Norme di gestione ambientale

Francesco de Leonardis
27 Aprile 2020

Il diritto europeo e quello nazionale stabiliscono che un'efficace tutela dell'ambiente può essere realizzata non solo attraverso il tradizionale approccio sanzionatorio ma facendo in modo che il mercato sia indotto a lavorare per l'ambiente. E, dunque, tenendo presente che la pubblica amministrazione è il contraente in assoluto più rilevante (si stima che le pubbliche amministrazioni europee acquistino circa il 16% del totale nel mercato) uno degli strumenti utilizzabili per indurre il mercato a lavorare per l'ambiente è quello di “costringere” la pubblica amministrazione ad acquistare in modo “verde”. Si tratta fondamentalmente di orientare l'amministrazione a identificare l'offerta più vantaggiosa non solo dal punto di vista economico ma anche da quello delle considerazioni ecologiche.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il diritto europeo e quello nazionale stabiliscono che un'efficace tutela dell'ambiente può essere realizzata non solo attraverso il tradizionale approccio sanzionatorio ma facendo in modo che il mercato sia indotto a lavorare per l'ambiente. E, dunque, tenendo presente che la pubblica amministrazione è il contraente in assoluto più rilevante (si stima che le pubbliche amministrazioni europee acquistino circa il 16% del totale nel mercato) uno degli strumenti utilizzabili per indurre il mercato a lavorare per l'ambiente è quello di “costringere” la pubblica amministrazione ad acquistare in modo “verde”. Si tratta fondamentalmente di orientare l'amministrazione a identificare l'offerta più vantaggiosa non solo dal punto di vista economico ma anche da quello delle considerazioni ecologiche.

Il termine appalti verdi o Green Public Procurement indica l'insieme degli strumenti giuridici volti a promuovere la graduale integrazione degli interessi ambientali nella disciplina legislativa degli appalti pubblici.

I criteri ecologici possono (e sempre di più “devono”) essere introdotti nei documenti di gara d'appalto in relazione a vari aspetti: l'oggetto dell'appalto ossia con riferimento alle specifiche tecniche del prodotto o del lavoro o del servizio o alle clausole di esecuzione di un appalto (“cosa comprare”); i criteri di selezione dei candidati (“da chi comprare”) e i criteri d'aggiudicazione dell'appalto (“come scegliere”).

Il Green Public Procurement (GPP) nel diritto europeo

Il “Green public procurement” (GPP) è nato nel diritto europeo recente: l'originaria disciplina comunitaria degli appalti pubblici era incentrata sul solo perseguimento di obiettivi di natura economica ed era finalizzata esclusivamente a garantire la parità di condizioni tra le imprese partecipanti alla gara e ad assicurare che le procedure di aggiudicazione fossero trasparenti, non discriminatorie e accessibili. In questo senso le previgenti Direttive in materia di public procurement sia degli anni settanta che degli anni novanta non contenevano alcun riferimento alle variabili ambientali e a profili ecologicamente rilevanti.

Dopo numerosi interventi di vario livello (tra i quali il libro verde del 1996; il libro bianco del 1998; le comunicazioni del 2000, del 2001 e del 2003; i programmi di azione ambientale a partire dal quinto) si è pervenuti, solo una decina di anni fa, alle Direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE che hanno riconosciuto, per la prima volta esplicitamente, la possibilità degli enti aggiudicatori di prendere in considerazione fattori di ordine non economico, tra i quali quelli volti alla tutela dell'ambiente, al fine della selezione dei contraenti delle pubbliche amministrazioni.

Al riguardo nella direttiva 2004/17/Ce, venivano particolarmente in rilievo i considerando 1, 12, 42, 44, 53, 54, 55 e gli artt. 34, 38, 39, 52 e 55 e nella direttiva 2004/18/Ce, rilevavano soprattutto i considerando 1, 5, 29, 33, 43, 44, 46 assieme agli artt. 23, 26, 27, 47, 48, 50 e 53.

Successivamente la Commissione europea ha ribadito l'importanza del GPP e ne ha rafforzato il sostegno politico in vari documenti d'indirizzo quali ad esempio la Comunicazione COM(2008) 397 «Strategia europea per il Consumo e la Produzione Sostenibili», la Comunicazione COM(2008) 400 «Appalti pubblici per un ambiente migliore», la Comunicazione COM (2010) 2020 «Strategia Europa 2020» e la Comunicazione COM(2011) 571 «Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse».

Per la sua chiarezza e le sue esemplificazioni importante documento appare anche il manuale “Acquistare verde! Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili” nelle tre edizioni del 2004, del 2011 e del 2016.

La considerazione dell'elemento ambientale viene affermata con chiarezza anche nelle direttive attualmente vigenti in materia di appalti pubblici: la 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (d'ora in poi brevemente “direttiva concessioni 2014/23”); la 2014/24/UE sugli appalti pubblici che abroga la 2004/18 (d'ora in poi brevemente “direttiva appalti 2014/24) e la2014/25/UE sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali che abroga la direttiva 2004/17/CE(d'ora in poi brevemente “direttiva settori speciali 2014/25”).

In varie norme delle tre direttive in materia di appalti si afferma che gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale per la crescita sostenibile dell'Europa (così nei considerando 2, 47 e 123 della direttiva appalti 2014/24; nel considerando 4 della direttiva settori speciali 2014/25; nel considerando 3 della direttiva concessioni 2014/23) in ossequio al principio di integrazione della tutela ambientale in ogni tipo di attività (considerando 91 della direttiva appalti 2014/24).

In numerose disposizioni si afferma poi il principio per il quale la tutela dell'ambiente consente la deroga alle disposizioni sui contratti pubblici espresso con la locuzione per la quale gli Stati membri possano imporre e applicare misure necessarie alla tutela della salute, della vita umana e animale o alla preservazione dei vegetali e altre misure ambientali nell'ottica dello sviluppo sostenibile a condizione che dette misure siano conformi al diritto UE (così nel considerando 41 della direttiva appalti 2014/24; nel considerando 59 della direttiva concessioni 2014/23; nel considerando 56 della direttiva settori speciali 2014/25/UE).

La novità principale delle nuove direttive riguarda la sostituzione del criterio di aggiudicazione al “prezzo più basso” con quello del “costo più basso” che offre la possibilità di valutare le offerte considerando, insieme al prezzo di acquisto, i costi, anche relativi alle esternalità ambientali, connessi al ciclo di vita dell'oggetto dell'appalto (“Life Cycle Costing” o LCA).

La considerazione dell'elemento ambientale negli appalti pubblici non era prevista nelle prime direttive sugli appalti ma è stata introdotta a partire dalle direttive 2004/18 e 2004/17. Nel diritto positivo vigente le norme europee generali più rilevanti sugli appalti verdi si trovano nelle direttive concessioni 2014/23, appalti 2014/24 e settori esclusi 2014/25. La novità più importante è quella per cui nella valutazione delle offerte si possono considerare, insieme al prezzo di acquisto, i costi, anche relativi alle esternalità ambientali, connessi al ciclo di vita dell'oggetto dell'appalto (“Life Cycle Costing” o LCA)

Assieme alle direttive generali in materie di appalti particolarmente importante, sotto il profilo sistematico, appare la direttiva 23 aprile 2009 n. 33 in materia di veicoli adibiti a trasporto su strada dal momento che essa compie un passo importante nel senso dell'obbligatorietà degli appalti verdi: in essa si afferma testualmente (art. 1) che «la presente direttiva impone alle amministrazioni aggiudicatrici… di tener conto dell'impatto energetico e dell'impatto ambientale nell'arco di tutta la vita, tra cui il consumo energetico e le emissioni di CO2 e di talune sostanze inquinanti, al momento dell'acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada, al fine di promuovere e stimolare il mercato dei veicoli puliti e a basso consumo energetico». In sostanza le amministrazioni mentre prima le amministrazioni “potevano” acquistare verde, oggi le stesse “devono” acquistare veicoli verdi, puliti e a basso consumo energetico e se non lo fanno incorrono nell'annullamento dell'aggiudicazione (obbligatorietà degli appalti verdi e non mera facoltatività).

