Inefficacia del contratto
12 Dicembre 2017
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
Gli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo – applicabili ai giudizi aventi ad oggetto le controversie di cui all'art. 119, comma 1, lett. a), cod. proc. amm. –, anche al fine di superare la querelle emersa in dottrina e in giurisprudenza, risolvono il problema del rapporto tra vizi dell'aggiudicazione e contratto, individuando una forma di inefficacia di fonte giudiziale a contenuto variabile. Il legislatore introduce un'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria, in presenza di vizi del procedimento ad evidenza pubblica, può dichiarare l'inefficacia del contratto precisando se la declaratoria sia limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo della sentenza ovvero operi in via retroattiva. Con le disposizioni citate, il legislatore ha disciplinato diversamente gli effetti dei vizi del procedimento sul contratto a seconda della gravità della violazione, in particolare: in caso di gravi violazioni (art. 121), ha previsto l'inefficacia del contratto, salvo che il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti; in caso di altre violazioni, ha previsto la valutazione discrezionale del giudice, da svolgersi in base ai criteri indicati all'art. 122 cod. proc. amm., sulla dichiarazione di inefficacia o sul mantenimento del contratto. L'introduzione di uno strumento flessibile e adattabile alle peculiarità del fatto costituisce, nella prospettiva legislativa, la preferibile tecnica per contemperare i contrapposti interessi della stabilità e certezza dei rapporti contrattuali nei quali è parte la pubblica amministrazione, da un lato, e della tutela effettiva e sostanziale del ricorrente vittorioso, dall'altro. Evoluzione normativa
Gli artt. 121 e 122 cod. proc. amm. riproducono il testo degli artt. 245-bis e ter del d.lgs. 2 maggio 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), introdotti dall'art. 9 del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, in vigore dal 27 aprile 2010, che ha recepito la direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007, modificativa delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, in attuazione della delega, conferita al Governo, di cui all'art. 44, comma 1, lettera f) e lettera h), della l. 7 luglio 2009, n. 88 – recante “disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee Legge comunitaria 2008” –, relativa al “miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici”. In particolare, in base ai considerando n. 13 e n. 14 della direttiva2007/66/CE, al fine di contrastare l'aggiudicazione di appalti mediante affidamenti illegittimi, occorre prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive; un contratto stipulato in seguito ad un'aggiudicazione illegittima dovrebbe essere considerato, in linea di principio, privo di effetti, con la precisazione che la carenza di effetti non dovrebbe essere automatica ma da accertarsi caso per caso da parte di un organo indipendente. La privazione di effetti viene descritta, dal legislatore comunitario, come il modo più sicuro per ripristinare la concorrenza e creare nuove opportunità commerciali per gli operatori economici che sono stati illegittimamente privati delle possibilità di competere. In base alle premesse precisate nei “considerando”, gli artt. 1 e 2 della direttiva 2007/66/CE hanno inserito gli artt. 2-bis ss. nel testo delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, i cui artt. 2-quinquies, rubricati “privazione di effetti”, prevedono che, in caso di gravi violazioni, gli Stati membri assicurano che il contratto sia considerato privo di effetti da un organo di ricorso indipendente dall'ente aggiudicatore o che la sua privazione di effetti sia conseguenza di una decisione di detto organo. I successivi artt. 2-sexies delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE – in seguito alle modifiche intervenute con la direttiva 2007/66/CE –, rubricati “violazioni della presente direttiva e sanzioni alternative”, attribuiscono, in caso di violazioni differenti da quelle gravi descritte ai precedenti artt. 2-quinquies, allo Stato membro la scelta sulla possibilità di privare di effetti il contratto stipulato ovvero di mantenerne l'efficacia, salve eventuali sanzioni alternative. La valutazione in questione può essere anche conferita a un organo di ricorso indipendente dall'amministrazione giudicatrice che assuma la relativa decisione dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti. La direttiva 2014/23/UE, agli artt. 46 e 47, inseriti nel Titolo VI, avente ad oggetto “modifiche delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE”, pur senza incidere sugli effetti dell'annullamento dell'aggiudicazione sul contratto medio tempore stipulato, ha apportato talune modifiche agli artt. 2 bis, ter, quater, quinquies, septies delle citate direttive. Il codice del processo amministrativo, contenuto nel d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, attuativo dell'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 694, ed entrato in vigore il 16 settembre 2010, alla cui disciplina rinviavano gli artt. 245-bis e 245-ter del d.lgs. n. 163 del 2006, contiene la vigente disciplina dell'inefficacia del contratto, ai citati artt. 121 e 122. Le disposizioni in esame potrebbero subire ulteriori modifiche in sede di attuazione dell'art. 1, lett. aaa), della legge delega per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Il d.lgs. n. 50 del 2016 non ha inciso, in maniera sostanziale, sulla struttura e sulla formulazione delle disposizioni in esame, salvo alcune indicazioni con riferimento alla tutela cautelare (par. 6) e alle conseguenze derivanti dalla dichiarazione di inefficacia del contratto (par. 7). La natura giuridica della dichiarazione di inefficacia del contratto
Prima dell'intervento legislativo, la giurisprudenza ha elaborato teorie diverse per chiarire il rapporto intercorrente fra l'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione e il contratto medio tempore stipulato, applicando le categorie civilistiche della nullità, dell'inefficacia, dell'annullamento. La nullità del contratto è stata sostenuta sul presupposto della natura imperativa e inderogabile delle norme di evidenza pubblica – art. 1418, comma 1, c.c. – ovvero per la mancanza del requisito essenziale dell'accordo previsto al n. 1 dell'art. 1325 c.c. – art. 1418, comma 2, c.c. – (TAR Campania, Napoli, Sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177, precisa che l'annullamento dell'aggiudicazione comporta il venir meno del consenso dell'amministrazione alla stipulazione). L'annullabilità del contratto è stata argomentata equiparando l'illegittimità dell'aggiudicazione a un vizio della capacità o della volontà della pubblica amministrazione (Cass. civ., Sez. I, 30 luglio 2002, n. 11247). Secondo un diverso orientamento, il nesso di presupposizione e di interdipendenza che lega la serie procedimentale a quella contrattuale e la possibilità di configurare l'aggiudicazione alla stregua di un presupposto di efficacia del contratto – che, in caso di annullamento dell'aggiudicazione, verrebbe meno – determinano l'inefficacia del contratto (Cons. St., Sez. VI, 5 maggio 2003, n. 2332), assoluta e automatica, per alcuni, ovvero relativa e discrezionale, per altri. Nel quadro dottrinale e giurisprudenziale descritto si inseriscono le norme dettate dal legislatore interno per regolare gli effetti dell'annullamento dell'aggiudicazione sul contratto stipulato, risolvendo la questione nel senso dell'inefficacia. La soluzione adottata dal diritto positivo non ha tuttavia risolto i dubbi di carattere sostanziale legati al rapporto tra il contratto e l'atto di evidenza pubblica che lo precede, tanto che permangono diversi orientamenti sull'individuazione del regime giuridico del contratto e, in particolare, sulla determinazione della disciplina dell'inefficacia del codice del processo amministrativo. A fronte di un orientamento diretto a ricondurre l'istituto nell'ambito della nullità civilistica, differenti ricostruzioni qualificano la dichiarazione di inefficacia come una pronuncia costitutiva riconducibile al genus delle risoluzioni di fonte giudiziale ovvero come un istituto giuridico autonomo non sussumibile nell'ambito di altre categorie civilistiche.
Il sindacato dell'autorità giudiziaria e i rapporti tra l'annullamento dell'aggiudicazione e l'inefficacia del contratto
Dopo l'entrata in vigore delle disposizioni di cui agli artt. 121 e 122 cod. proc. amm., in caso di annullamento giudiziale dell'aggiudicazione di una pubblica gara, spetta al giudice amministrativo il potere di decidere, anche nei casi di violazioni gravi, se mantenere o meno l'efficacia del contratto nel frattempo stipulato. Pertanto, l'inefficacia del contratto non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, che determina solo la costituzione del potere del giudice di valutare se il contratto, in base ai criteri posti dal legislatore, debba o meno continuare a produrre effetti (Cons. St., Sez. III, 17 ottobre 2017, n. 4797; Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1597; Cons. St., Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839). La pubblica amministrazione