Il diritto di accesso del consigliere regionale agli atti statali sottratti all’accesso

Redazione Scientifica Processo amministrativo
25 Febbraio 2025

È legittimo il diniego alla richiesta di accesso agli atti attinenti alla decisione dell'amministrazione di non esercitare i poteri speciali rientranti nella disciplina c.d. golden power, trattandosi di documentazione sottratta al diritto di accesso.

Un consigliere della Regione Molise, in tale qualità, presentava istanza, ai sensi dell'articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e degli articoli 5,16,19 dello Statuto regionale, nonché, ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, per accedere a una serie di atti. Stante l'accoglimento parziale dell'istanza, il consigliere regionale ricorreva al Tar Molise per la parte restante della documentazione, che ne disponeva l'ostensione, salvo declinare la competenza in favore del Tar Lazio per gli atti detenuti dalle Amministrazioni centrali statali, ai sensi degli articoli 1 e 2 del c.p.a. Il consigliere regionale riassumeva il giudizio chiedendo la condanna ai sensi dell'art. 116, comma 4, c.p.a. delle Amministrazioni che avevano negato l'ostensione della parte residua degli atti richiesti relativa alla decisione del Consiglio dei ministri di non esercitare i poteri speciali – c.d. golden power - sulla cessione di quote societarie di una struttura ospedaliera. Il Tar Lazio respingeva il ricorso.

Al riguardo il Collegio, nel confermare la sentenza del Tar per il Lazio, sez. I, 12 luglio 2024, n. 14158, ha ritenuto legittima la nota della Presidenza del Consiglio dei ministri che aveva negato l'ostensione della decisione del Consiglio dei ministri di non esercitare i poteri speciali, trattandosi di documentazione sottratta al diritto di accesso, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell'art. 13 del d.P.C.M. 1° agosto 2022, n. 133, fermo restando il diritto di accesso difensivo, ex articolo 24, comma 7, della l. n. 241/1990, che, però, non ricorre nel caso di specie.

Inoltre, ad avviso del Collegio, le prerogative dell'appellante, quale consigliere regionale, non premiano sulla normativa primaria e secondaria applicabile, atteso che il sindacato ispettivo di natura politica riguarda le materie previste dalla legge e nei limiti previsti.

Il Collegio ha escluso l'illegittimità del diniego all'ostensione degli atti richiesti in quanto non risulta dimostrato né nell'istanza, né in giudizio un interesse qualificato all'ostensione, ossia una posizione differenziata del consigliere regionale rispetto alla documentazione richiesta con cui l'Amministrazione ha deciso di non esercitare il golden power. Il ruolo istituzionale ricoperto dall'appellante non coincide con quello di colui che intende avvalersi di atti in un possibile contenzioso. Inoltre, ai sensi dell'articolo 19 dello Statuto regionale, il consigliere regionale in forza delle prerogative sottese alla sua posizione istituzionale, ha diritto all'accesso agli atti in possesso della Regione o di enti pubblici ad essa riferibili nei limiti stabiliti dalle norme primarie e secondarie (l. n. 241/1990, d.lgs. n. 33/2013, d.P.C.M. n. 133/2022 e d.P.R. n. 86/2014), ma non a quelli detenuti da un Amministrazione centrale, come la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Quindi, il Collegio ha chiarito che l'articolo 22 della legge n. 241/1990 subordina l'ostensibilità di atti detenuti dalla pubblica amministrazione alla dimostrazione di un interesse diretto, concreto ed attuale all'accesso richiesto, che nel caso di specie non sussiste, visto quanto stabilito dall'articolo 24, comma 6, lett. d), della legge n. 241/1990, che consente al Governo di sottrarre all'accesso nei casi specifici ivi stabiliti.

Da ultimo il Collegio, con riferimento al diritto di accesso civico generalizzato, ha rilevato che ai sensi dell'articolo 5 del d.lgs. n. 33/2013 è consentito a condizione che siano fatti salvi gli interessi giuridicamente rilevanti ivi indicati (“libertà e segretezza della corrispondenza” e “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale d'autore e i segreti commerciali”), secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis.

Sul punto il Collegio ha evidenziato che la giurisprudenza in materia afferma, tra l'altro, l'esigenza di considerare una “ragionevole proporzione e un equilibrio tra gli opposti e meritevoli interessi coinvolti dall'accesso a documenti amministrativi”. In altre parole, la dialettica tra il diritto/dovere del consigliere regionale di conoscere atti in possesso dell'Amministrazione, nell'ambito dell'esercizio del suo fondamentale ruolo di controllo politico dell'attività della P.A. in un contesto di democrazia partecipata e partecipativa e la riservatezza che la Legge impone di osservare rispetto a documentazione in relazione alla quale entrano in gioco interessi contrapposti, si risolve in favore della seconda in tutti i casi in cui il sindacato (cui rimanda la richiesta di accesso) non sia relativo ad atti dell'ente di appartenenza dell'istante, laddove, in ogni caso, le disposizioni primarie e secondarie consentono di negare l'accesso per la tutela di contrapposti (e superiori) interessi dell'Amministrazione e di soggetti terzi.

Il Consiglio di Stato ha quindi respinto il ricorso

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