Il legislatore dell'Unione aveva fissato requisiti obbligatori in materia di appalti volti ad conseguire obiettivi specifici anche nel regolamento sulle apparecchiature d'ufficio (reg. CE n. 106 del 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio).

Il principio generale, nonostante queste importanti aperture, resta però ancora quello della facoltatività (e non dell'obbligatorietà) del GPP: in questo senso varie norme delle direttive appalti affermano che «tenuto conto delle sensibili differenze tra i singoli settori e mercati non sarebbe tuttavia opportuno fissare requisiti obbligatori generali per gli appalti in materia ambientale…» (cfr. considerando 95 della direttiva appalti 2014/24 e considerando 100 della direttiva settori speciali 2014/25).

Allo stesso tempo il legislatore europeo incoraggia espressamente il ricorso all'obbligatorietà degli appalti verdi nelle normative settoriali specifiche statuendo che «appare opportuno proseguire su questa strada lasciando che sia la normativa settoriale specifica a fissare obiettivi e prospettive vincolanti in funzione delle particolari politiche e condizioni prevalenti nel settore pertinente e promuovere lo sviluppo e l'utilizzazione di un approccio a livello europeo per il calcolo dei costi del ciclo di vita in modo da promuovere ulteriormente il ricorso agli appalti pubblici a sostegno di una crescita sostenibile» (cfr. considerando 95 della direttiva appalti 2014/24 e considerando 100 della direttiva settori speciali 2014/25).

Il Green Public Procurement nel diritto nazionale: il Piano di azione nazionale (PAN GPP) e i decreti sui Criteri Ambientali Minimi (decreti CAM)

Il legislatore nazionale ha iniziato il percorso di recepimento delle indicazioni europee sugli appalti verdi una decina di anni fa a partire dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) che al comma 1126 prevede che si debbano definire a livello amministrativo le specifiche tecniche relative ai vari settori in modo da fornire alle amministrazioni parametri tecnici di riferimento da inserire nei bandi di gara.

Si tratta del “Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione” [ovvero Piano d'azione nazionale sul GPP o brevemente PAN GPP] predisposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, d'intesa con le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e sottoposto alla approvazione dalla CONSIP S.p.a.

La parte generale di tale piano è stata adottata con il decreto interministeriale n. 135 del 11 aprile 2008 che è stato successivamente aggiornato con il d.m. 10 aprile 2013 (“Revisione 2013 del Piano di azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della p.a.”); le parti relative ai singoli settori, quelle che dettano indicazioni tecniche specifiche (i c.d. Criteri ambientali minimi o CAM), riguardanti le categorie di prodotti e servizi indicati nel Piano stesso, sono definite in appositi decreti del Ministro dell'Ambiente (i decreti CAM).

Si tratta dunque di un sistema normativo complesso che prevede un intervento del legislatore (la legge finanziaria del 2007), un atto amministrativo ad oggetto generale (il PAN GPP del 2008 rivisto nel 2013) e una serie di atti amministrativi di carattere generale ma aventi oggetti particolari (i cd. decreti sui CAM intervenuti a partire dal 2011 che sinora sono circa una ventina).

Il PAN GPP nella parte generale prevede l'adozione di misure volte all'integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale nelle procedure di acquisto di beni e servizi delle amministrazioni competenti sulla base di vari criteri (riduzione dell'uso delle risorse naturali; sostituzione delle fonti energetiche non rinnovabili con fonti rinnovabili; riduzione della produzione di rifiuti; riduzione delle emissioni inquinanti; riduzione dei rischi ambientali).

Il Piano di azione nazionale sui GPP (PAN GPP) è stato adottato con il decreto interministeriale n. 135 del 11 aprile 2008 (poi aggiornato nel 2013) e costituisce il programma di azione generale in materia. Le specifiche tecniche relative a ciascun settore merceologico sono adottate con decreti ministeriali appositi recanti criteri ambientali minimi (CAM).

Le categorie merceologiche sulle quali devono essere adottate specifiche tecniche con decreti ministeriali (i decreti sui CAM) sono attualmente undici e su ognuna di esse può essere adottato più di un decreto CAM. Sinora sono stati adottati diciotto decreti CAM e segnatamente: 1. Apparecchiature elettroniche per ufficio (cfr. d.m. 13 dicembre 2013 allegato 2); 2. Arredi per ufficio (d.m. 22 febbraio 2011); 3. Arredo Urbano (d.m. 5 febbraio 2015); 4. Aspetti sociali negli appalti pubblici (d.m. 6 giugno 2012); 5. Ausili per l'incontinenza (d.m. 24 dicembre 2015); 6. Carta (d.m. 4 aprile 2013); 7. Cartucce per stampanti (cfr. d.m. 13 febbraio 2014 allegato 2); 8. Edilizia (d.m. 24 dicembre 2015); 9. Illuminazione pubblica (cfr. d.m. 23 dicembre 2013); 10. Pulizia e prodotti per l'igiene (d.m. 24 maggio 2012); 11. Rifiuti urbani (d.m. 13 febbraio 2014 allegato 1); 12. Ristorazione collettiva e derrate alimentari (d.m. 25 luglio 2011); 13. Sanificazione per strutture ospedaliere e per la fornitura di prodotti detergenti (d.m. 18 ottobre 2016); 14. Serramenti esterni (d.m. 25 luglio 2011); 15. Servizi energetici per gli edifici (illuminazione, climatizzazione) (d.m. 7 marzo 2012); 16. Tessili (cfr. d.m. 22 febbraio 2011 allegato 1); 17. Veicoli (d.m. 8 maggio 2012); 18. Verde pubblico (cfr. d.m. 13 dicembre 2013 allegato 1).

Il processo di redazione dei CAM è tuttora in corso e sono attualmente in via di definizione i CAM relativi alla costruzione e manutenzione delle strade; al servizio di illuminazione pubblica; al tessile (revisione) e agli arredi per ufficio (revisione).

In ogni caso si noti che non si tratta di un numerus clausus di tipologie di beni e servizi ma di un elenco aperto come prevede l'art. 18, comma 4, del PAN GPP.

I CAM riportano indicazioni generali volte ad indirizzare l'ente verso una razionalizzazione dei consumi e degli acquisti e forniscono considerazioni ambientali propriamente dette collegate alle diverse fasi delle procedure di gara (oggetto dell'appalto, specifiche tecniche, etc.) volte a qualificare ambientalmente sia le forniture che gli affidamenti lungo l'intero ciclo di vita del servizio o del prodotto.

