Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana
La Redazione
17 Marzo 2025
Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati, come quelli edilizi e fiscali. Settimana 10-16 marzo 2025.
Gli aspetti normativi
Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.
Tra le questioni di interesse, in àmbito normativo, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 10 marzo 2025, il comunicato dell'Istituto nazionale di statistica che riporta i valori relativi al mese di gennaio 2025. Il FOI è l'indice più conosciuto tra quelli prodotti dall'ISTAT per misurare l'inflazione. La rilevazione del valore di gennaio registra un aumento del coefficiente rispetto al mese precedente (+0,7), allo stesso mese del 2024 (+1,3) e a dicembre del 2023 (+2,2). Il FOI è utilizzato per adeguare periodicamente i valori monetari, per esempio il canone di affitto (se previsto nel contratto) o l'assegno dovuti al coniuge separato.
Le questioni della giurisprudenza di legittimità
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.
L'alterazione della destinazione d'uso originaria del cortile
Il contesto del presente giudizio riguarda la rimozione di recinzioni, materiali di cantiere e pavimentazione in beole dal cortile comune, dunque, il pieno godimento della cosa comune. Con il provvedimento in esame, tra i vari aspetti, la Suprema Corte sottolinea che la Corte territoriale, correttamente, aveva fondato la propria decisione sul fatto che la recinzione delimitava uno spazio del cortile comune adibito ad uso esclusivo degli appellati, impedendo agli altri comproprietari di accedervi. Tale situazione configurava un'occupazione vietata dall'art. 1102 c.c., essendosi verificata un'alterazione della destinazione d'uso originaria del cortile, anche se l'area occupata consentiva l'accesso alla parte residua del cortile. Difatti, l'uso esclusivo è vietato anche se l'occupazione è temporanea o limitata nello spazio. In conclusione, i giudici hanno escluso che gli appellati potessero giustificare l'uso del cortile con un'esigenza di cantiere, ritenendo la recinzione una forma di appropriazione vietata dalla normativa (Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2025, n. 6515).
L'identificazione della domanda di danni da infiltrazioni
Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava la condanna al risarcimento dei danni emergenti (costi di pulizia del pavimento) per infiltrazioni d'acqua. Secondo i giudici, la domanda formulata dagli attori con la citazione introduttiva, volta ad ottenere la condanna del condominio ad eseguire i lavori di regimentazione del deflusso delle acque, causa di infiltrazioni diffuse e dell'allagamento del piazzale, nonché al risarcimento di tutti i danni che lo stato di fatto aveva già arrecato (danno emergente per gli interventi manutentivi nei locali e lucro cessante derivante dalla mancata utilizzazione delle strutture), delineava una causa petendi identificabile in uno specifico accadimento lesivo spazialmente e temporalmente determinato. Pertanto, le allegazioni, nel corso del giudizio di primo grado, di altre inefficienze della struttura e di conseguenti nuovi allagamenti, successivi a quelli dapprima indicati in citazione, costituivano una emendatio libelli (Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2025, n. 6753).
L'assegnazione dei beni ai condividenti costituisce titolo esecutivo
La questione riguardava l'occupazione senza titolo di un immobile. In tal contesto, i ricorrenti contestavano il ragionamento della Corte d'Appello, la quale aveva erroneamente ritenuto “non necessario” condannare gli appellati al “rilascio degli immobili” potendo già gli appellati e attuali ricorrenti “ottenere coattivamente il rilascio per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di divisione. Anche la Cassazione, conformemente al ragionamento della Corte territoriale, ha precisato che la sentenza contenente l'assegnazione dei beni ai condividenti costituisce titolo esecutivo, sicché ciascuno di costoro acquista non solo la piena proprietà dei beni facenti parte della quota toccatagli, ma anche la potestà di esercitare tutte le azioni inerenti al godimento del relativo dominio, compresa quella diretta ad ottenere in via esecutiva il rilascio dei beni costituenti la quota del condividente che, in conseguenza della compiuta divisione, non abbia più nessun titolo idoneo a giustificarne l'ulteriore detenzione (Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2025, n. 6458).
Le questioni della giurisprudenza di merito
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.
La rimozione della veranda in condominio
Il Tribunale di Brescia si è occupato di un caso di reintegrazione nel possesso della facciata dell'edificio. Nella vicenda, il proprietario di un'unità abitativa al piano terreno chiudeva il proprio portico recingendolo mediante lastre in vetro mobili incastonate tra guide di metallo ancorate al pavimento ed al balcone sovrastante. Premesso ciò, secondo il giudicante, per quanto concerne la trasformazione dei balconi in verande, grava sull'autore dell'innovazione la dimostrazione dell'innocuità della modifica. Nel caso in esame, al di là del profilo di natura petitoria (che esula dall'attuale controversia), la descritta condotta integrava in ogni caso (non uno spoglio, ma) una turbativa del possesso. Pertanto, il condomino è stato condannato ex art. 1170 c.c. a rimuovere la vetrata, non avendo il resistente sollevato eccezioni circa la ricorrenza degli altri elementi costitutivi della fattispecie (Trib. Brescia 12 marzo 2025).
