Le novità del Correttivo sul ricorso e sulle comunicazioni nel processo del lavoro
12 Dicembre 2024
Premessa Il Correttivo Cartabia ha apportato delle modifiche normative (anche) al processo del lavoro e, in particolare, al ricorso introduttivo (art. 414 c.p.c.) e alle comunicazioni alle parti e ai difensori. Si tratta di modifiche di non particolare rilievo che sono state inserite al solo intento di adeguare le disposizioni codicistiche al progresso tecnologico, eliminando i riferimenti a quegli adempimenti non più attuali perché meramente “analogici” (quali il deposito di copie degli atti, il deposito fisico in cancelleria, la stesura di provvedimenti in calce ad atti processuali) inserendo all'interno del codice di procedura civile delle disposizioni finora contenute in leggi speciali. Si tratta, quindi, di modifiche “ricognitive” che mirano a modernizzare il processo del lavoro alla digitalizzazione e alla innovazione così come del resto ci viene richiesto dall'Unione Europea e dal PNRR. Il ricorso introduttivo ex art. 414 c.p.c. L'art. 3, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 164/2024, ha novellato l'art. 414 c.p.c. prevedendo un nuovo secondo comma lett. a), sostituendo quello precedente con il seguente: «2) il nome, il cognome, il codice fiscale e la residenza o il domicilio del ricorrente, il nome, il cognome, il codice fiscale e la residenza o il domicilio o la dimora nonché l'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto». Il legislatore ha espunto i riferimenti al domicilio eletto dal ricorrente, dal momento che, quando la parte è rappresentata da un avvocato, tutte le comunicazioni e notificazioni devono essere effettuate tramite posta elettronica certificata e viene inserita l'indicazione del codice fiscale delle parti e dei difensori; indicazione, quest'ultima, già prevista in via generale per il rito ordinario dall'art. 163 c.p.c., ed è essenziale per il corretto funzionamento del sistema informatico che gestisce il processo civile telematico (per la creazione dell'anagrafica dei procedimenti, ecc.). Viene inoltre inserita, così come già previsto dall'art. 163 c.p.c., l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del convenuto risultante da pubblici elenchi, posto che la notifica dell'atto introduttivo dovrà avvenire presso questo. Deve ritenersi che l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata sussista non solo nelle ipotesi in cui il convenuto sia un soggetto tenuto a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata o servizio di recapito certificato qualificato risultante dai pubblici elenchi, ma anche quando questi abbia eletto domicilio digitale ai sensi dell'art. 3-bis, CAD di cui al d.lgs. n. 82/2005. Le comunicazioni nel giudizio di primo grado nel processo del lavoro Il legislatore del Correttivo ha inciso anche sulle comunicazioni nel giudizio di primo grado del processo del lavoro. In particolare, è stato novellato l'art. 417 c.p.c. il quale è stato così riformulato: «In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede le lire 250 mila. La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all'art. 414 c.p.c. o si costituisce nelle forme di cui all'art. 416 c.p.c. con elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica e può indicare un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o eleggere un domicilio digitale speciale. Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice che ne fa redigere processo verbale. Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all'art. 415 c.p.c. Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria». L'art. 417 c.p.c. è modificato, quindi, nel senso di prevedere che la parte che sta in giudizio personalmente possa indicare, oltre alla propria residenza o al proprio domicilio eletto, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o il domicilio digitale eletto, affinché le comunicazioni e notificazioni possano essergli recapitate tramite questo. Questa innovazione agevola gli adempimenti di cancelleria e fa sì che la parte che non abbia indicato la residenza o eletto domicilio “fisico” nel Comune (o non abbia indicato i mutamenti dell'una o dell'altro) non sia più gravata dall'onere di verificare presso la cancelleria se le sono state rivolte comunicazioni o notificazioni, dal momento che questa saranno da lei ricevute direttamente alla propria casella di posta elettronica certificata o mediante deposito nell'apposita area creata presso il portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. Non si tratta, del resto, di un onere eccessivo per la parte, dal momento che aprire una casella di posta elettronica certificata è molto semplice ( e ha costi molto contenuti) e consultarla, anche dal proprio smartphone e non costituisce, quindi, un ostacolo per chi è in grado di difendersi in giudizio personalmente. Per le parti che stanno in giudizio personalmente il nuovo sistema si affianca a quello precedente (che resterà ad appannaggio delle persone poco avvezze alle novità tecnologiche). Sempre con riferimento alle comunicazioni si rileva che anche al processo del lavoro si applicherà il nuovo art. 133 c.p.c., il quale è stato modificato al fine di adeguare al processo telematico le disposizioni sulla pubblicazione della sentenza e la sua comunicazione. In particolare, la novella si è resa necessaria alla luce dell'obbligatorietà del deposito telematico degli atti del giudice, introdotta nell'art. 196-quater disp. att. c.p.c. dall'art. 35, comma 3, d.l. n. 13/2023 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 41/2023). In particolare, il sistema telematico non prevede più la firma del cancelliere né l'apposizione della data da parte di quest'ultimo. A tal fine, si prevede che la sentenza sia pubblicata esclusivamente mediante deposito telematico e che il cancelliere ne dia immediata comunicazione alle parti costituite. La comunicazione conterrà in allegato il testo integrale del provvedimento, secondo quanto previsto dall'art. 45 disp. att. c.p.c. (che sul punto non viene modificato, così come emerge