Trasferimento della cosa locata

Massimo Falabella
03 Agosto 2017

Gli artt. 1599 ss. c.c. disciplinano il trasferimento della cosa locata, correlando a tale vicenda una ipotesi di cessione legale del contratto dal lato del locatore. Per trasferimento della cosa locata si intende non solo l'atto traslativo della proprietà del bene dato in locazione, ma anche l'alienazione costitutiva che riguarda lo stesso bene (e cioè l'atto con cui viene conferito al terzo un diritto reale di godimento, come, ad esempio, l'usufrutto), mentre si è discusso se la disciplina in esame si estenda ai negozi con cui il proprietario del bene attribuisca ad altri un diritto personale di godimento (si pensi alla concessione in leasing della cosa già locata).
Inquadramento

Come è noto, in base all'art. 1372 c.c., il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. In deroga a tale principio il contratto di locazione vincola, a determinate condizioni, anche l'acquirente della cosa locata, il quale subentra nel rapporto. La regola - riassunta nell'espressione emptio non tollit locatum, di contenuto opposto rispetto a quella che aveva trovato espressione nel diritto romano - ha il suo fondamento nell'esigenza di assicurare stabilità al rapporto di locazione, impedendo così che il terzo acquirente ponga nel nulla il diritto di godimento di cui il conduttore è titolare in forza del contratto. Le condizioni che rendono la locazione opponibile al terzo sono poste dagli artt. 1599 e 1600 c.c., mentre l'effetto dell'opponibilità, consistente nel subentro nel contratto, è disciplinato dall'art. 1602 c.c.

Si è detto che la regola emptio non tollit locatum costituisce eccezione al generalissimo principio di cui all'art. 1372 c.c.: proprio per questo si esclude che essa possa estendersi ad altri rapporti contrattuali, come il comodato (da ultimo, v. Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2016, n. 664).

La regola emptio non tollit locatum non è inderogabile: infatti l'art. 1603 c.c. ammette la clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione. E' da osservare, però, che in tema di locazioni urbane trova applicazione l'art. 7 della l. n. 392/1978, il quale vieta espressamente che il contratto di locazione sia soggetto alla condizione risolutiva della vendita dell'immobile. La portata di quest'ultimo precetto, secondo l'opinione corrente, abbraccia ogni pattuizione con cui al terzo acquirente sia consentito di estromettere dall'immobile il conduttore: e così, anche la clausola che attribuisce il diritto di recesso ex art. 1603 c.c. deve oggi considerarsi nulla, se inserita in un contratto di locazione urbana.

Secondo le Sezioni Unite, tuttavia, la nullità comminata dall'art. 7 citato non concerne la pattuizione inserita nel contratto di locazione dell'immobile pignorato o sottoposto alla procedura concorsuale: ciò in quanto il contratto concluso dal custode o dal curatore fallimentare viene meno con la chiusura della fase di liquidazione del bene (Cass. civ., Sez. un., 20 gennaio 1994, n. 459).

In evidenza

L'opponibilità del contratto di locazione non è limitata all'ipotesi del trasferimento della cosa locata. Può osservarsi che il codice regolamenta anche l'estinzione retroattiva del diritto del locatore (art. 1606 c.c.), la quale si verifica, ad esempio, nel caso di vendita della cosa locata soggetta a condizione risolutiva: in tali casi è contemplata una opponibilità, ma attenuata (nei limiti del triennio), del diritto del conduttore che abbia concluso senza frode il contratto con il soggetto il cui diritto sul bene si è estinto retroattivamente. Esistono, poi, casi di opponibilità legate all'estinzione non retroattiva del diritto del locatore: è il caso del venir meno del diritto dell'usufruttuario che abbia locato il bene oggetto del proprio diritto reale (art. 999 c.c.).

Le singole ipotesi di trasferimento

Nel concetto di «trasferimento», che compare nella rubrica dell'art. 1599 c.c., rientrano anzitutto tutte le ipotesi in cui, con contratti a titolo oneroso o gratuito, sia alienata la proprietà del bene dato in locazione (ad esempio: compravendita, permuta, donazione). Escluso dal novero dei contratti traslativi rientranti nella previsione dell'art. 1599 c.c. è, ovviamente, il preliminare di vendita, da cui sortiscono solo effetti obbligatori. Tra gli atti mortis causa rilevano quelli che determinino acquisti a titolo particolare, e quindi i trasferimenti che si originano da un legato. A differenza del legatario, l'erede invece subentra nel rapporto contrattuale quale continuatore della posizione soggettiva del de cuius, non quale terzo, sicché, una volta accettata l'eredità, diviene parte del rapporto a prescindere dalla sussistenza delle condizioni poste dagli artt. 1599 e 1600 c.c.