Le azioni dei creditori nei confronti dei condomini
Il Tribunale di Avellino si è occupato di un caso di inammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo per carenza di interesse. In tal contesto, il giudice ha ribadito che il creditore che ha ottenuto una sentenza definitiva di condanna al pagamento di una somma di denaro nei confronti del condominio è carente di interesse ad agire contro il singolo condomino per il pagamento pro quota della medesima somma, disponendo già di un titolo esecutivo relativo all'intera somma, azionabile nei confronti del condominio o dei singoli condomini e verificandosi, in caso contrario, un'inammissibile duplicazione di titoli esecutivi. La parte avrebbe dovuto agire nei confronti del singolo condomino, sicché non poteva assumere alcuna rilevanza la mancata specificazione del dovuto a carico di ciascun condomino, anche considerando che, nel caso di specie, l'appellato possedeva i riparti forniti dall'amministratore e posti alla base del nuovo titolo richiesto, riparti che avrebbe dovuto porre a fondamento del precetto. In altri termini, nel caso di specie, risultava carente l'interesse giuridico a procedere con un nuovo ricorso ben potendo la parte agire in executivis pro quota nei confronti della condomina (Trib. Avellino 13 marzo 2025, n. 398).
L'interesse ad agire dei condomini all'impugnativa alla delibera
Il Tribunale di Novara si è occupato di un caso di valutazione di interesse ad agire dei condomini. Il condominio sosteneva la carenza di interesse ad agire in capo all'attore atteso che l'impugnazione della delibera condominiale non poteva essere fondata su un interesse astratto del condomino alla legalità e correttezza della gestione comune e, pertanto, era suo onere allegare e dimostrare di avervi interesse e che, pertanto, dalla delibera in questione ne conseguiva un apprezzabile suo personale pregiudizio. Difatti, dalla posizione processuale dell'attore non era dato evincere quali potevano essere gli effetti favorevoli e giuridicamente apprezzabili che dovevano discendere dalla pronuncia in termini di mutamento della propria posizione patrimoniale. Secondo il giudice, l'interesse ad agire in giudizio trascende il piano della mera prospettazione soggettiva dell'agente, dovendo, per converso, assurgere ad una consistenza giuridicamente oggettiva, tale da rinvenire la sua caratterizzazione nella necessità di una decisione del giudice che non si limiti ad un'affermazione di puro principio, di massima o accademica, ma che sia invece idonea ad accertare, costituire, modificare o estinguere una situazione giuridica direttamente ed effettivamente incidente sulla sfera patrimoniale dell'agente (Trib. Novara 11 marzo 2025, n. 112).
L'utilizzo del cavedio da parte dei condomini
Il Tribunale di Palermo si è occupato di un caso utilizzo dei cavedi per il passaggio di tubazioni afferenti impianti solari e fotovoltaici. Secondo il giudicante, l'utilizzo era stato deliberato in favore di tutti i condomini, dunque era esclusa la configurazione di una servitù in favore di alcuni immobili a scapito di altri, avendo l'assemblea precisato la necessità di assicurare a tutti i condomini il pari uso. Difatti, è consentito al singolo condomino di modificare il bene condominiale per trarne “migliore godimento”, purché non vengano compromessi la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico dell'edificio. Occorre, inoltre, l'assenza di alterazione della destinazione del bene e del pregiudizio al diritto d'uso degli altri condomini. In queste ipotesi, fino a che i partecipanti utilizzano le parti comuni accessorie secondo la usuale destinazione specifica a vantaggio delle unità immobiliari, non può certamente parlarsi di imposizione di servitù sulle cose comuni, posto che l'utilizzazione ed il relativo potere si giustificano, appunto, con il diritto di condominio (Trib. Palermo 14 marzo 2025, n. 1155).
La locazione turistica in condominio
Il Tribunale di Torino si è occupato di un caso cessazione della locazione turistica in condominio. Secondo il giudicante, l'attività svolta presentava le caratteristiche tipiche della locazione turistica e non dell'attività alberghiera, ciò in quanto non vi era prova della fornitura sistematica di servizi alberghieri, essendo documentati solo servizi base o cortesie occasionali. Difatti, gli ospiti avevano accesso autonomo all'immobile con chiavi proprie, circostanza questa tipica del rapporto locatizio e che confermava l'assenza del servizio di concierge, tipico delle strutture ricettive. Nel caso in esame, non erano stati dimostrati pregiudizi concreti derivanti dall'attività di locazione turistica, essendo state documentate solo sporadiche criticità non diverse da quelle che potrebbero verificarsi in caso di ordinaria locazione abitativa. Infine, quanto alla presunta violazione del “carattere signorile” dell'edificio, le doglianze relative all'uso dell'ascensore o alla presenza di ospiti non erano sufficienti a dimostrare una lesione sistematica del decoro condominiale (Trib. Torino 10 marzo 2025, n. 1161).