non può, quindi, autonomamente dichiarare l'inefficacia del contratto in seguito all'annullamento dell'aggiudicazione non essendo ipotizzabile che decida la sorte del contratto in assenza di una decisione giudiziaria (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 16 novembre 2016, n. 2216; Cons. St., Sez. V, 26 settembre 2013, n. 4752; Cass., Sez. un., 18 ottobre 2012, n. 17842). Sotto un differente profilo, la giurisprudenza ha evidenziato che la domanda avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia del contratto, senza una contestuale impugnazione dell'aggiudicazione, è inammissibile, in quanto l'autorità giudiziaria non può valutare l'efficacia del contratto in modo autonomo, a prescindere da un giudizio sui vizi della presupposta procedura ad evidenza (TAR Toscana, Firenze, 30 ottobre 2017, n. 1316; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 4 maggio 2012, n. 885, definitiva). Nel sistema delineato dal legislatore, lo strumento dell'inefficacia del contratto appare strettamente dipendente dall'annullamento dell'aggiudicazione con l'ulteriore conseguenza che, ove la sentenza appellata venisse riformata con riferimento al capo dell'annullamento dell'aggiudicazione, cadrebbe anche il capo da esso dipendente (Cons. St., Sez. III, 30 maggio 2011, n. 3243). Ne discende che, in base all'art. 124 cod. proc. amm., l'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto è condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto e la mancata proposizione della domanda di annullamento dell'aggiudicazione preclude il riconoscimento del danno in forma specifica e per equivalente pecuniario, in quanto la condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda volta a conseguire l'aggiudicazione deve essere valutata dal giudice ai sensi dell'articolo 1227 c.c. Il ricorrente che limita, quindi, la propria domanda al solo provvedimento che l'aveva escluso dalla gara senza impugnare il provvedimento di aggiudicazione medio tempore intervenuto, non ha diritto al risarcimento dei danni subiti (Cons. St., Sez. V, 20 settembre 2016, n. 3910).
Muovendo dalla necessaria istanza di parte al fine di ottenere la dichiarazione di inefficacia, secondo un orientamento, la relativa domanda deve essere formulata nello stesso giudizio di annullamento, con la conseguente necessaria simultaneità delle pronunce costitutive incidenti sull'aggiudicazione e sul contratto. Il diverso orientamento sarebbe incompatibile con la ratio acceleratoria del nuovo rito e consentirebbe la proposizione della domanda entro il termine ordinario di prescrizione. In questo senso, la giurisprudenza, nella fase di transito dal passaggio dal vecchio al nuove regime, ha evidenziato che nelle gare d'appalto, nell'ambito dei giudizi introdotti dopo la entrata in vigore del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, l'impresa ricorrente, in sede di impugnazione dell'atto di aggiudicazione, deve chiedere anche la pronunzia di inefficacia del contratto e di subentro nello stesso, mentre, nel caso in cui l'azione di annullamento sia stata introdotta precedentemente al d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, resta fermo il potere del giudice di accertare in sede di ottemperanza l'inefficacia del contratto, tenendo conto dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione e di subentrare nel rapporto (cfr.: Cons. St., Sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 5725; Id., Sez. V, 10 luglio 2012, n. 4067). Sul punto, si deve segnalare l'orientamento giurisprudenziale che consente la proposizione della domanda di subentro e di dichiarazione di inefficacia del contratto, per la prima volta, in sede di ottemperanza. Avendo il legislatore espressamente attribuito al giudice dell'ottemperanza la cognizione della pretesa a conseguire l'aggiudicazione dell'appalto in termini di risarcimento in forma specifica, non può dubitarsi che la cognizione dello stesso si estenda, in tal caso, anche all'accertamento costitutivo della relativa condizione, data dall'inefficacia del contratto a séguito dell'annullamento dell'aggiudicazione, disposto nella precedente fase di cognizione. La tutela risarcitoria in forma specifica si realizza con la domanda di caducazione del contratto d'appalto concluso in attuazione della gara svoltasi con procedura illegittima, trattandosi di condizione logica e necessaria al fine della soddisfazione dell'interesse del ricorrente (in questo senso: Cons. St., Sez. V, 26 settembre 2013, n. 4752; Id., Sez. III, 19 dicembre 2011, n. 6638; si veda anche TAR Calabria, Reggio Calabria, 30 novembre 2015, n. 1204, definitiva).