Oltre ai trasferimenti del diritto di proprietà rilevano, poi, alcune delle cosiddette alienazioni costitutive (conferimenti di diritti reali limitati su beni di cui il locatore conservi la proprietà); così, in caso di costituzione del diritto di usufrutto sull'immobile concesso in locazione, l'usufruttuario subentra nel contratto, quale che sia la natura - inter vivos o mortis causa - dell'atto dispositivo.

E' escluso invece, che la disciplina relativa al trasferimento della cosa locata trovi applicazione in caso di acquisti a titolo originario (così, ad esempio, in ipotesi di usucapione).

CASISTICA

Contratto preliminare

Nell'ipotesi in cui venga stipulato un contratto preliminare di vendita con consegna anticipata avente ad oggetto un immobile in precedenza concesso in locazione a un terzo dal promittente venditore, il promittente acquirente non subentra al promittente venditore in qualità di locatore nel rapporto di locazione (Trib. Cagliari 22 dicembre 1986).

Costituzione di usufrutto

Supposta l'originaria coincidenza fra la posizione di titolare della piena proprietà di un bene e quella di locatore, ove successivamente la piena proprietà, per eventi di carattere dichiarativo o costitutivo venga a scindersi nel senso dell'attribuzione della nuda proprietà e dell'usufrutto rispettivamente a soggetti diversi, la qualità di locatore, in virtù delle disposizioni coordinate degli artt. 981, 984, 999 c.c., si concentra per tutti i riflessi, attivi e passivi, sostanziali e processuali, nel titolare dell'usufrutto, e ciò tanto nella costituzione dell'usufrutto per atto tra vivi, quanto nella costituzione mortis causa (Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 1990, n. 11828).

Ove, in corso di rapporto locativo, la piena proprietà dell'immobile si scinde (mortis causa o per atto inter vivos), per eventi di carattere traslativo o costitutivo, attribuendosi la nuda proprietà e l'usufrutto a soggetti diversi, la qualità di locatore va attribuita esclusivamente al titolare dell'usufrutto, per tutti i riflessi attivi e passivi, sostanziali e processuali. Conseguentemente la disdetta del contratto effettuata dal nudo proprietario è inefficace nei confronti del conduttore e questi è legittimato ad eccepire la di lui carenza di legittimazione attiva nell'azione giudiziaria di rilascio per finita locazione (Trib. Napoli, 15 ottobre 1999).

Usucapione

La regola emptio non tollit locatum dettata dall'art. 1599 c.c., con specifico riguardo al trasferimento a titolo particolare della cosa locata, in base alla quale si verifica la cessione legale del contratto con la continuazione dell'originario rapporto e l'assunzione da parte dell'acquirente della stessa posizione del locatore, non opera quando il terzo abbia acquistato il bene locato a titolo originario; pertanto, il terzo che abbia usucapito la proprietà della cosa locata, mentre non può esperire l'azione di sfratto, non essendo succeduto nel rapporto di locazione, è legittimato a promuovere le azioni reali per conseguire nei confronti del conduttore la disponibilità dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2001, n. 2464; conforme: Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 1992, n. 11767)

In linea di principio, alla costituzione e al trasferimento dei diritti reali non sono equiparabili i negozi che abbiano effetti solo obbligatori, come del resto si è visto, trattando dell'ipotesi del contratto preliminare.

Ciò ha indotto la giurisprudenza di merito ad escludere, in caso di leasing, il subentro dell'utilizzatore nella posizione di locatore, ove il contratto di leasing interessi un immobile già locato. La giurisprudenza di legittimità, occupandosi specificamente del leasing traslativo, ha offerto, però, un responso differente.

SUBENTRO IN CASO DI LEASING: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

L'utilizzatore diviene locatore

Quando venga concesso in leasing traslativo un immobile già locato, l'utilizzatore subentra nei diritti derivanti dal contratto di locazione a norma dell'art. 1602 c.c., poiché egli consegue, sin dalla consegna, il godimento della cosa, e, per effetto della disposizione indicata, terzo acquirente non è unicamente colui che, per atto tra vivi, sia divenuto proprietario dell'immobile locato, ma qualunque soggetto a cui, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, l'originario locatore-proprietario abbia trasferito il possesso ed il godimento dell'immobile, tanto più che non appare configurabile il diritto del concedente a percepire due autonomi corrispettivi per il godimento, uno dall'utilizzatore e l'altro dal conduttore, né risulta ragionevole assumere che il pagamento del canone di leasing sia parzialmente senza causa, in quanto l'utilizzatore, nonostante la sua corresponsione, nulla potrebbe pretendere dal conduttore (Cass. civ., sez. I, 2 aprile 2012, n. 5253).

