Amministrazione di sostegno e cumulo di domande di separazione e divorzio
22 Gennaio 2025
Massima Nel giudizio instaurato ex art 473-bis.49 c.p.c., è necessaria una specifica autorizzazione per l'amministratore di sostegno che instauri, in favore del beneficiario, una azione cumulativa di separazione e divorzio ed è parimenti necessario che l'autorizzazione contempli la nomina di un curatore cui sia conferito uno specifico ius postulandi con riferimento alle plurime questioni sottese all'azione al fine di una protezione, non solo formale, ma anche di una rappresentanza piena della autonomia personale e negoziale del beneficiario. In difetto, non può dirsi correttamente instaurato il contraddittorio, ciò integrando una violazione rilevante ex art 354 c.p.c. tale da determinare, per effetto della nullità, la regressione del procedimento al primo grado di giudizio. Il caso Un uomo presentava istanza per chiedere la separazione giudiziale dei coniugi e contestualmente la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La moglie, in precarie condizioni di salute, si costituiva con l’assistenza di un amministratore di sostegno. Dopo aver ascoltato le due figlie della coppia l’organo giudicante disponeva la separazione e l’affidamento esclusivo delle minori al padre, stabilendo la possibilità per la madre di incontrare liberamente le ragazze, senza peraltro la presenza di parenti materni. La decisione si fondava sulle gravi condizioni di salute della signora e sull’assenza di un rapporto tra la stessa e le minori. Si rilevava inoltre come i familiari della donna intrattenessero pessimi rapporti con il papà delle ragazze con il quale erano anche in corso contenziosi giudiziari. Il Tribunale poneva a carico della madre un contributo al mantenimento delle minori di complessivi € 300, oltre la rivalutazione annua ISTAT ed oltre il 40% delle spese straordinarie secondo il protocollo della Corte di Appello di Milano. Non veniva invece stabilito alcun contributo al mantenimento della moglie. Il provvedimento disponeva altresì il monitoraggio da parte dei Servizi Sociali per verificare il ripristino dei rapporti madre-figlie. La donna appellava tale sentenza chiedendo, tra le alte cose, una revisione della decisione sull’affidamento delle figlie. Sosteneva in proposito di essere stata esclusa dalle decisioni sulla vita delle ragazze a causa delle sue condizioni di salute e sulla base di dichiarazioni delle stesse non del tutto coerenti. Tale statuizione sarebbe, secondo la stessa, riconducibile ad un affidamento c.d. “super esclusivo”. La questione Il provvedimento della Corte d’Appello di Milano si interroga sui poteri dell’amministratore di sostegno e in particolare sulla possibilità di questi di agire rappresentando in giudizio l’amministrato in un procedimento di separazione personale, in cui ai sensi dell’art. 473-bis.49 c.p.c., le parti hanno proposto anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Le soluzioni giuridiche La Corte d'appello si sofferma in primis sulla legittimazione all'azione della donna. L'appellato aveva presentato infatti eccezione in merito alla carenza di legittimazione attiva di controparte in quanto l'amministratore di sostegno aveva proposto domanda cumulativa di separazione e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in difetto di specifica autorizzazione del Giudice Tutelare. I giudici sostengono in proposito che l'amministratore di sostegno, che rappresenta la signora sia privo dell'autorizzazione necessaria ai sensi dell'art. 375 c.c. (norma attualmente trasposta nell'art. 374 c.c.). Detto amministratore aveva infatti chiesto al giudice tutelare l'autorizzazione “a difendere e rappresentare la propria assistita” in un procedimento di separazione, ma non nel procedimento de quo. Il ricorso che dà origine alla vicenda era stato presentato ai sensi dell'art. 473-bis.49 c.p.c., norma che delinea un'istanza cumulativa di separazione e di cessazione degli effetti civili del matrimonio e non una semplice separazione. Si tratta dunque di una domanda complessa, specifica il provvedimento in esame, caratterizzata da intrecci tra questioni patrimoniali e non, comuni sia alla separazione che al divorzio, che sono interconnesse al punto che le determinazioni assunte in sede di separazione riverberano i propri effetti nel giudizio di divorzio. Oltre alla statuizione in tema di status sia di separazione che di divorzio, vi sono domande de potestate tali da incidere sulla