La rendicontazione della sostenibilità e l’impatto del c.d. pacchetto “omnibus” della Commissione Europea
14 Marzo 2025
Premessa Il d.lgs. n. 125 del 6 settembre 2024, nel recepire la direttiva UE 2022/2464 (CSRD), si inserisce con forza nel quadro di una normativa europea che riconosce la centralità della sostenibilità quale elemento fondante della governance aziendale. Il d.lgs. n. 125/2024 aveva l'obiettivo di strutturare un sistema regolamentare organico in cui la trasparenza e l'accountability delle imprese divenissero strumenti per consolidare la fiducia tanto degli stakeholder quanto degli shareholder, oltre a integrare e promuovere una cultura di management consapevole delle risorse naturali che vengono impiegate dalle imprese nel processo produttivo. Nello specifico, il Decreto ha introdotto obblighi differenziati, variabili conformemente alle caratteristiche dimensionali e della natura delle imprese. Ciò al chiaro scopo di operare una ripartizione delle categorie soggette alla regolamentazione relativa alla rendicontazione della sostenibilità, delineando un perimetro normativo in grado di almeno in parte bilanciare, da un lato, gli oneri di compliance e, dall'altro, le specificità operative dei soggetti destinatari. L'idea di sostenibilità assume auspicabilmente le forme di un principio strategico trasversale, integrato nella pianificazione d'azienda e supportato da un framework di rendicontazione armonizzato a livello europeo costituito dai principi di rendicontazione della sostenibilità gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) sviluppati dall'EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). In quest'ottica prospettica, il provvedimento normativo ha sollecitato gli operatori economici non già a una pedissequa descrizione della propria traiettoria strategica in relazione agli obiettivi ambientali, sociali e di governance, bensì a una rendicontazione analitica e capace di esplicitare in maniera completa e dettagliata gli effetti delle scelte gestionali sull'intera catena del valore e sul sistema economico di riferimento. La Direttiva CSRD prevede infatti che “La rendicontazione di sostenibilità dovrebbe inoltre tenere conto delle prospettive di breve, medio e lungo termine e contenere informazioni riguardanti l'intera catena del valore dell'impresa, compresi le attività, i prodotti e i servizi dell'impresa, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura, a seconda dei casi. Le informazioni concernenti l'intera catena del valore dell'impresa comprenderebbero informazioni correlate alla catena del valore all'interno dell'Unione e informazioni riguardanti paesi terzi qualora la catena del valore dell'impresa si estenda al di fuori dell'Unione. Durante i primi tre anni di applicazione delle misure che devono essere adottate dagli Stati membri in conformità della presente direttiva modificativa, qualora non siano disponibili tutte le informazioni necessarie relative alla catena del valore, l'impresa dovrebbe spiegare gli sforzi compiuti per ottenere le informazioni sulla sua catena del valore, i motivi per cui non è stato possibile ottenere tali informazioni e i piani dell'impresa per ottenerle in futuro” (in argomento si veda: Sottoriva-Marchesani, L'attuazione della Direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (CSRD), in questo portale). L'importanza della rendicontazione della sostenibilità appare evidente dalla scelta operata dal Legislatore nel prevedere anche a livello nazionale l'introduzione della figura del revisore della sostenibilità. Quest'ultimo dovrà conseguire una specifica abilitazione rispondendo a dei requisiti professionali altrettanto specifici, così da poter garantire un controllo della qualità e dell'accuratezza delle informazioni divulgate. Il d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125, di attuazione della direttiva 2022/2464/UE sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive - CSRD) ha affidato ai revisori legali iscritti nel Registro, qualora abilitati ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 6, comma 1-bis del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, il compito di esprimere con apposita relazione redatta ai sensi dell'art. 14-bis del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, le proprie conclusioni circa la conformità della rendicontazione di sostenibilità alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione, all'obbligo di marcatura, nonché all'osservanza degli obblighi di informativa di cui al Regolamento UE 2020/852 sulla tassonomia ambientale. Gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità sono