Riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale (reg. ce n. 2201/2003)
20 Luglio 2016
Inquadramento IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE Il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in tema di responsabilità genitoriale (in seguito: Regolamento oppure Reg.) contiene, fra molte altre, disposizioni in materia di riconoscimento di decisioni pronunciate in Stati membri dell'Unione Europea (in seguito: UE). Il Regolamento è entrato in vigore il 1 agosto 2004 ed è operativo dal 1 marzo 2005 per 24 Paesi (esclusa la Danimarca, cui la fonte normativa non è applicabile, non avendo partecipato alla sua adozione), nonché dal 1 gennaio 2007 anche per la Bulgaria e la Romania e dal 1 luglio 2013 anche per la Croazia. A differenza delle decisioni di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, che di regola sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, le pronunce in materia di responsabilità genitoriale sono, salve alcune eccezioni, soggette ad exequatur. La responsabilità genitoriale è definita nell'art. 2, n. 7, del Regolamento come «... l'insieme dei diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona ed i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita». Per ulteriori indicazioni sul tema, si fa rinvio alla «bussola» intitolata «Provvedimenti provvisori in tema di responsabilità genitoriale (Reg. CE n. 2201/2003)». Il concetto di decisione accolto nel Regolamento è molto ampio, in quanto ricomprende sia le decisioni emesse da una autorità giurisdizionale, qualunque sia la loro denominazione (ad es.: sentenza, decreto, ordinanza), sia i provvedimenti emanati da autorità amministrative, sia gli atti pubblici aventi efficacia esecutiva, formati in uno Stato membro, sia gli accordi tra le parti conclusi davanti ad un giudice nel corso di un giudizio ed esecutivi. Ciò risulta espressamente dalla definizione di «decisione » di cui all'art. 2, n. 4, e dal disposto dell'art. 46, rubricato «Atti pubblici e accordi». Il Regolamento, così come ogni atto normativo comunitario, prevale sulle norme di diritto interno che siano con esso incompatibili. La competenza a pronunciare provvedimenti in tema di responsabilità genitoriale spetta, di regola, all'autorità giurisdizionale (in seguito: a.g.) dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale.
Sono previste alcune eccezioni alla regola generale:
Exequatur
Secondo la regola generale (posta dall'art. 21 Reg.), le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. Tale regola vale, peraltro, unicamente con riguardo alle decisioni di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio. Per ciò che attiene al riconoscimento delle decisioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale, è, invece, necessaria, almeno di regola, una procedura di exequatur. Ai sensi dell'art. 28 Reg., tali ultime decisioni, emesse ed esecutive in un determinato Sato membro, sono eseguite in un altro Stato membro (ad esclusione della Danimarca) soltanto dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, purché siano state notificate (in ordine alle regole di notifica si veda il Regolamento (CE) n. 1393/1997 del 13 novembre 2007). La decisione può essere eseguita in una delle tre parti del Regno Unito (Inghilterra e Galles, Scozia e Irlanda del Nord) soltanto dopo che essa sia ivi stata registrata per esecuzione, su istanza di una parte interessata. La competenza per il procedimento di exequatur spetta al giudice del luogo ove abbiano residenza abituale la parte contro cui è chiesta l'esecuzione o il minore, mentre spetta al giudice del luogo di esecuzione (ove, ad es., si trovino i beni del minore da conservare) qualora la residenza abituale dei predetti non si trovi nello Stato richiesto. Nelle ipotesi in cui il riconoscimento venga chiesto in via incidentale nell'ambito di un giudizio che abbia altro oggetto, la competenza spetta al giudice della causa principale (art. 21, par. 4, Reg.). Ciascuno Stato membro deve designare gli organi giurisdizionali funzionalmente e territorialmente competenti e deve farne comunicazione alla Commissione. L'organo giurisdizionale competente è, nel nostro Paese, la Corte di Appello. È prevista una prima fase di tipo sommario ed a contraddittorio differito. La domanda (le cui forme e le cui modalità di deposito sono determinate in base alla normativa interna) deve essere proposta all'autorità competente dello Stato membro in cui il riconoscimento viene richiesto. Alla domanda devono essere uniti copia autentica della decisione di cui venga chiesto il riconoscimento e «certificato» (si veda il paragrafo che segue) redatto dall'a.g. dello Stato membro di origine. L'a.g. adita deve decidere «senza indugio». In questa fase, ai sensi dell'art. 31, par. 1, Reg., né la parte contro cui è richiesto il riconoscimento né il minore interessato (che, giusta il sicuro ricorrere dell'ipotesi del conflitto di interessi con i genitori e salva l'ipotesi di avvenuta nomina di un tutore, dovrà essere rappresentato da un curatore), hanno facoltà di presentare osservazioni. Tale previsione è stata, peraltro, ritenuta inapplicabile nel caso di un procedimento di non riconoscimento di una decisione giudiziaria avviato senza che fosse stata precedentemente proposta un'istanza di riconoscimento nei confronti della stessa decisione: poiché