La sentenza con la quale viene disposta l'inefficacia del contratto ha un contenuto variabile e flessibile. L'inefficacia del contratto può dal giudice essere temporalmente delimitata con decorrenza dalla data del dispositivo, in via retroattiva (art. 121, comma 1, cod. proc. amm.) o con decorrenza da una data anche successiva al dispositivo (come sembra potersi argomentare dal disposto dell'art. 122 cod. proc. amm. e, in particolare, dalla proposizione «stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza»). Muovendo dalla nozione di inefficacia quale valutazione di interessi, l'istituto è stato inteso come espressione di un conflitto di interessi finalizzati, gli uni, alla realizzazione della piena efficacia del contratto e, gli altri, all'esclusione degli stessi. La valutazione e il contemperamento tra i suddetti interessi sono rimessi all'autorità giudiziaria la quale deve valutarne la prevalenza sulla base dei criteri predisposti dal legislatore. Ferme le esigenze di carattere sistematico e la natura, in senso lato, patologica o rimediale dell'istituto, nella determinazione della nozione e del contenuto dell'inefficacia del contratto non può che farsi riferimento al diritto positivo. Nel caso di specie, i criteri e i parametri mediante i quali valutare l'inefficacia del contratto e la sua estensione sono, genericamente, indicati dal legislatore e la relativa valutazione è rimessa all'autorità giudiziaria, la quale appare vincolata all'osservanza degli stessi. I casi possibili di declaratoria di inefficacia del contratto di appalto sono tassativi, essendo esclusivamente quelli previsti dagli artt. 121 e 122 cod. proc. amm., con riferimento rispettivamente all'inefficacia discendente da gravi violazioni e ad altri casi accertabili dal giudice; al di fuori di tali ipotesi è pertanto precluso all'autorità giudiziaria dichiarare l'inefficacia del contratto (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 16 novembre 2016, n. 2216). Con lo stabilire che il giudice è tenuto a dichiarare l'inefficacia del contratto, salvo che nel processo non venga acclarato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti, la norma attribuisce all'autorità giudiziaria il potere di fissare la decorrenza temporale dell'inefficacia del contratto: il contratto sarà di regola dichiarato inefficace ex tunc, ma è salva la facoltà del giudice di stabilire che l'inefficacia sia limitata alle prestazioni ancora da eseguire o, addirittura, che gli effetti del contratto siano conservati, con applicazione, in entrambi i casi, delle sanzioni alternative previste dall'art. 123 cod. proc. amm. La comminazione delle sanzioni alternative ha lo scopo di dissuadere la stazione appaltante dalla tentazione di assumersi dolosamente il rischio di condurre in modo illegittimo il procedimento di scelta del contraente, vanificando la speranza che il contratto possa comunque rimanere produttivo di effetti nonostante l'illegittimità riscontrata. Il legislatore ha rimesso alla cognizione del giudice amministrativo la determinazione della decorrenza dell'inefficacia del contratto, indicando, quali criteri per la decisione, parametri non particolarmente stringenti. Sotto il profilo processuale, l'attribuzione al giudice del compito di verificare la sussistenza e la consistenza di questi presupposti comporta una dilatazione degli oneri deduttivi che le parti devono sostenere nei rispettivi atti difensivi, in quanto esse dovranno allegare al giudice amministrativo circostanze, accertabili nel corso dell'eventuale istruttoria, che possano orientare il suo convincimento nel senso della soluzione che ogni soggetto processuale ritenga più funzionale al proprio interesse. (Segue). I presupposti per la dichiarazione di inefficacia del contratto: criteri e strumenti di valutazione dell'inefficacia nelle ipotesi previste dall'art. 121 cod. proc. amm.
L'art. 121, comma 1, cod. proc. amm. indica, nelle lettere da a) a d), le violazioni gravi del procedimento amministrativo al verificarsi delle quali il giudice è tenuto ad annullare l'aggiudicazione e a dichiarare l'inefficacia del contratto. Le gravi violazioni possono essere raccolte in due categorie: omessa pubblicità del bando o dell'avviso mediante il quale è indetta una gara (lett. a), b)); mancato rispetto del termine di stand still o del termine sospensivo in pendenza di processo (lett. c), d)).