stati introdotti gradualmente e, specularmente, anche l'attività di attestazione della conformità della rendicontazione sulla sostenibilità riguarderà i soggetti individuati dalla normativa di riferimento. L'applicazione della Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità e l'impatto del c.d. pacchetto omnibus L'art. 2 d.lgs. n. 125/2024 identifica in maniera dettagliata i soggetti tenuti a rispettare gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità. Le disposizioni si rivolgono alle società costituite nelle forme previste dall'ordinamento italiano, come le società per azioni, le società in accomandita per azioni e le società a responsabilità limitata, oltre a specifiche configurazioni giuridiche comparabili (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 125/2024). Un elemento cardine caratterizzante la normativa oggetto di analisi, risulta essere la distinzione tra le imprese in considerazione della loro dimensione economica e organizzativa. Grandi imprese, piccole e medie imprese quotate e gruppi di grandi dimensioni sono i destinatari degli obblighi di rendicontazione, in linea con i criteri dimensionali dettagliati nell'art. 1, comma 1 del d.lgs. n. 125/2024. Per esempio, le imprese che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti: stato patrimoniale di 25 milioni di euro, ricavi netti di 50 milioni di euro o 250 dipendenti medi annuali. Queste dovranno essere classificate come imprese di grandi dimensioni e, quindi, obbligate alla predisposizione della rendicontazione di sostenibilità. In argomento si rileva, tuttavia, che il c.d. pacchetto omnibus presentato dalla Commissione Europea nel febbraio scorso ha previsto di innalzare la soglia dimensionale dell'obbligatorietà di predisposizione della rendicontazione di sostenibilità (o “bilancio di sostenibilità” o “dichiarazione di sostenibilità”) alle imprese con più di 1.000 dipendenti, riducendo così il numero di imprese coinvolte di circa l'80%. Si rammenta che, già attualmente, il Legislatore ha introdotto una serie di esclusioni e deroghe dall'applicazione della normativa relativa alla rendicontazione della sostenibilità, allo scopo di garantire un'efficiente proporzionalità. A scopo esemplificativo, sono escluse dall'obbligo di rendicontazione le microimprese, definite come quelle che non superano i limiti di un totale patrimoniale di 450.000 euro, ricavi netti di 900.000 euro e una media di 10 dipendenti (art. 1, comma 1, lett. l; art. 2, comma 4). Analogamente, sono escluse alcune categorie specifiche, come la Banca d'Italia, che non rientrano nel perimetro di applicazione del decreto (art. 2, comma 2-3 d.lgs. n. 125/2024). In tale ottica è opportuno rilevare che l'articolo 7, al comma 7, del Decreto disciplina l'esenzione per le società soggette a direzione unitaria. Se la rendicontazione è fornita dall'organismo che esercita l'attività di direzione unitaria, le singole società affiliate non saranno obbligate a produrre una rendicontazione separata. Questo vale in particolare per gruppi strutturati come conglomerati finanziari o per gruppi che operano sotto una direzione unitaria nell'ambito delle cooperative o delle banche mutualistiche. Il Decreto, inoltre, ha individuato un assetto regolativo differenziato per taluni comparti economici – segnatamente assicurazioni e istituti bancari – prevedendo dispositivi specifici, modellati sulle peculiari caratteristiche operative di tali settori. Questo approccio differenziale assicura una normazione targeted, ottimizzando l'impianto prescrittivo e contenendo in parte gli oneri amministrativi per le realtà imprenditoriali di minori dimensioni e/o con configurazioni peculiari. La struttura della rendicontazione di sostenibilità ed il ruolo degli organi di amministrazione e degli organi di controllo L'art. 3 d.lgs. n. 125/2024 descrive dettagliatamente l'obbligo di rendicontazione di sostenibilità cui le imprese di grandi dimensioni e le PMI quotate devono adempiere, da collocare in un'apposita sezione nella relazione sulla gestione dedicata all'impatto delle attività aziendali sulle questioni di sostenibilità, evidenziando al contempo come tali aspetti influenzino le prestazioni aziendali e la strategia complessiva. La normativa individua diversi elementi chiave che devono essere inclusi nel report della sostenibilità. Tra questi, la descrizione del modello aziendale e della strategia adottata in relazione alle sfide sulla sostenibilità (art. 3, comma 2, lett. a d.lgs. n. 125/2024), con un focus specifico sulla resilienza rispetto ai rischi ambientali e sociali e sull'individuazione delle opportunità derivanti