La definizione dei Cam rientra fra i compiti assegnati al Comitato di Gestione. Per la loro elaborazione vengono istituiti dei gruppi di lavoro composti da esperti e referenti delle associazioni di categoria dei produttori. I documenti così elaborati vengono sottoposti ad un confronto con gli operatori economici, tramite le associazioni di categoria e successivamente approvati dal Comitato di Gestione. La stesura finale dei CAM viene inviata ai Ministeri interessati per acquisire eventuali osservazioni. Infine il documento viene adottato con Decreto del Ministero dell'Ambiente e pubblicato in G.U.

Il codice dell'ambiente e le altre norme speciali nazionali e regionali sul GPP

In passato vi erano state numerose norme speciali sul GPP e tra di esse: l'art. 19, comma 4, d.lgs. n. 22 del 1997 (decreto Ronchi) relativo alla necessità di acquistare carta riciclata per il 40% del fabbisogno che è stato sostituito dalla l. n. 448 del 2001, modificato dalla l. n. 179 del 2002 e poi confluito nell'art. 196, comma 1, lett. P; il d.m. 27 marzo 1998 sulla mobilità sostenibile nelle aree urbane (a cui si è aggiunto di recente il decreto ministeriale n. 208 del 20 luglio 2016 che approva il programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro); l'art. 59 comma 4 legge n. 488 del 1999 sull'utilizzo della produzione agricola biologica e di qualità nelle mense scolastiche e ospedaliere; l'art. 52 comma 14 l. n. 448 del 2001 sull'acquisto di almeno un 20% del fabbisogno di pneumatici ricostruiti; l'art. 1, comma 16, l. n. 443 del 2001 sull'acquisto di almeno un 40% del fabbisogno di manufatti in plastica riciclata; il d.m.n. 203 del 2003 sui manufatti con materiale riciclato; il d.m. 24 maggio 2004 e il d.m. 3 aprile 2014 recante contributi per la sostituzione del parco autoveicoli della p.a.

Negli ultimi anni anche l'esigenza di attuare politiche di efficienza energetica ha influito sulla legislazione in materia di GPP: tra i provvedimenti normativi che impongono pratiche di appalti verdi ed accompagnano e rafforzano le indicazioni derivanti dal PAN GPP si possono menzionare il d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 311 “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia” e il Regolamento 244/2012/UE sulla prestazione energetica degli edifici; gli artt. 13 e 14 del d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115 di attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e il d.lgs. 3 marzo 2011 n. 24 di attuazione direttiva sulla promozione di veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico nel trasporto su strada.

Il codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006) si occupa di appalti verdi specificamente in tre disposizioni (tutte modificate dalla legge n. 205 del 2010 di recepimento della direttiva 98 del 2008 in materia di rifiuti):nella prima si prevede che le Regioni adottino le disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione di servizi, coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo e che a tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara e di selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza a parità di altri requisiti e condizioni (art. 196, comma 1, lett. P) e nella altre due che si possano prevedere clausole di gare d'appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti (art. 180, comma 1, lett. b) e art. 180–bis, comma 1, lett. c)).

É prevista anche la possibilità di una legislazione regionale sui GPP: la prima legge regionale sul GPP è quella della regione Puglia n. 23 del 1 agosto 2006; ad essa sono seguite finora la legge 13 agosto 2007, n. 31 della Regione Liguria sull'“organizzazione della Regione per la trasparenza e la qualità degli appalti e delle concessioni” (seguita dalle delibere G.R. n. 672 del 2011 e n. 787 del 2012); la legge 9 dicembre 2008, n. 18 della Regione Umbria; la legge 29 dicembre 2009, n. 28 dell'Emilia Romagna recante “introduzione di criteri di sostenibilità ambientale negli acquisti della pubblica amministrazione” (che è stata poi attuata con il Piano di azione per la sostenibilità ambientale dei consumi pubblici in Regione Emilia Romagna approvato con ddA n. 91 del 2 ottobre 2012) e, infine (almeno per ora), la legge n. 37 del 2012 della Regione Toscana.

Vi sono poi alcune leggi che si occupano di altri temi ma che disciplinano anche aspetti di GPP come la legge 11 dicembre 2006 n. 24 della Regione Lombardia; la legge 19 dicembre 2007, n. 45 della Regione Abruzzo; la legge 20 giugno 2006, n. 12 della Regione Campania; le leggi n. 3 del 21 gennaio 2000, la n. 27 del 7 novembre 2003, la n. 4 del 9 marzo 2007 della Regione Veneto.

Altre Regioni hanno adottato al riguardo atti amministrativi (cfr. ad esempio la D.G.R. Veneto n. 1866 del 23 dicembre 2015 di approvazione del PAR GPP 2016-2018; la D.G.R. Lazio n. 222 dell'1 agosto 2013 di attuazione del piano di azione nazionale; la D.G.R. Sardegna 2/6 del 16 gennaio 2007 nonché la D.G.R. Sardegna n. 37/16 del 30 luglio 2009 con cui si è adottato il piano per gli acquisti pubblici ecologici) e altre stanno procedendo a legiferare al riguardo.

Anche i Comuni hanno la possibilità di adottare propri piani di GPP (in tal senso, ad esempio, la D.G.C. Alghero n. 74 del 28 agosto 2014).

Tra i soggetti protagonisti del GPP non si possono non menzionare, infine, le centrali acquisti della p.a.: la centrale acquisti nazionale pubblica CONSIP S.p.a. ha attivato dal 2008 e gestisce oggi il più vasto programma di GPP in Italia ma anche le centrali acquisti territoriali ARCA della Regione Lombardia, Suar della Regione Liguria e Intercenter della Regione Emilia Romagna si sono attivate al riguardo.

Le norme sugli appalti verdi si trovano nel codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016), nel codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152/2006), in una serie di leggi speciali e in alcune leggi regionali e in atti ministeriali (PAN GPP e decreti CAM).

Il green public procurement nel cd. collegato ambientale (legge n. 221 del 2015)

Importanti disposizioni in materia di green public procurement sono state approvate dalla legge 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale 2015) recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Tali disposizioni sono confluite dapprima nel codice degli appalti previgente (d.lgs. n. 163 del 2006) e poi nel nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016).

All'art. 16 del collegato ambientale, che modificava l'art. 75 del previgente codice appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) e che ora è confluito nell'art. 93, comma 7 dell'attuale codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), si prevedono significative riduzioni della garanzia finanziaria per gli operatori economici che siano in possesso di certificazioni ambientali (come l'EMAS, la certificazione UNI EN ISO 14001, la certificazione Ecolabel o la certificazione relativa all'impronta climatica carbon footprint).

L'art. 16 prevedeva benefici in termini di decurtazione dell'importo della cauzione provvisoria di misura varia a secondo del tipo di certificazione posseduta dall'operatore ma cumulabili tra loro con l'effetto pratico di arrivare ad annullare l'importo cauzionale provvisorio.

Ma la norma più rivoluzionaria può essere considerata senz'altro l'art. 18 (confluito nell'art. 34 d.lgs. n. 50 del 2016) che segna un vero e proprio cambiamento di paradigma: mentre prima di questa norma, tranne poche eccezioni settoriali, l'inserimento di clausole ecologiche tra le specifiche tecniche costituiva una mera facoltà per le amministrazioni, grazie a tale norma, per molti settori, ciò è divenuto un vero e proprio obbligo.

