L'efficacia probatoria dei messaggi whatsapp e degli sms nel processo civile

17 Marzo 2025

Gli screenshot delle chat di whatsapp possono essere considerati valide prove documentali nel processo civile?

Massima

I messaggi whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una chat di whatsapp mediante copia dei relativi screenshot tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi.

Il caso

Con decreto ingiuntivo, il Tribunale di Pavia aveva disposto nei confronti di Alfa, e a favore della Beta s.n.c., il pagamento di una somma di denaro a titolo di corrispettivo per la fornitura e l’installazione di serramenti. In accoglimento dell’opposizione con cui Alfa aveva eccepito di aver concordato con l’ingiungente un prezzo di favore già corrisposto, il Tribunale, dopo aver assunto prova per interpello e testimoniale, aveva revocato il decreto ingiuntivo sostenendo che, in considerazione dell’assenza delle risultanze istruttorie a supporto del titolo, la pretesa sostanziale azionata non avesse fondamento.

La Beta s.n.c. aveva proposto impugnazione avverso la pronuncia di primo grado, successivamente accolta dalla Corte d’Appello che, in riforma della sentenza impugnata, aveva rigettato l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, confermandolo. In particolare, tra le argomentazioni a sostegno della pronuncia della Corte di merito vi era quella per la quale dalle dichiarazioni rese dalla teste era emerso che Alfa avrebbe dovuto versare la maggior somma richiesta dalla Beta s.n.c., come emerso dai messaggi whatsapp intercorsi tra le parti con cui Alfa aveva confermato la debenza dell’importo indicato nella fattura posta a base del decreto ingiuntivo.

Pertanto, Alfa aveva presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi.

La questione

La principale questione affrontata nella pronuncia in commento attiene la validità probatoria dei messaggi whatsapp nel processo civile; in altri termini, la Suprema Corte ha analizzato la possibilità che le riproduzioni fotografiche, il c.d. screenshot, delle conversazioni contenute nei messaggi whatsapp possano essere considerate alla stregua di una valida prova documentale.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità, dopo aver affrontato le eccezioni preliminari sollevate dal ricorrente in merito al requisito della specialità della procura, hanno ritenuto infondato il primo motivo di ricorso individuato, ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., nella violazione e/o errata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 20 e 23-quater CAD.

È stato dapprima rilevato che, in tema di ricorso per Cassazione, non può porsi una censura relativa alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per una valutazione erronea del materiale istruttorio da parte del giudice di merito; al contrario, la richiamata censura è resa possibile soltanto qualora si alleghi che il giudice abbia posto alla base della sua decisione delle prove non dedotte dalle parti o disposte d'ufficio eccedendo i limiti legali o, ancora, qualora abbia disatteso le prove legali, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento o, infine, nel caso in cui abbia considerato come elementi di piena prova quelli, invece, soggetti a libera valutazione.

È stato confermato, poi, che la pattuizione del corrispettivo ingiunto in sede monitoria è stata desunta dalla testimonianza resa in primo grado e confermata dal contenuto del messaggio whatsappinviato dal ricorrente ingiunto, con cui quest'ultimo si impegnava a corrispondere il dovuto secondo l'ultima fattura inviata ad installazione conclusa.

Ebbene, sulla contestazione del messaggio whatsapp prodotto in giudizio, la Suprema Corte ha rilevato che «i messaggi whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una chat di whatsapp mediante copia dei relativi screenshot tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi».

A sostegno di quanto affermato, i Giudici hanno statuito che i messaggi whatsapp, al pari dei messaggi di posta elettronica, rappresentano dei documenti elettronici che contengono la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti; nonostante tali documenti informatici siano privi di firma e non abbiano l'efficacia della scrittura privata ex art. 2702 c.c., rientrano tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche ai sensi dell'art. 2712 c.c. Pertanto, qualora il soggetto contro cui vengono prodotti non ne disconosca la conformità, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate.

D'altra parte, nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a contestare l'utilizzabilità del messaggio whatsapp soltanto da un punto di vista processuale e non contenutistico. Peraltro, ricordano i giudici della Corte, il messaggio in questione è stato considerato un elemento indiziario per corroborare l'attendibilità della testimonianza, non avendo avuto una rilevanza decisiva ai fini della prova del quantum dovuto.

Infine, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente ha lamentato, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., l'errata o falsa applicazione dell'art. 2225 c.c. e la violazione dell'art. 1657 c.c., sostenendo che la Corte di merito avesse determinato il prezzo in virtù di un contratto d'opera anziché di appalto e senza alcun elemento probatorio ai fini della determinazione del quantum.

Sul punto è stato sostenuto che la prova di quanto dovuto è indipendente dalla qualificazione giuridica del negozio cui fa riferimento, sulla scorta della conferma della teste dell'importo indicato in fattura, come comprovato dal messaggio whatsapp nonché dalla congruità dei risultati ottenuti e dal lavoro realizzato. 

Osservazioni

Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ha confermato l'efficacia probatoria dei messaggi whatsapp nell'ambito del processo civile, contribuendo a delineare un quadro normativo che possa ritenersi attuale rispetto all'evoluzione e alla digitalizzazione delle odierne modalità comunicative.

Le prove digitali, quali quelle oggetto del caso di specie, rappresentano senz'altro delle prove atipiche nell'ambito del processo civile dal momento che non risultano disciplinate da alcuna disposizione normativa.

Come è noto, pur essendo assente nell'ordinamento civilistico una norma di chiusura a carattere generale che preveda l'ammissibilità delle prove non disciplinate dalla legge, al pari dell'art. 189 c.p.p. nell'ambito del processo penale, è principio consolidato quello per cui l'elencazione delle prove nel procedimento civile non presenti carattere tassativo.

A parere della dottrina e della giurisprudenza maggioritarie, cui la pronuncia in commento risulta aver aderito, le prove digitali fanno parte del novero delle c.d. riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c., secondo il quale le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti o di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Pertanto, il riconoscimento del valore probatorio dei messaggi whatsapp è subordinato alla condizione che risulti pacifica tanto la autenticità della provenienza del messaggio quanto l'integrità del suo contenuto.

Vi è, tuttavia, da rilevare un orientamento minoritario che riconduce le prove digitali non sottoscritte nell'ambito della disciplina del documento informatico, definito dall'art. 1, lett. p), d.lgs. n. 82/2005, (il c.d. codice dell'amministrazione digitale), quale documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

L'art. 20, comma 1-bis dello stesso decreto stabilisce che il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia di cui all'art. 2702 c.c. quando vi è apposta una firma digitale o, comunque, è formato con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento nonché la sua riconducibilità all'autore; in tutti gli altri casi, precisa il legislatore, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.

Sul punto, è stato correttamente osservato che, aderendo ad una siffatta impostazione, si finirebbe per attribuire al messaggio whatsapp un'efficacia probatoria maggiore rispetto a quella prevista per il documento informatico munito di firma digitale che, in virtù del rinvio contenuto al richiamato art. 20, comma 1-bis, d.lgs. n. 82/2005, fa piena prova della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritto se colui contro il quale è prodotto ne riconosce la sottoscrizione o se non è legalmente riconosciuta.

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