dal contesto. Le aziende destinatarie sono altresì tenute a delineare i piani e le azioni operative per supportare la transizione verso un'economia sostenibile, incluso il contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C (art. 3, comma 2, lett. a, punto 3). Un aspetto di grande rilevanza riguarda l'obbligo di fissare obiettivi specifici e temporalmente definiti, corredati da indicatori quantificabili, per il monitoraggio dei progressi, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 e il 2050 (art. 3, comma 2, lett. b). Questo approccio non solo rafforza la trasparenza, ma consente agli stakeholder di valutare l'effettivo impegno dell'azienda considerata relativamente alle tematiche rilevanti in merito alle “questioni di sostenibilità” ossia i fattori ambientali, sociali, relativi ai diritti umani e di governance, compresi i fattori di sostenibilità quali definiti all'art. 2, punto 24), del Regolamento (UE) 2019/2088. Per quanto attiene alle problematiche di corporate governance sottostanti la rendicontazione di sostenibilità, il d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125 prevede che gli organi amministrativi e di controllo siano essere coinvolti attivamente nella definizione e supervisione delle politiche di sostenibilità. Per garantire l'efficacia delle regole di corporate governance, il Decreto richiede che i membri del consiglio di amministrazione dispongano delle competenze necessarie per comprendere e gestire le problematiche di sostenibilità. Nel caso in cui tali competenze non siano presenti internamente, le aziende devono garantire l'accesso a risorse esterne qualificate, come consulenti o specialisti ESG, in grado di fornire un supporto adeguato (art. 3, comma 2, lett. c) del Decreto Legislativo n. 125/2024). Questa disposizione riflette un cambio di paradigma: la sostenibilità non è più un elemento marginale ma è integrata nella governance aziendale al pari delle questioni finanziarie. Viene altresì richiesta la presenza di sistemi di incentivazione destinati ai membri della governance aziendale per stimolare il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità (art. 3, comma 2, lett. e d.lgs. n. 125/2024). Gli organi di controllo, d'altro canto, assumono un ruolo cruciale nel garantire la conformità della rendicontazione di sostenibilità agli standard previsti dalla normativa. Oltre al tradizionale compito di vigilanza, il decreto attribuisce loro la responsabilità di supervisionare l'attuazione delle politiche ESG e il raggiungimento degli obiettivi prefissati, assicurando che le informazioni divulgate siano accurate, complete e veritiere. L'art. 3, comma 2, lettera f, d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125 istituisce un penetrante obbligo per le aziende di esplicitare gli impatti negativi, tanto attuali quanto potenziali, derivanti dalle proprie attività. Conseguentemente, le imprese sono chiamate ad adottare misure atte a mitigare o prevenire siffatte esternalità negative. L'ampiezza dell'obbligo si estende altresì alle ricadute indirette – quali quelle riconducibili ai fornitori e ai partner commerciali – imponendo la puntuale specificazione delle azioni intraprese per contenere detti impatti, mediante l'adozione di tecnologie sostenibili o l'implementazione di pratiche di approvvigionamento eticamente responsabili. Il comma 4 dello stesso articolo prevede inoltre un regime di rendicontazione particolarmente innovativo: nel triennio iniziale, qualora le imprese incontrino difficoltà nel reperimento informativo lungo la catena del valore, è loro richiesto di fornire puntuali spiegazioni circa i limiti riscontrati e delineare strategie per il loro superamento. Tale impostazione riconosce le oggettive complessità operative nella raccolta dei dati e promuove un processo di miglioramento continuo, incentivando la trasparenza delle pratiche di sostenibilità. Attraverso l'art. 4 d.lgs. n. 125/2024 viene disciplinata la rendicontazione di sostenibilità redatta su base consolidata, rivolta pertanto alle società madri di gruppi di grandi dimensioni. Questo obbligo normativo richiede alle capogruppo di fornire una visione integrata degli impatti delle attività del gruppo in relazione alle questioni ambientali, sociali e di governance. La rendicontazione deve includere una descrizione dettagliata del modello aziendale e della strategia del gruppo, evidenziando la capacità di adattamento alle sfide della sostenibilità e agli obiettivi internazionali (art. 4, comma 2, lett. a) e b). Gli organi di governance del gruppo devono svolgere un ruolo attivo nella gestione delle questioni di