Molestie al godimento della cosa locataFonte: Cod. Civ. Articolo 1585
26 Settembre 2017
Inquadramento
Il locatore deve consegnare il bene locato in condizioni tali da servire all'uso convenuto e deve, altresì, garantirne «il pacifico godimento durante la locazione», vale a dire per l'intero periodo di durata del contratto così come previsto dal n. 3) dell'art. 1575 c.c. Tale obbligo trova una sua applicazione specifica nel disposto di cui all'art. 1585 c.c., secondo il quale il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che diminuiscono l'uso della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima, mentre non è tenuto a garantirlo dalle molestie di terzi che non vantano diritti, riguardo alle quali il conduttore ha facoltà di agire autonomamente in nome proprio avverso i detti terzi. Per la dottrina col termine molestie devono intendersi tutti quei fenomeni giuridicamente rilevanti che in altre norme vengono via via designati con denominazioni diverse, per indicare attentati esterni all'esercizio di un diritto altrui sopra una cosa. Costituisce, quindi, molestia qualsiasi ostacolo all'attuazione del godimento del conduttore secondo la destinazione contrattuale, proveniente da terzi estranei al rapporto locativo. Molestie di fatto e di diritto
In base al disposto dell'art. 1585 c.c. occorre distinguere le molestie di fatto – in relazione alle quali non opera la garanzia del locatore - da quelle di diritto. Queste ultime si concretano in pretese di terzi che accampino diritti reali o personali sul bene locato in conflitto con le posizioni accordate al conduttore dal contratto locativo, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore (Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2008, n. 11514). Segnatamente, Cass. civ., sez. I, 8 agosto 1990, n. 8005 precisa che la molestia di diritto, per la quale l'art. 1585, comma 1, c.c. stabilisce l'obbligo di garanzia del concedente, è quella che si determina in presenza di una pretesa di diritti sul bene locato quando il concreto esercizio della pretesa stessa implichi perdita o menomazione dell'uso della cosa. Costituiscono, poi, tipiche ipotesi di molestie di diritto l'intimazione rivolta all'inquilino di non pagare più i canoni nelle mani del locatore o l'esperimento di un'azione di rilascio del bene locato nei suoi confronti da parte del terzo non locatore. Tuttavia, qualora la molestia non possa essere riferita alle posizioni accordate dal locatore sulla cosa locata, ma riguardi altre autonome situazioni di godimento dello stesso conduttore, non giustificate dalla specifica detenzione autonoma derivante dal contratto di locazione, si versa in ipotesi diversa da quella disciplinata dalla norma di cui all'art. 1585 c.c. (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2531). Nel caso, invece, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica e, pertanto, tale perdita o menomazione discenda da atti illeciti di materiale impossessamento del bene si è al di fuori di detta previsione e sussiste l'ipotesi della molestia di fatto, per la quale il rimedio esperibile dal locatario, ai sensi del secondo comma della citata disposizione, è solo quello dell'azione contro l'autore del fatto (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1693; Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 1987, n. 7609; Cass. civ., sez. III, 8 novembre 1985, n. 5450; Cass. civ., sez. III, 16 maggio 1962, n. 1087). La molestia di fatto ricorre quando il molestante opera direttamente e fisicamente sulla cosa, producendo, in genere, un mutamento esteriore dello stato di fatto preesistente con opere e fatti nuovi (quali, ad esempio, scarico di detriti; immissioni di fumo; infiltrazioni di acque luride: Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1990, n. 12089; Cass. civ., sez. III, 6 novembre 1982 n. 5859; Cass. civ., sez. III, 22 luglio 1971, n. 