Massimo Falabella
04 Agosto 2017

Diverse sono le ipotesi di recesso che trovano applicazione in tema di locazione: di maggior riscontro nella pratica sono quelle regolamentate dalla legislazione speciale che interessa le locazioni urbane, abitative e non abitative. In particolare, l'autonomia privata può conferire al conduttore il diritto di recedere dal contratto nel rispetto di un termine di preavviso minimo di sei mesi; indipendentemente da una tale previsione convenzionale, poi, il conduttore può recedere per gravi motivi: questi ultimi devono essere esplicitati nell'atto di preavviso, che va comunicato al locatore nel predetto termine semestrale.
Inquadramento

In termini generali, al contratto di locazione, quale contratto di durata, si applica il principio di cui all'art. 1373 c.c., sicché il potere di recesso attribuito contrattualmente ad una delle parti può essere esercitato anche successivamente al momento in cui il contratto ha iniziato ad avere esecuzione, con salvezza delle prestazioni eseguite o in corso di esecuzione.

Ipotesi particolari di recesso sono poi contemplate da specifiche norme: l'art. 1612 c.c., che regola il recesso convenzionale del locatore, l'art. 1613 c.c., che disciplina il recesso degli impiegati pubblici, l'art. 1614 c.c., che accorda il diritto di recesso agli eredi dell'inquilino deceduto; ma potrebbe menzionarsi anche quanto stabilito in tema di riparazioni della cosa locata (art. 1584 c.c.), di trasferimento del bene (art. 1603 c.c.) e di garanzia per la locazione (art. 1608 c.c.).

Non sempre le prescrizioni delle norme codicistiche risultano compatibili con lo statuto delle locazioni urbane (l. n. 392/1978 e l. n. 431/1998): così, ad esempio, il dettato dell'art. 1612 c.c. non può trovare applicazione con riguardo a tali locazioni, dal momento che per esse è previsto un limite minimo di durata del rapporto, limite che sarebbe vanificato se il locatore potesse affrancarsi dal vincolo prima della scadenza legale. Allo stesso modo, è pacifico che il diritto di recesso conferito dall'art. 1614 c.c. agli eredi dell'inquilino non trovi applicazione ove vengano in questione locazioni regolamentate dalla l. n. 392/1978 e dalla l. n. 431/1998: secondo la Corte di legittimità, infatti, l'art. 6 della l. n. 392/1978 ha compiutamente disciplinato la materia della successione nel contratto di locazione per uso abitativo nel caso di morte del conduttore, escludendo l'applicabilità dell'art. 1614 c.c. ai rapporti assoggettati alla nuova e diversa disciplina, con la conseguenza che in mancanza delle altre persone in favore delle quali l'art. 6 citato prevede la successione nel contratto di locazione, gli eredi del conduttore possono subentrare nel rapporto locativo solo se con quest'ultimo conviventi (Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2001, n. 6965; Cass. civ., sez. III, 16 marzo 1995, n. 3074; Cass. civ., sez. III, 21 aprile 1992, n. 4767).

Il legislatore, d'altra parte, ha dettato una disciplina speciale per il recesso dalle locazioni urbane: tale disciplina concerne il recesso convenzionale del conduttore (artt. 4, comma 1, e 27, comma 7, l. n. 392/1978) e il recesso dello stesso soggetto per «gravi motivi» (art. 3, comma 6, l. n. 431/1998 - che ha sostituito l'art. 4, comma 2, l. n. 392/1978 - e art. 27, comma 8, l. n. 392/1978).

Il recesso convenzionale

Sia l'art. 4, comma 1, che l'art. 27, comma 7, della l. n. 392/1978 prevedono che è in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore receda in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

In evidenza

La legge prescrive che il recesso debba essere previsto «contrattualmente» e tale espressione potrebbe indurre a credere che il diritto in questione possa essere convenuto solo nel vero e proprio contratto di locazione, restando così esclusa la possibilità di contemplarlo e regolarlo in una pattuizione successiva. Può invece osservarsi che è contratto, nel significato proprio, ricavato dall'art. 1321 c.c., anche l'accordo con cui le parti decidano, nel corso del rapporto locatizio, di attribuire al conduttore una facoltà di recesso prima non contemplata; non si vede, d'altronde, la ragione per cui il legislatore avrebbe inteso negare alle parti la facoltà di concludere nel corso del rapporto, una pattuizione nel senso indicato.

Diversamente da quanto accede allorquando viene in discorso il recesso per gravi motivi, l'esercizio del recesso convenzionale non è subordinato all'esplicitazione delle ragioni che hanno indotto il conduttore a sciogliersi dal vincolo (Cass. civ., sez. III, 8 agosto 1997, n. 7357).