responsabilità genitoriale, e domande a contenuto patrimoniale che ricadono nelle previsioni di cui all'art. 405 c.c. e richiedono una speciale autorizzazione. È quindi manifestamente esorbitante, sottolinea il Collegio, il contenuto della autorizzazione richiesta con riferimento ad un non altrimenti chiarito giudizio di separazione. La Corte, inoltre, richiama analogicamente la normativa relativa alla tutela processuale dell'incapace. Fa in particolare riferimento al previgente art. 4, comma 5, l. 898/1970, secondo cui il presidente del tribunale nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace (norma attualmente trasposta nell'art. 473-bis.14 c.p.c.; così Cass. 9582/2000). A tutela dell'incapace era quindi prevista la nomina di un curatore che affiancasse il tutore , se nominato, cui doveva essere conferito lo ius postulandi a tutela degli interessi del soggetto debole. Detto principio era stato fatto proprio dalla giurisprudenza secondo cui l'art. 4, comma 5, l. 898/1970, accomunando la posizione del malato di mente privo di protezione a quella dell'infermo dichiarato incapace di intendere e volere, stabilisce che anche quest'ultimo deve essere rappresentato da un curatore speciale in caso di procedimento di divorzio (Cass. n. 9582/2000). La giurisprudenza ha garantito continuità di effetti al principio, estendendone l'ambito applicativo a tutte le misure di protezione, quindi anche con riferimento alla sostituzione rappresentativa ad opera dell'amministratore di sostegno relativamente alla domanda di separazione giudiziale riguardante il beneficiario. A ciò si aggiunga che la riforma c.d. Cartabia, all'art. 473-bis.58 c.p.c. ha previsto che all'amministrazione di sostegno si applichino le norme di cui agli art. 473-bis.52 e ss c.p.c. ossia le norme previste in tema di interdizione, delineando così un sistema unificato di protezione dell'incapace. Risulta comunque in ogni caso necessaria, conclude la sentenza in esame, la nomina del curatore allorquando si prospetti, un conflitto di interessi. Detta ipotesi, si precisa, non può essere esclusa nella specie tenuto conto del rapporto di parentela tra la beneficiaria e l'amministratore di sostegno, tale da indurre a ritenere che questi sia inserito nei rapporti conflittuali che connotano il nucleo sia con riferimento alla relazione tra i coniugi che a quella tra madre e figlie. Pertanto, proseguono i giudici d'appello, alla luce di quanto premesso vi è necessità di un'autorizzazione specifica, ai sensi dell'art. 374 c.c., condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria intrapresa dall'amministratore di sostegno in quanto questi, laddove privo di mandato, non può agire in giudizio né, più in generale, compiere atti di straordinaria amministrazione. Peraltro, aggiunge il Collegio, vi è parimenti necessità che l'autorizzazione contempli la nomina di un curatore cui sia conferito uno specifico ius postulandi con riferimento alle plurime questioni sottese all'azione che riunisce le domande di separazione personale e di scioglimento del matrimonio al fine di una protezione, non solo formale, e di una rappresentanza piena della autonomia personale e negoziale della beneficiaria. In conclusione, ad avviso della Corte, il contraddittorio non era stato correttamente instaurato. Viene così dichiarata la nullità della sentenza per carenza di legittimazione e rimessa la causa al Tribunale perché provveda all'integrazione del contraddittorio. Osservazioni Il Collegio sottolinea altresì come mancasse la nomina di un curatore per le minori. Posta infatti la conflittualità tra i coniugi in relazione al collocamento delle stesse e alla tutela in concreto della bigenitorialità, ai fini della corretta integrazione del contraddittorio, è, si precisa, necessaria la nomina di un curatore che dia adeguato spazio di rappresentanza alle due ragazze. Si era nello stesso senso espressa recentemente la Corte di Cassazione sottolineando che in tema di procedimenti per la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, l'emersione nel giudizio di comportamenti dei genitori pregiudizievoli al figlio, rilevanti ex art. 333 c.c., pone in capo al giudice il dovere di nominare un curatore speciale al minore, in ragione del sopravvenuto conflitto di interessi con i genitori, la cui inottemperanza determina la nullità del giudizio di impugnazione e, in sede di legittimità, la cassazione con rinvio alla Corte d'appello (Cass. 7331/2024). Potrebbe interessarti |