Tempestività del deposito telematico: il ruolo della ricevuta di avvenuta consegna RdAC e i controlli successivi

Giuseppe Vitrani
24 Dicembre 2024

La fattispecie in esame fa riferimento a fatti e a un contesto normativo e giurisprudenziale antecedenti all'introduzione dell'art. 17, comma 11 delle nuove specifiche tecniche sul processo telematico. Il caso esaminato riguarda due soggetti che presentavano ricorso contro la sentenza della Corte d'appello di Roma per aver questa confermato la decisione che rigettava le domande relative alle perdite subite in alcuni contratti di gestione di portafogli stipulati presso una banca.

Massima

“Al fine di accertare la tempestività del deposito occorre fare riferimento al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) e, cioè, la cosiddetta seconda PEC, la quale attesta l'ingresso della comunicazione nella sfera di conoscibilità del "sistema giustizia"; tuttavia, considerato che la struttura del procedimento di deposito telematico è a fattispecie progressiva, sicché la RdAC consente di ritenere perfezionato il deposito con effetto anticipato, ma pur sempre provvisorio, si è ritenuto di dover precisare che il definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria (c.d. quarta PEC)”.

Il caso

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione si inserisce nel contesto normativo e giurisprudenziale antecedente all'introduzione dell'art. 17, comma 11, delle nuove specifiche tecniche sul processo telematico (ai sensi del quale "in caso di accettazione dell'atto, anche dopo l'intervento degli operatori di cancelleria, il gestore dei servizi telematici invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata, contenente la comunicazione dell'avvenuto deposito dell'atto, con effetto a decorrere dal momento in cui è stata generata la ricevuta di accettazione da parte del gestore di posta elettronica certificata del depositante ai sensi dell'art. 6, comma 1 d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68”) e riguarda due soggetti che presentavano ricorso contro la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 1139/2021, che aveva confermato la decisione di primo grado che rigettava le domande relative alle perdite subite in alcuni contratti di gestione di portafogli stipulati con una nota banca italiana. I ricorrenti sostenevano la nullità di uno dei contratti per mancanza di sottoscrizione da parte della banca, un punto che le Sezioni Unite avevano già ritenuto in passato non influente sulla validità del contratto. Inoltre, avevano lamentato l'inosservanza degli obblighi informativi da parte della banca e l'inadeguatezza delle operazioni di negoziazione. Infine, sostenevano che le operazioni erano state effettuate in conflitto di interessi. La Corte d'appello aveva respinto tutte queste allegazioni, rilevando, tra l'altro, la genericità delle stesse e la mancata dimostrazione delle conseguenze dannose per i ricorrenti. Venivano, quindi, presentati sette motivi di ricorso alla Corte di Cassazione, che, tuttavia, riteneva di dover esaminare prima la questione dell'improcedibilità del ricorso per mancata iscrizione a ruolo entro i termini previsti dall'art. 369 c.p.c.

La questione

La questione principale esaminata dalla Corte di Cassazione ha riguardato l'improcedibilità del ricorso per mancata iscrizione a ruolo nei termini di legge. I ricorrenti avevano notificato il ricorso in data 2 aprile 2021, ma il deposito presso la cancelleria della Corte era stato tentato telematicamente solo il 20 aprile 2021. Tale tentativo era stato impedito da un errore del sistema informatico, che aveva restituito un messaggio di "errore imprevisto nel deposito". Successivi tentativi di deposito, effettuati il 21 e 22 aprile 2021, avevano ricevuto analoghi messaggi di errore, specificamente "errore durante verifica firma". La difesa dei ricorrenti sosteneva che tali problemi non erano imputabili a loro e richiedevano, in via principale, di considerare tempestiva l'iscrizione a ruolo effettuata in via cartacea il 22 aprile 2021, o in subordine, di essere rimessi in termini per consentire la costituzione in giudizio.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha esaminato preliminarmente il tema dell'improcedibilità del ricorso, considerando che l'iscrizione a ruolo cartacea era avvenuta oltre il termine di venti giorni previsto dall'art. 369 c.p.c. e che i tentativi di deposito telematico avevano sempre sortito un errore fatale.

Dal punto di vista normativo la Suprema Corte ha rilevato che, secondo l'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012, convertito in l. n. 221/2012 (all'epoca dei fatti norma che regolamentava i depositi telematici e che ora è stata sostituita dall'art. 196-quater disp. att. c.p.c.), e secondo l'art. 13, comma 2, d.m. n. 44/2011, il deposito telematico si considera avvenuto al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore PEC del Ministero della Giustizia. Tuttavia, il processo di deposito telematico comprende più fasi, che culminano con l'accettazione del deposito da parte della cancelleria, attestata dalla "quarta PEC". Nel caso in esame, il procedimento di iscrizione non si era perfezionato a causa degli errori nella verifica della firma digitale. Di conseguenza, la Corte ha stabilito che il deposito non poteva essere considerato tempestivo e ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso.

