Condominio e locazione

Locazione di cosa altrui

Mauro Di Marzio
29 Agosto 2017

La locazione dà luogo al sorgere di un vincolo di natura meramente obbligatoria, sicché per acquistare la veste di locatore non occorre che egli sia proprietario della cosa locata. Quando, tuttavia, il locatore non è proprietario della cosa sorgono svariate questioni applicative, sia per quanto attiene alle parti del rapporto contrattuale, sia con riguardo all'opponibilità del contratto nei riguardi del proprietario non locatore.
Inquadramento

Quello della locazione di cosa altrui è un tema classico, eppure riassunto in una formula fuorviante, la quale riecheggia, in modo inappropriato, la rubrica dell'art. 1478 c.c., dettato per la vendita di cosa altrui.

Ognuno intende, anzitutto, che la locazione conclusa, ad esempio, dall'usufruttuario è anch'essa una locazione di cosa altrui: stipulata, però, dal titolare del diritto di godere della cosa, traendone ogni utilità (art. 981 c.c.), ivi compresi i frutti civili (art. 984 c.c.) prodotti dalla concessione del bene in locazione, sia pure entro i limiti temporali previsti dall'art. 999 c.c.. Il contratto di locazione stipulato dall'usufruttuario, dunque, è validamente ed efficacemente concluso, nè è destinato ad essere esposto ad interferenze ad iniziativa del nudo proprietario. Il poblema della locazione di cosa altrui, in simile frangente, neppure si pone.

Il tema in discorso, viceversa, si impone nelle ipotesi in cui le vesti del locatore siano assunte da colui che non è titolare di un diritto, reale o personale, comprensivo della facoltà di locare (si pensi all'usuario o all'habitator, ex art. 1024 c.c., o al conduttore, in caso di sublocazione vietata) ovvero che, ancor più in radice, abbia soltanto la disponibilità materiale della cosa, quale, in caso estremo, l'usurpatore.

Gli apporti della dottrina

Per quanto attiene agli apporti della dottrina, il dibattito sulla locazione di cosa altrui risente della difficoltà di inquadramento dogmatico del diritto del conduttore, che è stato definito «uno dei punti più scabrosi dell'intera dogmatica giuridica» (Barbero 1951, 322). Tralasciando l'esame storico del problema, varrà rammentare che, nel vigore del codice civile, una volta sancita legislativamente la validità della vendita di cosa altrui, all'art. 1478 c.c., si sono determinati tre orientamenti.

LOCAZIONE DI COSA ALTRUI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Contratto a efficacia meramente obbligatoria

Coloro i quali ravvisano nella locazione un contratto ad efficacia meramente obbligatoria, a differenza della vendita, che è contratto ad efficacia reale, tengono coerentemente separate le questioni; si osserva in breve che con la vendita, in applicazione del principio consensualistico, ex art. 1376 c.c., si produce il trasferimento del diritto oggetto del contratto; ma l'effetto reale proprio della vendita in tanto può realizzarsi in quanto il venditore sia titolare del diritto alienato: in tal caso, il potere di disposizione della cosa costituisce requisito di efficacia del contratto, tanto che essa, in caso di vendita di cosa altrui, «degrada» da reale ad obbligatoria; con la locazione, attesa la sua efficacia meramente obbligatoria, e considerato che il diritto del conduttore ha natura meramente personale, chiunque può assumere l'obbligazione di concedere ad altri il godimento della cosa per un certo tempo dietro corrispettivo, senza che la titolarità di un diritto sulla stessa in cui sia compresa la facoltà di locare si presenti non solo quale requisito di validità, ma neppure di efficacia del contratto: e dunque occorrerà soltanto verificare se, assunta validamente ed efficacemente l'obbligazione, il locatore vi presti adempimento. (v., per tutti, Tabet, 180 ss)