Quanto al termine di preavviso, va segnalato che, secondo la S.C., qualora le parti abbiano previsto la facoltà del conduttore di recedere in qualsiasi momento dal contratto, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione, l'avviso di recesso diretto dal conduttore al locatore, che indichi un termine inferiore a quello convenzionalmente stabilito dalle parti stesse o inferiore a quello minimo fissato dalla legge, conserva validità ed efficacia ma il termine di esecuzione deve essere ricondotto a quello convenzionalmente pattuito o a quello minimo semestrale fissato dalla legge (Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 2012, n. 18167; Cass. civ., sez. III, 16 gennaio 2007, n. 831).

Il recesso per gravi motivi

Con previsioni sostanzialmente coincidenti l'art. 3, comma 6, della l. n. 431/1998 e l'art. 27, comma 8, della l. n. 392/1978 ammettono il recesso del conduttore quando ricorrano gravi motivi: recesso che va comunicato al locatore con preavviso sempre di sei mesi.

I gravi motivi che autorizzano il conduttore a recedere dal contratto di locazione devono essere imprevedibili, sopravvenuti alla conclusione del contratto e determinati da fatti estranei alla volontà del locatario, tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del rapporto (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 30 maggio 2014, n. 12291; Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2011, n. 26711; Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2010, n. 9443; Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2006, n. 6089; Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2005, n. 15215).

Cosa deve intendersi per fatti estranei alla volontà del conduttore? Come è stato efficacemente sottolineato, il recupero della «estraneità» rispetto alla volontà del conduttore afferisce alle circostanze che rendano oltremodo gravosa per lui la persistenza del rapporto e non alle determinazioni che il conduttore medesimo, in dipendenza di tali circostanze, venga ad adottare (Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1996, n. 10980). In altri termini, il motivo non deve essere avulso dal processo decisionale del conduttore; è però necessario, e anche sufficiente, che la scelta di tale soggetto si innesti su una situazione sopravvenuta idonea ad alterare radicalmente lo stato di fatto che, a suo tempo, venne tenuto in considerazione nella scelta di prendere in locazione l'immobile.

Secondo la dottrina, i gravi motivi possono essere, poi, di natura soggettiva, interessando la persona del conduttore (si pensi, per le locazioni abitative, al sopraggiungere di una grave malattia del conduttore, tale da indurlo a trasferirsi in altra località, all'aumento del nucleo familiare del locatario o al peggioramento delle condizioni economiche dello stesso, ovvero, in materia di locazioni non abitative, a evenienze che possano interessare l'attività imprenditoriale del conduttore stesso); possono essere anche di natura oggettiva, e quindi attinenti alla cosa locata. La giurisprudenza esclude, tuttavia, che il recesso possa essere esercitato facendo valere situazioni che integrano un vero e proprio inadempimento del locatore, come la non conseguita disponibilità dell'immobile locato, da porre invece a fondamento della domanda di risoluzione del contratto (Cass. civ., sez. III, 11 marzo 2011, n. 5911; Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2005, n. 15620; Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2003, n. 11075).

La casistica che si reperisce consultando la giurisprudenza di legittimità, in tema, è particolarmente ricca. Si possono selezionare alcune fattispecie più significative.

GRAVI MOTIVI DI RECESSO: CASISTICA

Andamento favorevole o sfavorevole di attività imprenditoriale; congiuntura economica

- In tema di locazione ad uso diverso dall'abitazione, ai fini della configurabilità dei giusti motivi oggettivi, in presenza dei quali l'art. 27, ultimo comma, della l. 27 luglio 1978, n. 392 consente al conduttore, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, di recedere anticipatamente dal contratto, è necessario che, successivamente alla costituzione del rapporto ed imprevedibilmente rispetto a tale momento, si verifichino fatti, indipendenti dalla volontà del conduttore, che rendano particolarmente gravosa, anche soltanto per ragioni di ordine economico, che impongano l'ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, la prosecuzione della locazione Nella specie, si è affermato che la gravosità della prosecuzione della locazione vada valutata in relazione alla situazione economica complessiva del conduttore e alla eventuale necessità per quest'ultimo di modificare (proprio a causa di detta situazione) la propria struttura (e/o organizzazione) aziendale e ridimensionare la propria attività, cambiando quindi, fra l'altro, anche le proprie precedenti decisioni concernenti la specifica locazione oggetto della causa; detta situazione economica complessiva ben può dunque essere considerata un fatto che rende particolarmente gravosa la prosecuzione della locazione, e quindi costituire un giusto motivo di recesso ex articolo 27 pur se il canone della specifica locazione oggetto di causa, di per sé considerato, non contribuisce in modo particolarmente consistente ad aumentare il passivo) (Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2006, n. 6089; per l'applicazione del principio, pure: Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2006, n. 6090; Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2005, n. 9023).