Il secondo comma dell'art. 121 cod. proc. amm. introduce una deroga alla norma di cui al primo comma, escludendo l'inefficacia del contratto qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale imponga che i suoi effetti vengano mantenuti. La disposizione si premura anche di indicare, in via esemplificativa, alcune esigenze imperative, citando quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore attuale. L'interesse generale che impone il mantenimento del contratto per esigenze imperative è da intendersi come quello dell'intera collettività in funzione della realizzazione dell'opera pubblica. Un tale interesse non appare, pertanto, sussistente nell'ipotesi in cui il contratto non sia stato ancora stipulato e il servizio sia reso in regime di proroga dal precedente affidatario (Tar Sicilia, Catania, ord., 10 febbraio 2017, n. 114, definitiva). Rientrano tra le esigenze imperative quelle connesse alla celere bonifica ambientale e al ripristino dello stato dei luoghi (Tar Campania, Napoli, 10 giugno 2016 n. 2976, parzialmente riformata). Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono invece esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto. Rientrano tra gli interessi economici anche i costi economici di un precedente appalto (Tar Lazio, Roma, ord., 20 gennaio 2017, n. 313, definitiva) o la perdita di un finanziamento (Trib. reg. giust. amm, 17 giugno 2016, n. 177, il quale precisa che potrebbe invece integrare le esigenze imperative lo stato di dissesto dell'amministrazione). In ogni caso spetta al giudice amministrativo stabilire se l'inefficacia debba essere limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o se debba operare in via retroattiva, valutando la gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto. In caso di pericolo per l'incolumità pubblica, il legislatore, con una sorta di interpretazione autentica, ha imposto, con l'art. 9 comma 1 e comma 2 sexies del d.l. n 133 del 2014, convertito in l. n. 164 del 2014, limiti alla tutela cautelare e alla caducazione del contratto nella materia degli appalti pubblici. Qualora non venga dichiarata in tutto o in parte l'inefficacia del contratto, devono essere applicate le sanzioni alternative previste dal successivo art. 123 cod. proc. amm. L'inefficacia del contratto, nelle ipotesi previste dalle lett. a, b, dell'art. 121, comma 1, cod. proc. amm., non trova applicazione qualora la stazione appaltante abbia seguito una procedura di trasparenza, prevista dall'art. 121, comma 5, cod. proc. amm., il cui elemento centrale è rappresentato dall'avviso volontario di trasparenza preventiva. In particolare, la disposizione citata richiede che la stazione appaltante abbia, prima della stipulazione del contratto, seguito una procedura che si articola in varie fasi: la pubblica amministrazione abbia, con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento, dichiarato di ritenere che la procedura senza pubblicazione del bando o avviso sia consentita dal codice dei contratti pubblici; abbia pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, a seconda della rilevanza comunitaria o meno del contratto, un avviso volontario per la trasparenza preventiva, con cui manifesta l'intenzione di concludere il contratto; il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso volontario per la trasparenza preventiva. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha precisato che l'art. 2-quinquies, paragrafo 4, della direttiva 89/665/CEE – come modificata dalla direttiva 2007/66/CE – del quale costituisce applicazione l'art. 121, comma 5, cod. proc. amm., deve essere interpretato nel senso che, qualora un appalto pubblico sia aggiudicato senza previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, in violazione della direttiva 2004/18/CE, deve escludersi che il corrispondente contratto sia dichiarato privo di effetti laddove ricorrano le condizioni poste dalla medesima disposizione (CGUE, 11 settembre 2014, C -19/13). Ne deriva che l'osservanza della procedura di avviso volontario per la trasparenza preventiva, non solo preclude la dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi dell'art. 121, comma 1, lett. a), b), cod. proc. amm., ma non consente di dichiarare l'inefficacia del contratto neanche nelle ipotesi previste dall'art. 122 cod. proc. amm. (Cons. St., Sez. III, 4 febbraio 2015, n. 540). Il nuovo codice dei contratti pubblici non ha riprodotto la disciplina dell'avviso volontario per la trasparenza preventiva. (Segue). Criteri e strumenti di valutazione dell'inefficacia nelle ipotesi previste dall'art. 122 cod. proc. amm.
