Può l’omesso controllo della PEC comportare una sospensione dell’esercizio della professione forense?

La Redazione
27 Settembre 2024

Si considera violazione dei doveri professionali il negligente compimento di atti inerenti al mandato imputabili a non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (art. 26 del Codice Deontologico Forense), come il caso di omessa verifica delle comunicazioni PEC. 

Il Consiglio Nazionale forense, con il provvedimento 134/24, si è pronunciato sul dovere di diligenza, partendo dal caso di un avvocato che non si era accorto della notifica PEC relativa ad un'opposizione a decreto ingiuntivo, il cui giudizio si era concluso nella contumacia dell'opposto.    

In particolare, il legale non solo ometteva di informare il proprio cliente dell'introduzione del giudizio di opposizione, ma riferiva anche che il decreto ingiuntivo non era stato opposto, consigliando all'assistito azioni inutilmente gravose.  

L'avvocato veniva, pertanto, sanzionato dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Brescia con la sospensione dall'esercizio della professione forense per otto mesi, stante la gravità del danno arrecato al cliente, la molteplicità delle norme deontologiche violate, l'assenza di ravvedimento nonché la gravità dell'offesa arrecata alla reputazione, alla dignità e al decoro dell'intera categoria professionale .  

A questo punto, il professionista ricorreva al Consiglio Nazionale Forense, attribuendo ad una mera svista (relativa alla ricezione della PEC di notifica) la mancata costituzione nel giudizio di opposizione.  

Il ricorso è stato, tuttavia, ritenuto infondato e, quindi, rigettato, con conferma della sanzione comminata.  

Infatti, la definizione di mera “svista” rappresenta, secondo il Consiglio, «un artificio linguistico dietro cui celare il comportamento negligente, documentalmente provato».    

Non verificare la PEC, nella consapevolezza, anche solo per la vicenda in oggetto, del periodo nel quale potesse maturare un' opposizione ad un decreto ingiuntivo, è circostanza bastevole a considerare il comportamento negligente , con le dirette conseguenze in termini di configurabilità della violazione di cui all'art. 26, comma 3. 

Si tratta, nel caso di specie, di una negligenza che nasce dal “disinteresse” nei confronti delle sorti del cliente, che risulta al di sotto della diligenza media richiesta, proprio perché al ricorrente avvocato era chiaro che si sarebbe potuto trovare innanzi ad una opposizione e, pertanto, avrebbe dovuto controllare attentamente la posta elettronica.  

Secondo quanto osservato dal CNF, peraltro, i summenzionati suggerimenti che il ricorrente ha veicolato nei confronti del cliente sono tutti collegati al tentativo di nascondere le effettive responsabilità derivanti dalla “svista”.  

Infine, il Consiglio sottolinea che il fatto che il ricorrente avesse, per giunta, negato più volte al proprio assistito l'esistenza di un giudizio di opposizione determina anche la violazione degli artt. 9, 10 e 12 del codice deontologico, in quanto «il disvalore del comportamento negligente è fornito proprio dalla mancata costituzione nel giudizio di opposizione».   

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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