In sostanza, anche se (per ora) con riferimento soltanto ad alcuni settori (acquisto di lampade per l'illuminazione pubblica; attrezzature elettriche ed elettroniche d'ufficio come personal computer, stampanti, apparecchi multifunzione e fotocopiatrici; servizi energetici per gli edifici) le pubbliche amministrazioni nell'elaborare il bando di gara devono tener presenti i cd. criteri ambientali minimi ossia inserire obbligatoriamente le specifiche tecniche ambientali nell'oggetto del contratto.

Nel medesimo art. 18 si prevedeva altresì, al comma 2, che per almeno il 50% del valore della gara d'appalto, sia sopra che sottosoglia, si debbano applicare obbligatoriamente i criteri ambientali minimi per una serie di categorie di forniture e affidamenti (servizio di gestione dei rifiuti urbani; forniture di cartucce e toner; servizio di gestione del verde pubblico; carta per copia; ristorazione collettiva e derrate alimentari; servizio di pulizia e prodotti per l'igiene; prodotti tessili; arredi per ufficio).

Il collegato ambientale (l. n. 221 del 2015) ha avuto il merito di aver reso obbligatori in alcuni settori il ricorso ai criteri ambientali minimie di aver previsto una diminuzione delle garanzie per soggetti in possesso di certificazioni ambientali.

L'elemento ambientale nel vecchio codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) e nella legge delega (l. n. 11 del 2016)

Le numerose norme contenute nel previgente codice degli appalti(d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) sugli appalti verdi sono confluite nel nuovo codice dei contratti pubblici.

Il previgente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006) considerava l'elemento ambientale in otto norme fondamentali: negli artt. 2 (“il principio di economicità può essere subordinato (…) a criteri ispirati alla tutela dell'ambiente”); 40 (“qualificazione per eseguire lavori pubblici”), 42 (“capacità tecnica e professionale”), 44 (“norme di gestione ambientale”), 58 (“dialogo competitivo”), 68 (“specifiche tecniche”), 69 (“condizioni particolari di contratto”); 83 (“criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa”).

La legge delega n. 11 del 2016 che ha previsto l'emanazione del codice dei contratti pubblici ora vigente e l'abrogazione del precedente codice non solo non ha interrotto il trend di progressiva maggiore considerazione dell'elemento ambientale nella disciplina degli appalti ma semmai lo ha rafforzato.

Così infatti tra i principi e i criteri vi era la «previsione di misure volte a garantire il rispetto dei criteri di sostenibilità energetica e ambientale nell'affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, facendo ricorso anche al criterio di aggiudicazione basato sui costi del ciclo di vita e stabilendo un maggiore punteggio per i beni, i lavori e i servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente» (art. 1, comma 1 lett. p) ma nello stesso senso anche la lettera b)).

La disciplina vigente: l'elemento ambientale nel codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016)

Ma è il codice degli appalti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) adottato a seguito della legge di delega 28 gennaio 2016 n. 11 e attualmente vigente, il testo normativo che contiene le più rilevanti disposizioni sugli appalti verdi.

Il codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016) approvato a seguito della legge di delega n. 11 del 2016 ripropone e rafforza le norme di considerazione dell'elemento ambientale negli appalti anche rispetto al codice previgente. Le norme più rilevanti al riguardo sono dieci: gli artt. 4 (“l'affidamento dei contratti pubblici nei settori esclusi…avviene nel rispetto dei principi di….tutela dell'ambiente”) e 30 (“il principio di economicità può essere subordinato…alla tutela dell'ambiente”); l'art. 34 (“criteri ambientali minimi”); l'art. 38 (“applicazione di criteri di sostenibilità ambientale” come requisiti premianti ai fini dell'inserimento nel sistema di qualificazione istituito presso l'ANAC); l'art. 68 (“specifiche tecniche”); l'art. 69 (“etichettatura”); l'art. 87 (“certificazione delle qualità”); l'art. 93 (“garanzie per la partecipazione alla procedura”); l'art. 95 (“criteri di aggiudicazione dell'appalto”) e l'art. 96 (“costi del ciclo di vita”).

Uno dei principi fondamentali stabilito dalle ultime direttive in materia di appalti è che la tutela della vita umana e animale o la preservazione dei vegetali unitamente ad altre misure ambientali adottate nell'ottica dello sviluppo sostenibile giustificano sempre una deroga alla norme sui contratti pubblici purché dette misure siano conformi al diritto UE (cfr. considerando 41 della direttiva appalti 2014/24, considerando 56 della direttiva settori speciali 2014/25 e considerando 59 della direttiva concessioni 2014/23).

(Segue). L'elemento ambientale tra i principi generali in materia di appalti (artt. 4 e 30 cod. contr. pubbl.)

Nel codice dei contratti pubblici vi sono, innanzitutto, due importanti norme sui principi: l'art. 4 che si riferisce ai cd. settori esclusi e l'art. 30 che contiene i principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti nei settori oggetto del codice: entrambe menzionano il principio di tutela dell'ambiente come uno dei principi cui deve ispirarsi la disciplina dei contratti pubblici (in precedenza il medesimo principio veniva sancito dall'art. 2, d.lgs. n. 163 del 2006).

Esse danno applicazione a quanto previsto dalla direttiva appalti 2014/24 nei considerando 2, 47 e 123; dalla direttiva settori speciali 2014/25 considerando 4 e dalla direttiva concessioni 2014/23 nel considerando 3.

In particolare l'art. 4, comma 1, cod. contr. pubbl. che contiene le norme di principio relative all'affidamento di contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione oggettiva del codice stabilisce che tale affidamento debba avvenire nel rispetto, oltre che del principio di economicità, anche della tutela dell'ambiente e dell'efficienza energetica.

L'art. 30, comma 1, cod. contr. pubbl., specularmente sancisce che «il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze… di tutela dell'ambiente…e alla promozione dello sviluppo sostenibile anche dal punto di vista energetico».

Le due norme affermano, quindi, che la qualità delle prestazioni oggetto del contratto e lo svolgimento delle procedure di aggiudicazione devono necessariamente prendere in considerazione la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo sostenibile.

Le due norme costituiscono una diretta applicazione di quanto previsto nelle norme europee innanzi citate per le quali «gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020 (…) in quanto costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita…sostenibile».

Si scolpisce il principio per cui è legittimo considerare prioritaria l'esigenza di proteggere l'ambiente e la salute umana, di promuovere lo sviluppo sostenibile e tutelare le esigenze sociali anche a scapito di non garantire sempre e in ogni caso un rapporto conveniente tra i risultati ottenuti e risorse impiegate, ovviamente purché ciò avvenga nel rispetto della trasparenza, della par condicio e della concorrenza.

In tale nuova prospettiva il principio di economicità viene perseguito dalle amministrazioni ma solo nei limiti in cui esso non risulti essere un ostacolo per il perseguimento di altri fini pubblici come quello ambientale.

Pur contenendo un'importante apertura alla tutela dell'ambiente va osservato però, che ancora nel codice dei contratti resiste un'importante limitazione alla possibilità data alle stazioni appaltanti di attuare azioni concrete di tutela ambientale, dal momento che si ammette la deroga al principio di economicità nei settori oggetto di disciplina ordinaria solo «entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice ;» (art. 30, comma 1, citato).

In base a tale norma, dunque, solo in presenza di una disposizione legittimante, le stazioni appaltanti potranno subordinare il principio di economicità alle istanze verdi; in mancanza di una copertura legislativa, ogni clausola o prescrizione in tale senso dovrà essere considerata illegittima. Ciò rende particolarmente importante individuare specificamente le norme del codice che consentono l'anzidetta subordinazione.

