Assemblea dei conduttori

Mauro Di Marzio
25 Agosto 2017

La legge c.d. dell'equo canone ha riconosciuto al conduttore, che in caso di immobile collocato all'interno di stabili condominiali gode di esso in luogo del proprietario-condomino, alcuni poteri altrimenti spettanti a quest'ultimo, ivi compreso quello di adottare determinate deliberazioni in apposita assemblea.
Inquadramento

Dall'impianto codicistico non emergono interferenze palesi tra le discipline della locazione e del condominio, le quali appaiono anzi profondamente distanti l'una dall'altra: da un lato il libro IV del codice civile e i diritti di obbligazione, dall'altro lato il libro III ed i diritti reali. Tale distanza conduce talora all'affermazione dell'estraneità del conduttore al condominio e del condominio al rapporto di locazione, come nella massima secondo cui il conduttore di una unità immobiliare di un edificio in condominio non è legittimato, in caso di mancata nomina dell'amministratore, a proporre il ricorso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c., diretto ad ottenere la nomina dell'amministratore (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 1991, n. 6843; Cass. civ., sez. II, 18 agosto 1993, n. 8755).

Nondimeno, poiché le singole unità immobiliari di uno stabile oggetto di condominio possono essere concesse in locazione, l'uno e l'altro istituto entrano nei fatti in contatto, suscitando questioni di notevole rilievo pratico. In particolare, secondo una ribadita affermazione della Suprema Corte, il conduttore di un'unità immobiliare situata in uno stabile condominiale si trova, quanto al godimento delle parti e dei servizi comuni, nella medesima posizione del condomino-locatore, sicché, oltre a trovarsi per questo assoggettato alle stesse limitazioni che il regolamento impone ai condomini, ha diritto, al pari del condomino-locatore, di goderne liberamente.

Nel condominio degli edifici, cioè:

In evidenza

La locazione a terzi dell'unità immobiliare in proprietà esclusiva pone il conduttore in una posizione non diversa da quella del proprietario in luogo del quale egli detiene; pertanto, il conduttore può, al pari del suo dante causa, liberamente godere ed eventualmente modificare le parti comuni dell'edificio purché in funzione del godimento o del miglior godimento dell'unità immobiliare oggetto primario della locazione (limite c.d. interno) e purché non rimanga alterata la destinazione di dette parti né pregiudicato il pari uso da parte degli altri condomini (limite c.d. esterno) (Cass. civ., sez. II, 17 aprile 1981, n. 2331; Cass. civ., sez. II, 3 maggio 1997, n. 3874).

Così, ad esempio, con riguardo all'installazione dell'insegna pubblicitaria di un esercizio commerciale, è stato affermato che qualora il condomino abbia locato ad altri il bene di sua proprietà esclusiva, il conduttore può servirsi del muro perimetrale dell'immobile locatogli con uguale contenuto ed uguali modalità del locatore, purché non rimanga alterata la sua destinazione né pregiudicato il pari uso degli altri condomini (Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 1986, n. 6229; Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 1998, n. 1046). Insomma in virtù del contratto di locazione, e nei limiti della destinazione del bene ivi prevista, sono trasferiti al conduttore tutti i poteri di godimento che spettano al proprietario, senza distinzione tra le utilità fornite dalla porzione di immobile di proprietà esclusiva e quelle eventualmente ricavabili dall'uso legittimo delle parti condominiali e delle relative pertinenze (Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 1998, n. 1046; Cass. civ., sez. II, 3 maggio 1997, n. 3874).

Questa interferenza tra condominio e locazione ha suscitato una certa tendenza dell'ordinamento - esordita con l'art. 6, comma 2, l. 22 dicembre 1973, n. 841, che conferiva al conduttore il potere di intervenire in luogo del locatore nelle assemblee convocate per deliberare sulle spese e sulle modalità di gestione del servizio di riscaldamento, se tali spese fossero per contratto a suo carico - a porre in rapporto diretto, sia pure entro limiti circoscritti, il conduttore e il condominio, nella prospettiva di realizzare una sua partecipazione sempre più intensa alla vita condominiale.

In proposito occorre richiamare l'art. 10 della l. n. 392/1978, il quale è diviso in due parti, il primo ed il secondo comma dedicati alla partecipazione del conduttore, in luogo del proprietario, all'assemblea dei condomini, gli altri tre diretti ad istituire l'assemblea dei conduttori, nell'ipotesi di edifici non in condominio.

L'assemblea dei conduttori

Nel considerare l'ipotesi che l'edificio suddiviso in una pluralità di unità immobiliari appartenga ad un unico proprietario, l'art. 10 della l. n. 392/1978 stabilisce al comma 3 che la disciplina dettata dal comma 1, secondo cui il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio. In tale ipotesi, soggiunge il comma 4, i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario dell'edificio o da almeno tre conduttori. Il comma 5, infine, impone l'osservanza, in quanto applicabili, delle disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.

Il complesso normativo in discorso, seppure limitatamente alle spese ed alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, ha delineato dunque una «assemblea di conduttori», alla quale sono applicabili le norme relative all'assemblea dei condomini, convocabile ad iniziativa del proprietario o di almeno tre conduttori. Nulla d'altronde impedisce che un tale organo possa, in analogia a quanto stabilito dal secondo comma della stessa norma, riunirsi ed esprimere, sia pure in via autonoma, il proprio parere circa la gestione dei vari servizi, l'eliminazione di alcuni di essi, la previsione di nuovi, ecc.; parere che, specie se assunto all'unanimità, avrà certamente sul piano effettuale un indubbio peso nelle determinazioni che l'unico proprietario andrà ad assumere (Lazzaro - Di Marzio).

