Non sono tassate le sopravvenienze attive relative ai piani di risanamento ex art. 56 CCII
30 Dicembre 2024
Il caso In relazione al piano di risanamento che dovrebbe essere realizzato, la Società rappresenta che lo stesso porterebbe ad una riduzione di debiti verso terzi e all'emersione di sopravvenienze attive. Dal momento che la normativa sulle sopravvenienze attive fa riferimento ai piani attestati di risanamento di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), della Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), è stato chiesto se alle sopravvenienze attive derivanti da un piano di risanamento attestato ai sensi dell'articolo 56, regolato dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, entrato in vigore lo scorso 15 luglio 2022, sia applicabile l'articolo 88, comma 4-ter, secondo periodo, del TUIR. Secondo la società istante la risposta dovrebbe essere positiva in quanto, pur in assenza di una esplicita norma di coordinamento una diversa soluzione darebbe luogo a un ingiustificato diverso trattamento tra fattispecie del tutto analoghe e tra soggetti aventi pari capacità contributiva essendo i piani ex articolo 56 del d.lgs. n. 14/2019 sostanzialmente analoghi a quelli disciplinati dall'articolo 67 del R.D. 16/1942 e il ricorso agli uni piuttosto che agli altri dipende solo da un fattore temporale. Prima, però, di procedere all’esame della risposta, si ritiene soffermarsi brevemente sulla disciplina dei piani attestati. Brevi cenni alla disciplina dei piani attestati Come ricordato dalla stesa Agenzia delle Entrate, "il piano attestato" è disciplinato dall'art. 67, terzo comma, lettera d) del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, il quale dispone che: “Non sono soggetti all'azione revocatoria: (...) d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; (...) il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore”. In sostanza, il piano attestato di risanamento rappresenta un istituto a carattere privatistico, che può adottare l'imprenditore fallibile per risolvere la crisi d'impresa, di tipo ancora reversibile, senza l'intervento del Tribunale. Fra gli altri benefici di tale strumento, si evidenza, in particolare, il fatto che non debba essere richiesto un preventivo accordo con i creditori, essendo sufficiente l'attestazione del piano, formulata da un professionista in possesso dei requisiti di legge. Inoltre, il piano attestato di risanamento è caratterizzato da un procedimento piuttosto semplice e non è soggetto a specifiche forme di pubblicità. Gli effetti tipici del piano sono quelli di esonero dall'azione revocatoria fallimentare (art. 67 comma 3 lett. d) del RD n. 267/1942) e dai reati di bancarotta (art. 217-bis del RD n. 267/1942). Si ricorda che, con l’entrata in vigore del codice della crisi di impresa, l’istituto è disciplinato dal relativo art. 56. Tale articolo prevede che l'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione economico finanziaria. Il piano deve avere data certa e deve indicare alcune informazioni. Un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano. Il piano, l'attestazione e gli accordi conclusi con i creditori possono essere pubblicati nel registro delle imprese su richiesta del debitore. Da una semplice lettura di tale disposizione, si evince che viene perseguito la stessa ratio del più volte citato articolo 67, terzo comma, lettera d), in quanto è sempre rivolta all'imprenditore in stato di crisi o d'insolvenza che intende risanare la propria posizione debitoria allo scopo di proseguire l'attività, ma a differenza di quest'ultimo prevede una compiuta disciplina in merito al piano attestato di risanamento con riferimento sia ai requisiti del soggetto che lo attua sia in merito al contenuto del piano. Entrambe le disposizioni in commento (l'articolo 67, terzo comma, lettera d), e l'articolo 56) dispongono, inoltre, che i piani in parola ''possono'' essere pubblicati nel registro delle imprese. Fatte queste premesse, è necessario riassumere brevemente anche la normativa fiscale. La disciplina fiscale Dal punto di vista dell’IRES, la disciplina delle sopravvenienze attive è stata modificata dall’art. 13 del d.lgs. del 14 settembre 2015, n. 147, che ha introdotto tra l’altro il nuovo comma 4-ter dell’art. 88 del TUIR. Come riportato dalla relazione illustrativa, tale nuovo comma distingue tra procedure di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio e procedure di concordato di risanamento. Per le prime la sopravvenienza attiva è totalmente detassata mentre per le seconde non costituisce sopravvenienza attiva la parte che eccede alcune componenti tributarie realizzate dalle imprese. In particolare, il legislatore, per stabilire quale parte della sopravvenienza non assume rilevanza fiscale, precisa che è tale la quota che risulta sottraendo dalla sopravvenienza attiva stessa l'ammontare delle perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento, delle perdite trasferite al consolidato nazionale di cui all'articolo 117 e non ancora utilizzate, della deduzione di periodo e dell'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica, degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell'articolo 96 del TUIR. Tale normativa, ai sensi dell’art. 14, comma 5, del d.l. del 24 agosto 2021, n. 118, si applica anche al recente istituto che disciplina la composizione negoziata assistita per la soluzione della crisi di imprese, a partire dalla pubblicazione presso il registro delle imprese dei relativi contratti e accordi. Con la risposta ad interpello del 23 novembre 2018, n. 85, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito le modalità operative della disciplina dell’art. 88, comma 4-ter. In particolare, è stato precisato che il contribuente, in relazione all'utilizzo della perdita d'esercizio, dovrà effettuare una variazione in diminuzione nel quadro RF nel modello della dichiarazione dei redditi per un importo pari alla differenza tra la sopravvenienza attiva e la perdita di periodo (calcolata senza tener conto della sopravvenienza attiva), le perdite trasferite al consolidato nazionale e non ancora utilizzate, e gli interessi passivi indeducibili di cui al comma 4 dell'articolo 96 del TUIR. Di conseguenza, l'ammontare della perdita trasferita al consolidato e non utilizzata dalla fiscal unit, sottratta dalla sopravvenienza attiva, sarà compensata nel modello CNM riducendo l'importo rilevato nel rigo CS1 che, pertanto, dovrà risultare ridotto rispetto all'anno precedente per l'importo delle perdite pregresse che risultano erose. Per quanto concerne gli interessi passivi indeducibili di cui all'articolo 96, comma 4, del TUIR sottratti dalla sopravvenienza attiva, dovrà emergere un'apposita variazione in diminuzione. Nel periodo d'imposta successivo, l'ammontare degli interessi passivi indeducibili riportati dovrà essere ridotto per una quota pari a quelli utilizzati in applicazione del citato articolo 88, comma 4-ter del TUIR. Con la risposta a interpello del 27 maggio 2019 n. 160, è stato confermato dall’Agenzia delle Entrate che: — le perdite fiscali pregresse sono utilizzabili oltre l'80% al fine di individuare la quota di sopravvenienza detassata; — gli interessi passivi di cui all'art. 96, comma 4, del TUIR sono soggetti alla medesima regola di consumazione integrale prevista per le perdite fiscali; pertanto, tali oneri finanziari devono ritenersi usati, e non più riportabili negli esercizi successivi, a prescindere dai limiti ordinari imposti all'utilizzo da quest'ultima norma. Con la risposta ad interpello n. 414 dell’11 ottobre 2019, l’Agenzia delle Entrate si è occupata del caso in cui, una società, alla scadenza dell’accordo, ha sottoscritto, con i medesimi creditori, l'estensione temporale dell'efficacia dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis l. fall., iscritta presso il registro delle imprese nel quale era stabilito che l'estensione temporale dell'accordo era finalizzata a consentire l'esecuzione delle formalità necessarie alla vendita dell'immobile. In tale caso, l’istante ha chiesto se al provento conseguito a fronte della riduzione dei debiti dell'impresa prevista dall'accordo di ristrutturazione omologato ma scaduto, la cui efficacia è stata prorogata con apposito atto, registrato presso il registro delle imprese competente, ma non nuovamente omologato, potesse applicarsi la previsione di cui all'articolo 88, comma 4-ter, del TUIR. La risposta è stato positiva e si è ritenuto applicabile il comma 4-ter dell’art. 88, del TUIR, in quanto: — la riduzione dei debiti dell'impresa rientra strettamente in una specifica previsione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis della l. fall. omologato, anche nell'ipotesi in cui l'esistenza dello stralcio dei debiti e la sua misura sia subordinato all'avverarsi di una condizione sospensiva (la vendita dell'immobile); — l'accordo di estensione dell'efficacia dell'accordo di ristrutturazione del dell'originario accordo di ristrutturazione omologato con decreto non presenta effetti novativi, definendo una mera "estensione dell'efficacia dell'Accordo di Ristrutturazione al fine di consentire il completamento della compravendita e disciplinarne gli adempimenti tecnici"; — i creditori non aderenti all'Accordo di Ristrutturazione sono stati interamente pagati; — l'accordo di Estensione dell'efficacia dell'accordo di ristrutturazione omologato è stato registrato nel Registro delle Imprese. Pertanto, la riduzione dei debiti dell'impresa, avvenuta in conseguenza della cessione dell'immobile prevista dall'accordo di ristrutturazione originariamente omologato, anche se in data successiva alla scadenza dello stesso, ma in vigenza dell'Accordo di estensione della sua efficacia (proroga registrata, ma non nuovamente omologata), è riconducibile alla previsione di cui all'articolo 88, comma 4-ter, del TUIR (sempre che ricorrano tutti gli ulteriori requisiti e nei limiti di quanto ivi disciplinato). Conclusioni Con la risposta ad interpello del 29 luglio 2021, n. 522, viene ricordato che la pubblicazione nel registro delle imprese, ancorché non obbligatoria sul piano civilistico, costituisce una condizione necessaria ai fini dell'applicabilità dell'agevolazione in esame. Pertanto, in assenza della forma pubblicitaria prescritta dalla norma, la sopravvenienza conseguente all'esdebitazione deve considerarsi integralmente rilevante ai fini della determinazione del reddito d'impresa, ai sensi del comma 1 dell'articolo 88 del TUIR. Infatti, come sopra precisato, l'articolo 88, comma 4-ter, secondo periodo, in relazione ai piani attesati di risanamento ex articolo 67, richiede che lo stesso sia pubblicato nel registro delle imprese. Ciò stante, considerato che l'istituto disciplinato dall'articolo 56 persegue la stessa finalità di quello regolato dall'articolo 67, terzo comma, lettera d), la risposta ad interpello 222/2024 in commento ritiene che laddove il contribuente pubblichi nel registro delle imprese il piano attestato di risanamento regolamentato dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, le sopravvenienze attive derivanti dall'attuazione del piano stesso possano beneficiare dell'agevolazione di cui al più volte citato comma 4-ter dell'articolo 88 del TUIR. |