2410; Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 1967, n. 2658), senza che a ciò si accompagni una pretesa di legittimità del proprio operato. Per Cass. civ., sez. III, 4 novembre 2014, n. 23447 le immissioni derivanti da immobili vicini non sono idonee a integrare vizio della cosa locata, agli effetti dell'art. 1578 c.c., in quanto non attengono all'intrinseca struttura della cosa medesima, né alla sua interazione con l'ambiente circostante, ma dipendono dal fatto del terzo. Esse, pertanto, configurano molestie di fatto, ai sensi del comma 2 dell'art. 1585 c.c., con la conseguenza che, se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta del terzo, mentre, se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento. L'indirizzo di legittimità testé enucleato è stato confermato dalla recente Cass. civ., sez. III, 15 dicembre 2015, n. 25219, secondo cui si configurano quali molestie di diritto - per le quali il locatore è tenuto a garantire il conduttore ex art. 1585, comma 1, c.c. - quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore. Invece, quando il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento materiale del conduttore, la molestia è di fatto e il conduttore può agire direttamente contro di lui ai sensi dell'art. 1585, comma 2, c.c. La distinzione sin qui operata, chiara ed inequivoca quando ci si trovi in presenza di atti materiali che contraddicono il godimento del conduttore e che il terzo compie quale esplicazione di un diritto reale o personale sulla cosa, ovvero quando il fatto del terzo sia attuato nella consapevolezza di non esercitare alcun diritto se non addirittura della sua illiceità, presenta, tuttavia, delle oggettive difficoltà di qualificazione in quelle ipotesi in cui il fatto del terzo non venga ad interessare direttamente il bene locato ma lo coinvolga in via riflessa, oppure in quelle in cui lo stesso terzo si richiami ad una norma di legge per escludere l'illegittimità del suo comportamento. A tal riguardo si è precisato che le molestie di diritto si compongono di un elemento materiale (comune a quello in cui si esaurisce la molestia di fatto) e di un elemento formale, cioè la pretesa di avere un diritto sulla cosa, incompatibile con il pieno godimento del conduttore. Secondo altra opinione l'actio finium regundorum fra le due figure va tracciata non già tenendo conto del contenuto intrinseco o del tipo di attività con cui il terzo molesti il godimento del conduttore, quanto piuttosto dando rilievo all'animus estrinsecato dal molestante, nel senso che laddove quest'ultimo affermi, fondatamente o meno, la legittimità dell'attività da lui posta in essere, si ha comunque molestia di diritto, con la conseguente operatività della garanzia da parte del locatore, mentre qualora l'attività del terzo attinga il godimento del conduttore come quidam de populo, indipendentemente dalla affermata titolarità di una posizione soggettiva, si configura una molestia di fatto.
Molestie di diritto: contenuto e durata della garanzia
In presenza di molestie di diritto il locatore è tenuto a gestire la lite nei confronti del terzo: essa ha, dunque, un contenuto ed una funzione squisitamente processuali. La prestazione di garanzia consiste nell'attivazione da parte del locatore nei confronti del terzo di tutti gli strumenti processuali disponibili per ottenere il risultato della cessazione della molestia, se del caso ricorrendo anche alla tutela cautelare d'urgenza. Solo nel caso di molestie di diritto trova applicazione il disposto dell'art. 1586 c.c., che, al comma 1, prevede che il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al locatore sotto pena del risarcimento del danno. Si discute se si tratti di un mero onere del conduttore o se invece la norma imponga un vero e proprio obbligo a carico del medesimo, rientrante nel più generale obbligo di custodire la cosa. Ipotesi quest'ultima preferibile anche