Nelle ipotesi in cui siano ravvisabili violazioni del procedimento di aggiudicazione, diverse da quelle elencate all'art. 121 cod. proc. amm., l'art. 122 cod. proc. amm.. introduce una forma di inefficacia facoltativa o discrezionale del contratto, dovendo il giudice valutare, caso per caso, se conservarne l'efficacia – accordando la sola tutela risarcitoria per equivalente – o meno. La disposizione elenca i criteri e i parametri in base ai quali l'autorità giudiziaria dovrà valutare la scelta in senso conservativo ovvero privativo dell'efficacia del contratto, indicando in particolare: il tipo di vizio riscontrato che sia tale da consentire, oltre all'annullamento dell'aggiudicazione, anche l'aggiudicazione in favore del ricorrente, senza necessità di rinnovo della gara; lo stato di esecuzione del contratto e l'interesse reciproco delle parti; l'avvenuta presentazione di una domanda di subentro nel contratto; la buona fede del terzo contraente. Riassumendo, qualora il contenzioso abbia ad oggetto violazioni gravi, la decisione dell'autorità giudiziaria di preservare gli effetti del contratto deve rispondere alla valutazione dell'esistenza di esigenze imperative connesse all'interesse generale, mentre in presenza di violazioni residuali, il sindacato deve essere condotto tenendo conto degli interessi delle parti e dell'effettiva possibilità per il ricorrente di subentrare nel contratto (si veda, a titolo esemplificativo, Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1597, che fa riferimento alla natura dei vizi riscontrati, alla durata dell'affidamento del servizio e ai tempi necessari per lo svolgimento di una nuova gara e per l'individuazione di un nuovo gestore; Cons. St., Sez. V, 6 aprile 2017, n. 1608). L'inefficacia del contratto, anche nei casi previsti dall'art. 122 cod. proc. amm., non è la conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, la quale determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba continuare o meno a produrre effetti, con la conseguenza che la privazione degli effetti del contratto, una volta annullata l'aggiudicazione, deve formare oggetto di una espressa pronuncia giurisdizionale, adottata sul presupposto di una richiesta di parte, in applicazione del principio della domanda. L'inefficacia del contratto così come il subentro del concorrente possono essere dichiarati ex nunc o ex tunc; pertanto è senz'altro possibile dichiarare il subentro nel contratto con decorrenza dalla data della pubblicazione della sentenza. Per quanto concerne la portata del subentro nel contratto, esso deve operare in relazione alle condizioni del contratto originario dichiarato inefficace, poiché è quel rapporto negoziale che la norma intende preservare, in alternativa alla conservazione dell'efficacia del contratto, con contestuale risarcimento dei danni dell'impresa illegittimamente pretermessa. Secondo la giurisprudenza amministrativa le statuizioni rese in primo grado dal TAR, ai sensi dell'art. 122 cod. proc. amm., possono essere censurate in grado di appello solo laddove eccedano i limiti della ragionevolezza e della congruità valutativa (Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1597; Cons. St., Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839). La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2017, n. 7295) ha sottolineato, con orientamento costante, che il potere attribuito al giudice amministrativo dall'art. 122 cod. proc. amm. di dichiarare l'inefficacia del contratto non integra un'ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale per attività riservata alla pubblica amministrazione, anche perché a tale potere non corrisponde analoga figura di provvedimento amministrativo di uguale contenuto, sicché difetta, sotto il profilo formale, l'oggetto della pretesa usurpazione. Mentre con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 121 cod. proc. amm. sembrano permanere diversi orientamenti sulla necessità di un'istanza di parte o sulla possibilità per l'autorità giudiziaria di dichiarare d'ufficio l'inefficacia del contratto, con riferimento alle ipotesi disciplinate nell'art. 122 cod. proc. amm., la giurisprudenza sembra in prevalenza orientata nel senso della necessità di apposita istanza di parte. In questo senso, si osserva (Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2017, n. 4812; Cons. St., Sez. V,17 ottobre 2016, n. 4272) che la declaratoria giudiziale di inefficacia del contratto costituisce una mera eventualità, il cui verificarsi è subordinato all'espressa domanda del ricorrente. In ogni caso la mancata proposizione di una tale domanda può rilevare solo in termini di valutazione circa la risarcibilità del danno subìto per effetto dell'illegittima aggiudicazione a soggetto diverso, ma non in termini di improcedibilità della domanda di annullamento degli atti della procedura a evidenza pubblica (in senso contrario e, quindi, nel senso della dichiarabilità d'ufficio dell'inefficacia del contratto cfr. Cons. St., Sez. V, 24 maggio 2017, n. 2445). (Segue). Casistica: dichiarazione di inefficacia del contratto ex art. 122 cod. proc. amm. e rinnovazione della gara