l'oggetto della procedura mira ad un giudizio negativo che, per sua natura, esige il contradditorio, la parte convenuta non può essere privata della possibilità di presentare osservazioni (v. C.G.C.E., 11 luglio 2008, in causa C-195/08, nell'ambito di una procedura di non riconoscimento di un provvedimento di restituzione di un minore). Vi è assoluto divieto di riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro di origine (art. 24 Reg.) e di riesame del merito (art. 26 Reg.) L'esistenza delle condizioni per attribuire efficacia alla decisione nello Stato richiesto deve essere accertata dal giudice d'ufficio. Adottata la decisione, che potrà essere di riconoscimento o di non riconoscimento, la parte interessata può proporre opposizione. La successiva fase deve svolgersi innanzi all'a.g. indicata dagli Stati membri alla Commissione, nel pieno contraddittorio tra le parti. La relativa decisione può essere fatta oggetto di impugnazione soltanto con le procedure che siano state comunicate dagli Stati membri alla Commissione (art. 34 Reg.). Sono previste due eccezioni alla regola dell'exequatur. Sia le decisioni con cui venga conferito il diritto di visita, sia le decisioni con cui sia stato ordinato il «ritorno del minore» ai sensi dell'art. 11, par. 8, Reg., in sede di riesame di un provvedimento di diniego del ritorno –si veda, sul punto, la «bussola intitolata» «Pronunce in tema di esercizio del diritto di visita e di trasferimento illecito del minore (Reg. CE n. 2201/2003)»), esecutive ed emesse in uno Stato membro (ad esclusione, si rammenta, della Danimarca), sono eseguibili in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al loro riconoscimento qualora siano state «certificate» nello Stato membro di origine. Ciò in considerazione degli interessi, in prima linea quello del minore, che vengono in rilievo in tali circostanze. Restano soggette ad exequatur le decisioni di rigetto della domanda di conferimento del diritto di visita, nonché le decisioni in tema di «ritorno del minore» diverse da quelle appena sopra indicate. La «certificazione», che costituisce l'unico presupposto per ottenere l'esecuzione della decisione nello Stato membro richiesto, è subordinata alla constatazione dell'osservanza di alcune garanzie procedurali nel giudizio di riferimento. Sia che si tratti di decisione di conferimento del diritto di visita che di decisione con cui sia stato ordinato il ritorno del minore, il rilascio può avvenire solo se le parti e il minore abbiano avuto la possibilità di essere ascoltati (salvo, nel caso del minore, che l'ascolto sia stato ritenuto inopportuno in ragione dell'età o del grado di maturità). Inoltre, in caso di decisioni relative al conferimento del diritto di visita, nelle ipotesi di procedimento in contumacia, deve essere accertato che la domanda giudiziale o un atto equivalente sono stati notificati o comunicati al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da consentirgli l'esercizio del diritto di difesa, o, in caso contrario, che il convenuto abbia accettato la decisione inequivocabilmente. In caso di decisioni con cui sia stato ordinato il ritorno del minore, deve essere accertato che l'a.g. ha tenuto conto, nel rendere la sua decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso conformemente all'art. 13 della Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, adottata a L'Aia il 25 ottobre 1980 (resa esecutiva in Italia con l. n. 64 del 1994). Il rilascio del «certificato» può avvenire soltanto per le decisioni che siano, anche se provvisoriamente, esecutive nello Stato di origine (id est: lo Stato in cui ha sede il giudice del «riesame» ex art. 11, par. 8, Reg.). Allorché la legislazione dello Stato membro di origine non preveda, in pendenza di impugnazioni o dei termini per impugnare, l'esecutività di diritto delle decisioni che accordino un diritto di visita o che prescrivano il ritorno dei minori, gli artt. 41 e 42 Reg. consentono al giudice di tale Stato di dichiarare comunque esecutiva la decisione e conseguentemente di rilasciare il «certificato». Nel caso di decisione relativa al diritto di visita, l'esecutività si estende alle penalità, la cui misura sia stata definitivamente fissata, comminate dal giudice dello Stato membro di origine al fine di assicurare l'esercizio effettivo del suddetto diritto (C.G.U.E., 9 settembre 2015, in causa C-4/14). Il provvedimento con cui il «certificato» viene rilasciato non è soggetto ad alcun mezzo di impugnazione (art. 43 Reg.) neppure nello Stato d'origine, ma soltanto a mere rettifiche (il riferimento è agli errori materiali) secondo il diritto interno di tale Stato. Il «certificato», una volta rilasciato, non può essere revocato; tuttavia, esso segue le vicende della decisione e della sua esecutività, come si deduce dall'art. 44 Reg. («il certificato ha effetto soltanto nei limiti del carattere esecutivo della sentenza»). Di conseguenza, se la decisione dovesse essere annullata o riformata nell'ordinamento di origine, il «certificato» perderebbe effetto. Al giudice dello Stato richiesto spetta soltanto di dare pratica attuazione alla decisione, non nell'ambito di uno specifico procedimento ma nel corso della procedura esecutiva (cui si applica la normativa interna), limitandosi a verificare l'esecutività della decisione. L'esecutività di una decisione certificata