- In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, i gravi motivi in presenza dei quali l'art. 27 della l. 27 luglio 1978, n. 392, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione (da comunicare con preavviso di almeno sei mesi, a mezzo di lettera raccomandata), devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. Pertanto, essi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all'opportunità o meno di continuare ad occupare l'immobile locato, ma devono avere carattere oggettivo. In particolare, può integrare grave motivo di recesso un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all'attività dell'impresa), sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l'ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo (Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2010, n. 9443; in senso conforme, Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2004, n. 3418).

Dissesto di amministrazione pubblica

Il dissesto finanziario di un'amministrazione comunale, facendo sorgere a carico di questa rigidi obblighi di contenimento della spesa, costituisce giusta causa di recesso, ai sensi dell'art. 27 della l. n. 392/1978, dal contratto di locazione, stipulato nella qualità di conduttore ed avente ad oggetto un immobile non destinato allo svolgimento di attività istituzionali (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2012, n. 10874).

Diniego di autorizzazione amministrativa

I gravi motivi in presenza dei quali gli artt. 4, comma 2, e 27, ultimo comma, della l. n. 392/1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consentono il recesso del conduttore dal contratto in qualsiasi momento, devono collegarsi a fatti estranei alla volontà del conduttore medesimo che, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto locativo, siano tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la persistenza del rapporto stesso; pertanto non ricorrono detti estremi ove la domanda di recesso sia fondata sul diniego dell'autorizzazione amministrativa per esercitare nell'immobile locato l'attività convenuta (nella specie, casa-albergo), ove già al momento della stipulazione del contratto non sussistano i presupposti di fatto e di diritto per conseguire detta autorizzazione (nella specie, il diniego della amministrazione dipendeva dalla insussistenza di una specifica norma regionale relativa alle case-albergo) (Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 1991, n. 260).

Molestie di terzi

I gravi motivi che consentono il recesso del conduttore dal contratto di locazione, ai sensi degli artt. 4 e 27 della l. 27 luglio 1978, n. 392, devono essere determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa la sua prosecuzione, potendo consistere anche in molestie di fatto da parte di un terzo, in presenza delle quali il conduttore ha unicamente la facoltà, e non l'obbligo, di agire personalmente contro il terzo stesso ai sensi dell'art. 1585 c.c. (nella specie, si è ritenuta corretta l'applicazione di tali principi fatta nella sentenza impugnata, secondo la quale la dismissione della detenzione dell'immobile era legittimamente dipesa dal disturbo della quiete e del riposo notturno arrecato al conduttore dal continuo abbaiare di un cane) (Cass. civ., sez. III, 30 maggio 2014, n. 12291).

Il termine prescritto per il preavviso è sempre di sei mesi, come per il recesso convenzionale.

Il preavviso deve inviarsi con lettera raccomandata (o con altro mezzo equipollente: Cass. civ., sez. III, 14 maggio 1997, n. 4238); esso deve contenere la specifica enunciazione dei gravi motivi posti a fondamento del recesso (per tutte: Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2015, n. 13368; Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2008, n. 15058; Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10677): ciò al fine di consentire al locatore la precisa e tempestiva conoscenza degli stessi, la valutazione circa l'idoneità dei detti motivi a legittimare lo scioglimento del vincolo e la conseguente eventuale loro contestazione.

Naturalmente, però, il preavviso, essendo atto unilaterale recettizio, produrrà i suoi effetti nel momento in cui giungerà al domicilio del locatore, non occorrendo anche la mancata contestazione, da parte dei quest'ultimo, circa l'esistenza o rilevanza dei motivi addotti (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2015, n. 6895).

Conseguenze giuridiche del recesso

Il legittimo esercizio del recesso determina l'estinzione del rapporto di locazione.

Una deroga rispetto a tale principio è stata peraltro introdotta con il comma 44 dell'art. 1 della l. 20 maggio 2016, n. 76, sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sulla disciplina delle convivenze: per quanto qui interessa, infatti, tale comma prevede che nel caso di recesso del conduttore dal contratto di locazione relativo all'immobile di residenza, «il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto». Si tratta di una regolamentazione destinata ad operare, secondo quanto precisato in dottrina, nel caso in cui la convivenza venga ad interrompersi, non anche nell'ipotesi in cui il recesso sia esercitato nel perdurare della convivenza stessa, dal momento che in questa particolare fattispecie la regolamentazione introdotta dalla norma non troverebbe un valido fondamento giustificativo.

