Danno non patrimoniale: quando il figlio ha diritto al risarcimento per la perdita della possibilità di avere dei fratelli?
25 Marzo 2025
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere sulla domanda di risarcimento del danno avanzata da due coniugi per sé stessi e per la figlia, conseguente a un'infezione manifestatasi dopo il parto, a seguito della quale la madre aveva dovuto sottoporsi a un successivo intervento di isterectomia che l'aveva resa sterile. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello, infatti, avevano accolto solo parzialmente la domanda, in quanto non poteva essere riconosciuto, in favore della figlia, il risarcimento del danno per la perdita della possibilità di avere uno o più fratelli e, quindi, di instaurare il relativo vincolo affettivo. Nello specifico, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 2043, 2059, 1226, 2727 c.c. e artt. 2, 3, 29, 30, 31 Cost., in quanto la Corte d'Appello avrebbe errato nel non considerare che la sopravvenuta incapacità di procreare aveva comportato «la perdita del futuro rapporto con un fratello o una sorella, sicuro quanto ineguagliabile sostegno personale». La doglianza, tuttavia, è infondata. Se è vero che «la perdita della capacità di procreare del genitore cagiona al figlio del danneggiato principale la lesione dell'interesse, costituzionalmente protetto dall'art. 29 Cost., a stabilire un legame affettivo con uno o più fratelli e, quindi, un danno non patrimoniale risarcibile», tuttavia è necessario che «vi siano elementi, anche presuntivi, sufficienti a far ritenere che tale legame sarebbe stato acquisito e che la sua mancanza abbia determinato un concreto pregiudizio». In primis, i Giudici sottolineano come «la fattispecie di un rapporto parentale già instaurato e quello di un tale rapporto futuro ed eventuale non siano paragonabili», in quanto la seconda ipotesi attiene al danno da perdita di chance, ovvero di un'apprezzabile e non prettamente aleatoria “possibilità” del rapporto parentale, «viceversa soggetto per natura a mutevoli accadimenti e intendimenti»; in secondo luogo, deve sussistere l'allegazione non solo del progetto di famiglia più numerosa, ma anche del «connesso tipo di pregiudizio di cui si chiede il ristoro, rispetto allo specifico soggetto familiare che lo domanda». Sul punto, i Giudici osservano che:
Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno effettuato le specifiche allegazioni richieste, che avrebbero potuto implicare «valutazioni fattuali e presuntive, in chiave probabilistica, e che avrebbero dovuto costituire il precisato perimetro della discussione davanti al giudice di appello, prima che del confronto con le censure da specificare davanti a questa Corte». Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso.
Fonte: Diritto e Giustizia
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