La Corte ha approfondito l'analisi delle fasi del processo telematico, spiegando che il deposito di un atto si articola in quattro fasi chiave: la ricevuta di accettazione del deposito, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), l'esito dei controlli automatici e l'accettazione del deposito. Ogni fase è essenziale per completare il processo di deposito telematico. La "seconda PEC" (RdAC) attesta che il documento è stato ricevuto dal sistema e cristallizza la tempestività (o intempestività) del deposito, ma il perfezionamento dello stesso dipende dall'esito positivo dei controlli successivi, culminando con l'accettazione da parte della cancelleria.

Proprio in ragione di siffatta scansione temporale il deposito telematico viene definito come fattispecie “a formazione progressiva”.

Nel caso specifico, il tentativo di deposito era stato bloccato dagli errori di verifica della firma, identificati come "errore fatale colore nero" e "errore inatteso durante verifica firma". Questi errori avevano impedito il completamento del processo di deposito.

La Corte ha poi valutato la richiesta di remissione in termini ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c., formulata in relazione al deposito cartaceo che era avvenuto pacificamente allorché il termine di cui all'art. 369 c.p.c.

Su questo specifico punto si è affermato che il beneficio in questione può essere concesso solo in presenza di un impedimento oggettivo e non imputabile alla parte, e solo se questa ha reagito con immediatezza per superare l'impedimento. Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che l'errore nella verifica della firma non costituisse un impedimento oggettivo non imputabile ai ricorrenti, poiché il problema era emerso già al primo tentativo di deposito e non era stato risolto nonostante i successivi tentativi. Inoltre, la Corte ha giudicato non tempestiva la reazione dei ricorrenti, che avevano atteso fino al 18 maggio 2021 per presentare l'istanza di remissione in termini, e avevano proceduto al deposito cartaceo del ricorso solo nel mese di giugno. Pertanto, la richiesta di remissione in termini è stata respinta.

Osservazioni

Va precisato, innanzitutto, che la controversia in commento è relativa a fatti verificatisi molto tempo addietro, ben prima che entrasse in vigore l'art. 17, comma 11, delle specifiche tecniche sul processo telematico che, come noto, ha stabilito che il momento perfezionativo del deposito telematico è costituito dalla data e ora della ricevuta di accettazione (ovvero della “prima PEC”) emessa dal gestore di posta elettronica certificata del mittente e non più dalla ricevuta di consegna (la cosiddetta “seconda PEC”).

La decisione della Corte di Cassazione sottolinea l'importanza del rispetto delle formalità procedurali nel processo telematico, soprattutto in fase di deposito, in particolare per quanto riguarda la gestione del processo di firma digitale. È, altresì, importante notare come nel caso di specie la Suprema Corte sposi la tesi del deposito come fattispecie a formazione progressiva, che tuttavia non appare pacifica in sede di legittimità.

Esistono in realtà due orientamenti contrapposti: uno secondo cui, appunto, il deposito telematico è fattispecie a formazione progressiva e l'altro secondo cui si tratterebbe di fattispecie a formazione istantanea.

Secondo la prima corrente solo con l'accettazione definitiva del deposito da parte della cancelleria si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti (in tal senso, si veda, ad esempio, Cass. civ., sez. lav., 11 maggio 2021, n. 12422).

Sul versante opposto vi sono le pronunce secondo le quali il deposito telematico è fattispecie a formazione istantanea i cui effetti processuali si producono e stabilizzano già con il ricevimento della ricevuta di consegna della PEC; secondo i sostenitori di questa tesi il flusso documentale a valle del recapito del suddetto messaggio ha in realtà solamente lo scopo di rendere visibile l'atto al giudice e alle controparti, senza alcuna rilevanza sul piano processuale; si afferma infatti che l'eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non influisce sulla tempestività del deposito telematico, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l'atto stesso o i suoi allegati (in tal senso si è espressa Cass. 12 luglio 2021, n. 19796).

Le conseguenze dell'adesione all'uno o all'altro orientamento non sono di poco momento e la vicenda in commento è esemplificativa a tal fine: se la Corte di Cassazione avesse infatti aderito al secondo orientamento, il deposito sarebbe stato considerato tempestivo senza alcuna necessità di scrutinare l'istanza di rimessione in termini.

Il ragionamento della Corte di Cassazione appare dunque coerente con l'adesione alla teoria del deposito telematico come fattispecie a formazione progressiva. Ciò che stupisce è che i giudici non abbiano neppure fatto menzione dell'esistenza dell'altro orientamento qui richiamato.

Essendo comunque un elemento di contrasto, l'auspicio è presto la questione possa essere rimessa all'esame delle Sezioni Unite.

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