Gli artt. 4 e 30 cod. contr. pubbl. (l'uno riguardante i settori esclusi e l'altro i settori ordinari) appaiono particolarmente importanti perché segnano, anche nel diritto interno, il superamento di una concezione esclusivamente economicistica, prevalentemente legata al conseguimento del risparmio di spesa della pubblica amministrazione, in favore della considerazione anche dell'elemento ambientale. In ogni caso, se l'economicità può essere subordinata al perseguimento di un certo interesse ecologicamente rilevante, tale sacrificio dovrà essere proporzionato e ragionevole sotto il profilo del rapporto tra risorse, obiettivi e risultati.

Orientamenti a confronto

Contemperamento della tutela ambientale con la tutela della concorrenza

Alle nuove istanze sociali e ambientali non viene conferito, tuttavia, un valore per così dire assoluto, dal momento che se ne predica comunque l'inserimento nel contesto dei meccanismi funzionali del mercato concorrenziale (secondo un dispositivo, per così dire, di “sostenibilità”). Il necessario bilanciamento con la necessità di scongiurare inattesi pregiudizi per la politica di integrazione economica è ben approfondito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia le quali, pur nel segno dell'ammissibilità delle clausole “sociali” o “ecologiche”, precisano che tali criteri devono essere collegati all'oggetto dell'appalto, non debbano conferire all'amministrazione aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta, siano espressamente menzionati e rispettino i principi dei trattati.

T.A.R. Milano, (Lombardia), sez. I, 27 giugno 2013, n. 1647

(Segue). Le esigenze di tutela ambientale nel bando di gara: le clausole ecologiche tra le specifiche tecniche (artt. 34, 68 e 69 cod. contr. pubbl.)

La prima occasione che hanno le p.a. per tener conto del requisito ambientale nella materia dei contratti pubblici è il momento della scelta e della definizione dell'oggetto dell'appalto (“cosa comprare”): attraverso l'individuazione di particolari requisiti tecnici gli enti aggiudicatori possono, infatti, richiedere lavori, servizi o forniture rispettosi dell'ambiente.

Di ciò si occupano gli artt. 34 e 68 del codice degli appalti ma anche gli artt. 71, 144 e 170 cod. contr. pubbl.

Le amministrazioni aggiudicatrici che desiderano definire requisiti ambientali nelle specifiche tecniche di un determinato contratto possono prescrivere nel bando di gara le caratteristiche ambientali, quali un metodo di produzione determinato e/o gli effetti ambientali specifici di gruppi di prodotti o di servizi. La tutela dell'ambiente, in questo caso, si ottiene lavorando sul “che cosa le amministrazioni acquistano” imponendo requisiti obbligatori o prevedendo incentivi capaci di orientare le loro decisioni in merito al tipo di beni e servizi da appaltare. Così, ad es., gli enti appaltanti possono richiedere espressamente ai progettisti di progettare un edificio amministrativo con un basso consumo di energia, non soltanto tenendo conto dell'isolamento e dell'uso di speciali materiali di costruzione (es. telai in legno per le finestre, uso del vetro o di altri materiali riciclati), ma anche dell'installazione di cellule solari per la generazione del calore. Possono altresì prevedere che l'uso degli ascensori sia necessario solo in misura limitata e che l'orientamento degli uffici o delle scrivanie permetta di limitare l'illuminazione artificiale. Possono prescrivere anche un particolare procedimento di produzione innocuo per l'ambiente (ad es. elettricità verde).

L'art. 34 cod. contr. pubbl., rubricato “criteri di sostenibilità energetica e ambientale”, che ha ripreso quanto stabilito nell'art. 68-bis del vecchio codice (d.lgs. n. 163 del 2006) come modificato dall'art. 18 del collegato ambientale 2015 (l. n. 221 del 2015), stabilisce che le amministrazioni pubbliche debbano inserire nella documentazione progettuale o di gara le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi.

Tale norma trova la sua fonte nelle direttive in materia di appalti per le quali «le specifiche tecniche fissate dai committenti pubblici devono permettere l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nonché il conseguimento di obiettivi di sostenibilità» (cfr. considerando 74, art. 42 e allegato 7 della direttiva appalti 2014/24; considerando 83, art. 60, comma 3, lett. a) e allegato 8 della direttiva 2014/25/UE; considerando 67 e art. 36 della direttiva concessioni 2014/23 nonché, precedentemente, l'art. 23 comma 3 lett. b) della direttiva 18 del 2004).

In ogni caso tali specifiche tecniche devono essere redatte in modo da evitare di restringere artificialmente la concorrenza mediante requisiti che favoriscano uno specifico operatore economico in quanto rispecchiano le principali caratteristiche delle forniture, dei servizi o dei lavori da esso abitualmente offerti.

Si noti poi che per rintracciare le caratteristiche di preferibilità ambientale di prodotti, servizi e lavori, ovvero gli aspetti collegati al ciclo di vita ambientale che qualificano un output sotto il profilo ambientale (criteri ambientali), è possibile in molti casi avvalersi di ricerche e studi già svolti a livello nazionale ed internazionale.

Dato che su molti dei beni, servizi e lavori oggetto del PAN GPP sono già stati compiuti analisi di LCA, o sono stati valutati ed individuati gli elementi “critici” sotto il profilo ambientale da sottoporre a controllo e le relative modalità con le quali procedere alla verifica degli impatti medesimi e gli esiti di tali analisi sono confluiti in “criteri ambientali” codificati in norme tecniche emanate ora a livello europeo, ora nazionale, ora da organizzazioni riconosciute a livello internazionale, tali norme tecniche possono rappresentare un utile riferimento qualora possiedano le caratteristiche che la normativa sugli appalti ritiene necessarie per assicurarne l'utilizzabilità nell'ambito delle procedure di gara e si dimostrino il risultato di un'elaborazione effettuata sulla base di informazioni scientifiche e mediante un processo aperto a tutte le parti interessate e siano accessibili da parte di tutti.

Proprio in considerazione di tali aspetti la norma afferma il principio di equivalenza per il quale nei casi in cui si faccia riferimento a una norma europea o a una norma nazionale dovrebbero essere prese in considerazione dalle amministrazioni le offerte basate su altre soluzioni equivalenti.

I criteri di sostenibilità energetica e ambientale richiamati dall'art. 34 cod. contr. pubbl. devono essere previsti per tutti gli appalti, quale ne sia l'importo, per il 100% del valore con riferimento alle quattro categorie espressamente menzionate nell'articolo (lampade, pc, riscaldamento, servizi di progettazione).

Questo significa che la totalità delle lampade, pc, sistemi di riscaldamento etc. di cui si serve l'amministrazione deve essere acquistata attraverso bandi che nelle relative specifiche tecniche prevedano specifiche tecniche “verdi”.

I criteri di sostenibilità energetica e ambientale devono essere previsti anche per tutti gli appalti, quale ne sia l'importo per almeno il 50%, relativamente alle categorie di forniture non connesse agli usi finali di energia ed oggetto dei criteri ambientali minimi e non ricomprese nelle quattro categorie innanzi menzionate.

In sintesi per quattro settori considerati dai CAM le specifiche tecniche devono applicarsi al 100% dell'appalto (se la p.a. acquista 100 lampade tutte e cento devono essere conformi alle specifiche tecniche indicate nel relativo CAM) mentre per gli altri settori le specifiche tecniche devono essere applicate almeno al 50% dell'appalto (se la p.a. acquista 100 risme di carta almeno 50 devono essere conformi alle specifiche tecniche indicate dal relativo CAM) (si noti che il legislatore ha previsto che tale percentuale non sia fissa ma possa, e si potrebbe dire, debba, anche aumentare nel tempo).