Quando venga concesso in leasing traslativo un immobile già locato, il diritto al pagamento del canone spetta - in mancanza di diversa pattuizione - all'utilizzatore, in virtù dell'art. 1602 c.c., il quale è applicabile non solo nelle ipotesi di trasferimento della proprietà dell'immobile locato, ma in tutti i casi in cui il proprietario ed originario locatore ne ceda a terzi il diritto di godimento (Cass. civ., sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1747).

L'utilizzatore resta estraneo al contratto di locazione

Seppure il conduttore in leasing possa astrattamente locare l'immobile condotto il leasing, il subentro automatico nel contratto di locazione in corso, cioè senza necessità di consenso da parte del conduttore, deve ritenersi previsto dall'art. 1602 c.c. per il solo acquirente dell'immobile. Ed invero, la disciplina dettata dall'art. 1602 c.c. deroga alla generale disciplina stabilita dalla legge in materia di cessione del contratto, ed è quindi da ritenere di stretta interpretazione. Ne deriva che nel caso di cessione in leasing di un immobile locato non trovano più applicazione gli artt. 1599 ss. c.c., ma le regole generali in tema di cessione del contratto, con la conseguenza che, se il conduttore ceduto non vi consente, l'utilizzatore non subentra nella posizione di locatore (Trib. Bologna 2 maggio 2007).

Nel caso di cessione in leasing di immobile locato, non trovando applicazione gli artt. 1599 ss. c.c., ma le regole generali dell'art. 1406 c.c. in tema di cessione del contratto, se il conduttore ceduto non vi consente l'utilizzatore non subentra nella posizione di locatore, indipendentemente dagli accordi intercorsi con il concedente, ma può solo, eventualmente, gestire il rapporto in nome e per conto di quest'ultimo (Trib. Milano 29 ottobre 1992).

Condizioni per l'opponibilità: la data certa

I termini dell'opponibilità della locazione al terzo acquirente sono disciplinati dagli artt. 1599 e 1600 c.c.

L'opponibilità è piena (nel senso che la locazione vincola il terzo acquirente allo stesso modo in cui vincolava, prima della vicenda traslativa, il locatore alienante) nel caso della locazione con data certa anteriore al trasferimento (art. 1599, comma 1, c.c.), della locazione di bene mobile non registrato di cui l'acquirente non abbia conseguito il possesso in buona fede (art. 1599, comma 2,c.c.), della locazione ultranovennale di immobile il cui titolo sia stato trascritto prima dell'alienazione (art. 1599, comma 3, c.c.) e della locazione di bene, mobile o immobile, acquistato da chi abbia assunto, nei confronti dell'alienante, l'obbligo di rispettare la locazione (art. 1599, comma 4, c.c.). In altri casi l'opponibilità è, invece, parziale, avendo principalmente riguardo alla durata: sono queste le ipotesi della locazione ultranovennale non trascritta di bene immobile (art. 1599, comma 3, c.c.) e la locazione non munita di data certa di una cosa di cui il conduttore abbia conseguito la detenzione al momento del trasferimento (art. 1600 c.c.).

Ai fini della certezza della data anteriore è anzitutto necessario che la locazione risulti da un contratto scritto. Come è stato osservato in dottrina, infatti, l'art. 1599 c.c. riproduce, nel suo contenuto precettivo, la norma generale dell'art. 2704 c.c. la quale disciplina l'opponibilità ai terzi della data della scrittura privata: sicché, in definitiva, la norma in esame vale a rendere opponibile al terzo acquirente il rapporto locatizio risultante da atto scritto con data certa, anteriore alla alienazione. Ciò dovrebbe implicare che, ai fini dell'opponibilità della locazione, sia irrilevante la conoscenza del contratto da parte del terzo acquirente. Esattamente, pertanto, la Suprema Corte ha evidenziato come la predetta opponibilità possa essere affermata ove si stabilisca l'anteriorità della locazione con un grado di certezza pari a quello fornito dalla registrazione o da uno degli altri eventi a questa parificati e che, qualora manchi l'atto scritto, la cui necessità sussiste anche quando viene opposto un accordo novativo di una precedente locazione, non possa essere invocata la sola conoscenza del contratto da parte dell'acquirente (Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 1987, n. 1063; sul punto, v. pure Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 1980, n. 5439).

