Donazione remuneratoriaFonte: Cod. Civ. Articolo 770
11 Aprile 2022
Inquadramento
L'art. 770 c.c. è composto da due commi ciascuno dei quali disciplina un diverso tipo di liberalità. L'art. 770, comma 1, c.c., la donazione remuneratoria che è un tipo di donazione in cui assume particolare rilievo la motivazione. Si tratta di un'attribuzione gratuita, compiuta spontaneamente, e nella consapevolezza del donante di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale o sociale, caratterizzata dallo scopo che è quello di compensare l'opera svolta dal donatario (v. Cass. civ., sez. II, 18 maggio 2016, n. 10262; Cass. civ., sez. II, 3 marzo 2009, n. 5119). Nell'art. 770, comma 1, c.c. possono individuarsi tre ipotesi, ciascuna delle quali si distingue per una specifica motivazione. In particolare, si tratta della donazione per riconoscenza, della donazione in considerazione dei meriti del donatario e, infine, della donazione per speciale remunerazione. In quanto donazioni, devono essere stipulate con forma solenne che prevede la stipula per atto pubblico e la presenza di due testimoni così come disposto dall'art. 48, l. 16 febbraio 1913, n. 89 (cd. Legge notarile). Il motivo remuneratorio
Per qualificare come remuneratoria una donazione è, dunque, essenziale il motivo . A tal proposito, è opportuno, a tutela di entrambe le parti, che esso risulti espressamente nell'atto di donazione . Infatti, in questo modo, il donante potrà giovare della previsione dell'art. 787 c.c. che consente di impugnare la donazione per errore sul motivo quando quest'ultimo, appunto, risulta dall'atto e sia l'unico che ha determinato il donante ad effettuare la donazione; allo stesso modo, ma per altre ragioni, potrà giovarsi della esplicitazione in atto del motivo anche il donatario, il quale per sottrarsi alla revoca o all'obbligo alimentare o per ottenere la garanzia per evizione, non avrà l'onere di provarlo . Se manca lo spirito remuneratorio il legislatore ritiene di non poter individuare più, in quello specifico atto, una donazione (remuneratoria). Prova ne sia l'art. 770, comma 2, c.c. che esclude espressamente trattarsi di donazione la liberalità fatta in occasione di servizi resi o in conformità agli usi (c.d. liberalità d'uso). E, ci si troverà di fronte ad una liberalità d'uso se l'attribuzione, oltre che remuneratoria, sia, appunto, anche d'uso. La donazione per riconoscenza
La prima delle tre ipotesi di donazione remuneratoria è quella per riconoscenza. Essa si fonda su un particolare sentimento di gratitudine del donante verso una determinata persona e può essere fatta non soltanto verso tale persona , ma anche verso un suo familiare. La riconoscenza può riferirsi ad un fatto avvenuto precedentemente alla donazione oppure, secondo alcuni (cfr. U. Carnevali, Le donazioni, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, VI, Torino, 1997, 565; A. Torrente, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Milano, 2006, a cura di U. Carnevali e A. Mora, 317 ss.; B. Biondi, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. it., diretto da F. Vassalli, Torino, 1961, 713; P. Gallo, La donazione remuneratoria, in Tratt. dir. succ. e donaz., diretto da G. Bonilini, VI, Le donazioni, Milano, 2009, 418; M. Ermini, Tipologie donative, in Le successioni e le donazioni, in Diritto civile, diretto da N. Lipari e P. Rescigno, II, Milano, 2009, 429; G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2010, 384) può derivare dalla promessa del compimento da parte del beneficiario di un'azione futura favorevole verso il donante. In sostanza, con tale donazione il donante vuole sdebitarsi nei confronti del donatario. È esclusa, comunque, ogni idea di compenso. Si fa rientrare in questa tipologia di donazione anche la liberalità disposta nei confronti di chi abbia precedentemente aiutato il donante con una donazione, perché in questa fattispecie si rintraccia il medesimo spirito di gratitudine (presente di norma in questo tipo di donazione). Dubbia è, invece, la possibilità di ricomprendervi la donazione reciproca, perché la contemporaneità delle attribuzioni sembra far venir meno il sentimento di gratitudine che ne costituisce il motivo. La donazione in considerazione dei meriti del donatario