La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2017, n. 7295), nel ritenere che il potere giudiziale di dichiarare l'inefficacia del contratto ai sensi dell'art. 122 cod. proc. amm. non configura eccesso di potere giurisdizionale, per esercizio di attività riservata alla pubblica amministrazione, ha sottolineato che l'art. 122 cod. proc. amm. disciplina un istituto di applicazione generalizzata, con esclusione dei soli casi regolati dagli artt. 121, comma 1, e 123 cod. proc. amm., affidata ad un potere di valutazione del giudice amministrativo, rispetto alla quale è indifferente che la gara debba essere rinnovata o meno salvo, in tale ultima ipotesi, l'obbligo di valutare, tra l'altro, la possibilità del ricorrente di subentrare nel contratto nonché l'avvenuta proposizione della domanda di subentro. (Segue). Casistica: dichiarazione di inefficacia ex art. 122 cod. proc. amm. e stato di esecuzione del contratto
L'art. 125 cod. proc. amm. disciplina il rito relativo al contenzioso avente ad oggetto le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento (opere strategiche), nonché le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione degli interventi individuati nel contratto istituzionale di sviluppo, ai sensi dell'art. 6, d.lgs. 31 maggio 2011, n. 88, e le opere di cui all'art. 32, comma 18, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in l. 15 luglio 2011, n. 111. Alle controversie indicate, pur soggette al rito appalti, non è applicabile l'art. 122 cod. proc. amm., con la conseguenza che non può essere dichiarata l'inefficacia del contratto per vizi diversi da quelli descritti nell'art. 121 cod. proc. amm. Più in particolare, al di fuori delle gravi violazioni di cui agli artt. 121 e 123 cod. proc. amm., la sospensione o l'annullamento dell'affidamento non incidono sull'efficacia del contratto già stipulato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto potrà avvenire solo per equivalente e non sarà concessa la tutela in forma specifica. Pertanto, nel caso in cui il contratto abbia ad oggetto un'infrastruttura strategica, la mancata deduzione da parte del ricorrente, a sostegno della richiesta di dichiarazione dell'inefficacia del contratto, della sussistenza di una delle ipotesi declinate dall'art. 121 cod. proc. amm. comporta che l'unica tutela conseguibile sia quella risarcitoria per equivalente, con conseguente rigetto delle domande dirette a ottenere l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto. Una differenza di rilievo, rispetto alle altre controversie di cui all'art. 119, comma 1, lett. a), cod. proc. amm., si riscontra nella fase cautelare, nel corso della quale il giudice non può sospendere gli atti impugnati se questa misura lede il preminente interesse nazionale alla realizzazione dell'opera. In sede di esame dell'istanza cautelare l'interesse del ricorrente deve essere comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure. Pertanto, nel caso in cui il contratto abbia ad oggetto un'infrastruttura strategica, la mancata deduzione da parte del ricorrente, a sostegno della richiesta di dichiarazione dell'inefficacia del contratto, della sussistenza di una delle ipotesi delineate dall'art. 121 cod. proc. amm. comporta che l'unica tutela conseguibile sia quella risarcitoria per equivalente, con conseguente rigetto delle domande dirette a ottenere l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto. In ogni caso, secondo la giurisprudenza amministrativa, l'art. 125 cod. proc. amm. ha natura prettamente processuale essendo volto soltanto a delimitare i poteri del giudice, ma non priva l'amministrazione della possibilità di intervenire in autotutela, potere esclusivo e proprio della pubblica amministrazione esercitato in forza di valutazioni discrezionali che sono estranee all'annullamento giurisdizionale (Cons. St., Sez. IV, 5 maggio 2016, n. 1798). Inefficacia del contratto e tutela cautelare
Secondo la giurisprudenza, il potere di sospendere l'efficacia del contratto è esercitabile dal giudice amministrativo anche in sede cautelare. Gli argomenti indicati a favore di un tale orientamento sono individuati nell'atipicità del contenuto delle misure cautelari, come emerge dall'art. 55, comma 1, cod. proc. amm., e nella naturale finalizzazione della tutela cautelare ad anticipare in via interinale le misure adottabili con la decisione definitiva. A tale conclusione si perviene, argomentando a contrario, anche dall'esame del disposto dell'art. 125, comma 4, cod. proc. amm. che, nell'escludere, in via di eccezione, che la sospensione dell'aggiudicazione comporti la caducazione del contratto già stipulato con riguardo alle controversie relative alle infrastrutture strategiche, ammette, quale regola, che la misura cautelare possa incidere sul contratto nelle more stipulato (in questo senso: Cons. St., Sez. V, ord., 24 ottobre 2011, n. 4677; Id., Sez. IV, decr., 2 maggio 2013, n. 1590). In ogni caso, l'autorità giudiziaria, nel valutare l'incidenza della sospensione sul contratto, deve svolgere il giudizio sulla base dei parametri previsti dagli artt. 121 e 122 cod. proc. amm. anche in sede cautelare (già, TAR Lombardia, Milano, Sez. I, ord., 14 ottobre 2010, n. 1097, definitiva). In questo senso sembra esprimersi anche la lett. aaa) della legge delega per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Il comma 8-ter dell'art. 119 cod. proc. amm., inserito dall'art. 204, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 50 del 2016, ha espressamente previsto che, nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli artt. 121, comma 1, e 122 cod. proc. amm. e delle esigenze imperative connesse ad un interesse generale all'esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione. Conseguenze della dichiarazione di inefficacia del contratto