Si esclude che la denuncia del contratto verbale sottoscritta da uno solo dei contraenti possa integrare l'atto, di data certa anteriore all'alienazione, rilevante ai fini del subentro del terzo acquirente: in siffatta ipotesi non si verte in tema di volontà negoziale, opponibile ad un successivo proprietario dell'immobile, venendo in questione una semplice dichiarazione di volontà o di scienza, che ai fini probatori può essere tenuta nella stessa considerazione delle lettere di terzi, le quali non possono avere valore di prove autonome, ma soltanto di elementi indiziari da valere insieme alle altre prove (Cass. civ., sez. III, 15 marzo 1972, n. 761).

Anche le pattuizioni modificative del contratto di locazione devono risultare documentate a termini dell'art. 2704 c.c. E' stato, così, ripetutamente affermato che all'acquirente di immobile locato, obbligato a rispettare la locazione stipulata dal precedente proprietario con contratto di data certa anteriore all'alienazione, ai sensi dell'art. 1599, comma 1,. c.c., non siano opponibili gli accordi verbali in deroga al contenuto dell'originario contratto di data certa, i quali non risultino pure da scrittura di data certa, non avendo rilevanza la eventuale indiretta conoscenza, da parte dell'acquirente stesso, di siffatte deroghe sprovviste di prova legale (Cass. civ., sez. III, 2 ottobre 1993, n. 10775; Cass. civ, sez. III, 12 gennaio 1988, n. 113; Cass. civ, sez. III, 26 giugno 1979, n. 3570). Allo stesso modo, si è negata l'ammissibilità della prova testimoniale in ordine alla rinnovazione di un contratto di locazione che si assuma intervenuta con il precedente proprietario, giacché l'art. 1599 c.c. riconosce l'opponibilità del contratto di locazione al terzo acquirente solo se esso abbia data certa anteriore all'alienazione della cosa (App. Napoli 24 gennaio 1991).

Segue: trascrizione; detenzione anteriore al trasferimento

Il secondo comma dell'art. 1599 c.c. configura due diverse ipotesi di ipotesi di opponibilità: l'una parziale, o limitata, e l'altra piena: la locazione ultranovennale non trascritta, ma avente data certa anteriore al trasferimento, è opponibile nei limiti del novennio; quella trascritta è invece opponibile per l'intera sua durata.

Una questione che si pone, in tema di locazione ultranovennale, è se debba considerarsi tale il contratto di durata inferiore al novennio che si protragga, in forza di rinnovo, per un periodo eccedente i nove anni. La giurisprudenza, assai datata, ha escluso che in tali casi possa parlarsi di locazione ultranovennale: e ciò, sia nell'ipotesi di locazione prorogabile ad arbitrio del solo conduttore (Cass. civ., sez. un., 21 luglio 1949, n. 1917), sia nel caso in cui la locazione non cessi alla scadenza che in forza di disdetta intimata da una delle parti (Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 1974, n. 89).

La locazione è opponibile al terzo acquirente anche in assenza di data certa, a condizione che il conduttore, al momento del trasferimento della cosa locata, ne abbia la detenzione.

L'opponibilità in esame è parziale in due prospettive diverse.

Sotto il profilo della durata, il rapporto è disciplinato come una locazione a tempo indeterminato (art. 1574 c.c.). Nel caso di rapporto soggetto alla disciplina speciale in tema di locazioni urbane si ritengono comunemente applicabili i termini previsti da tale disciplina (art. 27 l. n. 392/1978 e art. 2 l. n. 431/1998).

Avendo riguardo ai contenuti del rapporto, l'opponibilità è limitata in ragione delle norme che definiscono, nei suoi aspetti essenziali, la locazione; l'acquirente non sarà quindi tenuto al rispetto dei patti che esulano da detta regolamentazione di carattere generale (Cass. civ, sez. III, 26 luglio 1963, n. 2063).

Il subingresso

A norma dell'art. 1602 c.c., Il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione.

Il trasferimento della posizione contrattuale in favore del terzo non ha effetto retroattivo poiché il subingresso nei diritti ed obblighi derivanti dal contratto di locazione avviene nel momento dell'acquisto del bene locato: ne consegue che l'acquirente dell'immobile locato è terzo rispetto agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore e a carico delle parti originarie fino al giorno del suo acquisto (Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, n. 17986; in tema, v. pure Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2008, n. 11895; Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 2004, n. 22669; Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2003, n. 4912; Cass. civ., sez. III, 21 novembre 1994, n. 9844).