Per quel che riguarda l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari; alla ristorazione ospedaliera, assistenziale, scolastica e sociale e ad altri settori i decreti CAM possono prevedere che le specifiche tecniche “verdi” si applichino anche per una quota inferiore al 50% del valore a base d'asta (anche in questo caso è previsto, però, che tale percentuale possa anche aumentare).

L'art. 68, comma 5, cod. contr. pubbl., prevede che «le specifiche tecniche sono formulate secondo una delle modalità seguenti: lett. a) in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, comprese le caratteristiche ambientali, a condizione che i parametri siano sufficientemente precisi da consentire agli offerenti di determinare l'oggetto dell'appalto e alle stazioni aggiudicatrici di aggiudicare l'appalto» o mediante riferimento a specifiche tecniche stabilite a livello internazionale o europeo (lett. b)).

Come si è evidenziato in materia di specifiche tecniche il codice recepisce il principio di equivalenza che consente a ciascun partecipante alla gara di fornire la prova che le soluzioni da lui proposte, pur non essendo conformi alla specifiche individuate dalla stazione appaltante, hanno comunque l'attitudine a soddisfare (allo stesso modo) i requisiti stabiliti dalle specifiche medesime. L'applicazione di tale principio fa sì che quando l'equivalenza venga dimostrata sia precluso all'ente aggiudicatore di respingere l'offerta (lett. c) e d)).

Tali specifiche, peraltro, ;sono valutazioni di merito riservate all'Amministrazione che non sono sindacabili dal Giudice amministrativo, se non si rivelano affette da evidenti irrazionalità o errori.

Sia il legislatore nazionale che quello europeo individuano nel bando di gara il primo reale approccio dell'amministrazione aggiudicatrice con il mercato, in cui si porta a conoscenza la volontà di aggiudicare un appalto: in esso sono contenuti tutti gli elementi prescritti dal legislatore ed in esso è prevista la possibilità di menzionare le clausole ecologiche.

Una volta chiarito che le clausole ecologiche possono essere inserite nel bando di gara si pone il problema di definire in che termini e secondo quali modalità ciò sia possibile: tra le condizioni di legittima apposizione della clausola ecologica vi sono, ad esempio, la non discriminatorietà e la proporzionalità.

Considerato, infatti, che la clausola ecologica viene ad incidere negativamente sulla libertà di circolazione dei servizi e delle merci, da un lato non potrà eccedere le restrizioni ritenute inevitabili in funzione dello specifico scopo di tutela ambientale in concreto perseguito e, dall'altro, dovrà essere idonea al perseguimento del suddetto scopo.

L'art. 69 cod. contr. pubbl. prevede che le amministrazioni aggiudicatrici che intendono acquistare lavori, forniture o servizi con specifiche caratteristiche ambientali, sociali o di altro tipo, possono imporre nelle specifiche tecniche, nei criteri di aggiudicazione o nelle condizioni relative all'esecuzione dell'appalto, un'etichettatura specifica come mezzo di prova che i lavori, le forniture o i servizi corrispondono alle caratteristiche richieste.

Tale norma trova la propria fonte diretta nel considerando 75 e nell'art. 43 della direttiva 2014/24 per la quale «le amministrazioni aggiudicatrici che desiderando acquistare lavori, forniture o servizi con specifiche caratteristiche ambientali (…) dovrebbero poter far riferimento a particolari etichettature, quali l'ecoetichettatura europea Ecolabel (…) a condizione che i requisiti per l'etichettatura quali la descrizione del prodotto e la sua presentazione, compresi gli obblighi relativi all'imballaggio, siano collegati con l'oggetto del contratto» (ma nello stesso senso anche l'art. 61 della direttiva settori speciali 2014/25).

L'etichettatura può essere imposta come mezzo di prova solo se siano soddisfatte le seguenti cinque condizioni: a) i requisiti per l'etichettatura sono idonei a definire le caratteristiche dei lavori, delle forniture e dei servizi oggetto dell'appalto e riguardano soltanto i criteri ad esso connessi; b) i requisiti per l'etichettatura sono basati su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori; c) le etichettature sono stabilite nell'ambito di un apposito procedimento aperto e trasparente al quale possano partecipare tutte le parti interessate, compresi gli enti pubblici, i consumatori, le parti sociali, i produttori, i distributori e le organizzazioni non governative; d) le etichettature sono accessibili a tutte le parti interessate; e) i requisiti per l'etichettatura sono stabiliti da terzi sui quali l'operatore economico che richiede l'etichettatura non può esercitare un'influenza determinante.

Nell'ipotesi in cui le amministrazioni aggiudicatrici non richiedano che i lavori, le forniture o i servizi soddisfino tutti i requisiti per l'etichettatura, indicano a quali requisiti per l'etichettatura fanno riferimento. Le amministrazioni aggiudicatrici che esigono un'etichettatura specifica accettano tutte le etichettature che confermano che i lavori, le forniture o i servizi soddisfano i requisiti equivalenti.

Sempre in attuazione del principio di equivalenza se un operatore economico dimostra di non avere la possibilità di ottenere l'etichettatura specifica indicata dall'amministrazione aggiudicatrice o un'etichettatura equivalente entro i termini richiesti, per motivi ad esso non imputabili, l'amministrazione aggiudicatrice accetta altri mezzi di prova, ivi compresa una documentazione tecnica del fabbricante, idonei a dimostrare che i lavori, le forniture o i servizi che l'operatore economico interessato deve prestare soddisfano i requisiti dell'etichettatura specifica o i requisiti specifici indicati dall'amministrazione aggiudicatrice.

Infine quando un'etichettatura soddisfa le condizioni indicate nel comma 1, lettere b), c), d) ed e), ma stabilisce requisiti non collegati all'oggetto dell'appalto, le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere l'etichettatura in quanto tale, ma possono definire le specifiche tecniche con riferimento alle specifiche dettagliate di tale etichettatura, o, all'occorrenza, a parti di queste, connesse all'oggetto dell'appalto e idonee a definirne le caratteristiche.

Si noti, infine, che in coerenza con i principi del diritto europeo, e pur in assenza di espressa disciplina, viene ritenuta ammissibile la possibilità da parte degli offerenti di apportare varianti migliorative alle loro offerte rispetto alle specifiche indicate dall'amministrazione (in sostanza può accadere che l'ente non sia stato in grado in sede di bando, ad esempio per carenza di conoscenze, di richiedere specifiche tecniche di carattere ecologico ma che lo faccia successivamente).

Le c.d. varianti verdi in sede di offerta sono quelle volte ad aggiungere miglioramenti di carattere ambientale alla specifiche tecniche minime già definite.

(Segue). I reati ambientali come clausole di esclusione dalle gare? (art. 80 cod. contr. pubbl.)

In generale le ultime direttive in materia di appalti pubblici stabiliscono il principio per il quale l'osservanza delle disposizioni in materia ambientale appare uno degli elementi fondamentali da valutare negli operatori economici che offrono la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi alla p.a.

Anche nel momento in cui l'amministrazione procede alla valutazione dei candidati, a tal fine prevedendo ipotesi di esclusione dalla procedura o imponendo agli stessi particolare requisiti di capacità tecnica, si può sostenere che debba venire in rilievo la considerazione dell'elemento ambientale.

