Crisi d'impresa
IlFallimentarista

La ristrutturazione trasversale nel concordato in continuità

Daniele Fico
25 Febbraio 2025

La ristrutturazione trasversale (cross-class cram-down), art. 112, comma 2, c.c.i.i., mostra un evidente favor del legislatore verso soluzioni che prevedono la prosecuzione, diretta o indiretta, dell’attività aziendale agevolando processi di ristrutturazione pure in presenza di diffuso dissenso di parte dei creditori, al fine di consentire la riammissione nel mercato dell’impresa e la salvaguardia dei posti di lavoro  

Premessa

L'art. 109, comma 5, c.c.i.i., stabilisce che il concordato preventivo in continuità - procedura nella quale è obbligatoria la suddivisione dei creditori in classi ex art 85, comma 3, c.c.i.i. - è approvato se tutte le classi votano a favore.

Ai fini dell'unanimità del voto, è precisato nel predetto quinto comma dell'art. 109, in ciascuna delle classi la proposta è approvata ove sia raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto o, in mancanza, se hanno votato a favore i due terzi dei creditori votanti, a condizione che abbiano esercitato il diritto di voto i creditori titolari di almeno la metà dei crediti della stessa classe; con la conseguenza che si considera consenziente la classe in cui abbia votato a favore un terzo (corrispondente ai due terzi della metà) e quindi soltanto il 33,33% dei crediti che la compongono.

Il concordato in continuità, tuttavia, può essere omologato anche in assenza dell'anzidetta “unanimità” dei voti, attraverso il meccanismo della ristrutturazione trasversale dei debiti ex art. 112, comma 2, c.c.i.i., che impone l'accettazione della proposta concordataria anche alle classi dei creditori che hanno respinto la medesima, non approvandola con il proprio voto, sempre che il ricorrente ne faccia espressamente richiesta (cfr. S. Leuzzi, L'omologazione del concordato preventivo in continuità, in dirittodellacrisi.it, 16 febbraio 2023; G. D'Attorre, Dal principio di maggioranza al principio di minoranza, in Fall., 2023, 301 ss.).

Il meccanismo della ristrutturazione trasversale o cross-class cram-down di cui al suddetto secondo comma dell'art. 112 trae origine dall'art. 11 Dir. UE/2019/1023 (c.d. direttiva Insolvency) che, al fine di favorire i processi di ristrutturazione volti a preservare la continuità aziendale diretta o indiretta, ha riservato la possibilità agli Stati membri di prevedere forme di omologazione forzosa dei piani di ristrutturazione a condizione che l'autorità giudiziaria assicuri a tutti i creditori la correttezza della formazione delle classi e l'assenza di nocumento alle ragioni dei creditori stessi rispetto all'ipotesi di liquidazione giudiziale.

Presupposti della ristrutturazione trasversale: regole di priorità assoluta e priorità relativa

Ai sensi dell'art. 112, comma 2, c.c.i.i., nel concordato in continuità che registri la contrarietà di una o più classi, il tribunale, su richiesta del debitore (o con il consenso di quest'ultimo in caso di proposte concorrenti, quando l'impresa non superi i requisiti richiesti dal terzo comma, secondo periodo, dell'art. 85 c.c.i.i.), può omologare la procedura concordataria qualora accerti il concorso contestuale delle seguenti quattro condizioni:

(a) il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;

(b) il surplus concordatario (definito anche plusvalore da continuità) sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall'art. 84, comma 7, per i crediti da lavoro ex art. 2751-bis, n. 1, c.c.;

(c) nessun creditore riceva più dell'importo del proprio credito;

(d) la proposta risulti comunque approvata dalla maggioranza delle classi, sempre che almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza dell'approvazione a maggioranza delle classi, sia approvata anche soltanto da una classe di creditori ai quali è offerto un importo non integrale del credito e che sarebbero soddisfatti totalmente o parzialmente ove si applicasse l'ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione. 

La condizione sub a) prevede che il valore di liquidazione venga distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; cioè che il valore di liquidazione dei beni sia distribuito secondo la regola della priorità assoluta (absolute priority rule) che, in osservanza agli artt. 2740 e 2741 c.c., prevede il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione sull'attivo ripartibile e preclude il pagamento dei creditori di rango inferiore sino al completo soddisfacimento dei creditori di rango superiore.