Una analoga previsione di successione nel contratto nell'ipotesi di recesso è contenuta, poi, nella disciplina delle locazioni non abitative. Infatti, a norma dell'art. 37, ultimo comma, della l. n. 392/1978, quando l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani o commercianti: il locatore può tuttavia opporsi alla successione nel contratto, invocando gravi motivi.

Prendiamo ora in esame il recesso che sia esercitato contra jus.

Ci si può chiedere se in presenza di una tale evenienza il conduttore sia tenuto a risarcire il danno o a corrispondere il canone fino alla scadenza anticipata del rapporto (nel caso questo potesse sciogliersi, ma il locatore non abbia provveduto a comunicare il preavviso), o, addirittura, fino alla fisiologica scadenza della locazione (nella diversa ipotesi in cui il recesso sia stato esercitato in assenza delle condizioni che lo potessero legittimare). Il quesito ha una sua rilevanza sul piano pratico nel caso in cui l'immobile sia accettato in restituzione dal locatore con riserva di far valere i propri diritti: se si accede alla prima tesi, potrà infatti farsi applicazione della disciplina di cui all'art. 1227, comma 2, c.c., imputandosi al locatore il danno determinato dal suo mancato attivarsi per la nuova locazione del bene; se si segue la seconda soluzione, il conduttore dovrà comunque corrispondere tutti i canoni contrattuali maturati fino all'effettiva cessazione del contratto.

La Suprema Corte ha anzitutto precisato che il recesso del conduttore produca l'effetto risolutivo della locazione al compimento del prescritto, o concordato, periodo di preavviso e che fino alla scadenza del termine legale o convenzionale il conduttore sia tenuto a versare i canoni, indipendentemente dal momento di materiale rilascio dell'immobile, eventualmente anche anteriore (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2011, n. 9415). Tale soluzione si fonda sul rilievo per cui l'effetto risolutivo della locazione si produce al momento del compimento del periodo di preavviso, sicché i canoni vanno corrisposti sino allo spirare del termine semestrale, indipendentemente dal momento di materiale rilascio dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2016, n. 12157). E' da osservare, peraltro, che in altre occasioni la Corte di legittimità aveva qualificato come di natura risarcitoria l'obbligazione che grava sul conduttore nel caso in cui lo stesso receda dal contratto senza rispettare il termine di preavviso (Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2007, n. 17833; Cass. civ., sez. III, 24 maggio 1993, n. 5827): con la conseguenza che, in tale diversa prospettiva, il locatario nulla sarebbe tenuto a corrispondere ove dimostri che l'immobile sia stato egualmente utilizzato dal locatore, direttamente o indirettamente.

Con riferimento all'ipotesi di recesso esercitato illegittimamente, il conduttore, secondo la Corte di legittimità, non è liberato dall'obbligo di pagamento dei canoni ove, deducendo il proprio diritto alla risoluzione anticipata del rapporto, riconsegni l'immobile al locatore, il quale accetti lo stesso con riserva (nella specie: mantenendo ferme le domande di ripetizione di tutti i canoni non corrisposti): sicché il successivo accertamento della insussistenza del diritto di recesso comporta che il conduttore medesimo sia tenuto alla corresponsione delle pigioni fino alla scadenza del contratto (Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12020).

In una successiva sentenza, i giudici di legittimità hanno però introdotto un elemento di differenziazione: hanno affermato, infatti, che ove il conduttore receda anticipatamente ed ingiustificatamente dal contratto, il locatore, per pretendere il risarcimento del danno rappresentato dalla mancata percezione del canone cui avrebbe avuto diritto sino alla scadenza naturale del rapporto, deve prima domandare la risoluzione del contratto per inadempimento: ove, per contro, il locatore si dolga del mancato pagamento di canoni già scaduti, ma non chieda alcuna pronuncia in punto di risoluzione del contratto, l'unico danno di cui potrà pretendere il risarcimento sarà quello conseguente al ritardato pagamento del corrispettivo locatizio (Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10677).

Guida all'approfondimento

Caputo, Il recesso del conduttore per gravi motivi in tempo di crisi, in Immob. & proprietà, 2013, fasc. 4, 245;

Del Prato, Formalismo e leggi speciali: il recesso del conduttore e la comunicazione dei “gravi motivi”, in Giur. it., 1998, fasc. 8, 1584.

Carrato, I presupposti per il legittimo esercizio del conduttore di immobile commerciale, in Corr. giur., 2012, fasc. 4, 508;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005;

Scarpa, Il recesso del conduttore dal contratto di locazione, in Immob. & proprietà, 2012, fasc. 2, 112.

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