La breve durata del matrimonio esclude il diritto al mantenimento del coniuge
04 Settembre 2024
Massima Nelle ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale, e quindi instaurato un rapporto affettivo qualificabile come affectio coniugalis, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento. Il caso La Corte d'Appello di Trieste ha respinto in giudizio l'appello proposto avverso la sentenza del Tribunale che aveva posto a suo carico l'obbligo di contribuire al mantenimento della moglie con un assegno mensile di € 3.000,00. La Corte territoriale, a fondamento della decisione, aveva ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento dell'assegno valorizzando il rilevante squilibrio economico esistente tra le parti e i modesti introiti percepiti dalla moglie dalla propria attività lavorativa. Tizio ha presentato ricorso per Cassazione eccependo la nullità della sentenza per violazione dell'art. 156, comma 1° c.p.c., avendo i Giudici di merito omesso di valutare ai fini della spettanza dell'assegno la breve durata del matrimonio (dovuta al fatto che la moglie si è allontanata dalla casa coniugale dopo pochi mesi dalle nozze) e la giovane età del coniuge richiedente. La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza del 24 luglio 2024 n. 20507, ha accolto il motivo di gravame e cassato con rinvio la sentenza impugnata rilevando che la decisione impugnata non aveva preso in considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell'assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione, pur avendo accertato che la moglie si era allontanata dalla casa coniugale solo pochi mesi dopo il matrimonio. La questione Nelle circostanze da considerare ai fini della determinazione e quantificazione dell’assegno di mantenimento del coniuge ex art. 156 c.c. rientra anche la durata del matrimonio? Le soluzioni giuridiche 1. I presupposti dell'assegno di mantenimento del coniuge Tra i diversi doveri dei coniugi scaturenti dal matrimonio (coabitazione, fedeltà, collaborazione, ecc. ecc..) uno dei più importanti è costituito dall'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale: ciascun coniuge deve far fronte alle esigenze anche materiali dell'altro allorché questi non è in grado di provvedervi, così come disciplinato dall'articolo 143 c.c. Quando il matrimonio giunge al termine, i doveri di assistenza materiale non si interrompono: con la separazione personale dei coniugi, infatti, cessano l'obbligo di coabitazione e l'obbligo di fedeltà, ma permangono gli obblighi di assistenza morale e materiale. L'art. 156 c.c. prevede la tutela economica del coniuge economicamente più debole disponendo che «il giudice, pronunziando la separazione stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato». L'assegno di mantenimento è un importo forfettizzato la cui funzione si sostanzia nel fornire al coniuge economicamente più debole, sprovvisto di redditi propri, un sostegno. Detto assegno è pertanto considerato la proiezione degli obblighi di mantenimento reciproci derivanti dal matrimonio (art. 143 c.c.) nonché estrinsecazione del generale dovere di assistenza materiale, che permane anche dopo la cessazione della convivenza: la separazione, infatti, instaura un regime che tende a conservare quanto più possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, con il tipo di vita di ciascuno dei coniugi (Cass. civ. sez. I, 20 febbraio 2013, n.4178, cfr. anche Cass. civ. sez I, 16 maggio 2017, n. 12196). Con l'ordinanza in commento la Corte di Cassazione coglie l'occasione per ribadire la differenza tra separazione personale dei coniugi e divorzio, richiamando l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite (Cfr. Cass. civ. sez. un. 8 novembre 2022, n. 32914) per cui la separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale. Indi per cui il venir meno della convivenza comporta che il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell'obbligato. 2. La durata del matrimonio In tema di separazione personale dei coniugi la giurisprudenza ha più volte chiarito che alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva assoluta del diritto all'assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti, potendosi, al più, alla durata del matrimonio essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento (Cass. 16 dicembre 2004, n. 23378; Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; Cass. 18 gennaio 2017, n. 1162; Cass. 31 dicembre 2021, n. 42146). Dunque, la regola generale, come ricorda anche la Corte di Cassazione nell'ordinanza in commento, è quella per la quale la durata del matrimonio tendenzialmente potrà influire solo sul quantum dell'assegno e non anche sotto il profilo dell'an (Cfr. Cass. 1622/2017). I Giudici di legittimità chiariscono infatti che «La durata del matrimonio e il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro, ovvero di quello comune, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell'assegno divorzile e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell'assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia siffatti elementi valutabili in quest'ultima sede, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, c.c., allo scopo di stabilire l'importo di detto assegno”. Il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, va, quindi, declinato tenendo conto della pluralità di parametri prima sinteticamente ricordati. Tra le circostanze da considerare, ex art.156 c.c., rientra anche la durata del matrimonio. 3. Il matrimonio c.d. “lampo” e l'assenza di comunione spirituale e materiale tra i coniugi La Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento chiarisce che la durata del matrimonio può, tuttavia, costituire una causa di esclusione del diritto all'assegno quando sia stato così breve da non aver consentito neppure l'instaurarsi di una comunione di vita e quindi di una comunione materiale e spirituale dei coniugi (c.d. affacetio coniugalis). Ricorre in tale caso un'ipotesi del tutto eccezionale in cui non sorge il diritto all'assegno di mantenimento, anche in presenza dei presupposti previsti dall'art. 156 c.c. Tale principio era già stato espresso dalla Suprema Corte in altre pronunce con le quali è stato chiarito che “in tema di separazione giudiziale, non sussiste il diritto all'assegno di mantenimento nel caso in cui non si sia realizzata, dopo il matrimonio, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi…” (Cfr. Cass. civ. n. 402/2018). Pertanto se la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all'assegno, la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione (Cfr. anche Cass. n.16737/2018). Osservazioni La pronuncia in commento è particolarmente significativa perché ribadisce come la durata del matrimonio in alcuni casi eccezionali può divenire circostanza atta ad escludere tout court la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto al mantenimento del coniuge economicamente più debole. Ciò avviene in particolar modo in quei matrimoni di così breve durata in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, L'ordinanza della Suprema Corte è pienamente condivisibile perché coerente anche con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha chiarito come l'assegno di mantenimento spetti al coniuge che con le proprie risorse complessivamente intese (Cass. civ., sez. VI, 4 aprile 2016, n. 6427), dichiarate e non dichiarate fiscalmente (Cass. civ., 2 novembre 2004, n. 21047; Trib. Cagliari, 7 febbraio 2012), non può continuare a godere del pregresso tenore di vita (Cass. civ.,7 luglio 2008, n. 18613; Trib. Milano, 21 novembre 2013) I “redditi adeguati", cui va rapportato l'assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole al quale non sia addebitabile il fallimento dell'unione, sono infatti quelli necessari a mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto nel corso della convivenza. La necessaria correlazione tra l'adeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente ed il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ha trovato conferma essendosi ribadito che tale parametro trova giustificazione nella permanenza del vincolo coniugale, non riscontrabile nel caso dell'assegno divorzile, il quale, a differenza dell'assegno di mantenimento, presuppone l'intervenuto scioglimento del matrimonio (Cfr. Cass. civ. 20228/2022; Cass. civ. ord. 8254/2023). È evidente che in tutti quei casi in cui il matrimonio ha una durata troppo breve manca, di fatto, alla radice l'interesse alla conservazione del tenore di vita goduto in costanza di convivenza matrimoniale perché quest'ultima, intesa come comunione materiale e spirituale dei coniugi, non può considerarsi realmente instaurata sin dall'inizio. Indi per cui pare corretta l'esclusione del diritto all'assegno di mantenimento laddove il matrimonio abbia avuto una durata insignificante non potendosi in tal caso ritenere instaurata una convivenza matrimoniale significativa in termini di durata e stabilità. |