Diritto personale di godimento

Coloro i quali attribuiscono al conduttore la natura di diritto personale di godimento, osservano che detto diritto è pur sempre un «mero diritto di obbligazione», ed aggiungono che, in caso di locazione di cosa altrui, «l'invalidità non ha alcuna giustificazione, in quanto non sussiste interesse né delle parti né generale che la esiga»; difatti la locazione svolge funzione sua propria quando assicura al conduttore l'utilizzazione della cosa locata, e tale utilizzazione si attua non con l'attribuzione di un «diritto di godimento» ma solo con l'effettivo godimento o con l'effettiva possibilità di godimento; quando si pone come oggetto della prestazione del locatore la costituzione di un diritto di godimento e conseguentemente si afferma che tale diritto non viene ad esistenza se il locatore non è legittimato a costituirlo, si travisa il contenuto economico-sociale della locazione; l'interesse del conduttore è soddisfatto, invero, non con l'attribuzione di un diritto, ma con la materiale attuabilità del godimento, e quindi la prestazione consiste nell'attribuzione del godimento, non del diritto. (Mirabelli, 59, 85, 277)

Contratto a effetti reali

Coloro i quali attribuiscono alla locazione natura di contratto ad effetti reali, configurando il diritto del conduttore come diritto reale di godimento, non possono che trattare la locazione di cosa altrui sulla falsariga della vendita di cosa altrui; la locazione di cosa altrui, perciò, è bensì valida, giacché, in generale, il potere di disporre della cosa costituisce semplice presupposto di efficacia del contratto, ma impedisce l'acquisto, da parte del conduttore, del diritto di godimento: essa, tuttavia, produce un effetto obbligatorio in forza del quale il locatore deve procurare il pattuito diritto di godimento al conduttore, in analogia a quanto si verifica nella vendita di cosa altrui. (Lazzara, 64 ss)

La locazione di cosa altrui nella giurisprudenza

La giurisprudenza muove dall'osservazione che il contratto di locazione appartiene alla categoria dei contratti ed efficacia obbligatoria: sicché, per assumere la veste di locatore, non è richiesta la titolarità del potere di disposizione della cosa locata. Ben si comprende, allora, il principio, più volte ribadito, secondo cui:

In evidenza

La qualità di locatore non presuppone necessariamente, attesa la natura personale del rapporto di locazione, quella di proprietario, essendo sufficiente la disponibilità materiale del bene (Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 1994, n. 10270; e più di recente Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2010, n. 12976; Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22346).

Così, ad esempio, ben può assumere la veste di locatore in nudo proprietario, quando abbia la materiale disponibilità della cosa (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9493).

Ladro, ricettatore, usurpatore

L'impostazione secondo cui chiunque abbia la disponibilità materiale della cosa può validamente ed efficacemente stipulare il contratto di locazione, coerentemente applicata nel suo sviluppo logico, rende manifesto che chiunque, anche l'usurpatore, possa rendersi locatore. Nell'ambito dei rapporti tra le parti rimarrà in concreto da verificare se il locatore adempia per il tempo convenuto l'obbligazione di far godere assunta con la stipulazione, oppure se la sua qualità di usurpatore si ripercuota in pregiudizio del rapporto locativo. Altrimenti il contratto sarà stato non soltanto validamente ed efficacemente concluso, ma si sarà anche svolto nel rispetto del modello normativo. Resteranno soltanto impregiudicati i diritti del proprietario e salva in ogni caso la responsabilità del locatore, carente di titolo e di poteri, nei confronti sia del proprietario come del conduttore (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 1979, n. 2455).

Del resto, che il contratto sorga valido ed efficace e tale rimanga sino a quando il conduttore non perda il godimento della cosa locata, pare trovare conferma nella formulazione dell'art. 1585 c.c., il quale obbliga il locatore alla garanzia per molestie non per il fatto in sé considerato che un terzo pretenda di avere diritti sulla cosa locata, ma solo se le molestie diminuiscano l'uso o il godimento della medesima.

Dunque apparire che nella giurisprudenza si manifesti al riguardo un contrasto rappresentato tra le tante dalle massime che seguono.

DISPONIBILITÀ DEL BENE E LOCAZIONE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Qualità di locatore

La qualità di locatore non presuppone necessariamente, attesa la natura personale del rapporto di locazione, quella di proprietario, essendo sufficiente la disponibilità materiale del bene (Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 1994, n. 10270; Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2010, n. 12976; Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22346).

Disponibilità di fatto

Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico (esclusi perciò il ladro, il ricettatore, l'usurpatore di immobili eccetera) può validamente concederla in locazione, in comodato o costituirvi altro rapporto obbligatorio (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 1997, n. 470; Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2010, n. 12976; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2011, n. 15443).