La seconda ipotesi di donazione remuneratoria è quella in considerazione dei meriti del donatario. Con questa donazione, il donante vuole premiare il beneficiario; egli è mosso da un sentimento di ammirazione o gratitudine per le qualità del donatario o per la particolare attività da lui svolta in favore della collettività, come nel caso della donazione a favore di chi abbia fatto una importante scoperta scientifica o di singoli individui o, ancora, come nel caso della donazione dal padre al figlio per una particolare attività da quest'ultimo svolta. Il movente dell'attribuzione si differenzia da quello delle altre due tipologie di donazione remuneratoria, perché rimanda ad una valutazione di tipo oggettivo, mentre nelle altre il movente è eminentemente soggettivo. È importante evidenziare che i meriti in questione non devono aver arrecato un vantaggio diretto al donante, altrimenti si ricadrebbe nella donazione per riconoscenza o per speciale remunerazione. La donazione per speciale remunerazione
La terza ipotesi di donazione remuneratoria è quella per speciale remunerazione con cui il donante intende ricompensare il donatario per uno specifico servizio – già ricevuto o, per alcuni, anche soltanto spontaneamente promesso – che si ritiene quantificabile dal punto di vista patrimoniale, ma senza che il compenso assurga a corrispettivo. L'espressione “speciale remunerazione” indicherebbe, secondo alcuni (cfr. F. Maroi, Delle donazioni, Torino, 1936, 75 ss.), la necessità di una sproporzione tra servizio ricevuto e attribuzione patrimoniale che, quindi, verrebbe effettuata con animo liberale. La sproporzione è, invero, una mera eventualità se si tiene conto del fatto che il n. 3 dell'art. 797 c.c.dispone che la garanzia per evizione sia dovuta solo fino a concorrenza dell'ammontare degli oneri o delle prestazioni ricevute dal donante. Questa disposizione dimostra che può trattarsi tanto di un servizio inestimabile quanto di un servizio suscettibile di valutazione economica. Per la maggior parte degli interpreti (cfr. A. Cicu, Donazione remuneratoria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, 1246; B. Biondi, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. it., diretto da F. Vassalli, Torino, 1961, 725; A. Torrente, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Giuffrè, 2006, a cura di U. Carnevali e A. Mora, 310 ss.; P. Gallo, La donazione remuneratoria, in Tratt. dir. succ. e donaz., diretto da G. Bonilini, VI, Le donazioni, Giuffrè, 2009, 411 ss.) la specialità della remunerazione consisterebbe nel carattere spontaneo dell'attribuzione che, come detto, non deve essere effettuata quale corrispettivo nè dovuta per legge o eseguita in adempimento di un dovere morale o sociale o fatta in conformità agli usi. Il servizio a seguito del quale viene effettuata la donazione può essere stato svolto gratuitamente oppure onerosamente, e, in tale ultimo caso, la donazione, in aggiunta alla normale retribuzione, attribuirebbe un quid pluris al beneficiario. La distinzione tra donazione remuneratoria e adempimento di obbligazione naturale rileva in generale la differente disciplina che caratterizza i due istituti e, in particolare, per la forma solenne che deve rivestire la donazione remuneratoria. Le obbligazioni naturali sono disciplinate nell'art. 2034 c.c. che ne distingue due categorie. All'art. 2034, comma 1, c.c., con disposizione ampia, si fa riferimento ad una prestazione spontanea eseguita per adempiere ad un dovere morale (o di coscienza) o sociale. Alla luce della formulazione generica del primo comma, l'accertamento da compiersi è duplice: da un lato, occorre accertare se, in rapporto alla valutazione corrente nella società, sussista un dovere morale o sociale che giustifichi l'esecuzione della prestazione; dall'altro lato, occorre accertare se, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, questo dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità e adeguatezza, (Cass., sez. II, 30 settembre 2016, n. 19578). All'art. 2034, comma 2, c.c., si fa riferimento a fattispecie tipiche di obbligazioni naturali ossia ad atti moralmente e socialmente leciti, espressamente contemplati dalla legge, che non assurgono a vincoli giuridici e sono sforniti di azione, quali l'adempimento della disposizione fiduciaria, il pagamento del debito di gioco (art. 1933 c.c.) e del debito prescritto. La dottrina ha discusso su quale sia il criterio di distinzione tra i due istituti. Alcuni (cfr. B. Biondi, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. it., diretto da F. Vassalli, Torino, 1961, 744 ss.) lo hanno individuato nel diverso animus del disponente, nel senso che ci sarebbe donazione se si manifesta un animus donandi, mentre chi adempie una obbligazione naturale è mosso da un animus solvendi. Altri (cfr. L. Gardani Contursi-Lisi, Delle donazioni. Art. 769-809, in Comm. cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1976, 83 ss.; U. Carnevali, Le donazioni, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, VI, Torino, 1997, 491) hanno ritenuto che la distinzione sia nel diverso contenuto specifico del dovere che nella donazione remuneratoria sarebbe meno intenso rispetto a quello che la coscienza sociale avverte nei confronti di altri doveri morali e sociali, la cui intensità sopprimerebbe l'animus donandi e qualificherebbe l'atto quale obbligazione naturale; inoltre nella donazione remuneratoria vi sarebbe una riconoscenza dal carattere spiccatamente individuale, diversamente dagli obblighi sociali e morali che si caratterizzano per la loro diffusione nella collettività. In sostanza, il rapporto tra art. 2034 c.c. e art. 770 c.c. configurerebbe un rapporto di genere a specie, tanto che se l'art. 770 c.c. venisse abrogato, l'ambito applicativo dell'art. 2034 c.c. si espanderebbe sino ad includere le ipotesi previste dalla prima norma. Altri ancora hanno sostenuto che, poichè anche attraverso l'obbligazione naturale potrebbe adempiersi ad un obbligo morale, “la ragione pratica del ricorso alla donazione rimuneratoria è quella di rendere indiscutibile e incontestabile nel tempo l'attribuzione per gratitudine” (cfr. A. Palazzo, Le donazioni, in Cod. civ. comm., diretto da Schlesinger, Milano, 1991, 60). Nel comma 2 dell'art. 770 c.c., il legislatore ha disciplinato, invece, le c.d. liberalità d'uso. Diversamente da quelle del comma 1, queste liberalità sono state espressamente escluse dal novero delle donazioni e, pertanto, non richiedono la forma dell'atto pubblico. Le liberalità d'uso trovano fondamento, appunto, negli usi invalsi a seguito dell'osservanza di un certo comportamento tenuto nel tempo in occasione di festività, ricorrenze celebrative, le quali inducono a elargizioni a causa dei legami esistenti tra le parti (v. Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2016, n. 18280; App. Cagliari, sez. I, 17 settembre 2020, n. 465). La giurisprudenza sottolinea, ormai costantemente, che questi legami devono essere vagliati, sotto il profilo della proporzionalità, in base alla posizione sociale delle parti e alle condizioni economiche dell'autore dell'atto (v. Cass. civ., sez. II, 12 giugno 2018, n. 15334), lasciando intendere che il bene donato potrebbe essere anche di rilevante valore; che debba esservi una certa equivalenza economica fra il valore delle cose donate e quello dei servizi ricevuti dal disponente (v. Cass. civ., sez. II, 1 febbraio 1992, n. 1077; App. Reggio Calabria, 2 luglio 1990). Probabilmente l'attribuzione trova fondamento in una sorta di doverosità morale e sociale, perché, pur in assenza di un obbligo (non coercibile perché non giuridico), essa non è del tutto libera e spontanea, mentre la causa dell'attribuzione stessa non è quella di arricchire il donatario, ma di agire secondo il costume corrente (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1975, n. 1218). In dottrina, si è sostenuto che la remunerazione nella liberalità d'uso è solo occasionale (cfr. B. Biondi, voce Donazione (diritto civile), in Noviss. Dig. it., vol. VI, Torino, 1960, 248) e, in giurisprudenza, si è affermato che è l'elemento soggettivo del movente dell'attribuzione patrimoniale gratuita quello a cui far riferimento per distinguerla dalla donazione remuneratoria (v. Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 1992, n. 324; App. Torino, sez. II, 22 aprile 2020, n. 381). Le norme sulle donazioni non trovano tutte applicazione alla donazione remuneratoria . Si applica l'art. 805 c.c., cosicchè la donazione remuneratoria è irrevocabile, sia per causa di ingratitudine sia per sopravvenienza di figli La deroga alla disciplina ordinaria della revocabilità dell'attribuzione donativa viene spiegata, evidenziando il diverso atteggiarsi della volontà del donante in queste donazioni - egli è spinto da un intento non meramente liberale – rispetto a quelle c.d. pure nelle quali, al contrario, il movente liberale non è qualificato dalla presenza dell'intenzione remuneratoria (cfr. L. Gardani Contursi Lisi, Presenza del motivo e volontà di donare nella donazione: brevi riflessioni, in Giur. it., 2005, 1; A. Palazzo, I singoli contratti. Atti gratuiti e donazioni, in Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, 2000, 148 ss.). Si applica l'art. 793 c.c. Perciò, alla donazione remuneratoria può inerire un onere, dato che il fine remuneratorio non altera la natura dell'atto, che rimane una donazione, in quanto compiuto nullo iure cogente; a sua volta il modus non incide sulla natura del negozio cui accede né scinde l'unità della prestazione liberale, poiché esso assolve la funzione di limite della liberalità. Si applicano l'obbligo di collazione e di imputazione e la disciplina della riduzione in caso di lesione della legittima (Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2002, n.14981; Cass. civ., sez. II, 24 luglio 2008, n. 20387). La donazione remuneratoria rientra tra gli atti che, in quanto a titolo gratuito, sono inefficaci nei confronti dei creditori ai fini dell'azione revocatoria (art. 64, l. fall.). Non si applica l'art. 437 c.c. per cui è escluso l'obbligo alimentare del donatario verso il donante, mentre l'applicazione dell'art. 797, n. 3 c.c. comporta una limitata responsabilità del donante per il caso di evizione. In dottrina si è osservato che le deroghe in parola dovrebbero valere solo per la donazione rimuneratoria in senso proprio, a motivo della sua funzione — appunto — rimuneratoria, “mentre difficilmente si saprebbero giustificare per la donazione per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario” (cfr. Biondi, voce Donazione (diritto civile), cit.). Per quanto concerne le liberalità d'uso, è espressamente esclusa dal legislatore l'applicazione: a) delle norme sulla revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli; b) di quelle sulla riduzione delle donazioni (art. 809, comma 2, c.c.); c) della collazione (art. 742, comma 3, c.c.); d) dell'obbligo di imputazione ex se (art. 564, comma 5, c.c.); e) della revocatoria fallimentare di cui all'art. 64 l. fall.. Si ritengono non estensibili a queste liberalità gli artt. 774, 775, 776, 777, 778, 782 c.c.; al contrario, si ritengono applicabili, in via di interpretazione estensiva, le disposizioni sull'esenzione del donante da responsabilità per evizione e per vizi della cosa donata (artt. 797 c.c. e 798 c.c.) e sulla limitazione di responsabilità per inadempimento (art. 789 c.c.). Aspetti fiscali
Occorre fare riferimento all'art. 1, comma 4, d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 che, nel disciplinare l'ambito applicativo dell'imposta sulle successioni e donazioni, ne esclude l'applicazione per i casi di donazione o liberalità di cui agli artt. 742 e 783 c.c., ovvero rispettivamente per le spese non soggette a collazione e le donazioni di modico valore. A causa dell'espresso richiamo contenuto nello stesso art. 742 c.c., non sono soggette ad imposta le liberalità d'uso di cui all'art. 770, comma 2, c.c., mentre lo sono le donazioni remuneratorie di cui all'art. 770, comma 1, c.c.. La base imponibile sulla quale applicare l'imposta sulle donazioni è costituita dal valore globale dei beni trasferiti al singolo beneficiario attraverso la donazione. Ai sensi dell'art. 2, comma 49, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dalla l. 24 novembre 2006, n. 286, le aliquote previste dal decreto stesso si applicano al valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall'art. 58, comma 1, del citato testo unico di cui al d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o diritti attribuiti: a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento; a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 6 per cento; b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento; c) a favore di altri soggetti: 8 per cento. Se il beneficiario dei trasferimenti di cui all'art. 2, comma 49, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 è una persona portatrice di handicap riconosciuto grave ai sensi della l. 5 febbraio 1992, n. 104, l'imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l'ammontare di 1.500.000 euro (art. 2, comma 49-bis, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262). Casistica
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