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Donazione e amministrazione di sostegno

20 Dicembre 2024

È annullabile la donazione posta in essere da un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno?

Che succede se un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno compie una liberalità donativa a favore di un altro soggetto? Il nostro ordinamento giuridico prevede un rimedio oppure tale liberalità è valida ed efficace?

Per poter rispondere compiutamente alla questione, partiamo da un caso concreto per poi collegarci a una breve disamina del quadro normativo di riferimento.

Nel caso specifico, un soggetto, con provvedimento del Giudice Tutelare, è stato nominato amministratore di sostegno del fratello minore, affetto sin da piccolo da una grave patologia neurologica che non gli permette di essere autosufficiente e di potersi gestire nella sua quotidianità.

Nell'arco degli anni, il fratello maggiore decide di inserire il fratello minore (amministrato) in una comunità per consentirgli di sviluppare, sotto la custodia di personale specializzato, rapporti con persone che presentano la stessa patologia.

Nel corso del tempo, all'interno della comunità in cui si è inserito, l'amministrato stringe un legame particolarmente profondo con una donna, con la quale trascorre buona parte delle sue giornate, e decide di regalarle un bracciale della defunta madre, come simbolo della loro amicizia.

Il fratello maggiore, amministratore di sostegno, si preoccupa dell'accaduto, poiché il bracciale, al di là del valore venale, ne ha uno affettivo per lui inestimabile e presenta ricorso per ottenere l'autorizzazione all'azione di annullamento della donazione, sulla scorta di certificazione medica relativa al peggioramento della capacità cognitive dell'amministrato, attestata da prima della donazione.

La limitazione della capacità di agire in cui versa l'amministrato esiste in forza della previsione del decreto emesso dal Giudice Tutelare e si evidenzia che, a tal riguardo, nodale è proprio il contenuto di tale provvedimento, nella misura in cui, ad esempio, nello stesso non sia espressamente previsto il divieto di contrarre matrimonio per l'amministrato, con la conseguenza che per il medesimo non vi sarebbe limitazione in tal senso.

L'istituto dell'amministrazione di sostegno è stato introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 3, legge 9 gennaio 2004, n. 6, al fine di attribuire ai soggetti che si trovano nell'impossibilità, anche temporanea o parziale, di occuparsi dei propri interessi, uno strumento che sacrifichi nella minor misura possibile la loro capacità di agire e di autodeterminarsi. Si tratta, quindi, di un istituto finalizzato a garantire la protezione del soggetto beneficiario, in relazione alle sue effettive esigenze, e senza che vengano necessariamente in rilievo interessi di natura patrimoniale.

Introducendo l'amministrazione di sostegno, il legislatore ha dotato l'ordinamento di una misura che può essere modellata dal giudice tutelare in relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario e in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità (Corte cost., sent. n. 114/2019, redattore Cartabia).

Il codice civile stabilisce i presupposti per l'amministrazione di sostegno nell'incapacità, temporanea o parziale, obiettivamente valutabile e derivata da una menomazione fisica o psichica di provvedere ai propri interessi.

L'ambito di applicazione di tale istituto va individuato, rispetto all'istituto dell'interdizione, non tanto in relazione al grado di infermità, ma nella sua maggiore duttilità di adeguarsi alle esigenze del beneficiario.

Nel caso di specie, si ritiene che il fratello maggiore, nella sua qualità di amministratore di sostegno e in forza del contenuto del decreto di nomina, possa ricorrere al Giudice Tutelare chiedendo l'autorizzazione all'azione di annullamento dell'atto di liberalità posto in essere dal fratello minore amministrato, sottolineando che l'aggravamento delle sue facoltà cognitive, intervenuto prima dell'atto di liberalità, abbia inciso sulla formazione della volontà donativa.

Sul punto, è bene evidenziare che l'esito positivo dell'azione di annullamento soggiace alla prova che, nel frangente temporale in cui è stata posta in essere la donazione, il soggetto versasse in una condizione di incapacità di intendere e di volere tale da lasciar presumere che il consenso prestato non sia stato libero e consapevole. A riguardo, risulta decisiva la documentazione medica comprovante l'aggravamento delle sue condizioni mentali, ove sia stata rilasciata prima del compimento dell'atto di liberalità in questione.

È utile, altresì, evidenziare che, nel caso in cui l'oggetto donato non sia di esclusiva proprietà, essendo così riconducibile a una comunione ereditaria indivisa, come parrebbe potersi desumere in assenza di indicazioni in senso contrario, l'atto di liberalità risulterebbe nullo per mancanza di causa.

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