Anche i tatuaggi dei familiari possono essere messaggi criptici per l’esterno al 41-bis

26 Novembre 2024

La Prima sezione della Cassazione è stata chiamata a valutare, seppur indirettamente, la ragionevolezza della previsione contenuta nella Circolare DAP del 4 settembre 2019 con cui la Direzione dell'Amministrazione Generale dei Detenuti e del Trattamento del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria richiamava all'attenzione le direzioni di alcune strutture sulla veicolazione di messaggi illeciti tramite tatuaggi esibiti durante i colloqui con i familiari.

Massima

È legittimo il divieto di esibire parti di corpo ricoperte da tatuaggi per i familiari che si recano a colloquio con detenuti ristretti in regime di 41-bis ord. penit.; si tratta di una limitazione ragionevole tenuto conto dell'elevata pericolosità sociale dei detenuti che si trovano al 41-bis ord. penit., i quali potrebbero utilizzare i tatuaggi come messaggi criptici da veicolare all'esterno.

Il caso

Il caso trae origine dal reclamo ex art. 35-bis ord. penit. avanzato da un detenuto al regime del 41-bis ord. penit., in cui, tra altre cose, si è lamentato dell'illegittima applicazione di alcune disposizioni contenute nella Circolare DAP del 4 settembre 2019 che impongono ai familiari dei detenuti al 41-bis ord. penit. la copertura dei tatuaggi durante lo svolgimento dei colloqui visivi con i propri congiunti detenuti. Il reclamo non ha trovato accoglimento né davanti al Magistrato né per il Tribunale di Sorveglianza. Così tramite il suo difensore, il detenuto ha riproposto la questione dinanzi alla Corte di cassazione, articolando due motivi di ricorso: il secondo, per quanto di interesse, riguarda la violazione di legge dell'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza nella parte in cui è stata rigettata la richiesta di disapplicazione della nota della direzione del carcere con cui si dava attuazione alla Circolare DAP del 4 settembre 2019. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Sorveglianza non avrebbe tenuto conto dell'irragionevolezza di tali prescrizioni.

La questione

La Cassazione è chiamata a valutare la ragionevolezza della previsione contenuta nella Circolare DAP del 4 settembre 2019 con cui la Direzione dell'Amministrazione Generale dei Detenuti e del Trattamento del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria richiamava all'attenzione le direzioni di alcune strutture, tra cui, Sassari, Spoleto, Tolmezzo, Viterbo, Roma Rebibbia Nuovo Complesso, Milano-Opera, Novara, L'Aquila, Novara e Cuneo sulla veicolazione di messaggi illeciti tramite tatuaggi esibiti durante i colloqui con i familiari.

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Prima Sezione, tale limitazione non solo non pare irragionevole, ma risponde all'esigenza di impedire la trasmissione di messaggi criptici durante lo svolgimento di colloqui periodici. Per raggiungere tale obiettivo pare altrettanto ragionevole che l'Amministrazione penitenziaria adotti tutte le cautele necessarie a impedire la diffusione di messaggi criptici, all'interno o all'esterno della struttura penitenziaria, alla luce della peculiare condizione restrittiva dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis ord. penit. Secondo la Cassazione, è proprio la nota della Direzione che fa espresso riferimento all'esigenza di sicurezza evidenziando come «tali immagini o scritte possono costituire un tentativo di aggirare le limitazioni imposte dal regime speciale e veicolare comunicazioni illecite tra i detenuti 41 bis ed i familiari». Tale limitazione, quindi, deve ritenersi pienamente giustificata dall'esigenza di «impedire i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà […]». Esigenza, che, per la Cassazione, appare rispettoso anche dei principi elaborati dalla Corte costituzionale, per cui la compressione del diritto del detenuto può avvenire solo laddove vi sia un contro-interesse o contro-diritto di pari rango e di pari tutela costituzionale che meriti di essere tutelato (v. C. cost., n. 173/2009; C. cost. n. 297/2008).

Osservazioni

Anche se il ragionamento della Cassazione appare lineare e formalmente corretto, non si ritiene di condividerne le conclusioni dato che, secondo quanto motivato, sembrerebbe che il divieto di scoprire parti del corpo (qualsiasi parte del corpo) ricoperto da tatuaggi durante il colloquio con il congiunto al 41-bis ord. penit. sia assoluto, perché assoluta è la presunzione di pericolosità che ne viene associata: non vi sono margini di una valutazione in concreto, ad esempio, ad un esame concreto della quantità di parte del corpo ricoperta da tatuaggi o dal fatto che tali tatuaggi siano risalenti nel tempo, addirittura ad una fase antecedente alla carcerazione, oppure ad altre valutazioni legate al singolo caso o al singolo familiare che possano far dedurre con alta probabilità che non vi sia pericolo concreto di veicolazione di messaggi criptici all'esterno tramite l'esposizione di una parte di corpo o di singole parti di corpo, ancorché ricoperte da tatuaggi.

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