I limiti all’esercizio dell’azione revocatoria rispetto agli accordi di cessione di immobili in sede di separazione
09 Gennaio 2025
Massima È revocabile il trasferimento di un immobile, effettuato da un coniuge a favore dell'altro in ottemperanza a patti assunti in sede di separazione consensuale, in presenza dei presupposti ex art. 2901 c.c. L'accordo separativo, in tal caso, costituisce esso stesso parte dell'operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l'applicazione dell'art. 2901, comma 3, c.c. La domanda di revoca del contratto di trasferimento sottopone alla cognizione del giudice anche l'esame degli accordi preliminari stipulati in sede di separazione, che abbiano dato causa al trasferimento, senza necessità che sia proposta specifica impugnazione contro gli stessi, sempre che siano stati dedotti in giudizio i presupposti di diritto e di fatto rilevanti ai fini della decisione. La valutazione relativa alla sussistenza dei requisiti per la revoca ai sensi dell'art. 2901 c.c. va compiuta con riferimento sia ai preliminari accordi di separazione, sia al contratto definitivo di trasferimento immobiliare. Il caso La vicenda trae origine da un'iniziativa giudiziaria promossa dalla società ITALFONDIARIO Spa, nella qualità di mandataria della società Intesa Sanpaolo Spa, a sua volta creditrice di Ca.Ro., quest'ultimo nella qualità di garante della società Global Systems Services Coop. Soc. a r.l. e, sopratutto, per quanto rileva ai fini dell'analisi e commento della sentenza, coniuge, in regime di separazione personale, di Lo.An., anch'essa convenuta insieme al marito dinanzi al Tribunale di Roma. Materia del contendere ed oggetto del relativo giudizio, un atto pubblico mediante il quale, in esecuzione degli accordi di separazione omologati dal Tribunale, il Ca.Ro. aveva trasferito alla moglie, a titolo gratuito e e nell'inadempimento delle obbligazioni contratte in sede di separazione, la proprietà della quota parte del 50% indivisa di un villino sito in Roma. L'immobile era di un certo pregio e valore secondo quanto emerge dai dettagli della vicenda processuale che includono la presenza di un posto auto e di un seminterrato. Inizialmente la domanda ex art. 2901 c.c. veniva rigettata con sentenza n. 9659 del 6 maggio 2018. Le cose cambiavano in Corte d'Appello ove, con la sentenza n. 1530/2022, veniva sostanzialmente ribaltata la precedente pronuncia del Tribunale, e risultava riconosciuta la pretesa di Italfondiaro Spa nel frattempo divenuta cessionaria del credito oggetto del procedimento. Veniva così dichiarata l'inefficacia dell'atto di trasferimento al 50% dell'immobile sito in Roma nei confronti della società Ricorrente. Seguiva un ricorso in Cassazione, rispetto al quale avevano evidentemente interesse e legittimazione ad agire entrambi i coniugi, i quali infatti adivano il Supremo Collegio di legittimità con ricorso, secondo l'ordine di notifica, principale per la moglie ed incidentale per il marito. Affidato ad un unico motivo attinente all'omessa o insufficiente motivazione, il ricorso principale; riferito alla non corretta valutazione delle capacità economiche (evidentemente quelle residue rispetto alla cessione) il ricorso incidentale. Quest'ultimo risultava focalizzato sul momento del trasferimento della quota parte di immobile, ritenendo che si sarebbe dovuto escludere il profilo dell'eventus damni, a giudizio del ricorrente in base alle prove dedotte in giudizio e non correttamente valutate dal Giudicante. La corte di Cassazione respinge il ricorso confermando la pronuncia della Corte d'Appello di Roma. La questione L'accordo in relazione all'adempimento dell'obbligo di mantenimento in sede di separazione nonché alle modalità di assolvimento dell'obbligo sono soggetti a normativa inderogabile la quale, ad esempio, impedisce che l'intera materia possa essere fatta oggetto di un'intesa previa rispetto all'apertura del procedimento di separazione. Gli accordi invece consentiti dalla legge si prestano comunque ad entrare in conflitto con l'interesse di creditori dei coniugi i quali potrebbero subire i riflessi della diminuzione della garanzia patrimoniale del proprio credito, risultando in tal modo fondato il legittimo interesse ad agire in revocatoria per il ripristino della garanzia stessa nella sua integrale consistenza precedente all'accoro di separazione. Trattandosi di accordi espressione dell'autonomia privata ex art. 1322 c.c. nonché recepiti nel provvedimento con il quale il Giudice ha regolato la separazione, si pone