Nel secondo gruppo di Massimo sembra richiedersi un qualche elemento ulteriore, oltre alla disponibilità materiale del bene: una sorta di legittimazione a locare, è che nozione discussa e, con specifico riguardo al contratto di locazione, in netta prevalenza respinta (Mirabelli, 58 e 182; Tabet, 177 ss.; Cosentino - Vitucci, 37). E, ancora apparentemente, la deviazione dell'indirizzo giurisprudenziale precedentemente esposto sembra rimarcato in un precedente arresto in cui si precisa che non può assumere la qualità di locatore colui che abbia soltanto la disponibilità di fatto della cosa stessa (Cass. civ., Sez. III, 25 agosto 1982, n. 4714, e molte altre massime di tenore più o meno analogo).

In realtà, a ben guardare, il contrasto sembra da attribuire essenzialmente ad un equivoco, e cioè al fenomeno delle cosiddette massime «mentitorie», le quali tradiscono il contenuto effettivo delle decisioni da cui sono estratte (Gabrielli - Padovini, 79). Dalla lettura per esteso delle sentenze da cui le molte massime alle quali si è fatto cenno sono state estratte emerge che esse attengono in effetti non già al profilo della validità ed efficacia del contratto nei rapporti tra locatore e conduttore, bensì dell'opponibilità del medesimo contratto al proprietario, terzo rispetto ad esso. Essenza di tali massime è che la locazione stipulata dal non proprietario non è opponibile al proprietario: e si tratta di un principio ineccepibile, giacché mai l'usurpatore di una cosa, che poi viene data in locazione, può impegnare il vero proprietario, rimasto estraneo al contratto; ma ciò non significa che il contratto di locazione stipulato dall'usurpatore non sia pienamente valido ed efficace nei rapporti tra lo stesso usurpatore ed il conduttore (Gabrielli - Padovini, 80).

Insomma, pare doversi escludere che, accanto all'indirizzo tradizionale secondo cui chiunque abbia la disponibilità materiale della cosa può legittimamente stipulare il contratto di locazione, vi sia un contrastante – e consapevole – indirizzo che esclude dal novero dei potenziali locatori coloro i quali abbiano la disponibilità materiale della cosa ma manchino di un titolo che li legittimi a trasmetterne il godimento. Viceversa, emerge il punto decisivo, ossia che, ferma la validità ed efficacia inter partes del contratto, ciò che viene in discorso è l'opponibilità di quella locazione al dominus. Come è stato detto: «Tutte le questioni che si agitano … in relazione alla validità della locazione stipulata da locatore non legittimato … a null'altro si riducono che a problemi di opponibilità della locazione al terzo titolare di posizione preminente e di deficienza di attuazione del contratto» (Mirabelli, 278).

Corollari giurisprudenziali in tema di locazione di cosa altrui

Passando all'esame delle conseguenze pratiche del principio esposto, non v'è dubbio che il locatore, ancorché non proprietario, sia legittimato ad agire per tutte le questioni che concernono la costituzione, lo svolgimento e la cessazione del rapporto.

In evidenza

Poiché, nel rapporto di locazione, si prescinde dalla titolarità del diritto di proprietà o di usufrutto del locatore sull'immobile – essendo sufficiente, in relazione all'obbligazione principale da lui assunta di consentire al conduttore l'uso ed il godimento dell'immobile stesso, che egli abbia la disponibilità del bene – spetta allo stesso la legittimazione ad agire per tutte le questioni che concernano la costituzione, lo svolgimento e la cessazione del rapporto (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 1983, n. 2973; ed in seguito Cass. civ., sez. II, 18 maggio 1985, n. 3060; Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 1994, n. 10270; Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8411; Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2010, n. 12976; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2011, n. 15443; Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22346).

I principi che precedono hanno ricevuto applicazione in diverse fattispecie.