Del resto già in passato il considerando 43 della direttiva 18 del 2004 prevedeva la possibilità di prevedere cause di esclusione dalle procedure: «se il diritto nazionale contiene disposizioni in tal senso, il mancato rispetto della normativa ambientale... che sia stato oggetto di una sentenza definitiva o di una decisione avente effetti equivalenti, può essere considerato un reato che incide sulla moralità professionale dell'operatore economico o come una colpa grave».

Per quel che riguarda le direttive attualmente in vigore il considerando 106 della direttiva 2014/25/UE dispone che «gli enti aggiudicatori dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio, a causa di violazione di obblighi ambientali» (nello stesso dispongono il considerando 101 e l'art. 57 della direttiva appalti 2014/24; il considerando 70 e l'art. 38 comma 8 della direttiva settori speciali 2014/23).

Il diritto nazionale nell'art. 80 cod. contr. pubbl. prevede che siano esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti di lavori, forniture e servizi i soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile giudicato o altro provvedimento del giudice penale equiparato per una serie di reati specifici tra i quali non sono previsti i reati ambientali (disciplinati dagli artt. 452-bis e seguenti del codice penale come modificato dalla legge 22 maggio 2015, n. 68).

Ci si è chiesti se anche i reati ambientali, possano essere ricondotti tra i reati che comportano l'esclusione dalle gare e la risposta in passato in dottrina era stata generalmente positiva dato il fatto che l'art. 38 del previgente cod. contr. pubbl. non elencava un'apposita lista di reati rilevanti ai fini dell'esclusione delle gare ma faceva riferimento all'ampia previsione di reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale.

La valutazione veniva in passato rimessa alle pubbliche amministrazioni appaltanti e doveva essere adeguatamente motivata: si è ora in attesa dell'interpretazione che darà la giurisprudenza dell'anzidetto art. 80 cod. contr. pubbl. che avendo adottato l'approccio della lista di reati specificamente rilevanti sembra, almeno ad una prima lettura, escludere che un'impresa che sia stata condannata per reati ambientali possa essere “esclusa” da un appalto.

(Segue). L'elemento ambientale nella valutazione della capacità tecnica dell'offerente (art. 87 cod. contr. pubbl.)

Le considerazioni di carattere ambientale possono rilevare nella valutazione della capacità tecnica dell'offerente come esperienza specifica in campo ambientale: in questo senso può essere richiesto, ad esempio, il possesso della certificazione EMAS (che è una certificazione di processi produttivi disciplinata da Regolamenti comunitari del 2001, 2006 e 2009) o Ecolabel (che è una certificazione di prodotto o di servizio disciplinato da Regolamenti comunitari del 1992 e del 2010).

L'esperienza specifica in campo ambientale dell'offerente può essere valutata attraverso il possesso della certificazione EMAS o Ecolabel.

Il diritto interno ha recepito le disposizioni europee sul punto (considerando 88 e artt. 12 e 62 direttiva appalti 2014/24 e considerando 93 e art. 81 della direttiva settori speciali 2014/25; in passato così disponeva la direttiva n. 18 del 2004 nei considerando 44 e artt. 48 par. 2 e 50) con l'art. 87 cod. contr. pubbl.

Tale norma stabilisce al comma 2, che «le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell'operatore economico di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale, fanno riferimento al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) o a altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all'articolo 45 del regolamento (CE) n. 1221 del 2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia, certificate da organismi accreditati per lo specifico scopo, ai sensi del regolamento (CE) n.765 del 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. Le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Qualora gli operatori economici abbiano dimostrato di non avere accesso a tali certificati o di non avere la possibilità di ottenerli entro i termini richiesti per motivi loro non imputabili, la stazione appaltante accetta anche altre prove documentali delle misure di gestione ambientale, purché gli operatori economici dimostrino che tali misure sono equivalenti a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile».

Vale, dunque, anche in questo caso, il principio di equivalenza per cui le amministrazioni sono tenute ad accettare parimenti altre prove relative a misure equivalenti in materia di gestione ambientale, prodotte dagli operatori economici.

Sempre il medesimo art. 87 cod. contr. pubbl., al comma 3, sancisce che «le stazioni appaltanti, qualora richiedano agli operatori economici la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare la conformità ai criteri di cui al comma 2 dell'articolo 34, fanno riferimento a organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) n.765 del 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, in conformità alle norme UNI CEI EN ISO/IEC della serie 17000».

Infine, in base al comma 4, «le informazioni relative ai documenti presentati come prova del rispetto delle norme ambientali e di qualità sono messe a disposizione degli altri Stati membri, su richiesta dalla Cabina di regia».

Casistica

Norme di gestione ambientale

Nella valutazione dell'offerta possono essere utilizzati criteri non prettamente economici purché non producano effetti discriminatori nei confronti degli offerenti.

Corte Giust., 20 settembre 1988, causa C 31/87 Beentjes

Considerazioni di tipo non economico possono concorrere a formare criteri di aggiudicazione di un contratto pubblico poiché anche fattori non economici possono incidere sul valore di un'offerta per l'amministrazione aggiudicatrice.

Corte Giust., 17 settembre 2002, C 513/99 Concordia Bus Finland

Compatibilità di criteri non prettamente economici con la disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, a condizione che non siano forieri di discriminazione e siano oggetto di un'adeguata pubblicità.

Corte di giustizia, 28 marzo 1995, C-324/93, Evans Medical Ltd e Macfarlan Smith Ltd

I criteri ambientali possano legittimamente rilevare ai fini della determinazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Corte di giustizia, 4 dicembre 2003, C-448/01, EVN AG. et Wienstrom GmbH c. Republik Österreich

Limiti entro i quali è consentito alle pubbliche amministrazioni di ricorrere a criteri ambientali è stato oggetto anche di un'ulteriore pronuncia.

Corte Giust., 10 aprile 2003, C 20/01 e C 28/01, Commissione c/Germania

Il requisito relativo alla certificazione ISO 14001, previsto dalla disciplina di gara per l'affidamento del servizio di attività relative all'impianto di pubblica illuminazione, deve ritenersi illegittimo in quanto non ragionevolmente calibrato con riferimento alle caratteristiche di un appalto rispetto al quale il profilo della tutela ambientale non è presente in modo particolarmente significativo (impianti di pubblica illuminazione).

TAR Puglia, Bari, III, 6 ottobre 2009, n. 2247

La richiesta di una certificazione ISO 14001 attinente esclusivamente ai processi produttivi utilizzati nella organizzazione imprenditoriale e che non è una certificazione del prodotto o del suo uso, in disparte le problematiche relative alla applicabilità delle misure di gestione ambientale alle forniture, anche in relazione all'articolo 281 del regolamento di esecuzione al codice di cui al d.P.R. n.207 del 2010, che estende la previsione anche alle forniture, non è ragionevolmente coerente con il criterio della appropriatezza risultando ultronea e sproporzionata e soprattutto inidonea a generare ricadute virtuose “durante la esecuzione del contratto” sull'ambiente direttamente interessato alla fornitura, alla stregua del preciso dettato dell'art. 44 del codice dei contratti.

Cons.Stato, III, 7 dicembre 2011, n. 6466

La richiesta di misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare durante l'esecuzione del contratto deve essere appropriata e di ciò si deve dare adeguata giustificazione (nella specie, il bando pretendeva, ai fini della partecipazione alla gara, il possesso e la produzione di certificato UNI EN ISO 14001 riferito ad immobile da adibire a deposito archivistico).