la questione della loro revocabilità, sempre da parte del Giudice e su istanza del creditore. Le soluzioni giuridiche La pronuncia in commento offre soluzioni a più livelli, tanti quanti sono quelli ai quali la questione descritta si pone. Anzitutto occorre partire dal fatto che la separazione ha, come detto, un contenuto necessario ed imprescindibile, poiché la normativa che regola i conflitti che in coniugi intendono comporre mediante la separazione personale ha carattere, come ricordato, inderogabile, motivo per cui non esiste possibilità di deviare dallo schema e dal contenuto minimo che la legge predispone per la separazione. I coniugi, del resto, sono anche i primi a sperimentare le conseguenze di una riduzione della propria capacità economica in conseguenza della dissoluzione della famiglia fondata sul matrimonio. È noto infatti che, secondo la logica riconducibile alla c.d. economia di scala, i costi delle medesime esigenze di vita, quando non siano condivise, aumentano. Di riflesso anche i soggetti terzi alla coppia, i quali abbiano con i componenti di essa un rapporto economico, subiranno le conseguenze della ridotta capacità di spesa e della contrazione della garanzia del credito ex art. 2740 c.c. La soluzione offerta dalla Cassazione, peraltro a seguito di due giudizi in contrasto tra le Corti di merito interessate dal caso, opera una puntuale dislocazione degli argomenti rilevanti in tema di efficacia degli accordi economici tra coniugi separati. Intanto occorre fare chiarezza sul profilo dell'eventus damni che richiede di essere valutato nella sua consistenza oggettiva ossia verificando se l'atto di disposizione patrimoniale abbia effettivamente pregiudicato le ragioni del creditore. Nel nostro caso, che può essere anche considerato in termini esemplificativi, precisa il Supremo Collegio che «le allegazioni sulla persistenza della capacità patrimoniale del Ca.Ro. non risultano dimostrate ma, piuttosto, contraddette proprio dalle condizioni previste in sede di separazione dalle quali emerge che costui ha mantenuto per il proprio sostentamento l'importo mensile di 1.000,00 Euro con il quale dovrà provvedere, oltretutto, anche al 50% delle spese straordinarie dei due figli che lo stesso ha indicato in Euro 15.000,00 annui. Sicché risulta palese l'insufficienza del suo reddito a garantire l'adempimento dell'obbligazione contratta nei confronti dell'odierna appellante». La contrazione del patrimonio può quindi avere inevitabili riflessi sui creditori della coppia coniugale, in particolare, in presenza dei presupposti di applicazione del terzo comma dell'art. 2901 c.c. in tema di azione revocatoria ove tuttavia esiste un'eccezione alla revoca prevista al comma terzo in base al quale «non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto». Nel caso di specie siamo nell'ambito di un atto a titolo gratuito, e risulta pertanto irrilevante che il terzo (la moglie «fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione» [cfr. art. 2901, comma 1, punto 01, c.c.] ed è invece rilevante il fatto che il debitore, ossia il marito, «conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento» [cfr. art. 2901, comma 1, punto 02, c.c.]. Stante la condizione patrimoniale accertata, non poteva escludersi la consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio del suo atto alle ragioni del creditore. Resta allora da stabilire se detto atto sia revocabile quando costituisca parte degli accordi omologati in sede di separazione. Su questo la Cassazione fa riferimento ad un percorso uniforme della giurisprudenza secondo la quale «è suscettibile di revoca ai sensi dell'art. 2901 c.c. il contratto con cui un coniuge trasferisca all'altro un immobile, al dichiarato fine di dare esecuzione agli obblighi assunti in sede di separazione consensuale omologata». Sotto il profilo processuale rilevano due puntualizzazioni: da un lato «la domanda di revoca del contratto di trasferimento sottopone alla cognizione del giudice anche l'esame degli accordi preliminari stipulati in sede di separazione, che abbiano dato causa al trasferimento, senza necessità che sia proposta specifica impugnazione contro gli stessi, sempre che siano stati dedotti in giudizio i presupposti di diritto e di fatto rilevanti ai fini della decisione», dall'altro «la valutazione relativa alla sussistenza dei requisiti per la revoca ai sensi dell'art. 2901 c.c. va compiuta con riferimento sia ai preliminari accordi di separazione, sia al contratto definitivo di trasferimento