La sola chiamata all'eredità non giustifica la ripresa IMU a carico del "presunto" erede
07 Novembre 2024
Ad un contribuente veniva notificato dal Comune e dal concessionario incaricato per la riscossione un avviso di accertamento e un'ingiunzione di pagamento per la corrispondente quota di IMU scaturente dalla qualifica attribuitagli di erede del de cuius, già proprietario dell'immobile cui era correlata la pretesa (quota) di imposta. Con il ricorso, il contribuente contestava la legittimità dell'operato del Comune sottolineando che il decesso del padre non lo qualificava come erede del padre e che quindi non poteva essergli riconosciuta la successione nei debiti del de cuius. In aggiunta, il contribuente sottolineava di non aver compiuto alcun atto di disposizione del patrimonio e di non essere in possesso di alcun bene ereditario. Il Comune ribadiva la legittimità dell'accertamento posto che il chiamato ingiunto non aveva mai dichiarato di rinunciare all'eredità, obbligando così l'Ente ad azionare la pretesa tributaria non discrezionalmente rinunciabile. Replicava il contribuente sostenendo l'irrilevanza della mancata dichiarazione di rinuncia per la deduzione di un'accettazione dell'eredità (neppure tacita), essendo carente una qualsiasi condotta dispositiva in ordine al patrimonio del defunto. I giudici tributari nel decidere per l'accoglimento delle doglianze della parte privata, hanno ricordato come «è noto (...) che nella successione mortis causa la delazione che ne segue l'apertura, pur essendone un presupposto, non è da sola sufficiente per acquistare la qualità di erede, poiché è necessaria l'accettazione da parte del chiamato, mediante l'aditio o per effetto di una gestione pro herede, oppure anche, in caso di possesso di beni ereditari, in esito al procedimento di cui all'art. 485 c.c.». |