sostenibilità, assicurandosi che dispongano delle competenze e delle risorse necessarie per supervisionare le politiche aziendali e monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati (art. 4, comma 2, lett. c). Inoltre, il Decreto enfatizza la trasparenza delle azioni intraprese per identificare e mitigare gli impatti negativi lungo la catena del valore, incluse le relazioni con fornitori e partner commerciali (art. 4, comma 2, lett. f). Il Decreto ha introdotto anche un regime di flessibilità temporanea per i gruppi che, nei primi tre anni, abbiano un gap disinformativo rispetto ad altre realtà aziendali, richiedendo che le difficoltà siano spiegate e che siano delineati piani specifici per la risoluzione delle stesse (art. 4, comma 4). All'articolo 5, vengono disciplinati gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità per le società figlie e le succursali di società madri con sede in Paesi terzi che operano nell'Unione Europea. Le imprese figlie o succursali sono soggette a tali obblighi a determinate condizioni: qualora abbiano generato, per due esercizi consecutivi, ricavi netti superiori a 150 milioni di euro a livello di gruppo nell'UE, oppure, nel caso delle succursali, ricavi superiori a 40 milioni di euro (art. 5, commi 1-3). Tali imprese devono pubblicare una relazione di sostenibilità redatta dalla società madre extraeuropea, contenente informazioni dettagliate sui modelli aziendali, le strategie di sostenibilità e gli impatti significativi derivanti dalle attività del gruppo (art. 5, comma 2). La conformità deve essere assicurata agli standard di rendicontazione europei o a standard equivalenti riconosciuti dalla Commissione Europea (art. 5, comma 4). Nel caso in cui la società madre non fornisca le informazioni richieste, l'impresa figlia o la succursale deve spiegare pubblicamente i motivi e rendere disponibile una relazione con tutte le informazioni disponibili (art. 5, comma 6). Inoltre, le imprese figlie o succursali devono pubblicare un'attestazione di conformità rilasciata da revisori abilitati, a garanzia della qualità e dell'affidabilità delle informazioni divulgate (art. 5, comma 7). L'attestazione della rendicontazione di sostenibilità Il d.lgs. n. 125/2024 pone grande enfasi sulla pubblicità e sulla conformità delle informazioni contenute nella rendicontazione di sostenibilità. Nello specifico gli articoli 6 e 8, mirano a garantire che i dati riportati siano accessibili e verificabili. Come già anticipato, le imprese soggette agli obblighi di rendicontazione individuale e consolidata devono rendere pubbliche tali informazioni attraverso specifica sezione contenuta nella relazione sulla gestione, seguendo le modalità previste dal Codice Civile (art. 6, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125). Strumentalmente, la pubblicazione deve avvenire sul sito internet della società, ovvero, in mancanza di quest'ultimo, tramite copia cartacea così da risultare disponibile per chiunque ne faccia richiesta. Peculiari obblighi sono previsti per le società figlie o succursali di imprese extraeuropee, che devono pubblicare le loro relazioni di sostenibilità secondo le stesse modalità, includendo eventuali dichiarazioni di non conformità della società madre extraeuropea (art. 6, comma 2). La normativa stabilisce, inoltre, che le informazioni devono essere rese disponibili entro dodici mesi dalla chiusura dell'esercizio di riferimento, garantendo una tempistica uniforme per tutti i soggetti obbligati. Lo strumento fondamentale per garantire l'affidabilità e l'integrità delle informazioni relative alla sostenibilità è costituito dall'attestazione di conformitàdi cui all'art. 8 del d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125. Essa deve essere rilasciata da un revisore professionalmente abilitato e consiste: · nella verifica indipendente; · nella successiva dichiarazione che le informazioni riportate nella rendicontazione di sostenibilità siano conformi agli standard normativi e rispondano ai requisiti di qualità richiesti. Il fine dell'attestazione della sostenibilità è quello di garantire la qualità delle informazioni divulgate, rafforzare la fiducia degli stakeholder e assicurare che le informazioni siano coerenti con i requisiti europei, come la marcatura elettronica delle informazioni prevista dal regolamento UE 2019/815 (art. 8, comma 1). All'art. 8, comma 4 viene specificato che tale controllo dovrà garantire un livello di ragionevole sicurezza della veridicità dei dati, informazioni e vari altri contenuti certificati, così da rispondere al meglio agli standard qualitativi richiesti dalla normativa