PTT: mancato rispetto delle specifiche tecniche e invito alla regolarizzazione
Daniela Mendola
14 Ottobre 2024
La digital era implica un ripensamento della disciplina tributaria, sia sostanziale che processuale. In altre parole, gli strumenti adoperati anteriormente alla digitalizzazione devono adeguarsi per stare al passo con l'implementazione dell'uso della tecnologia.
Introduzione
Prima di addentrarsi nella quaestioiuris, appare opportuno richiamare la normativa di riferimento, ovvero il d.lgs. n. 546/1992 che contiene le disposizioni relative al processo tributario. In particolare, gli artt. 16 e ss attengono al processo tributario telematico.
La disciplina relativa all'utilizzo degli strumenti informatici, invece, è riconducibile ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2013, n. 163 che regolamenta, tra i diversi istituti, il cd. SiGIT (Sistema informativo Giustizia Tributaria) e ad un decreto direttoriale del 4 agosto 2015.
Le regole tecniche sono state oggetto recentemente di una rivisitazione poi trasposta nel decreto direttoriale del 21 aprile 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie Generale, n. 102 del 3 maggio 2023.
Le nuove specifiche tecniche a presidio dell'efficientamento
Il predetto decreto ha apportato una serie di novità, tra cui l'eliminazione dell'obbligo di apporre la firma digitale sugli allegati. Si tratta di una scelta improntata alla semplificazione delle procedure di deposito.
L'interessato, dunque, che voglia depositare un “allegato” (è tale quel documento che si collega funzionalmente ad altro documento c.d. principale) ha la facoltà di apporre o meno la firma digitale. La mancata apposizione non comporterà alcuna sanzione a carico dell'interessato trattandosi, appunto, di una facoltà.
È chiaro, allora, che il fine è velocizzare le procedure e la ratio ispiratrice è proprio quella di efficientamento. Resta ferma, invece, l'obbligatorietà della firma digitale per l'atto principale.
La mancata apposizione della firma digitale produrrà quale effetto la sanzione di inammissibilità così come espressamente previsto dall'art. 18, d.lgs. n. 546/1992.
L'obbligatorietà della firma digitale resta ferma anche per gli altri atti processuali quali, ad esempio, l'istanza di pubblica udienza, l'istanza di sospensione cautelare ovvero l'istanza di trattazione. In mancanza la sanzione sarà quella della inammissibilità. La firma de qua può essere apposta in forma Cades o Pades, senza che vi sia la necessità di modificare l'estensione dei file prima della firma.
Il mancato rispetto delle specifiche tecniche in caso di deposito telematico
Il punto è comprendere se, in caso di mancato rispetto delle specifiche tecniche, il deposito del ricorso subisca la sanzione più grave ovvero quella della invalidità. Sul punto assume rilevanza una recentissima sentenza della CTR Lombardia 13 settembre 2024, n. 2361 pronunciatasi sul deposito di un ricorso da parte del contribuente in modalità scansione e non nativo digitale. Secondo i giudici di seconde cure il ricorso non sarebbe affetto da inammissibilità, purché il contribuente provveda alla regolarizzazione.
Si tratta, dunque, di una sanzione “mite” in linea con l'esigenza di semplificare le regole e migliorare i rapporti tra le parti. Si vuole evitare di cristallizzare il ricorso con l'inammissibilità in linea con il principio di salvezza degli atti giuridici.
Il presupposto da cui occorre partire è che il legislatore non ha prescritto alcuna sanzione né per il mancato rispetto delle regole tecniche a livello di normativa primaria e, a fortiori, secondaria. Vi è la regola, ma manca la previsione della sanzione in caso di mancata osservanza della regola.
La previsione legislativa della sanzione sarebbe stata utile, soprattutto nella misura in cui il legislatore avesse effettuato ex ante l'opera di bilanciamento tra diritti costituzionali, valutando quale tra le sanzioni adottabili fosse la più adeguata.
Nel dubbio e nel silenzio della legge, pertanto, si cerca di prediligere la misura c.d. conservativa o di salvezza dell'atto giuridico.
Il raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.) non consente, dunque, l'adozione della sanzione della inammissibilità, aprendo, di converso, la strada all'invito alla regolarizzazione.
L'invito alla regolarizzazione
L'atto depositato telematicamente, sebbene non conforme alle specifiche tecniche, viene accettato dalla cancelleria ed inserito nel fascicolo processuale telematico.
Quanto detto significa che l'atto ha raggiunto il suo obiettivo primario: essere portato a conoscenza del giudice e delle parti.
Pertanto, la sanzione è la irregolarità a cui segue l'invito alla regolarizzazione dell'atto - sia esso introduttivo o endoprocessuale - con un nuovo deposito nel rispetto delle specifiche tecniche.
Tale soluzione contempera entrambe le esigenze: quella sottesa alla normativa tecnica volta ad assicurare la gestione informatica dei sistemi e quella processuale di conservazione dell'atto e di ragionevole durata del processo.
Conclusioni
L'intera riforma fiscale, ivi comprese le modifiche attinenti al processo tributario telematico, deve essere interpretata nell'ottica di un efficientamento e razionalizzazione degli istituti.
Laddove, il legislatore non abbia previsto alcuna sanzione, la scelta interpretativa deve essere quella della salvezza dell'atto giuridico. Ciò in particolare, se si considera che l'attuale periodo storico è caratterizzato dalla funzione promozionale del diritto tributario, prima ancora che repressiva.
In linea con questo “nuovo volto” del fisco in caso di lacuna normativa la scelta interpretativa deve essere quella meno lesiva per l'interessato (si richiama l'immanente principio di proporzionalità).
Il focus diventa, allora, la lacuna normativa, la quale è dovuta al fatto che la tecnologia corre più veloce del diritto e, pertanto, non tutti gli istituti presentano una completa regolamentazione. Nel dubbio, si deve prediligere l'interpretazione più favorevole al contribuente.
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Sommario
Le nuove specifiche tecniche a presidio dell'efficientamento