La condizione sub b) attiene ai criteri di distribuzione del surplus concordatario, cioè del valore eccedente quello di liquidazione; plusvalore da distribuire sulla base della regola della priorità relativa (relative priority rule) in maniera tale, cioè, che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello della classi del medesimo grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, consentendosi così una distribuzione per i creditori successivi anche in caso di soddisfazione non integrale della classe superiore, nel rispetto di quanto i primi riceverebbero dalla liquidazione giudiziale dei beni, con l'unica eccezione dei creditori assistiti da privilegio generale ai sensi dell'art. 2751-bis, n. 1, c.c., per i quali il principio della priorità assoluta va in ogni caso rispettato (sul tema, G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla “distribuzione” del patrimonio (tra regole di priorità assoluta e regole di priorità relativa), in dirittodellacrisi.it, 25 febbraio 2022. Per Trib. Torino 11 novembre 2024, in ilcaso.it, al fine di individuare l'ambito di applicazione dei due anzidetti principi di priorità assoluta e priorità relativa, all'interno del concordato preventivo in continuità (anche indiretta), è necessario effettuare una scomposizione astratta del patrimonio in un “prima” - il patrimonio secondo il valore di liquidazione giudiziale - e in un “dopo” - il c.d. “surplus da continuità” -, rispetto all'attuazione del piano concordatario. Mentre il patrimonio secondo il valore di liquidazione giudiziale deve sottostare necessariamente alla regola della priorità assoluta, il plusvalore da continuità può essere distribuito secondo la regola della priorità relativa. Secondo Trib. Busto Arsizio 8 maggio 2024, in Fall., 2024, 1566 e ss., con commento di F. Rolfi, Ristrutturazione trasversale e principio di non discriminazione: todos caballeros?, la condizione di cui all'art. 112, comma 2, lett. b), c.c.i.i., deve essere riferita non soltanto ai creditori privilegiati, ma anche a quelli chirografari. Dal confronto letterale tra l'art. 112, comma 2, lett. b), c.c.i.i. e l'art. 11, par. 1, lett. c), direttiva Insolvency, osserva l'autore, si evince che il legislatore italiano, al pari di quello comunitario, avrebbe inteso fare riferimento al “rango”, nozione riferibile anche ai creditori chirografari e non alla più ristretta nozione di “grado”, riferibile al contrario ai soli creditori privilegiati con conseguente operatività della regola di non discriminazione prevista dal secondo comma, lett. b), dell'art. 112 anche ai creditori di natura chirografaria).

Tale disposizione, pertanto, attribuisce “precedenza” alle ragioni dell'impresa in difficoltà (ed al tentativo di suo salvataggio) rispetto alla tutela delle ragioni dei creditori, rectius del diritto di credito in sé e per sé considerato (in questo senso S. Ambrosini, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 10 marzo 2024).

Le regole di cui sopra – ai sensi dell'art. 84, comma 6, ultimo periodo, c.c.i.i. - trovano eccezione nel caso di apporto di risorse esterne delle quali, essendo liberamente distribuibili, il debitore potrà avvalersi “per realizzare quella distribuzione asimmetrica tra classi dello stesso grado (o rango) altrimenti preclusa dall'art. 112, comma 2, lett. b), c.c.i.i., in modo da raggiungere quell'obiettivo di incentivazione all'adesione al concordato che da sempre è stato uno dei fondamenti della suddivisione in classi e della distribuzione asimmetrica dell'attivo concordatario” (l'espressione è di F. Rolfi, Ristrutturazione trasversale e principio di non discriminazione: todos caballeros?, cit., 1581).

La condizione sub c), in base alla quale nessun creditore deve ricevere un importo maggiore del proprio credito, è volta ad evitare accordi con i creditori medesimi che prevedano benefici aggiuntivi al fine di ottenere il voto favorevole in violazione delle regole del concorso.

Le anzidette tre condizioni inerenti alla distribuzione dei valori “sono comunque avvinte da un nesso inscindibile, dovendo coabitare contestualmente perché ci si possa accostare alla quarta” (così M. Fabiani, S. Leuzzi, Il controllo giudiziale nei concordati - La ristrutturazione trasversale, in dirittodellacrisi.it, 18 dicembre 2024).

