Legittimo l'inasprimento della pena per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale
28 Ottobre 2024
Per il giudice triestino l'intervento del 2019 sull'art. 341-bis c.p. porta ad infliggere pene sproporzionate, sia in relazione all'effettiva portata offensiva di un lungo elenco di concrete condotte sia rispetto alla pena applicabile per il reato - considerato più grave - di resistenza a pubblico ufficiale. L'attuale reato di oltraggio a pubblico ufficiale richiede necessariamente e contestualmente che la condotta oltraggiosa: 1) si svolga in luogo pubblico o aperto al pubblico; 2) avvenga in presenza di più persone; 3) si svolga mentre il pubblico ufficiale compie un atto del suo ufficio; 4) offenda l'onore e il prestigio di un pubblico ufficiale, a differenza di quanto previsto nella previgente norma incriminatrice, che riteneva sufficiente la lesione dell'uno o dell'altro bene. Per la Consulta «tali nuovi requisiti introdotti dal legislatore restringono significativamente l'ambito applicativo della nuova fattispecie di oltraggio rispetto alla precedente, oggetto della sentenza n. 341/1994, arricchendone la dimensione offensiva e selezionando condotte di apprezzabile gravità, che rendono non intrinsecamente sproporzionata né contraria al principio rieducativo la previsione di una pena minima di sei mesi di reclusione. Ciò alla luce del costante orientamento di questa Corte che riconosce l'ampia discrezionalità del legislatore nella definizione della politica criminale, e in particolare nella determinazione delle pene applicabili a chi abbia commesso reati, così come nella stessa selezione delle condotte costitutive di reato». La fattispecie delittuosa di cui all' attuale art. 341-bis c.p., inoltre, con l'introduzione di un requisito di stretta contestualità tra la condotta del reo e il compimento di uno specifico atto funzionale ha configurato un «delitto offensivo anche del buon andamento della pubblica amministrazione» non diversamente da quanto accade per il delitto di resistenza al pubblico ufficiale di cui all'art. 337 c.c. Ciò rende, pertanto, ragionevole la scelta del legislatore di prevedere la medesima pena minima per i entrambi i reati (ossia la reclusione per minimo 6 mesi). Da ultimo, si segnala che la sentenza della Corte costituzionale del 22 ottobre 2024 ha valorizzato la riforma del Codice di procedura approvata nella passata legislatura. In particolare, ha ricordato che per questa tipologia di reato è possibile il ricorso allo strumento della giustizia riparativa che «consente di responsabilizzare l'autore dell'offesa e recuperare le relazioni interpersonali danneggiate dal reato, contribuendo a restituire un'immagine positiva all'azione della pubblica amministrazione (in senso analogo, sentenza n. 71 del 2024).» Alla luce di queste considerazioni, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Trieste in relazione all'art. 341-bis c.p., come modificato dall'art. 7, comma 1, lettera b-bis), del d.l. 53/2019 ("Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica"), convertito, con modificazioni, in l. n. 77/2019. *Tratto da DirittoeGiustizia |