CASISTICA

Contestazione della legittimazione del locatore

Il conduttore non può, valendosi di un'eccezione de iure tertii, contestare la legittimazione del locatore allegando che egli non ha mai avuto o ha trasferito ad altri la proprietà della cosa. (v., per es., Cass. civ., Sez. III, 14 aprile 1983, n. 2620; da ultimo, con riguardo all'eccezione di demanialità del bene, v. Cass. civ., Sez. III, 29 aprile 2015, n. 8705; Cass. civ., Sez. II, 16 ottobre 2008, n. 25306)

Natura personale del contratto di locazione

Il contratto di locazione ha natura personale e prescinde del tutto dall'esistenza e titolarità nel locatore di un diritto reale sulla cosa. Il conduttore, convenuto per la risoluzione del contratto per inadempimento, non può pertanto utilmente opporre al locatore che egli non ha mai avuto o ha perduto la titolarità della cosa locata. (Cass. civ., Sez. III, 20 aprile 1995, n. 4477; Cass. civ., Sez. III, 22 marzo 2004, n. 5672)

Irrilevanza dell'assetto proprietario

L'intimato, cioè, formulando nel processo l'eccezione di carenza di legittimazione attiva, può esclusivamente dolersi che l'attore non sia il titolare della qualità di locatore dell'immobile di cui egli ha il godimento, mentre è del tutto irrilevante l'indagine sul punto se abbia veste di proprietario. Né contrasta con tale affermazione secondo cui il conduttore, al quale sia stato chiesto il rilascio dell'immobile locato da colui che lo ha acquistato dall'originario locatore, può validamente opporre le eccezioni concernenti la titolarità del diritto di proprietà dell'attore, perché l'acquisto di quest'ultimo costituisce il titolo della surrogazione dello stesso nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione (artt. 1599-1602 c.c.) ed il fatto costitutivo, quindi, della qualità di locatore da lui assunta, ope legis, per effetto della vendita. (Cass. civ., Sez. III, 13 giugno 1994, n. 5724)

Morte del locatore

Se nel corso di un rapporto di locazione decede uno dei locatori, gli eredi di esso, per pretendere il pagamento del canone, hanno l'onere di dimostrare la loro legittimazione, perché la modifica soggettiva del contratto, innovando sulle modalità di adempimento (art. 1362, comma 2, c.c.), determina uno stato di incertezza per il conduttore che il creditore ha l'onere di rimuovere, onde rendere possibile la prestazione, in attuazione del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto; in mancanza dell'assolvimento di tale onere di collaborazione è giustificato il rifiuto del conduttore di pagare il corrispettivo ai nuovi contitolari del diritto, ed è invece idonea a costituire la mora accipiendi l'offerta del canone all'originario contitolare del relativo diritto. (Cass. civ., Sez. III, 4 dicembre 1997, n. 12328)

Restituzione e revindica

Quando colui che è convenuto in giudizio come conduttore per la restituzione della cosa locata assume e dimostra di essere lui il proprietario della stessa, per averla acquistata dall'effettivo precedente proprietario e contesta, nell'attore, la vantata qualità di locatore, negando che il medesimo avesse mai avuto la facoltà di disporre della cosa, in questo caso il convenuto fa valere un diritto proprio, incompatibile con quello vantato dalla parte attrice: in tale ipotesi, quest'ultima, ai fini dell'azione proposta, non può limitarsi ad invocare l'esistenza di un contratto di locazione ed a dedurre la irrilevanza del fatto che il convenuto avesse acquistata la proprietà dell'immobile dal proprietario non locatore, ma deve dedurre e dimostrare l'esistenza, oltre che della locazione, di un titolo che gli abbia attribuita la facoltà di disporre della cosa che assume da lui locata, e della quale non è mai stato, ne è, proprietario, deve cioè provare la legittimità della sua qualità di locatore. Né il convenuto come conduttore deve, per intanto, restituire la cosa locata, salvo ad esperire, poi, l'azione di revindica, in quanto, invece, egli può far valere i diritti che gli derivano dall'acquisto della cosa stessa, oltre che in via di azione, anche in via di eccezione, per neutralizzare la domanda di restituzione del bene da parte del preteso locatore. (Cass. civ., Sez. III, 16 maggio 1964, n. 1195)

Estinzione per confusione

Il locatore che non sia anche proprietario del bene locato, ove lo venda al conduttore consapevole di tale situazione del bene, stipula una vendita di cosa altrui, valida a norma dell'art. 1478 c.c., ma conseguentemente non pone in essere un negozio idoneo a determinare un immediato effetto traslativo della proprietà del bene, cosicché la locazione di esso non si estingue per confusione, ossia per riunione nella stessa persona di due qualità fra di loro incompatibili: quelle di proprietario e di conduttore del bene locato. (Cass. civ., Sez. III, 4 febbraio 1980, n. 761)

La tutela del conduttore nella locazione di cosa altrui

Una volta stipulato il contratto di locazione di cosa altrui, come tale valido ed efficace, può accadere che il locatore non adempia, perché impossibilitato, l'obbligazione di consegna di cui all'art. 1575, n. 1) c.c., ovvero che il conduttore, dopo la consegna, perda il godimento della cosa locata per fatto del dominus.