L'omologazione del concordato in presenza del solo voto favorevole di una classe di creditori

L'art. 112, comma 2, lett. d), c.c.i.i., prevede, a sua volta, due condizioni tali da consentire l'omologazione del concordato in continuità.

La prima è costituita dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione; creditori che, come noto, ai sensi dell'art. 109, comma 5, c.c.i.i., partecipano al voto in quanto non soddisfatti integralmente, in denaro ed entro centottanta giorni dall'omologazione (eccezion fatta per i creditori assistiti dal privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 1, c.c., che hanno diritto di voto nel caso di moratoria superiore a trenta giorni dall'omologazione, ma comunque entro sei mesi dall'omologazione medesima ai sensi dell'art. 86 c.c.i.i.).  

L'omologazione del concordato in continuità può avvenire altresì – in base alla seconda delle due condizioni previste dalla predetta lett. d) dell'art. 112 - pur essendoci la non adesione da parte della maggioranza delle classi, in presenza del solo voto favorevole di una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccendente quello di liquidazione.

L'approvazione anche da parte di una sola classe di una proposta e di un piano, che con riferimento alla distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione, abbia accettato un trattamento deteriore rispetto a quello ad essi spettante sulla base della graduazione delle cause legittime di prelazione, assorbe e prevale sulla circostanza che complessivamente le classi dei creditori non abbiano in alcun modo, neanche a maggioranza, approvato la proposta. Il presupposto dell'omologazione della proposta concordataria non risiede neanche in parte sulla volontà dei creditori - non essendo richiesta un'adesione di questi alla proposta né totalitaria, né maggioritaria; essendo piuttosto sufficiente per l'omologa che anche una sola classe e, pertanto, anche una minoranza di creditori formata in una classe, abbia accettato, attraverso approvazione della proposta, un livello di soddisfazione sul valore eccedente quello di liquidazione, inferiore rispetto a quello cui avrebbe avuto diritto secondo le regole della graduazione (in questo senso B. Inzitari, Le mobili frontiere della responsabilità patrimoniale: distribuzione del valore tra creditori e soci nel concordato in continuità secondo la negozialità concorsuale del codice della crisi, in dirittodellacrisi.it, 27 febbraio 2023).

Con la modifica apportata dal d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (correttivo-ter) all'anzidetta lett. d) dell'art. 112 – alla luce della quale è stata aggiunta alla locuzione “in mancanza” l'espressione “in mancanza dell'approvazione a maggioranza delle classi” – è stato risolto il dubbio originato dall'interpretazione letterale del testo previgente circa la necessità dell'approvazione da parte della maggioranza delle classi o, più semplicemente, del voto favorevole di una sola classe.

L'orientamento prevalente in giurisprudenza e dottrina, conforme all'art. 11 della direttiva Insolvency, si è espresso per la sufficienza dell'approvazione da parte di almeno una classe di creditori (privilegiati), che nel concordato venga trattata in maniera deteriore, in termini di pregiudizio, rispetto all'ipotesi della procedura di liquidazione giudiziale (v. Trib. Milano 30 maggio 2024, in Le Società, 2024, 1388 ss., con commento di E. Ricciardiello, La ristrutturazione trasversale nel concordato con classamento dei soci; Trib. Mantova 14 marzo 2024, in ilcaso.it; Trib. Bergamo 11 aprile 2023, in dirittodellacrisi.it; Contra, Trib. Lecce 31 maggio 2024, in IUS Crisi d'impresa, 18 giugno 2024, che ha ritenuto in ogni caso necessaria, in mancanza dell'unanimità, l'approvazione della maggioranza delle classi. In dottrina, per la sufficienza del voto favorevole di una sola classe, M. Fabiani, Il diritto diseguale nella concorsualità concordataria postmoderna, in Fall., 2022, 1489; S. Leuzzi, L'omologazione del concordato preventivo in continuità, in dirittodellacrisi.it, cit.; G. D'Attorre, Dal principio di maggioranza al principio di minoranza, cit., 306 ss. Per la necessità comunque della maggioranza delle classi, di cui una composta da creditori prelazionari, in epoca anteriore al Correttivo-ter, F. Lamanna, Il codice della crisi dopo il secondo correttivo, Milano, 2022, 562; G. Fichera, Il giudizio di omologazione nei concordati liquidatori e in continuità aziendale, in dirittodellacrisi.it, 1° novembre 2022; F. Di Marzio, Diritto dell'insolvenza, Milano, 2023, 577).