immobiliare». Riepilogando: ove il pregiudizio alle ragioni del creditore derivi dall'atto di trasferimento, laddove sia dedotto che questo costituisce l'effetto di accordi raggiunti in sede di separazione, anche questi saranno oggetto di esame da parte del Giudice del procedimento ex art. 2901 c.c. La ragione di questo risiede nel fatto che «il trasferimento di un immobile, effettuato da un coniuge a favore dell'altro in ottemperanza a patti assunti in sede di separazione consensuale, trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene dovuto solo in conseguenza di un impegno assunto in costanza dell'esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore» con la conseguenza che «l'accordo separativo, in tal caso, costituisce esso stesso parte dell'operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l'applicazione dell'art. 2901, comma 3, c.c." (Cass., 17612/2018; Cass., 1144/2015; Cass., 1404/2016; Cass., 13364/2015)». Le clausole degli accordi raggiunti in sede di separazione sono espressione «di libera autonomia contrattuale delle parti interessate (Cass., 2 dicembre 1991, n. 12897), dando vita, nella sostanza, a veri e propri contratti atipici, con particolari presupposti e finalità, non riconducibili né al paradigma delle convenzioni matrimoniali né a quello della donazione, ma diretti comunque a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c., dato che rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di "separazione consensuale" ed alla finalità di una sistemazione "solutorio-compensativa", comprensiva di tutta quell'ampia serie di possibili rapporti, anche del tutto frammentari, aventi significati, o eventualmente solo riflessi, patrimoniali maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale (Cass., 5741/2004; Cass., 11342/2004; Cass., n. 11914/2008; Cass., n. 15603/2005)». Per tutti questi motivi è certamente esperibile l'azione revocatoria, cosicché la Cassazione rigetta il ricorso. Osservazioni Qualche considerazione critica merita il principio di cui la Cassazione assevera l'applicazione. La Suprema Corte stabilisce che è azionabile la revoca ex art. 2901 c.c. quando «il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore risultino essere stati concretamente pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, obbligo di fonte legale, rientrante come tale nel c.d. contenuto necessario dell'accordo di separazione, dato che l'azione revocatoria non pone in discussione la sussistenza dell'obbligo in sé, quanto piuttosto le modalità di assolvimento del medesimo, quali stabilite dalle parti nell'ambito di un regolamento, per questo verso, di matrice spiccatamente "convenzionale" (Cass. 12 aprile 2006, n. 8516)». Lo sviluppo della motivazione, nitido sino a questo momento, appare più incerto in quest'ultima parte in cui sembra contrapporsi l'obbligo alle modalità del suo assolvimento, articolandosi logicamente relazione tra due elementi chiaramente disomogenei. Andiamo allora per ordine. Come sopra ricordato le disposizioni in ordine al mantenimento del coniuge debole e dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti sono espressione del contenuto necessario della separazione che si forma in applicazione di regole facenti capo a norme inderogabili. Detti accordi vengono omologati dal Giudice ad hanno forza di legge tra le Parti. A partire da questa considerazione si pone il tema della possibilità di un intervento su di essi mediante iniziative finalizzate a neutralizzarne gli effetti. Il riferimento alla «modalità di assolvimento» non si pone sul medesimo piano dell'obbligo, con il quale stabilisce una relazione che nella motivazione della sentenza appare più diretto di quanto non sia effettivamente. In altre parole, l'obbligo giuridico assunto in sede di separazione fa capo alla legge e ad un provvedimento del Giudice e non viene come tale messo in discussione; semmai quanto alle modalità concordate di adempimento occorrerà valutare se esse si caratterizzino per un intento elusivo dell'obbligo nei confronti del creditore esterno alla famiglia, circostanza che vale invece a fondare l'azione revocatoria. Le modalità esecutive sono anch'esse parte della componente necessaria della separazione e possono essere oggetto della revocatoria, non in quanto tali ma nella misura in cui esprimano l'intento di eludere volontariamente gli impegni assunti nel contesto dei rapporti obbligatori verso i terzi, quand'anche il fatto in di onorarli sia perfettamente compatibile con il mantenimento del coniuge o dei figli. |