Translatio iudicii: trasporto gratuito scolastico dell'alunno disabile e legittimità del rifiuto del comune in caso di morosità per tributi locali
16 Gennaio 2025
La sentenza offre una rilevante interpretazione in materia di translatio iudicii e affronta questioni fondamentali in materia di tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità. La mamma di un minore disabile si rivolgeva al giudice del lavoro per chiedere la condanna al pagamento dell'assegno mensile, che le era stato riconosciuto con determina di assegnazione del contributo, per usufruire del servizio di trasporto scolastico, che il Comune non aveva erogato per l'esistenza di un debito per imposte locali del papà. Il giudice del lavoro declinava la propria giurisdizione a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c) c.p.a., in quanto riconducibile alla materia del servizio pubblico di trasporto per il diritto all'istruzione scolastica e condannava il Comune al pagamento del contributo al trasporto scolastico del figlio disabile. Il ricorso veniva riassunto, con identica domanda, dinanzi al TAR Calabria che lo dichiarava inammissibile per genericità della domanda in quanto meramente trasposto dalla sede ordinaria a quella amministrativa senza impugnare alcun atto del procedimento amministrativo o costituire il silenzio inadempimento dell'amministrazione, limitandosi a chiedere la condanna del Comune al pagamento di una somma di denaro ricondotta all'azione di adempimento, e non già all'azione risarcitoria di cui all'art. 30 c.p.a. In primo luogo, il Collegio ha precisato che in tema di giurisdizione esclusiva l'azione di condanna può essere proposta in via autonoma, per cui sarebbe legittimo ritenere che la domanda proposta in riassunzione ha tutti i parametri di cui all'art. 30 c.p.a., essendo volta ad ottenere la somma di denaro a titolo di risarcimento per inadempimento violativo dell'impegno di spesa a cui l'amministrazione comunale si era esplicitamente vincolata. Sul punto, il Collegio ha chiarito che, per costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, in sede di translatio iudicii, l'atto che determina la prosecuzione del giudizio va diversamente regolato a seconda che sia proposto avanti a un giudice la cui giurisdizione abbia o meno le caratteristiche della giurisdizione declinata. Qualora si passi da un giudizio impugnatorio a un giudizio sul rapporto, l'atto di prosecuzione deve avere la forma di riproposizione della domanda, stante il necessario adattamento del petitum, mentre, quando il giudizio prosegua avanti a una giurisdizione che ha le medesime caratteristiche del giudice ad quem l'atto di prosecuzione assume la forma di un atto di riassunzione. In ogni caso, l'unicità del giudizio, dalla quale discende la salvezza degli effetti della domanda originaria, sussiste anche ove la domanda non sia riassunta, ma riproposta con le modifiche necessarie dalla diversità di rito e di potere delle due giurisdizioni di merito. Nel caso di specie il passaggio dalla giurisdizione ordinaria a quella amministrativa esclusiva non ha richiesto alla ricorrente un particolare adattamento, trattandosi di un'azione di condanna al pagamento di una somma di denaro, essendo evidente - sia dal petitum che dalla causa petendi - il bene della vita oggetto della richiesta di condanna, ed essendo indubbio che la ricorrente abbia reintrodotto in sede di giurisdizione esclusiva una domanda di condanna c.d. pura al pagamento di una somma di denaro. Il Collegio ha aggiunto che la situazione giuridica soggettiva in capo allo studente disabile è di diritto soggettivo fondamentale e ciò non contrasta con il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., trattandosi di servizio pubblico di trasporto locale a supporto del servizio di istruzione per gli alunni disabili o in situazione di svantaggio. Al riguardo, il Collegio ha dichiarato la fondatezza della domanda di condanna anche nel merito, perché le ragioni del Comune, che non hanno natura provvedimentale, per rifiutare il pagamento, attinenti al mancato pagamento di alcune imposte comunali da parte del papà, non possono precludere ex se il riconoscimento del contributo dell'allievo disabile, sostitutivo del servizio di trasporto gratuito che per legge gli spetta, rappresentandone l'equivalente monetario. Il nodo centrale della questione, evidenziato dal Collegio, è il doveroso bilanciamento tra i due valori in gioco, ossia i diritti fondamentali e le ragioni economiche del Comune, che esige che il Comune una volta riconosciuti, come nel caso di specie, i presupposti per l'assegno, eroghi la somma per consentire alla famiglia di poter garantire al minore disabile il trasporto scolastico. Il Collegio, discostandosi dall'orientamento che subordina l'esercizio dei diritti fondamentali alla disponibilità delle risorse finanziarie, ha affermato il principio per cui non è possibile eccepire in compensazione, a fronte di un credito vantato per l'esercizio di un diritto fondamentale, l'esistenza di un debito per cause estranee all'esercizio del diritto stesso. Infatti, il Collegio ha aderito alla giurisprudenza secondo cui uno Stato sociale di diritto deve assicurare le esigenze dei soggetti più bisognosi e, a parità di bisogno, di quelli meno abbienti, non potendo la teorica dei diritti fondamentali finanziariamente condizionati legittimare la mortificazione degli stessi senza una valida e superiore causa di giustificazione. Tale interpretazione trova fondamento nella gerarchia dei valori costituzionali e trova riscontro anche sul piano processuale nell'art. 55, comma 2, c.p.a., che esclude la subordinazione della tutela cautelare a cauzione quando la domanda attenga a diritti fondamentali della persona. Pertanto, ad avviso del Collegio, sulla base di un'interpretazione costituzionalmente orientata, nel caso di specie, l'esistenza di un debito per imposte comunali non può paralizzare l'esercizio del diritto fondamentale all'istruzione del disabile sancito nell'art. 38 Cost. Inoltre, il Collegio ha sottolineato che vertendosi in materia di esercizio dei diritti soggettivi fondamentali l'impugnazione di atti della pubblica amministrazione la domanda di condanna, ritualmente riassunta dall' appellante non è vincolata al termine di decadenza. Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, ha accolto il ricorso di primo grado e ha condannato il Comune a corrispondere il contributo economico. |