perché la conseguenza dell'omissione è espressamente stabilita nell'obbligo di risarcimento del danno e non già nella decadenza dalla garanzia. Il danno risarcibile è quello che il locatore abbia sofferto in conseguenza del fatto di non aver potuto validamente esperire le proprie difese, non quello cagionato dalla molestia arrecata alla cosa locata in sé considerata. Ovviamente, il risarcimento è dovuto nella misura in cui sussista uno specifico nesso di causalità fra il mancato avviso ed il danno. L'avviso non necessita di forma scritta, ma deve essere tempestivo, e cioè dato in tempo utile per consentire al locatore di azionare validamente ed efficacemente le proprie difese. Inoltre, se i terzi agiscono in via giudiziale, il locatore, ai sensi del secondo comma dell'art. 1586 c.c., è tenuto ad assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo e il conduttore, con la semplice laudatio auctoris deve esserne estromesso, se non ha interesse a rimanervi. Qualora il locatore rimanga inerte, è, per ciò solo, inadempiente; se si attiva e non riesce a far cessare le molestie, in quanto la pretesa del terzo risulta fondata, è parimenti inadempiente. Quid iuris in caso di mancato funzionamento della garanzia? L'opinione tradizionale ritiene che la garanzia per molestie debba essere regolata facendo applicazione analogica della norma di cui all'art. 1578 c.c. in tema di vizi, ammettendo dunque i rimedi della risolubilità del contratto, della riducibilità del corrispettivo e della risarcibilità del danno, ma non anche l'adempimento coattivo dell'obbligazione. L'orientamento attualmente maggioritario, di contro, evidenzia che nell'ipotesi di specie trovano applicazione i principi generali in tema di inesatto adempimento dell'obbligazione e che, di fronte all'inerzia del locatore, il conduttore ha diritto oltre che alla risoluzione del contratto anche all'esatto adempimento dell'obbligazione e, in ogni caso, al risarcimento del danno. Un'altra diversa impostazione, riscontrando nel caso di lite assunta dal locatore, ma con esito negativo, un'evizione totale o parziale del godimento del conduttore, ammette la risarcibilità del danno e la riducibilità del corrispettivo, ma non la risolubilità del contratto, che non risulta espressamente prevista. Va peraltro evidenziato che il conduttore che subisca molestie di diritto da parte dei terzi può, comunque, agire direttamente in via di responsabilità extracontrattuale contro di essi per lesione aquiliana del credito, senza essere obbligato a una previa rinuncia ad un'azione di garanzia ex art. 1585 c.c. verso il locatore, potendo, anzi, le due azioni essere proposte cumulativamente nello stesso giudizio, dal momento che esse traggono origine da due titoli diversi, ma tra loro concorrenti e compatibili (Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 1979, n. 950). Affinché la garanzia contro le molestie di diritto possa essere pretesa è necessario che il bene sia stato già consegnato al conduttore e che la molestia si attui nel periodo della detenzione configurandosi, altrimenti, non una molestia, bensì l'inadempimento del locatore all'obbligo di consegna. Peraltro l'obbligo del locatore cessa quando è decorso il tempo contrattuale stabilito per la durata della locazione o quando la locazione è venuta meno per altra causa. L'ulteriore permanenza del conduttore nell'immobile integra occupazione abusiva, per cui il locatore non è più tenuto all'adempimento delle prestazioni poste a suo carico (Cass. civ., sez. III, 4 luglio 1959, n. 2143). Per la giurisprudenza è infine legittima la clausola di esonero dalla responsabilità del locatorerelativa alla garanzia generale prevista dall'art. 1575 c.c. e a quella speciale per molestie ex art. 1585 c.c., essendo detta garanzia, nell'esercizio dell'autonomia negoziale, rinunciabile dal conduttore (Cass. civ., sez. III, 29 luglio 1975, n. 2938).
