Associazione a delinquere di stampo mafioso: la valutazione della partecipazione ed il limite di punibilità del tentativo
14 Febbraio 2025
Massima La partecipazione al sodalizio criminoso può emergere da elementi indiziari affidabili (“indicatori”), tali da consentire di inferire logicamente la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo dell'associazione. Quanto al tentativo, quello che rileva ai fini della sua punibilità è l'idoneità causale degli atti compiuti per il conseguimento dell'obiettivo criminoso (idoneità, come noto, valutata ex post prescindendo dalla mancata realizzazione dell'evento), nonché la univocità della loro destinazione, quest'ultima da apprezzarsi ex ante in rapporto alle circostanze di fatto ed alle modalità della condotta. In questo quadro la Suprema Corte precisa che possono essere puniti a titolo di tentativo non solo gli atti esecutivi veri e propri ma anche quelli che, pur classificabili come preparatori, siano corrispondenti alla descrizione di una fattispecie delittuosa e facciano quindi ritenere che l'agente, avendo organizzato il piano criminoso, abbia iniziato ad attuarlo. Il caso Il caso riguarda un sodalizio camorristico i cui appartenenti sono stati condannati per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p. e per concorso in tentato omicidio. Nella prospettazione accusatoria, recepita dai giudici di merito di primo e secondo grado con sentenze rispettivamente del 2022 e 2024, le dichiarazioni di un appartenente al sodalizio in questione, riscontrate da quelle dei collaboratori di giustizia, dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, dalle perquisizioni e dai sequestri avevano fatto emergere l'esistenza di una associazione inizialmente alleata con altre famiglie camorristiche e poi contrapposta alle stesse e coinvolta in una faida protrattasi per lungo tempo. Secondo quanto accertato dai Giudici di merito, inoltre, erano emersi una serie di comportamenti degli indagati idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di un affiliato al clan, reo di aver intrapreso una relazione con la moglie di un altro camorrista detenuto. Il progetto, secondo l'impostazione accusatoria, non era stato portato a compimento per l'intervento dell'Autorità Giudiziaria. La questione Con i ricorsi esaminati in sentenza dalla Corte di cassazione viene censurata, in primo luogo, la prova della ritenuta partecipazione al sodalizio criminoso. In secondo luogo, si contesta il giudizio di responsabilità con riferimento alla condanna per il tentato omicidio di un componente del gruppo criminoso. Con ulteriori doglianze si contestano la condanna per la ritenuta aggravante prevista dall'art. 416-bis.1 (delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p.) e per quella dell'art. 416-bis, quarto comma (associazione armata). Infine, si censura la ritenuta sussistenza della premeditazione, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuati generiche e la mancata indicazione specifica dei singoli aumenti di pena irrogati per i reati posti in continuazione. Le soluzioni giuridiche La Corte di cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, ad eccezione della doglianza proposta da alcuni imputati in merito alla mancanza di motivazione a sostegno degli aumenti di pena inflitti per effetto della continuazione tra i reati. Con riguardo, specificamente, alla prova della partecipazione al sodalizio criminoso, la Suprema Corte ha ritenuto logicamente motivate le sentenze di merito, che hanno ricostruito ruoli e posizioni all'interno del clan sulla base di un articolato materiale probatorio. Nel solco della ormai consolidata giurisprudenza (risalente al 2005 con la sentenza Mancino poi integrata dalla sentenza Modafferi del 2021, entrambe richiamate in motivazione), la Corte ha ritenuto immuni da vizi logici e motivazionali le sentenze di merito che avevano valorizzato elementi provenienti dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, dalle perquisizioni e dai sequestri, dalle dichiarazioni dei collaboranti e da quelle di un appartenente al clan. In tale contesto merita sottolineare, in particolare, che è stata ritenuta ulteriore prova della partecipazione al sodalizio criminoso l'attività di sostegno economico assicurato ai familiari di un consociato tratto in arresto, sulla base della considerazione che tale attività risulta avvantaggiare non solo il singolo ma anche l'intera consorteria interessata al mantenimento del legame con l'associato. Chi si adopera a tal fine, pertanto, è da considerare partecipe a tutti gli effetti. Quanto al delitto di tentato omicidio, è stata confermata la condanna degli imputati che erano stati interrotti dall'Autorità Giudiziaria durante la fase preparatoria del progetto criminoso, non essendo ancora iniziata quella esecutiva. Secondo la Suprema Corte, il quadro indiziario risultante dall'avvenuto scavo di una fossa in luogo impervio, dalla ripartizione di compiti con l'individuazione degli esecutori dell'omicidio, dalla individuazione delle modalità esecutive (un colpo di pistola alla nuca), dal preventivato occultamento dei mezzi impiegati per l'azione criminosa (le auto), dalla disponibilità di una pistola ben consentono di ritenere la condotta accertata caratterizzata dalla idoneità degli atti e dalla loro direzione inequivoca rispetto al fine omicidiario. Osservazioni La pronuncia in commento offre l'opportunità di riflettere su alcune tematiche sempre attuali in merito alle regole processuali che sovraintendono al ragionamento probatorio. La Corte ribadisce che la partecipazione ad una associazione a delinquere di stampo mafioso deve sostanziarsi in un agire concreto e causalmente efficace rispetto agli scopi del sodalizio; la prova di tale condotta si trae da “indicatori logici” che, alla luce delle regole d'esperienza, consentono di individuare un atto partecipativo in un determinato comportamento. Degno di nota è anche il rilievo attribuito alla individuazione, nell'ambito del tentativo, non solo degli atti esecutivi veri e propri, ma anche di quelli che, pur classificabili come preparatori, siano in qualche modo tipici, cioè corrispondenti, anche solo in minima parte, alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa. In conclusione, la pronuncia in commento riafferma autorevolmente i principi già da tempo affermatisi in materia di prova della partecipazione al sodalizio criminoso, ribadendo la necessità di individuare apporti concreti alla vita dell'associazione che possano essere indici idonei a sostenere logicamente l'affermazione di una intervenuta adesione alla compagine criminosa. |