Ebbene, se l'impegno contrattuale non viene attuato, in quanto l'esercizio della pretesa da parte del terzo proprietario lo rende inattuabile, non v'è dubbio che la tutela del conduttore debba restare affidata al consueto rimedio della risoluzione per inadempimento, con il conseguente eventuale risarcimento del danno, ai sensi della regola generale posta dall'art. 1453 c.c. (Mirabelli, 277; Tabet, 183; Provera, 90; Gabrielli - Padovini, 80). Ciò indipendentemente dalla conoscenza dell'altruità della cosa da parte del conduttore al momento della stipulazione, se non per gli effetti del contenimento del danno nei limiti della prevedibilità ai sensi dell'art. 1225 c.c. (Mirabelli, 277), giacché tale conoscenza non fa venir meno il connotato di inadempimento della condotta posta in essere dal locatore, il quale viene meno all'osservanza dell'obbligazione fondamentale di far godere la cosa locata. Parimenti nulla rileva l'eventualità che sia il locatore ad ignorare l'altruità della cosa locata, giacché l'inadempimento, secondo l'art. 1218 c.c., è escluso non già dalla buona fede, bensì dalla non imputabilità (Tabet, 183).

Distinta questione è se il conduttore che, al momento della stipulazione, abbia ignorato l'altruità della cosa, della quale venga a conoscenza in costanza di rapporto, possa avvalersi di un qualche rimedio. È ben comprensibile, infatti, che, pur dinanzi all'attuale regolarità di svolgimento del vincolo, altra cosa è sapere che esso non subirà legittime aggressioni da parte del dominus piuttosto che rimanere esposti allo specifico rischio di una sua eventuale reazione. Ed infatti, la ragione da taluni addotta, nel vigore del codice civile del 1865, a sostegno della tesi dell'invalidità della locazione di cosa altrui stava proprio in ciò, che il conduttore ignaro potesse rimanere comunque vincolato all'adempimento delle obbligazioni sorgenti dal contratto. Si è dunque invocata l'applicazione analogica dell'art. 1479 c.c., posto in tema di vendita di cosa altrui, il quale stabilisce che il compratore in buona fede può domandare la risoluzione del contratto (Lazzara, 104 ss.). Ma la tesi non sembra condivisibile, per la già evidenziata differenza strutturale tra la vendita, contratto ad efficacia reale, e la locazione, contratto ad efficacia obbligatoria. È stato in proposito evidenziato quanto segue: «Nel caso della vendita, infatti, l'effetto normale e tipico è, secondo la norma generale dell'art. 1376 c.c., il trasferimento immediato e diretto della proprietà della cosa venduta in dipendenza del perfezionamento stesso del contratto. Chi, dunque, conclude un contratto traslativo quale è per eccellenza la compravendita, nutre la legittima aspettativa di divenire proprietario del bene nell'attimo stesso in cui vi sia il consenso delle parti legittimamente manifestato. La mancata produzione dell'effetto traslativo rende il venditore inadempiente: risulta, quindi, che la norma dell'art. 1479 c.c. non è altro che la coerente applicazione alla compravendita dei principi della risoluzione per inadempimento. Tali principi non possono, tuttavia, trovare applicazione nel caso della locazione, perché il locatore non è affatto inadempiente alla sua obbligazioni tipica se, pur privo della legittimazione a disporre, consegna la cosa al conduttore e di fatto gliene assicura il godimento» (Gabrielli-Padovini, 82). Altri hanno ipotizzato il ricorso all'art. 1461 c.c., che legittima ciascun contraente a sospendere l'esecuzione della prestazione in presenza di un mutamento delle condizioni patrimoniali dell'altro contraente che ponga in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione: il rischio che l'interesse contrattuale rimanga pregiudicato per iniziativa del dominus potrebbe dunque essere interpretato, secondo quest'impostazione, quale mutamento nel senso voluto dalla norma (Coco, 935). La soluzione però sembra forzata, giacché la situazione di difetto di legittimazione del locatore non sopravviene alla stipulazione del contratto, ma preesiste ad essa (Gabrielli-Padovini, 82).