Molestia di fatto: azioni a tutela
Nella diversa ipotesi di molestie di fatto, il conduttore può autonomamente attivare diversi percorsi giudiziari. Segnatamente, egli può ricorrere alla tutela possessoria, avvalersi della tutela inibitoria ex art. 844 c.c., oppure agire in via risarcitoria contro il molestatore ex art. 2043 c.c., quale specifica ipotesi di tutela aquiliana del diritto di credito. Circa la tutela possessoria, è ricevutoin giurisprudenza il principio secondo cui il conduttore, essendogli attribuita una legittimazione propria rispetto alle molestie arrecate da terzi al godimento della cosa locata, possa difendere la detenzione che ha della cosa stessa ricorrendo all'azione possessoria di reintegrazione (Cass. civ., sez. III, 3 luglio 1979, n. 3726). Il conduttore è difatti detentore qualificato per conto del locatore possessore e, pertanto, ha diritto alla tutela della propria situazione giuridica mediante l'esercizio dell'azione di reintegrazione contro l'autore dello spoglio (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2002, n. 6221). Da sottolineare che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il conduttore, che mantenga la disponibilità dell'immobile dopo la cessazione di efficacia del contratto di locazione, è legittimato a ricorrere alla tutela possessoria ex art. 1168, comma 2, c.c., in quanto detentore qualificato, ancorché inadempiente all'obbligo di restituzione agli effetti dell'art. 1591 c.c. Ciò perché la norma esclude dal novero dei detentori legittimati alla proposizione dell'azione di spoglio soltanto coloro i quali detengono per ragioni di servizio o di ospitalità, situazione evidentemente diversa da quella del conduttore di immobile nella fase successiva alla scadenza del contratto di locazione. Peraltro, non può ritenersi che il conduttore, a seguito e per effetto della scadenza del contratto di locazione, divenga un occupante senza titolo dell'immobile, poiché costui si viene a trovare unicamente in una situazione di inadempimento contrattuale (Cass. civ., sez. III, 1 settembre 2014, n. 18486). Secondo tipico esempio di azione esperibile dal conduttore molestato nel godimento del bene locato è costituito dalla domanda ex art. 844 c.c.. Tale disposizione disegna un'azione di natura reale al cui esperimento è legittimato attivo il proprietario, che si trovi in possesso del bene immobile oggetto delle immissioni moleste eccedenti la soglia della normale tollerabilità. La Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 1992, n. 12133) ha avuto modo di affermare che la tutela offerta dall'art. 844 c.c. deve essere ritenuta analogicamente estesa, ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, anche al conduttore al quale l'art. 1585, comma 2, c.c. riconosce il potere di agire in nome proprio contro i terzi che, senza pretendere di avere diritti sulla cosa locata, arrechino molestie che ne diminuiscano l'uso e il godimento. Depone in tal senso l'identità della ragione di tutela sottesa alle due situazioni, che si differenziano soltanto per il fatto di essere rispettivamente connotate l'una dal godimento dell'immobile da parte del titolare del diritto reale e l'altra dell'uso da parte del conduttore, mentre, invece, identica appare la finalità di far cessare le immissioni intollerabili provenienti dal fondo vicino, pur se la cennata diversità delle posizioni giuridiche tutelande conduce necessariamente all'esclusione di una legittimazione del conduttore estesa fino alla possibilità di chiedere al giudice l'adozione, nei confronti dell'immissore, di accorgimenti tecnici comportanti la modifica della struttura dell'immobile da cui provengano le propagazioni nocive (Cass. civ., sez. III, 22 dicembre 1995, n. 13069; Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 1994, n. 1653). I giudici di legittimità hanno ribadito che le immissioni derivanti da immobili vicini configurano molestie di fatto, ai sensi del secondo comma dell'art. 1585 c.c., con la conseguenza che, se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta del terzo, mentre, se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento (Cass. civ., sez. III, 4 novembre 2014, n. 23447). Sul punto, dirimente considerazione a farsi è che le immissioni non integrano vizi della cosa locata, in quanto non attengono né alla intrinseca struttura della medesima, né all'interazione della medesima con l'ambiente che ordinariamente la circonda, ma dipendono dal fatto del terzo, sicché si pone la seguente alternativa: se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta di quest'ultimo; se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento. La conclusione non muta neanche a voler configurare il bene locato come non idoneo a far fronte a tali immissioni: visto che, se intollerabili, il locatore non è tenuto a prevedere o a predisporre cautele contro gli altrui fatti illeciti, mentre, se tollerabili, il loro carattere lecito esclude che quegli debba anche solo prenderle in considerazione. Infine, stante la generica dizione dell'art. 1585, comma 2, c.c., si ritiene che al conduttore competa la tutela ex art. 2043 c.c. anche sotto forma di azione di mero accertamento dell'illegittimità del fatto del terzo. La Suprema Corte riconosce in ogni caso al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell'uso o nel godimento della cosa locata; in particolare, qualora a carico dell'appartamento locato si verifichi un'infiltrazione d'acqua da un appartamento sovrastante, il conduttore ex art. 1585, comma 2, c.c. gode di un'autonoma legittimazione per proporre l'azione di responsabilità nei confronti dell'autore del danno (Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2003, n. 12220). In un successivo arresto è stato precisato come tale legittimazione non riguarda soltanto i danni causati agli arredi o mobili di proprietà del conduttore, ma si estende a tutto ciò che sia oggetto del godimento stesso, e quindi anche alle strutture murarie dell'appartamento che siano state danneggiate dal fatto illecito del terzo, dovendosi invece escludere la configurabilità di una responsabilità e di un obbligo di garanzia del locatore per gli stessi fatti (Cass. civ., sez. III, 24 novembre 2005, n. 24805).