europea. Nella relazione di attestazione, il revisore deve innanzitutto indicare chiaramente l'oggetto della revisione, ossia la rendicontazione di sostenibilità prodotta dall'impresa. Questa sezione deve includere un riferimento preciso al periodo di rendicontazione, alla società oggetto di revisione e alla tipologia di informazioni di sostenibilità oggetto dell'attestazione. L'introduzione deve consentire al lettore di comprendere il contesto in cui la revisione si colloca e l'ambito operativo della rendicontazione di sostenibilità analizzata, chiarendo così il perimetro dell'attività svolta. La relazione deve poi contenere una descrizione dettagliata dell'ambito dell'attività di attestazione eseguita. In questa sezione, il revisore esplicita i criteri di revisione adottati, che devono essere in linea con gli standard definiti dall'art. 14-bis del D.lgs. 39/2010, e descrive le procedure seguite per valutare la correttezza e l'aderenza delle informazioni rendicontate agli standard ESRS. Ai commi 2 e 3 dell'art. 8 si prevede che l'asseverazione sia predisposta da un revisore della sostenibilità o da una società di revisione abilitata. Il dispositivo normativo conferisce ampia flessibilità, consentendo l'affidamento dell'incarico al medesimo revisore legale del bilancio ovvero a professionista distinto, purché qualificato. Qualora l'incarico sia conferito a una società di revisione (art. 8, comma 3), è fatto obbligo di designare uno o più revisori specificatamente qualificati per le questioni di sostenibilità, evidenziando l'imprescindibile necessità di competenze tecniche specialistiche. Nello specifico, la relazione con la quale il revisore attesta la conformità della rendicontazione di sostenibilità, redatta in conformità ai principi di revisione e di attestazione della conformità adottati dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 26-bis, paragrafo 3, della Direttiva 2006/43/CE (fino all'adozione di tali principi da parte della Commissione europea, la revisione legale è svolta in conformità ai principi di revisione elaborati, tenendo conto dei principi di revisione internazionali, da associazioni e ordini professionali congiuntamente al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Consob e adottati dal Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Consob) comprende: a) un paragrafo introduttivo che identifica la rendicontazione di sostenibilità sottoposta ad attestazione, la data e il periodo cui si riferisce, nonché il quadro normativo di riferimento; b) una descrizione della portata delle attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità che indica almeno i principi di attestazione in base ai quali tali attività sono state svolte; c) le conclusioni del revisore della sostenibilità. Ai sensi dell'art. 6, comma 1-bis del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, è previsto che “Il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, sentita la Consob, definisce, con decreto, il contenuto e le modalità di presentazione della domanda di abilitazione dei revisori e delle società di revisione allo svolgimento dell'attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità, nonché il contenuto, le modalità e i termini di trasmissione delle informazioni e dei loro aggiornamenti da parte degli iscritti nel Registro”. Con il Decreto Ministeriale del 19 febbraio 2025 (pubblicato sulla GU n. 51 del 3 marzo 2025) è stata data progressiva attuazione a quanto previsto dal citato articolo 6, comma 1-bis prevedendo due diverse fasi per l'invio delle domande di abilitazione all'attività di attestazione della rendicontazione di sostenibilità riservate a coloro che sono destinatari delle disposizioni transitorie di cui all'art. 18, comma 4 d.lgs. 125/2024 (revisori iscritti al registro entro la data del 1° gennaio 2026 che abbiano maturato almeno cinque crediti formativi annuali nelle materie caratterizzanti la rendicontazione e l'attestazione della sostenibilità) nonché la disciplina di abilitazione a regime per tutti coloro che non rientrano o che non si sono avvalsi delle disposizioni transitorie. Il D.M. 19 febbraio 2025 individua in particolare i termini iniziali per poter inviare le istanze di abilitazione tenuto conto della numerosità dei soggetti coinvolti e della relativa modalità di processare le domande pervenute. Con riferimento alle specifiche attività previste per il rilascio della attestazione della rendicontazione di sostenibilità si rammenta che l'Assirevi ha elaborato il Documento di Ricerca n. 262 dal titolo “Aspetti relativi alla relazione del soggetto incaricato dell'esame limitato della rendicontazione