T.A.R. Reggio Calabria, (Calabria), sez. I, 2 luglio 2010, n. 682

(Segue). La diminuzione delle garanzie in caso di certificazioni ambientali (art. 93 cod. contr. pubbl.)

Com'è noto ogni offerta viene corredata da una garanzia fideiussoria (generalmente pari al 2% del prezzo base indicato nel bando o nell'invito) che deve essere proporzionata e adeguata alla natura delle prestazioni oggetto del contratto e al grado di rischio ad esso connesso (in tal senso l'importo può essere diminuito fino all'1% o aumentato fino al 4%).

L'art. 93 comma 7, cod. contr. pubbl. prevede che nei contratti relativi a lavori, servizi o forniture, l'importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo é ridotto del 30 per cento, anche cumulabile con la riduzione di cui al primo periodo, per gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), ai sensi del regolamento (CE) n. 1221 del 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, o del 20 per cento per gli operatori in possesso di certificazione ambientale ai sensi della norma UNI ENISO14001. Nei contratti relativi a servizi o forniture, l'importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo é ridotto del 20 percento, anche cumulabile con la riduzione di cui ai periodi primo e secondo, per gli operatori economici in possesso, in relazione ai beni o servizi che costituiscano almeno il 50 per cento del valore dei beni e servizi oggetto del contratto stesso, del marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) ai sensi del regolamento(CE) n. 66 del 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009. Nei contratti relativi a lavori, servizi o forniture, l'importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo è ridotto del 15 per cento per gli operatori economici che sviluppano un inventario di gas ad effetto serra ai sensi della norma UNI EN ISO 14064-1oun'impronta climatica (carbon footprint) di prodotto ai sensi della norma UNI ISO/TS 14067. Per fruire delle riduzioni di cui al presente comma, l'operatore economico segnala, in sede di offerta, il possesso dei relativi requisiti e lo documenta nei modi prescritti dalle norme vigenti.

(Segue). La considerazione dell'elemento ambientale tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (artt. 95 e 96 cod. contr. pubbl.)

La tutela ambientale rileva soprattutto, come si è detto, nella fase conclusiva della procedura ad evidenza pubblica, quella che investe la valutazione delle offerte e l'aggiudicazione dell'appalto.

Sul punto l'art. 95 cod. contr. pubbl. (criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa) dispone che il criterio generale per l'aggiudicazione degli appalti sia quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa che viene individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita.

Lo stesso approccio di considerazione dell'elemento ambientale si ritrova anche nella legge delega in materia di appalti (legge n. 11 del 2016) per la quale costituisce principio o criterio direttivo l'«utilizzo, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, per l'aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita e includendo il “miglior rapporto qualità/prezzo” valutato con criteri oggettivi sulla base degli aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all'oggetto dell'appalto pubblico o del contratto di concessione» (art. 1 comma 1 lett. ff)).

Il riferimento all'integrazione del fattore costo del ciclo di vita nell'offerta economicamente più vantaggiosa viene richiamato anche nei considerando 92, 93 e 97 nonché negli artt. 67 e 68 della direttiva appalti 2014/24; nei considerando 101 e 102 e negli artt. 82 e 83 della direttiva settori speciali 2014/25/UE; nei considerando 64 e 73 e nell'art. 41 par. 2 della direttiva concessioni 2014/23.

L'art. 95 comma 6 cod. contr. pubbl. stabilisce che «i documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, é valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto. Nell'ambito di tali criteri possono rientrare: a) la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione e relative condizioni; b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; c) il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione; d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione del 9 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni e) l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto; f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica; g) le condizioni di consegna quali la data di consegna, il processo di consegna e il termine di consegna o di esecuzione».

L'art. 96 cod. contr. pubbl. stabilisce la disciplina del c.d. LCA stabilendo che tra i costi legati al ciclo di vita di un prodotto, di un servizio o di un lavoro vanno considerati i costi sostenuti dall'amministrazione aggiudicatrice o da altri utenti, quali quelli relativi all'acquisizione; quelli connessi all'utilizzo, quali consumo di energia e altre risorse; quelli di manutenzione; quelli relativi al fine vita, come i costi di raccolta, di smaltimento e di riciclaggio; quelli imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita, purché il loro valore monetario possa essere determinato e verificato. Tali costi possono includere i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti, nonché altri costi legati all'attenuazione dei cambiamenti climatici.

La medesima norma al comma 2 stabilisce che «quando valutano i costi utilizzando un sistema di costi del ciclo di vita, le stazioni appaltanti indicano nei documenti di gara i dati che gli offerenti devono fornire e il metodo che la stazione appaltante impiegherà al fine di determinare i costi del ciclo di vita sulla base di tali dati. Per la valutazione dei costi imputati alle esternalità ambientali, il metodo deve soddisfare tutte le seguenti condizioni: a) essere basato su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori. Se il metodo non é stato previsto per un'applicazione ripetuta o continua, lo stesso non deve favorire né svantaggiare indebitamente taluni operatori economici; b) essere accessibile a tutte le parti interessate; c) i dati richiesti devono poter essere forniti con ragionevole sforzo da operatori economici normalmente diligenti, compresi gli operatori economici di altri Stati membri, di paesi terzi parti dell'AAP o di altri accordi internazionali che l'Unione é tenuta a rispettare o ratificati dall'Italia».

La ratio del concetto di “ciclo di vita” sembra potersi rintracciare nel principio di prevenzione o di azione preventiva in combinato con quello chi inquina paga. Attraverso l'LCA si monetizzano i costi delle esternalità ambientali che sovente si legano alla realizzazione di un prodotto, servizio o lavoro e delle quali le stazioni appaltanti oggi devono tener conto nel valutare l'offerta economicamente più vantaggiosa.

I criteri ecologici possono essere inseriti come elementi da valutare nell'offerta economicamente più vantaggiosa purché siano collegati all'oggetto dell'appalto, non conferiscano alla detta amministrazione aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta, siano espressamente menzionati nel capitolato d'oneri o nel bando di gara e rispettino tutti i principi fondamentali del diritto comunitario, in particolare, il principio di non discriminazione. La p.a. non si deve limitare a considerare il prezzo dell'oggetto ma anche il costo del ciclo di vita dell'oggetto stesso.

Orientamenti a confronto

Considerazione dell'elemento ambientale nell'offerta economicamente più vantaggiosa

L'art. 44, d.lgs. n. 163 del 2006 nel prevedere che le stazioni appaltanti possano richiedere l'indicazione delle misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare durante l'esecuzione del contratto, si sofferma a precisare che ciò è possibile “unicamente nei casi appropriati” previsti dall'emanando regolamento, ai sensi dell'art. 42, comma 1, lett. f), del medesimo testo. Anche a voler ritenere che, in attesa del regolamento, la stazione appaltante possa richiedere specifiche attestazioni circa le misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare, è indubbio che la richiesta deve essere appropriata e che della appropriatezza deve essere data adeguata giustificazione (nella specie, il bando pretendeva, ai fini della partecipazione alla gara, il possesso e la produzione di certificato UNI EN ISO 14001 riferito ad immobile da adibire a deposito archivistico).

T.A.R. Reggio Calabria, (Calabria), sez. I, 02 luglio 2010, n. 682

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