In particolare, si è affermato che, qualora nell'immobile si verifichi un'infiltrazione d'acqua, il conduttore ex art. 1585, comma 2, c.c. gode di una autonoma legittimazione a proporre azione di responsabilità nei confronti dell'autore del danno (Cass. civ., sez. III, 31 agosto 2011, n. 17881). Da notare, altresì, che in presenza di molestia di fatto, se il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi dell'art. 1585, comma 2, c.c., persiste in ogni caso, al riguardo, autonoma e concorrente legittimazione ad agire in capo al locatore (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1693, relativa ad un caso di infiltrazioni d'acqua in un immobile concesso in locazione). Inoltre la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto al locatore la legittimazione ad agire ex art. 2043 c.c. (per il mancato percepimento del canone) contro il terzo che abbia arrecato gravi molestie al conduttore tanto da indurlo a risolvere consensualmente il contratto di locazione. Invero secondo la Corte Suprema, in forza del principio (anche costituzionale) della libertà economica di cui agli artt. 41 Cost. nonché 1321, 1322, 1372 c.c., le parti di un rapporto di locazione abitativa possono risolvere il rapporto stesso, consensualmente, in caso di gravi molestie (nella specie, lancio di un secchio d'acqua frammista a nauseabondi elementi evacuati dal cane) arrecate da un terzo al conduttore, e tali da pregiudicare il normale godimento dell'immobile, sussistendo, in tal caso, la legittimazione del locatore ad agire in giudizio contro il terzo ai sensi dell'art. 2043 c.c. (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2003, n. 15170). Omessa consegna per fatto illecito del terzo
Il disposto dell'art. 1585, comma 2, c.c. presuppone che la cosa sia stata consegnata al conduttore medesimo poiché, in caso contrario, risulta configurabile non una molestia nei confronti del conduttore ma soltanto un inadempimento del locatore all'obbligo della consegna. Pertanto, ove il conduttore lamenti di non aver avuto il godimento della cosa per difetto della consegna determinato dall'occupazione di terzi, quali che siano le ragioni di tale occupazione, sia essa del tutto abusiva o sorretta dalla pretesa di un concorrente diritto personale di godimento sulla stessa cosa, il conduttore medesimo può agire contro il locatore, avvalendosi dei rimedi consentiti dalla legge in caso d'inadempimento del contratto di locazione, ma non è legittimato a proporre l'azione di cui all'art 1585 c.c. nei confronti dei terzi occupanti (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 1962, n. 1087). In senso contrario si è affermato che il conduttore può agire direttamente contro l'autore dell'illecito per ottenere la disponibilità del bene e/o per il risarcimento del danno essendo il disposto dell'art. 1585, comma 2, c.c., analogicamente applicabile ai casi in cui il fatto illecito del terzo, che occupi abusivamente l'immobile concesso in locazione, impedisca l'attuazione di tale rapporto (Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1996, n. 1411).
Catelani, Manuale della locazione, Milano, 2001, 240; Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986, 96; Di Marzio - Falabella, La locazione, Torino, 2010, 978; Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005, 302; Mirabelli, La locazione, in Trattato Vassalli, VII, Torino, 1972, 449; Tabet, La locazione in Trattato Cicu Messineo, XXV, Milano, 1972, 521.
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