dalla relazione illustrativa). Un intervento molto importante è stato apportato dal Correttivo all'art. 136 c.p.c. In particolare, è stato eliminato il cosiddetto “biglietto” di cancelleria che viene sostituito, ora, con la posta elettronica certificata. La PEC diviene, quindi, lo strumento di comunicazione principale per le comunicazioni della cancelleria. L'intervento correttivo, secondo la Relazione illustrativa, muove dalla considerazione che la comunicazione di cancelleria, nell'ambito del processo telematico, è tecnicamente identica ad una notifica tramite PEC; non vi è allora ragione alcuna di differenziare la disciplina delle comunicazioni telematiche rispetto alle notifiche a mezzo PEC. Ne discende la previsione per cui, quando la comunicazione non ha esito positivo per causa non imputabile al destinatario, si procede con la notifica tramite ufficiale giudiziario nelle forme tradizionali; diversamente, si afferma nella Relazione illustrativa, se la notifica non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, l'atto è inserito nel Portale dei Servizi Telematici (PST) gestito dal Ministero della Giustizia, come previsto dalle disposizioni per le notifiche a mezzo PEC dell'ufficiale giudiziario e quelle a cura dell'avvocato. Le concrete modalità per l'inserimento dell'atto nel Portale saranno, si afferma ancora nella Relazione illustrativa, quelle descritte nell'art. 149-bis c.p.c. come modificato dal presente decreto, che costituirà la norma di riferimento sulle notifiche a mezzo posta elettronica certificata e sulle conseguenze dell'impossibilità di effettuare l'adempimento secondo tali modalità per causa imputabile al destinatario. Il Correttivo è, poi, intervenuto nel perfezionare la disciplina della notificazione a mezzo posta elettronica certificata eseguita dall'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art. 149-bis c.p.c., mediante un intervento additivo sul secondo comma, una sostituzione del terzo comma e l'introduzione di un ultimo comma dopo il sesto. In particolare, al secondo comma viene previsto che l'ufficiale giudiziario possa trasmettere all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, non solo la copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale ma anche, in alternativa, il duplicato informatico dell'atto stesso, che consiste in un documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, si afferma nella Relazione illustrativa, della medesima sequenza di bit del documento originario (ossia un secondo originale a tutti gli effetti). In presenza di un documento avente queste caratteristiche richiedere l'utilizzo di una copia conforme avrebbe comportato, in effetti (così come affermato nella Relazione illustrativa), un inutile aggravio di adempimenti. L'intervento sostitutivo del terzo comma è stato effettuato, secondo la Relazione illustrativa, per eliminare una distonia tra notifiche effettuate con modalità tradizionali (a mani o mediante il servizio postale) e notifiche a mezzo posta elettronica certificata, prevedendo anche in relazione a queste ultime, la scissione del momento di perfezionamento della notifica per il soggetto notificante e per il destinatario. Anche nel caso di notifiche via PEC, infatti, può accadere che l'adempimento venga effettuato dall'ufficiale giudiziario in un momento successivo a quello in cui il richiedente gli ha trasmesso gli atti. Si prevede quindi che la notifica si intenda perfezionata, per il soggetto notificante, nel momento in cui il documento informatico da notificare è consegnato all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, nel momento in cui il gestore gli rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata di quest'ultimo (ossia con la consegna). Infine, l'intervento aggiuntivo del settimo comma della disposizione, si afferma nella Relazione illustrativa, colma una lacuna normativa, in quanto disciplina l'ipotesi in cui la notifica non possa essere effettuata a mezzo PEC o l'invio di questa non vada a buon fine. In particolare, viene previsto che se ciò avviene per causa non imputabile al destinatario si dovrà procedere nelle forme “tradizionali”, mentre se avviene per cause imputabili al destinatario (che ad es. non ha curato di mantenere attiva e capiente la sua casella di posta) l'atto sarà depositato in una apposita area web esposta nel PST del Ministero della giustizia e accessibile al destinatario. A tal fine, si prevede – anche allo scopo di garantire la conoscibilità e al contempo la riservatezza dell'atto – che l'area web sia generata automaticamente dal Portale e sia collegata al codice fiscale del destinatario, nonché che l'atto da notificare debba essere accompagnato da una dichiarazione dell'ufficiale giudiziario circa la sussistenza dei presupposti per procedere secondo tali modalità. Analogamente a quanto avviene con le notifiche a mezzo posta in caso di assenza del destinatario, poi, si prevede che per quest'ultimo la notifica si intenda perfezionata con il decorso di dieci giorni dall'inserimento ovvero, se anteriore, nella data in cui egli acceda all'area riservata. Con questa nuova disposizione deve ritenersi superata la questione, molto dibattuta in giurisprudenza e dovuta, appunto, alla lacuna normativa anzidetta, relativa alle conseguenze della notifica telematica non completata per "casella piena" del destinatario, questione che ha integrato un tema di massima di particolare importanza, involgendo i presupposti stessi del funzionamento delle modalità di notificazione coi nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale (Cass. civ., sez. III, ord., 21 novembre 2023, n. 32287). In giurisprudenza, infatti, si erano contrapposti due orientamenti:
Come si diceva, tale questione deve ritenersi superata. Conclusioni Le modificazioni normative del Correttivo oggetto del presente contributo, dunque, mirano ad adeguare il ricorso introduttivo del giudizio del lavoro e le comunicazioni degli atti e delle sentenze al progresso tecnologico e all’inevitabile passaggio dallo spazio “cartaceo” a quello “digitale”. |