Il d.lgs. n. 50 del 2016, all'art. 110, rubricato “procedure di affidamento in caso di fallimento dell'esecutore o di risoluzione del contratto e misure straordinarie di gestione”, ha, tra l'altro, introdotto un modulo comportamentale cui è tenuta la stazione appaltante in caso di vicende che possano incidere sulla prosecuzione del rapporto. In particolare, nel caso di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo, procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione dell'appaltatore, o risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 108 o di recesso dal contratto ai sensi dell'art. 88, comma 4-ter ovvero in caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, la pubblica amministrazione è tenuta a interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, in base alla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completamento dei lavori. Il successivo secondo comma precisa che l'affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede di offerta. Dall'analisi della citata disposizione sembra derivare un vincolo per la stazione appaltante, la quale, se interessata al completamento dei lavori, è tenuta ad affidare gli stessi ai concorrenti che hanno originariamente partecipato alla gara, piuttosto che indire una nuova procedura competitiva. Qualora nessuno dei concorrenti interpellati sia interessato alla continuazione dei lavori alle condizioni proposte dall'aggiudicatario originario, la pubblica amministrazione sarà senz'altro libera di indire una nuova gara per l'affidamento degli stessi. La disposizione sembra doversi applicare, in conformità all'art. 217, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore (19 aprile 2016) nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte. Giurisdizione
Il legislatore – art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, cod. proc. amm. –, prendendo atto della circostanza che il rapporto interessato dal giudizio instaurato dal ricorrente che impugna contestualmente atti di gara e contratto è caratterizzato dalla compresenza inscindibile di un provvedimento illegittimo e di un contratto, ha esteso la giurisdizione del giudice amministrativo anche all'inefficacia del contratto consequenziale all'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione. La giurisprudenza, anche prima dell'estensione della giurisdizione del giudice amministrativo all'inefficacia del contratto, avvenuta con il recepimento della direttiva 2007/66/Ce tramite il d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, aveva devoluto al giudice amministrativo le controversie sulla caducazione del contratto di appalto derivante dall'annullamento dell'aggiudicazione (Cass., Sez. un., ord., 10 febbraio 2010, n. 2906; Id., Sez. un., ord. 7 ottobre 2010, n. 20775). La Corte di Cassazione ha precisato che anche l'annullamento in autotutela di un atto amministrativo prodromico alla stipulazione del contratto ha natura autoritativa e discrezionale, sicché il relativo vaglio di legittimità spetta al giudice amministrativo, la cui giurisdizione esclusiva si estende, con necessità di trattazione unitaria, alla conseguente domanda per la dichiarazione di inefficacia o di nullità del contratto. Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, invece, quando la domanda attenga alla fase esecutiva del rapporto contrattuale o quando la pubblica amministrazione, dietro lo schermo dell'annullamento in autotutela, intervenga direttamente sul contratto per vizi suoi propri, anziché sulle determinazioni prodromiche in sé considerate (Cass., Sez. un., ord., 14 maggio 2015, n. 9861; Id., Sez. un., ord., 8 agosto 2012, n. 14260). Nello stesso senso, ha osservato il Consiglio di Stato che, in caso di revoca in autotutela dell'affidamento di un appalto per vizi genetici attinenti ad un momento antecedente la stipulazione dell'accordo negoziale, trattandosi di controversia relativa ad una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estende alle domande di dichiarazione d'inefficacia o di nullità del contratto stipulato con la pubblica amministrazione che sia eventualmente conseguente all'annullamento in autotutela (Cons. St., Sez. IV, 5 maggio 2016, n. 1798). La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. Un., 15 giugno 2017, n. 14859) ha precisato che l'annullamento in autotutela di un atto amministrativo prodromico alla stipulazione del contratto ha natura autoritativa e discrezionale, sicché il relativo vaglio di legittimità spetta al giudice amministrativo, la cui giurisdizione esclusiva si estende - con necessità di trattazione unitaria - alla conseguente domanda per la dichiarazione di inefficacia o nullità del contratto. Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario quando, conclusosi il giudizio amministrativo sull'atto presupposto, con passaggio in giudicato della relativa sentenza, alla domanda di nullità del contratto si aggiunga quella di accertamento negativo del credito, vertendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell'ente pubblico, non riservati, in via esclusiva, alla giurisdizione del giudice amministrativo.
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