di sostenibilità ai sensi del D.Lgs. 125/2024 e relative attestazioni della direzione” con il quale sono state fornite prime indicazioni utili in relazione agli incarichi per l'attestazione della rendicontazione di sostenibilità predisposta ai sensi del Decreto Legislativo del 6 settembre 2024 n. 125 soffermandosi su specifici aspetti delle relazioni del revisore sull'esame limitato della rendicontazione di sostenibilità individuale e consolidata, fornendo esempi delle possibili procedure da svolgere e che potranno essere indicate nell'ambito della sezione “Riepilogo del lavoro svolto”, nonché un esempio di lettera di attestazione relativa ad incarichi di questa specie. ll revisore deve verificare se il sistema di controllo adottato dall'azienda sia adeguato a identificare, valutare e gestire i rischi di sostenibilità, e se siano state implementate procedure adeguate per garantire la qualità dei dati di rendicontazione. L'analisi del sistema di controllo interno permette di comprendere quanto l'impresa sia strutturata per gestire i rischi legati alle questioni ESG e garantisce che le informazioni riportate siano sostenute da procedure interne solide e affidabili. Altro elemento cardine della relazione di cui all'articolo 14-bis del Decreto Legislativo n. 39 del 2010 relativa alla attestazione sulla conformità della rendicontazione della sostenibilità è rappresentato dalle conclusioni cui è giunto il revisore, che costituiscono il giudizio finale sulla conformità della rendicontazione (vedi lettera c) che precede). In questa sezione della relazione di attestazione, il revisore deve esprimere in maniera esplicita se le informazioni riportate dall'impresa siano in linea con gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) e se vi sia evidenza di eventuali difformità significative rispetto agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità. Il giudizio può essere positivo, qualora il revisore ritenga che le informazioni siano conformi e presentate correttamente, oppure condizionato o negativo se, invece, emergono lacune rilevanti o non conformità rispetto ai requisiti normativi. Nel caso di un giudizio condizionato o negativo, il revisore deve fornire dettagli sulle motivazioni specifiche che lo hanno portato a esprimere tale parere, e, se possibile, deve includere raccomandazioni per migliorare la qualità della rendicontazione. Il citato Documento dell'Assirevi fa riferimento al Principio di Attestazione della Rendicontazione di Sostenibilità: Standard on Sustainability Assurance Engagement - SSAE (Italia) emesso con Determina del Ragioniere Generale dello Stato del 30 gennaio 2025, prevede che lo stesso debba essere utilizzato “unitamente al principio internazionale sugli incarichi di assurance (ISAE) n. 3000 (Revised) “Incarichi di assurance diversi dalle revisioni contabili complete o dalle revisioni contabili limitate dell'informativa finanziaria storica” emanato dall'International Auditing and Assurance Standards Board (“ISAE 3000R”) nelle parti che si riferiscono a un incarico finalizzato ad acquisire un livello di sicurezza limitato”. Il paragrafo 59 del Principio di Attestazione della Rendicontazione di Sostenibilità: Standard on Sustainability Assurance Engagement - SSAE (Italia) richiede che sia inclusa nell'attestazione sulla rendicontazione di sostenibilità una sezione dal titolo “Riepilogo del lavoro svolto”. Tale sezione deve contenere “il riepilogo delle principali procedure svolte quale base per la formulazione delle conclusioni. Tale riepilogo deve descrivere una sintesi della natura, tempistica ed estensione delle procedure svolte in modo sufficiente per permettere all'utilizzatore di comprendere il lavoro svolto e l' assurance limitata ottenuta”. La figura del revisore della sostenibilità Come anticipato, l'art. 8 del d.lgs. n. 125/2024 introduce la figura del revisore di sostenibilità, aggiornando il contenuto del d.lgs. n. 39/2010. Tale revisore ha il compito di certificare la conformità delle informazioni di sostenibilità agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), assicurando che le imprese siano in linea con gli obblighi normativi previsti dalla Direttiva (UE) 2022/2464. Nella disciplina precedente l'entrata in vigore del d.lgs. n. 125/2024, la revisione legale dei conti era limitata alla verifica della correttezza dei dati contabili e della relativa informativa e, in alcuni casi, ad includere un'attestazione limitata sui profili non finanziari, senza però estendersi alla piena conformità delle informazioni ESG. Con il d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125, il revisore della