Questa disciplina ha carattere dispositivo: il venditore ed il compratore possono convenire che il rapporto di locazione, per tutta la durata convenzionale, continui a svolgersi nei confronti dell'alienante, che così mantiene la posizione del locatore, oltre che la legittimazione per tutte le azioni derivanti dal rapporto stesso, comprese quella diretta al rilascio del bene alla scadenza e quella per il risarcimento dei danni per ritardata consegna (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1987, n. 442). Ove non sia contestuale alla compravendita, il patto intervenuto tra venditore ed acquirente dell'immobile locato, inteso ad escludere che il secondo subentri al primo nella titolarità di diritti ed obblighi scaturenti dal contratto di locazione, assumerà, poi, i connotati della cessione di contratto, giacché varrà a modificare una situazione già prodottasi come effetto normale della medesima compravendita, e produrrà perciò effetti in rapporto al conduttore soltanto secondo le regole dettate dagli artt. 1406 ss. c.c. (Cass. civ., sez. III, 26 aprile 1990, n. 3510).

Se è escluso che il subentro del terzo nel contratto di locazione sia subordinato al consenso del conduttore, è certo che quest'ultimo sia obbligato a pagare il canone al terzo acquirente dal momento in cui abbia avuto comunicazione (Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 2005, n. 674; Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 2008, n. 4588), o conoscenza (così Cass. civ., sez. III, 6 settembre 1990, n. 9160) della alienazione del bene. Si deve dunque ritenere che, mentre il subingresso del terzo si produce in ragione del mero trasferimento della res locata, il conduttore non possa, almeno di regola, essere considerato inadempiente nel pagamento del canone se ignori che il terzo, acquistando il bene, né è divenuto locatore.

Può accadere che il bene sia alienato a più soggetti: bisogna al riguardo distinguere due ipotesi.

Se il bene è alienato per porzioni separate e distinte, il contratto di locazione si scinde in tanti distinti rapporti quanti sono i soggetti, i quali pertanto a seguito dell'acquisto assumono, ciascuno per la parte di propria competenza, la veste di locatori: in conseguenza, quello dei locatori che, alla scadenza del contratto, promuova azione di rilascio, opererà limitatamente alla porzione acquistata allo scopo di far valere un diritto autonomo ed indipendente da quello degli altri locatori, sicché nei confronti di questi non vi sarà necessità di integrazione del contraddittorio (Cass. civ., sez. III, 29 novembre 1996, n.10654; in materia di affitto agrario, v. Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2013, n. 11760).

Se, invece, ha luogo l'alienazione per quote, il contratto rimane unico e i diversi acquirenti ne divengono tutti locatori. Nemmeno in tal caso l'azione contrattuale impone che si integri il contraddittorio nei confronti della pluralità di acquirenti (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 1984, n. 5130): infatti, per costante giurisprudenza, ciascuno dei comunisti è legittimato ad agire autonomamente nei confronti del conduttore.

Da ultimo, è opportuno ricordare, sul piano processuale, che ove il trasferimento della cosa locata abbia luogo in pendenza di giudizio, si verifica l'ipotesi di cui all'art. 111 c.p.c.: in conseguenza, l'alienante, pur dopo l'intervento in causa dell'acquirente (e sempre che egli non sia stato estromesso dal giudice con il consenso delle altre parti), continua ad essere parte del processo in qualità di sostituto processuale dell'acquirente medesimo (art. 81 c.p.c.), restando, per l'effetto, titolare di un autonomo diritto ad impugnare la sentenza pronunciata nei suoi confronti e destinata a produrre effetti anche con riguardo ai sostituiti suoi aventi causa (Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2004, n. 15021; v., altresì, Cass. civ., sez. III, 9 maggio 1991, n. 5164).

Guida all'approfondimento

Carrato, Alienazione dell'immobile locato e legittimazione passiva al pagamento dell'indennità di avviamento, in Corr. giur., 2011, fasc. 10, 1434;

Ciatti, Osservazioni sulla regola emptio non tollit locatum, in Contr. e impr., 2010, fasc. 3, 619;

Colonna, Osservazioni in tema di data certa ed opponibilità della durata della locazione all'acquirente dell'immobile locato, in Giur. it., 1996, I, 1, 552;

Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005;

Guglielmucci, Fallimento del locatore di immobili e locazione ultranovennale non trascritta, in Fallimento, 2008, fasc. 10, 1175;

Mirabelli, La locazione, Torino, 1971;

Provera, La locazione. Disposizioni generali, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980;

Tabet, La locazione-conduzione, 1972, Milano.

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