclusiva in un fondo patrimoniale, considerando che l'imputata, dirigente medico, era comunque esposta ad un elevato rischio professionale.

La conferma assolutoria della Suprema Corte

Una delle banche costituitesi parte civile ricorreva in Cassazione sostenendo l'illogicità manifesta dei passaggi motivazionali, appena indicati, dalla sentenza di secondo grado. Non può, in particolare dedursi la buona fede solo perché l'acquisto dell'immobile per 800 mila euro era stato realizzato con assegni e operazioni tracciabile. Così come non regge l'argomentazione per cui il conferimento dell'immobile nel fondo patrimoniale avesse quale unica causale quella che l'imputata, in ragione del suo ruolo professionale, fosse esposta quotidianamente ad azioni di responsabilità.

I giudici di legittimità, invece, non ravvisano alcuna illogicità nel passaggio motivazionale secondo cui la buona fede dell'imputata era dimostrata dalla circostanza che l'intero importo della donazione era stato corrisposto con assegni circolari (facilmente tracciabili) e con strumenti palesi. Il punto centrale è un altro: la Corte di appello ha coerentemente osservato che, se l'imputata fosse stata a conoscenza della provenienza illecita della provvista donatale, non avrebbe accettato di riceverla mediante atto di liberalità revocabile, né avrebbe fatto confluire l'immobile in un fondo patrimoniale soggetto a revocatoria.

La posizione della Cassazione

In sostanza, ponendosi nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, il dolo di favoreggiamento si può configurare solo con l'atteggiamento psicologico dell'agente, il quale opera nell'interesse esclusivo dell'autore del reatoper aiutarlo ad assicurarsene il prezzo (sez. II, nn. 10980/2018 e 30744/2014). Peraltro, in qualche arresto meno recente si è affermato che ai fini della configurabilità dei reati di favoreggiamento personale e reale occorre, sotto il profilo soggettivo, che la condotta favoreggiatrice sia stata posta in essere ad esclusivo vantaggio del soggetto favorito, per cui i suddetti reati restano esclusi qualora l'agente abbia avuto di mira il conseguimento di interessi propri (sez. fer., n. 38236/2004).

Nessuna “intenzione” di favorire il coniuge

Viene respinto anche il motivo secondo cui i giudici di secondo grado avrebbero inadeguatamente respinto la tesi accusatoria tesa ad affermare che l'imputata non aveva alcun motivo, se non quello di favorire il coniuge, di vincolare l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale.

Anche qui, per i giudici del sesto collegio di legittimità, la motivazione sul punto è congrua, laddove da un lato rappresenta che la costituzione di un fondo patrimoniale non costituiva una novità per il nucleo familiare perché già in precedenza immobili di proprietà erano stato conferiti in altro fondo. Dall'altro, la costituzione del fondo in questione era coerente con la riorganizzazione dell'assetto familiare, che avrebbe visto il trasferimento dell'abitazione di residenza della famiglia presso l'immobile costituito dall'unione dell'appartamento (acquistato dalla moglie prima della crisi coniugale) e di quello adiacente, oggetto della vendita in contestazione.

Ciò renderebbe plausibili – contrariamente a quanto sostenuto dalla parte civile ricorrente – le ragioni per le quali l'imputata ha conferito l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale intestato anche all'ex marito. Tale opzione, infatti, risulta coerente con le decisioni precedentemente assunte con riferimento alla gestione della precedente residenza della famiglia, dal momento che pure tale immobile era stato oggetto di un fondo patrimoniale.

Il ricorso viene, quindi, rigettato.

(tratto da: dirittoegiustizia)

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