Va poi verificata l'applicabilità alla materia dell'art. 1338 c.c., secondo cui la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte, è tenuta a risarcire il danno determinato dall'avere quest'ultima confidato incolpevolmente nella validità del contratto. Neppure questa disposizione sembra utilizzabile, dal momento che, in caso di locazione di cosa altrui non si versa in ipotesi di invalidità del contratto (contra Gabrielli-Padovini, 87).

Il rimedio pertinente, allora, è da ritenere sia soltanto quello della impugnazione per vizio del consenso: dolo o errore secondo i casi (Mirabelli, 277; Tabet, 183 s.). Per quanto attiene all'ipotesi del dolo, l'applicazione dell'art. 1439 c.c. non pare incontrare ostacoli: se il conduttore abbia creduto di prendere in locazione la cosa dal proprietario, ovvero dal titolare di un diritto sulla medesima comprendente la facoltà di locare, in conseguenza dei raggiri posti in essere dall'altro contraente – raggiri che rimangono integrati anche dalla semplice dichiarazione mendace (Gabrielli-Padovini, 83) –, egli potrà pretendere l'annullamento per dolo, trattandosi di dolo determinante (Tabet, 183). Più complesso è il caso che il locatore non abbia dichiarato di locare in qualità di proprietario od in altra idonea: il problema, in quest'ipotesi, attiene all'annullamento per errore, giacché, secondo alcuni, l'ignoranza dell'altruità della cosa non potrebbe essere configurata quale errore essenziale, ai sensi dell'art. 1429 c.c., non cadendo sulla natura o sull'oggetto del contratto (Provera, 90). Viceversa, altri ritengono appunto trattarsi di error in natura, ex art. 1429, n. 1, c.c., in quanto la locazione di cosa di cui il locatore possa disporre è un contratto di natura diversa dalla locazione aleatoria a non domino (Tabet, 184). La soluzione lascia perplessi, giacché la stipulazione del contratto di locazione non richiede, come si è avuto modo di ripetere, che il locatore sia proprietario della cosa locata: sicché la titolarità di tale qualità – o di altra che conferisca la facoltà di locare – non incide sull'atteggiarsi del contratto. Piuttosto, può convenirsi, sebbene utilizzando lo strumento dell'interpretazione estensiva, sulla qualificazione dell'errore in discorso quale error in adiecto: «L'oggetto del contratto deve qui intendersi, certamente, in senso diverso da quello di “cosa che forma oggetto del contratto”, perché l'errore sull'identità o sulle qualità della prestazione è già preso in considerazione dal numero due dell'art. 1429 c.c. Pertanto, in riferimento all'oggetto contenuto nel numero uno dell'art. 1429 c.c. non sta a significare la res di cui con il contratto si dispone» (Gabrielli-Padovini, 86). Ma, a ben vedere, la disciplina dettata dall'art. 1429 c.c. offre un'ipotesi di annullamento per errore assai più confacente, laddove menziona, al n. 3, «le qualità della persona dell'altro contraente»: per qualità della persona deve intendersi tutto ciò che di una persona può essere affermato, e poi verificato, in un giudizio di corrispondenza alla realtà, ossia in termini di vero/non vero; e, com'è ovvio, non c'è qualità che abbia più rilevanza giuridica di quella di essere o non essere proprietario (Gabrielli-Padovini, 87). Il conduttore, dunque, può senz'altro trovare nell'art. 1429, n. 3, c.c., l'idoneo strumento di tutela in caso di errore semplice, non determinato dai raggiri della controparte.

Guida all'approfondimento

Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, Torino, 1951;

Coco, Locazione (dir. priv.), in Enc. dir., XXIV, Milano, 1975, 918-997;

Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001;

Lazzara, Il contratto di locazione (profili dogmatici), Milano, 1961;

Mirabelli, La locazione, Torino; 1972;

Provera, La locazione. Disposizioni generali, in Comm. c.c. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980;

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972.

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