La valutazione del diritto di prelazione in ipotesi di eventuale vendita
Il Tribunale di Trani si è occupato di un caso di prelazione del conduttore. Secondo il giudicante, trattandosi di seconda scadenza, non era applicabile l'art. 3, comma 1, lett. g), della l. n. 431/1998. Difatti, nel caso di specie, ricorrendo la seconda scadenza del contratto non vi era un obbligo motivazionale con riferimento alla precisa volontà di alienare il bene e in merito alla mancanza di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione, così come il conduttore non aveva il diritto di prelazione in ipotesi di eventuale vendita. Inoltre, nella vicenda, la disdetta del contratto e la successiva intimazione per licenza di finita locazione non era inficiata dalla contestazione in merito alla legittimazione attiva della (subentrata nel contratto di locazione), dal momento che i comproprietari di un bene concesso in locazione hanno pari poteri gestori sulla cosa comune ed ognuno di essi è legittimato ad agire per il rilascio, in base alla presunzione che ciascuno operi con il consenso degli altri. Infine, l'allegata situazione di salute della conduttrice e dei membri del nucleo familiare non assumeva rilievo nel presente giudizio, non essendo di ostacolo alla procedura di sfratto o di licenza per finita locazione, potendo al più rilevare nella diversa fase di esecuzione, ove, peraltro, neppure è previsto alcun automatismo (Trib. Trani 10 marzo 2025, n. 294).
La risoluzione del contratto di locazione causato dall'uso irregolare dell'immobile
Il Tribunale di Brescia si è occupato di un caso di degrado e sicurezza all'interno del condominio a causa della presenza di molte persone diverse che dormivano nell'appartamento locato. Secondo il giudice, il conduttore aveva violato l'obbligo di tenere l'immobile in perfetto stato di manutenzione come da accordi, non avendo cura dello stesso, anzi riducendolo in stato di grave degrado. Le condotte accertate, in ragione della consistenza, della protrazione per un lungo lasso temporale e dell'inevitabile conseguente alterazione dell'equilibrio contrattuale, senz'altro integravano gli estremi del grave inadempimento tale da legittimare la declaratoria di risoluzione del contratto a norma dell'art. 1453 c.c. (Trib. Brescia 13 marzo 2025, n, 1022).
La registrazione del contratto di locazione
Il Tribunale di Messina si è occupato di un caso di contratto di locazione stipulato verbalmente. Secondo il giudice, il contratto di locazione deve essere necessariamente scritto e deve essere anche registrato presso l'Agenzia delle Entrate. Quest'ultimo adempimento è condizione di validità del contratto stesso in quanto il contratto non registrato si considera nullo e non produce alcun effetto, laddove la registrazione, tuttavia, rileva unicamente a fini fiscali-amministrativi, ma non sana affatto la nullità del contratto. Pertanto, in assenza di valido contratto di locazione può ritenersi che il conduttore detenga l'immobile come un'occupazione sine titulo e, conseguentemente, è tenuto a corrispondere al proprietario dell'immobile un'indennità per tale occupazione (Trib. Messina 13 marzo 2025, n. 492).
Le questioni della giurisprudenza amministrativa
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.
La demolizione di terrapieni artificiali
Il Tribunale Amministrativo lombardo si è occupato di un caso di demolizione di terrapieni artificiali realizzati con due muri di contenimento. A seguito di contestazione, la ricorrente, lamentando che la demolizione delle opere avrebbe arrecato pregiudizio alle parti dell'immobile e ad altri edifici, chiedeva la cd. fiscalizzazione degli abusi oggetto dell'ordinanza di demolizione. Premesso ciò, secondo il giudicante, la sanzione amministrativa puniva la mancata rimozione dell'abuso e non la sua realizzazione. Difatti, nel caso in esame, era conforme al dettato normativo l'irrogazione della sanzione nella misura massima in quanto gli abusi erano stati realizzati in area vincolata, circostanza che non poteva venir meno per il solo fatto che il Comune aveva rilasciato, in sanatoria, un'autorizzazione paesaggistica per i muri di contenimento (TAR Lombardia 11 marzo 2025, n. 859).
La violazione delle distanze tra gli edifici
Il Consiglio di Stato si è occupato di un caso avente ad oggetto il mancato rispetto delle distanze. Nel caso in esame, il rispetto delle distanze costituisce una situazione giuridica soggettiva di cui il vicino è titolare e, pertanto, può agire in giudizio per ottenere che esso sia riconosciuta con conseguente annullamento del titolo che ha consentito un'edificazione in violazione delle distanze minime previste. Premesso ciò, l'intervento in esame era qualificabile come nuova costruzione poiché il nuovo setto del corpo scala, che avrebbe dovuto sostituire i due pilastri esistenti e demoliti, era stato invece realizzato con un aumento pari a circa cm. 80 rispetto al corpo scala preesistente. La distanza minima di 10 metri tra le costruzioni stabilita dall'art. 9 del d.m. n. 1444/1968 deve osservarsi in modo assoluto, essendo ratio della norma la tutela della salubrità e sicurezza ed al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia di equo contemperamento degli opposti interessi. In conclusione, l'appello è stato rigettato (Cons. Stato 14 marzo 2025, n. 2122).
Riferimenti
Aggiornamento di coefficiente per il FOI, in Gazzettaufficiale.it, 10 marzo 2025.