Un'ulteriore questione interpretativa dell'art. 112, comma 2, lett. d), c.c.i.i., ha riguardato la corretta identificazione delle classi di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul plusvalore da continuità: in particolare se la classe onnipotente deve essere formata da creditori economicamente “interessati” o “maltrattati” (sul tema, v. G. D'Attorre, Classi “interessate” e classi “maltrattate” nella ristrutturazione trasversale, in dirittodellacrisi.it, 24 maggio 2023, a parere del quale dalla lettura del già citato art. 11, comma 1, Direttiva Insolvency, emerge chiaramente che la “golden share” può essere attribuita o alle classi di voto di “parti interessate” o, qualora previsto dal diritto nazionale, alle classi di voto di “parti che subiscono un pregiudizio”, definite anche come classi di creditori “svantaggiati” o “maltrattati”).

A ben vedere, la distinzione tra classi “interessate” e classi “maltrattate” (definite anche “svantaggiate”) non è semplicemente nominalistica, ben potendo i creditori “interessati” - cioè quelli che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando l'ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione - coincidere con i creditori “maltrattati” nel caso in cui la proposta di concordato preventivo prevede di fatto per essi un soddisfacimento inferiore rispetto a quello che avrebbero potuto ottenere rispettando la absolute priority rule su tutto il valore. Al contrario, i creditori “interessati” non coincidono con quelli “maltrattati”, quando la proposta, per effetto di un sacrificio imposto alle classi superiori, offra loro comunque un soddisfacimento pari o superiore rispetto a quello che avrebbero potuto ottenere rispettando la predetta regola della priorità assoluta su tutto il valore.

In tale ipotesi, “ritenere necessario il voto favorevole della classe di creditori svantaggiati significa privare illegittimamente della golden share la classe di creditori interessati, ma non svantaggiati” (così G. D'Attorre, Classi “interessate” e classi “maltrattate” nella ristrutturazione trasversale, cit., secondo cui il legislatore italiano ha esercitato la scelta concessa dalla Direttiva Insolvency attribuendo il potere decisivo alla classe “interessata”, cioè alla classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione. Per Trib. Genova 13 giugno 2024, in dirittodellacrisi.it,, la classe non deve necessariamente essere composta da creditori “maltrattati” o “svantaggiati”, cioè destinati a subire, per effetto della proposta, una riduzione del valore delle loro pretese, ben potendo trattarsi di una classe in the money, ossia di creditori “interessati” in quanto comunque destinatari di una qualche soddisfazione anche ove la proposta prevedesse una distribuzione del valore dell'attivo concordatario secondo la regola di priorità assoluta).

Secondo l'opinione dominante in dottrina e giurisprudenza, si tratterebbe di classi di creditori “maltrattati” o “svantaggiati”, cioè di quei creditori che riceverebbero nella procedura di liquidazione giudiziale un trattamento migliore, in quanto sulla base della loro posizione nell'ordine della graduazione sarebbero soddisfatti in misura superiore con applicazione della regola della priorità assoluta in luogo di quella di priorità relativa applicata al concordato preventivo (in questo senso, M. Fabiani, Il diritto diseguale nella concorsualità concordataria postmoderna, cit., 1489; S. Leuzzi, L'omologazione del concordato preventivo in continuità, in dirittodellacrisi.it, cit. In giurisprudenza, Trib. Bergamo 11 aprile 2023, cit., per cui ai fini dell'omologazione “occorre, quale requisito minimo, quello della approvazione della proposta da parte di almeno una classe di creditori privilegiati, che sia per così dire maltrattata nella proposta concordataria e pur tuttavia sia fiduciosa nella bontà della proposta di rilancio dell'impresa”; App. Roma 24 aprile 2024, per cui il concordato preventivo in continuità ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. d), c.c.i.i., supera  il vaglio dell'omologazione se intercetta il consenso di almeno una classe di creditori “maltrattati”, in quanto titolari di una aspettativa potenziale di migliore soddisfacimento in relazione del proprio rango creditorio: «La regola è dunque parte integrante del generale quadro regolatorio di favore per la ristrutturazione, procedimento che tutela i creditori ma, al tempo stesso, consente di tener conto anche di altri interessi ugualmente pregiudicati dalla crisi d'impresa, in primo luogo la conservazione dei posti di lavoro, il mantenimento dell'impresa nell'interesse dei fornitori, il recupero dell'equilibrio dell'impresa nel generale interesse dell'assetto economico»).   