non può essere negata nello Stato membro di esecuzione in forza della deduzione di un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la sua emanazione; tale mutamento, rientrando nelle questioni di merito, deve essere dedotto dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine, al quale dovrebbe essere presentata anche l'eventuale domanda di sospensione dell'esecuzione della sua decisione (C.G.U.E., 1 luglio 2010, in causa C-211/10). Se così non fosse, il regolamento rischierebbe di essere privato del suo effetto utile, poiché l'obiettivo del rientro immediato del minore resterebbe subordinato alla condizione dell'esaurimento dei mezzi procedurali consentiti dall'ordinamento dello Stato di esecuzione nel quale il minore è illecitamente trattenuto (C.G.C.E., 11 luglio 2008, in causa C-195/08). Con riguardo all'esercizio del diritto di visita, resta, comunque, in facoltà dell'a.g. dello Stato membro di esecuzione stabilire le modalità pratiche (art. 48 Reg.). Diniego del riconoscimento delle decisioni
I motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale sono tassativamente indicati nell'art. 23 del Regolamento. Tali motivi rilevano soltanto nell'ipotesi in cui sia necessario l'exequatur e non anche quando lo stesso non sia previsto. I motivi di non riconoscimento sono sussumibili in tre categorie: i) Il riconoscimento non può avvenire «se, tenuto conto dell'interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto». Pur a fronte del tenore letterale della norma, è controverso se l'ordine pubblico di riferimento debba essere quello interno (costituito da qualsiasi norma imperativa dell'ordinamento civile) oppure quello comunitario od internazionale (costituito dai «(soli) principi fondamentali e caratterizzanti l'atteggiamento etico — giuridico dell'ordinamento in un determinato periodo storico». Con una recente pronuncia, la Corte giustizia ha affermato che la disposizione in esame deve essere interpretata nel senso che, in mancanza di una violazione manifesta, tenuto conto dell'interesse superiore del minore, di una norma giuridica considerata essenziale nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro o di un diritto riconosciuto ivi come fondamentale, la disposizione medesima non consente al giudice di uno Stato membro che si ritenga competente a statuire sull'affidamento di un minore di negare il riconoscimento della decisione di un giudice di un altro Stato membro che abbia statuito sull'affidamento di tale minore (C.G.U.E.,19 novembre 2015, in causa C-455/15). Da ultimo, va chiarito che il limite dell'ordine pubblico è da riferire sia al contenuto (c.d. ordine pubblico sostanziale) della decisione straniera di cui si chiede il riconoscimento, sia al suo procedimento formativo (c.d. ordine pubblico processuale).
ii) Il riconoscimento non è consentito in caso di violazione di alcune regole processuali fondamentali, attinenti per lo più al principio del contraddittorio: la mancata o tardiva comunicazione della domanda giudiziale o di un atto equivalente al convenuto che sia rimasto contumace (salvo che sia stato accertato che il convenuto abbia accettato inequivocabilmente la decisione); il mancato ascolto del minore, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto; la mancata audizione di colui che ritenga che la decisione sia lesiva della propria responsabilità genitoriale; la violazione dell'art. 56 Reg., relativo al collocamento del minore in un altro Stato membro.
iii) Il riconoscimento non può avvenire qualora la decisione sia incompatibile con altra decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa nello Stato membro richiesto oppure in un altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda, provvista dei requisiti per esservi riconosciuta. Rapporti tra REG. 2201/2003 e convenzioni internazionali
La materia in esame è disciplinata sia dal Regolamento sia da alcune Convenzioni internazionali. Vengono in rilievo le seguenti fonti:
Per ciò che attiene ai rapporti fra il Regolamento e le Convenzioni, è statuito, nell'art. 60 Reg., che esso prevale, in territorio comunitario (eccezion fatta per quello della Danimarca) e nella misura in cui queste riguardino materie da esso disciplinate, sulle Convenzioni fatte a L'Aja il 5 ottobre 1961 e il 25 ottobre 1980 e sulla Convenzione europea di Lussemburgo del 20 maggio 1980. Per ciò che attiene al rapporto con la Convenzione fatta a L'Aja il 19 ottobre 1996, l'art. 61 Reg. prevede che il Regolamento prevale, per le materie da esso disciplinate, laddove il minore interessato dalla vicenda concreta abbia la sua residenza abituale nel territorio di uno Stato membro UE, nonché, sia che abbia tale residenza ivi o in uno Stato terzo ma parte della Convenzione, per quanto riguarda il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione emessa dal giudice competente di uno Stato membro.
Riferimenti
COACCIOLI A., Manuale di diritto internazionale privato e processuale, vol. I, Milano, 2011; CONTIERO G., L'affidamento dei minori, Milano, 2009; MATTEINI CHIARI S., Il minore nel processo, Milano, 2014; SCARAFONI S., Il processo civile e la normativa comunitaria, Torino, 2012; TROMBETTA PANIGADI F., Il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale, in BONILINI G. e CONFORTINI M., Codice commentato di famiglia, minori e soggetti deboli, Torino, 2014 |