Il distacco è illecito se l’adesione al contratto di rete è invalida
18 Marzo 2025
Massima Configura somministrazione illecita di manodopera il distacco di lavoratori da parte di una impresa che risulti essere mere simulacro di una impresa funzionale. L’imprenditore che si avvalga, anche nell’ambito del contratto di rete, di lavoratori distaccati da altro imprenditore non può, secondo diligenza, disinteressarsi di quale sia la natura del soggetto distaccante. Il caso Due Società erano tra loro legate da un contratto di rete e, in ragione di questo, una delle due imprese retiste distaccava presso l’altra un cospicuo numero di lavoratori senza specificare l’interesse al distacco. In seguito ad accesso ispettivo, l’Ispettorato del lavoro riteneva tuttavia che il distacco non fosse genuino e configurasse, in realtà, la fattispecie della somministrazione illecita e fraudolenta di manodopera. Nello specifico, riteneva l’ispettorato, che l’impresa distaccante non svolgesse effettiva attività imprenditoriale, non avendo alcun bene strumentale e alcuna attrezzatura necessaria all’esecuzione delle lavorazioni dichiarate; nel caso specifico: trasporto merci per conto terzi. Il distaccante si sarebbe semplicemente limitato ad assumere personale con mansioni di autista e quindi a distaccarlo. Tuttavia, rilevavano gli ispettori che:
Le soluzioni giuridiche A fronte del verbale di accertamento dell'Ispettorato del lavoro, la società distaccataria agiva in giudizio contro ITL, INPS e INAIL chiedendo di accertare la non debenza degli importi chiesti a titolo previdenziale, assicurativo e sanzionatorio in ragione del distacco ritenuto invalido e integrante in realtà la fattispecie della somministrazione illecita. Al di là delle argomentazioni relative all'asserita nullità dell'accertamento per motivi formali (quali a esempio l'eccessiva durata del procedimento: aspetti che non interessano il presente commento), il ricorrente argomentava circa la genuinità del distacco in ragione della presunzione legale disposta dall'art. 30, co. 4-ter, d.lgs n. 276/2003 che stabilisce: “Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità (…) l'interesse della parte distaccante sorge autenticamente in forza dell'operare della rete”. A ciò rispondeva l'ispettorato del lavoro, osservando come alla base della liceità del distacco deve essere valutata la validità del contratto di rete, presupposto ex lege dell'interesse che costituisce l'elemento principe della struttura del distacco stesso. Pertanto, nel caso di specie, è proprio su tale aspetto che si è concentrato lo sforzo ispettivo, accertando – a loro giudizio – “l'invalidità del vincolo negoziale di adesione” della società distaccante, “stante l'assenza di alcuna effettiva attività imprenditoriale da parte della stessa (…) riqualificando l'operazione come mera somministrazione di manodopera” (cit. sentenza in oggetto). Pilastro fondante del ragionamento ispettivo sono le risultanze già evidenziate nella ricostruzione del caso. Da tutti quegli aspetti elencati è chiaro come l'impresa distaccante, di fatto, non svolgeva altra attività che quella di somministrazione irregolare di lavoro. Ciò emerge chiaramente dal fatto che sostanzialmente la totalità del personale era impiegato tramite distacchi e che la società non possedeva alcun mezzo produttivo, come corroborato dal fatto che l'unico costo sostenuto dalla stessa è il costo del lavoro dipendente. È pertanto evidente che il contratto di rete sia stato stipulato in frode alla legge, utilizzandolo quale ingranaggio di un' operazione di mera somministrazione di manodopera. D'altronde, come da consolidata giurisprudenza di cassazione, il distacco costituisce un atto organizzativo compiuto dal distaccante e determinante una mera modifica delle modalità di esecuzione delle prestazioni da parte del lavoratore distaccato (ex multis Cass. 9 marzo 2022, n. 7745; Cass. 7 marzo 2022, n. 7436): pertanto se il lavoratore non è in grado di svolgere le sue mansioni presso il datore di lavoro distaccante, non ha nemmeno senso l'utilizzo del distacco stesso. Da ciò ancora una volta emerge l'intento fraudolento del distaccante nel caso di specie. Il Giudice perugino ha dunque ritenuto provata la nullità del vincolo negoziale, stante l'impossibilità di qualificare il distaccante come un soggetto che svolga effettiva attività imprenditoriale. Ciò ha fatto venir meno l'adesione del distaccante al contratto di rete, travolgendo la presunzione di legge dell'interesse al distacco e, conseguentemente, accertando l'illegittima somministrazione di manodopera. È infine di certo interesse anche l'ultima parte della decisione del giudice, il quale ha posto in capo al soggetto distaccatario l'onere di verificare, secondo diligenza, quale sia la vera natura del soggetto distaccante, “dovendo, in mancanza di una previa verifica, rispondere delle conseguenze della sua condotta omissiva, laddove, come nel caso di specie, il soggetto distaccante risulti, ex post, un mero simulacro di impresa funzionale ad un congegno interpositorio vietato” (ibid.). Osservazioni L'art. 30, comma 4-ter d.lgs. n. 276/2003 stabilisce una presunzione di legge di interesse al distacco tra imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete: si potrebbe ritenere che il giudice abbia disatteso la presunzione legale prevista dalla richiamata disposizione. Ma ciò solo a una prima e superficiale lettura. Orbene, come noto, l'art. 2727 c.c. dispone che “le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto” e il seguente art. 2728 dispone a sua volta che “le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite.” . Le presunzioni legali si distinguono in presunzioni assolute (iuris et de iure), che non ammettono alcuna prova contraria e relative (iuris tantum) che determinano l'inversione degli oneri probatori, senza tuttavia escludere la prova contraria. Secondo la dottrina, la presunzione stabilita dal decreto legislativo 276/2003 sarebbe di natura assoluta: tale impostazione ermeneutica appare accolta anche in alcuni arresti giurisprudenziali (si veda a esempio: Tribunale di Trento, n. 32/2023 del 21/02/2023; il Tribunale trentino poneva tuttavia la condizione che il lavoratore svolgesse presso il distaccatario mansioni funzionali alla realizzazione del programma di rete definito in contratto). D'altronde, proprio sulla natura di presunzione legale assoluta ha coltivato la propria linea difensiva il legale della società nel caso di specie, quando ha affermato che “vi è stato un distacco genuino in quanto esso è avvenuto nell'ambito di un contratto di rete di cui facevano parte esso ricorrente e la società (omissis) [distaccataria] cosicché l'interesse al distacco doveva considerarsi in re ipsa” (cit. sentenza in oggetto). Potrebbe dunque apparire prima facie che il giudice perugino abbia disatteso la norma. Ma in realtà non è così. Il giudicante non nega il valore della presunzione legale dell'interesse al distacco; tuttavia, argomenta che “è evidente che l'esistenza di un'impresa effettiva o, quanto meno, di un programma d'impresa costituisca una condizione essenziale per l'astratta configurabilità di una valida adesione ad un contratto di rete”. Il distacco è illecito non perché non vi sia un interesse allo stesso, ma – ancor più alla radice – perché il soggetto distaccante non è un'effettiva impresa e, pertanto, è alla base invalida la sua adesione al contratto di rete, in quanto priva del presupposto causale. Il distacco è dunque illecito per nullità del vincolo negoziale del contratto di rete tra il distaccante e il distaccatario. |