sostenibilità è incaricato di verificare la conformità della rendicontazione alle disposizioni specifiche previste dalla normativa. Tra tutte, a scopo esemplificativo, si segnala il compito di attestare che le informazioni siano conformi agli obblighi di marcatura elettronica previsti dal regolamento UE 2019/815, al fine di assicurare l'uniformità e la comparabilità dei dati a livello europeo (art. 8, comma 1 d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125). Tale aspetto è particolarmente rilevante per le società quotate o per quelle che operano in contesti multinazionali, dove la trasparenza e l'accessibilità delle informazioni rivestono un ruolo determinante per gli investitori e altri stakeholder. Si rammenta che nell'ambito delle società quotate sorge anche il tema della individuazione del soggetto interno alla società cui la legge attribuisce la funzione di elaborare la documentazione contabile avente rilevanza interna (in argomento si veda: Sottoriva-Marchesani, La nomina del dirigente preposto al rilascio della attestazione sulla rendicontazione di sostenibilità nelle società quotate, in questo portale). Un ulteriore elemento distintivo del nuovo quadro normativo è la previsione di un livello progressivo di sicurezza. A tal proposito, il revisore di sostenibilità dovrà garantire un livello di sicurezza limitato per le informazioni revisionate inizialmente, che si evolverà verso una ragionevole sicurezza una volta adottati gli standard europei più stringenti (art. 8, comma 4). Il livello di sicurezza limitato implica una verifica che offre una ragionevole certezza della correttezza delle informazioni, ma senza un controllo approfondito su ogni singolo dato. Con il passaggio a una ragionevole sicurezza, il revisore dovrà invece effettuare una revisione più rigorosa, che includa un'analisi dettagliata delle metodologie utilizzate dall'azienda e dei dati forniti. Questa evoluzione normativa intende garantire un progressivo innalzamento della qualità e dell'affidabilità del reporting di sostenibilità, adeguandosi agli standard internazionali. Per garantire l'integrità del processo di attestazione, il revisore di sostenibilità è vincolato al rispetto dei principi di indipendenza, etica e riservatezza. La sua attività deve essere condotta in modo da evitare conflitti di interesse, e il revisore è tenuto a mantenere un comportamento etico nel corso della revisione, assicurandosi che il giudizio espresso nella relazione di attestazione sia obiettivo e basato su una rigorosa analisi dei dati forniti dall'impresa. Il percorso di implementazione della figura del revisore di sostenibilità prevede una transizione graduale, con l'obiettivo di raggiungere un livello di sicurezza ragionevole nell'attività di revisione entro il 1° gennaio 2028. Questo approccio graduale consente ai revisori di acquisire le competenze necessarie per affrontare la complessità dei dati di sostenibilità, adattando progressivamente le metodologie di attestazione agli standard europei in evoluzione. Entro il 1° gennaio 2026, i revisori legali iscritti al registro possono rilasciare attestazioni di conformità senza l'obbligo di tirocinio o esame di idoneità, permettendo così una rapida diffusione della figura del revisore di sostenibilità tra i professionisti già attivi nel campo della revisione legale. Considerazioni conclusive Il d.lgs. n. 125/2024 configura un'innovativa architettura normativa che trascende il mero adeguamento agli standard europei, proponendosi quale dispositivo strategico per la ri-concettualizzazione della sostenibilità all'interno del contesto societario. La disciplina introdotta ridefinisce il concetto di trasparenza, espandendone la dimensione semantica alle sfere ambientale, sociale e di governance, con l'obiettivo di posizionare il sistema imprenditoriale italiano all'avanguardia nell'elaborazione di modelli economici eticamente orientati e sistemicamente resilienti. L'introduzione della figura del revisore di sostenibilità e la progressiva implementazione di standard valutativi e di attestazione rappresentano un dispositivo strumentale volto a garantire l'efficace recepimento delle disposizioni, pur richiedendo un significativo rafforzamento delle competenze tecnico-manageriali delle imprese e dei revisori. L'armonizzazione delle pratiche relative alla rendicontazione della sostenibilità e la promozione di un paradigma di trasparenza rafforzato consentiranno di consolidare la fiducia degli investitori e dei consessi economico-finanziari, esplicitando il contributo sistemico delle imprese al perseguimento degli obiettivi di sostenibilità globale. |