Tale orientamento è stato “recepito” dalla novellata lett. d) dell'art. 112, comma 2, c.c.i.i. – nel testo modificato dal già citato art. 26 Correttivo-ter (per il cui approfondito commento cfr. F. Lamanna, Il terzo correttivo al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Commento al d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136, Milano, 2024) – in base alla quale, in mancanza dell'approvazione a maggioranza delle classi, la proposta concordataria è approvata da almeno una classe di creditori:

  • ai quali è offerto un importo non integrale del credito;
  • che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte ove si applicasse l'ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione;

così evidenziando implicitamente che tale classe è quella “svantaggiata” e non quella “interessata”.

Sul punto, la relazione illustrativa del d.lgs. 136/2024 chiarisce che la ristrutturazione trasversale è possibile qualora la proposta di concordato sia approvata da una classe di creditori non integralmente soddisfatti con la medesima proposta i quali, in caso di soddisfazione secondo la regola della priorità assoluta, troverebbero soddisfacimento anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

La direttiva Insolvency, infatti, consente l'omologazione mediante ristrutturazione trasversale anche in caso di approvazione da parte di una sola classe di creditori a condizione che subiscono un pregiudizio, cioè che ricevono, dalla proposta, una parziale soddisfazione delle proprie ragioni e che in caso di applicazione della regola della priorità assoluta avrebbero comunque ricevuto un pagamento.

Per contro, non può rilevare il voto favorevole della classe dei creditori che, pur venendo pagati parzialmente per effetto della proposta concordataria, hanno interesse all'omologazione del concordato dal momento che non riceverebbero alcun pagamento in base alla abosulte priority rule. L'adesione della prima tipologia di classe rileva, infatti, proprio in quanto espressa nonostante l'interesse all'alternativa applicazione della priorità assoluta. L'assenso della prima tipologia di classe ha quindi un peso decisivo nelle intenzioni del legislatore europeo proprio perché ha appoggiato un piano in continuità pur avendo comunque interesse all'applicazione dell'APR.

«In buona sostanza, la classe regina è una classe penalizzata a monte, che paga, cioè, lo scotto di una decurtazione in proposta del credito, ma che, malgrado ciò, concede il proprio appoggio al concordato, rinunciando a far pesare l'interesse alla completa applicazione di quella regola di priorità assoluta, che contrassegnerebbe il concorso nella cornice liquidatoria giudiziale. L'accettazione del progetto di regolazione della crisi da parte di una classe parzialmente pretermessa è una “spia verde” della correttezza della negoziazione e tanto giustifica lo sbocco finale, pur coattivamente imposto» (l'espressione è di M. Fabiani, S. Leuzzi, Il controllo giudiziale nei concordati - La ristrutturazione trasversale, in dirittodellacrisi.it, cit.).

In presenza di una classe formata dai soci ex art. 120-ter c.c.i.i., ai fini dell'omologazione forzosa non si può tuttavia tenere conto del voto dei soci, dovendo assumere rilevanza la sola adesione dei creditori sociali (Trib. Milano 30 maggio 2024, cit.). Al classamento obbligatorio dei soci e all'esercizio del voto da parte degli stessi non corrisponde, in pratica, alcun peso sull'esito della ristrutturazione trasversale, assumendo rilevanza al fine dell'omologazione forzosa il solo voto dei creditori “in senso stretto” e non dei soci quali creditori residuali (E. Ricciardiello, La ristrutturazione trasversale nel concordato con classamento dei soci, cit. 1399. Sul tema, per una visione più generale, v. M. Fabiani, Il valore della ristrutturazione destinabile ai soci, in Fall., 2024, 605).

Tale soluzione pare trovare giustificazione nella diversa posizione dei creditori sociali rispetto a quella dei soci che, dal punto di vista dei loro interessi patrimoniali, risiede nel fatto che i primi ambiscono a conseguire il soddisfacimento dei loro crediti; mentre i secondi, quando la società non sia avviata alla liquidazione - ma se ne voglia salvaguardare la continuità aziendale - aspirano a preservare in tutto o in parte il valore delle loro partecipazioni (sul tema, v. R. Rordorf, I soci di società in crisi, in Soc. 2023, 1138 ss.)

In tale ottica, i soci sono equiparati ai creditori residuali (residual claimants, utilizzando l'espressione contenuta in L. Stanghellini, Verso uno statuto dei diritti dei soci di società in crisi, in Riv. dir. soc., 2020, 295 ss.) a cui spetta il diritto di voto in sede di omologazione, potendo eccepire il pregiudizio subito dal piano concordatario sotto il profilo del trattamento deteriore rispetto alla procedura di liquidazione giudiziale ai sensi dell'art. 120-quater, comma 3, c.c.i.i., ma cui è preclusa qualsiasi incidenza in sede di ristrutturazione trasversale dal momento che in base al cross-class cram-down deve tenersi conto della posizione delle classi dei creditori in senso stretto.

In questa situazione, l'unico rimedio effettivo a disposizione dei soci è rappresentato dall'opposizione individuale alla sentenza di omologazione nell'ipotesi in cui gli stessi deducano il pregiudizio derivante dal piano omologato rispetto alla liquidazione giudiziale (art. 120-ter, comma 3, c.c.i.i.).

Considerazioni finali

La ristrutturazione trasversale mostra un evidente favor del legislatore verso soluzioni che prevedono la prosecuzione - diretta o indiretta - dell’attività aziendale agevolando processi di ristrutturazione pure in presenza di diffuso dissenso di parte dei creditori, al fine di consentire la riammissione nel mercato dell’impresa e la salvaguardia dei posti di lavoro.  

Il concordato in continuità, in definitiva, va in porto, vuoi in ragione di una maggioranza delle classi rafforzata dalla presenza di una categoria di creditori prelatizi favorevoli, vuoi - in mancanza dell’approvazione della maggioranza delle classi – in virtù dell’approvazione da parte di una classe di creditori c.d. in the money, tale intendendosi quella che presumibilmente riceverebbe qualche soddisfazione secondo l’ordinaria graduazione dei crediti ipoteticamente applicata al valore di continuità dell’impresa.

Il concordato in continuità, in altre parole, passa il filtro dell’omologa se è favorevolmente accolto da una classe di creditori in esso “maltrattati”, in quanto titolari di una aspettativa virtuale di miglior soddisfazione alla stregua del proprio rango creditorio (S. Leuzzi, L’omologazione del concordato preventivo in continuità, cit.). In pratica, il concordato disapprovato da quasi tutte le classi rimane idoneo a superare il filtro dell’omologa perché realizza un bilanciamento degli interessi complessivi: tutela del credito, da un lato e continuità e sostenibilità d’impresa (viability), dall’altro.

Ove, tuttavia, la classe “svantaggiata” sia costituita da creditori pubblici (agenzie fiscali o enti previdenziali e assistenziali) il voto della medesima rileva soltanto se è espressamente positivo e non in virtù del cram down su tale voto (art. 88, comma 4, ultimo periodo, c.c.i.i.). 

In buona sostanza, per rilevare ai fini della ristrutturazione trasversale il voto della classe “maltrattata” costituita dai creditori pubblici deve essere espresso; non potendo essere lasciata alla discrezione dell’autorità giudiziaria l’omologazione di un concordato in continuità senza consenso. «L’intervento del giudice può servire a smussare qualche angolo troppo aguzzo, a superare il comportamento ostruzionistico di una classe; ma non può supplire in toto alla mancanza di un consenso, che dice molte cose sul debitore» e che non può essere considerato un «inutile orpello» (così G. Terranova, Concordati senza consenso: la posizione dei creditori privi di voto, in Riv. dir. com., 2016, I).

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