CASISTICA

Autogestione del servizio di riscaldamento

Qualora l'assemblea dei conduttori prevista dagli ultimi tre commi dell'art. 10 l. n. 392/1978 abbia assunto l'autogestione del servizio di riscaldamento viene così a costituirsi un condominio di gestione, al quale si applicano analogicamente e compatibilmente con i profili tipici dell'istituto, come accennato, le norme del condominio in senso proprio (Trib. Alessandria 13 gennaio 1996).

Proprietario fruitore del servizio di riscaldamento

Fa parte dell'assemblea anche il proprietario che, occupando un appartamento dell'edificio, sia fruitore del servizio di riscaldamento (Pret. Roma 27 maggio 1975).

È necessario anzitutto che l'edificio appartenga ad un unico proprietario, ad esempio un ente pubblico: nella specie l'INCIS. È stato chiarito, in proposito, che gli occupanti degli alloggi che ne siano assegnatari con diritto di riscatto, rivestendo la qualità di conduttori, devono comunque essere equiparati ai medesimi, ai fini dell'applicazione del citato art. 10, per evitare una inammissibile mancanza di tutela giuridica (Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 1980, n. 5591; v., altresì, con riguardo agli alloggi GESCAL assegnati con patto di futura vendita, Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1977, n. 5359; con riguardo agli alloggi ex INCIS militari, Cass. civ., sez. III, 4 aprile 1992, n. 4133).

È stato peraltro precisato che un tale condominio di gestione (nella specie costituito dagli assegnatari, con patto di futura vendita, di alloggi degli IACP, autorizzati dall'ente proprietario a provvedere all'amministrazione ordinaria degli immobili) è facoltizzato come tale a deliberare le spese per l'uso di servizi comuni e a riscuotere le quote dei singoli assegnatari in analogia a quanto avviene nei condomini ordinari, ma, a differenza di questi ultimi, non può disporre innovazioni o modifiche che incidano sull'integrità dell'immobile del quale gli assegnatari hanno soltanto l'uso in conformità del contratto di locazione; né i singoli assegnatari, obbligati a norma dell'art. 1576 c.c. soltanto per le spese di piccola manutenzione, sono tenuti a concorrere nelle spese per le modificazioni strutturali dell'immobile di proprietà altrui: nella specie, distacco dell'impianto di riscaldamento da quello di altre palazzine contigue anch'esse di proprietà dello stesso IACP (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1991, n. 10310). Una tale assemblea non può inoltre validamente deliberare la trasformazione del servizio centrale di riscaldamento in impianti autonomi (Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1991, n. 4425).

In proposito, con riguardo alla analoga previgente disciplina, la Suprema Corte ha evidenziato il carattere cogente della disposizione, chiarendo, per altro verso, che la convocazione dell'assemblea non costituisce un obbligo a carico dell'unico proprietario, né tantomeno è richiesta perché sorga il corrispettivo obbligo del locatore di fornire servizio di riscaldamento e dei conduttori di sostenerne la spesa. È stato difatti affermato che, il comma 3 dell'art. 6 della l. n. 841/1973, in forza del quale, nei contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani le cui spese di gestione del servizio di riscaldamento siano a carico dei conduttori, costoro, qualora si tratti di edificio non in condominio, deliberano in apposita assemblea, convocata dal proprietario dell'edificio o da almeno tre conduttori, sulle spese e sulle modalità di gestione del servizio, incide autoritativamente sui rapporti in corso, attribuendo alle parti, in particolare a quei conduttori, un potere che il contratto non prevedeva o anche difforme dal previo regolamento negoziale (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 1986, n. 7179).

Viceversa la disposizione non impone al locatore un'obbligazione corrispettiva all'obbligo del conduttore di sostenere le spese del riscaldamento. Quest'obbligo è sinallagmaticamente legato semplicemente alla prestazione del servizio e perciò il suo adempimento non può essere subordinato alla previa esplicazione del procedimento deliberativo introdotto dall'art. 6 della l. 22 dicembre 1973, n. 841: in sostanza, detto articolo, poiché affida immediatamente agli aventi titolo la soddisfazione dell'interesse protetto, configura per le parti qualificate (il proprietario-locatore e almeno tre conduttori) il potere, non l'obbligo, di provocare una deliberazione collegiale dei conduttori sulle spese e sulle modalità di gestione del servizio di riscaldamento. Il mancato esercizio di siffatto potere, come non esime il locatore dell'obbligazione di prestare il servizio cui è contrattualmente tenuto, così non esonera i conduttori dell'obbligazione di sostenere le relative spese (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 1986, n. 7179).

Anche con riguardo all'art. 10 della l. n. 392/1978, la Suprema Corte ha escluso un obbligo del proprietario dell'edificio di convocare in assemblea i conduttori, potendo gli stessi, in mancanza della facoltativa iniziativa attribuita al proprietario, convocarsi su iniziativa di almeno tre di loro - sicché la figura del «condominio di gestione» non ricorre nel caso che i conduttori siano soltanto due - per far valere in confronto del proprietario i propri interessi in relazione al funzionamento del servizio: ne consegue che non è configurabile in capo al proprietario-locatore né un inadempimento né un obbligo di conseguente risarcimento dei danni in confronto dei conduttori per non avere convocato l'assemblea (Cass. civ., sez. III, 3 agosto 1995, n. 8484; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 1990, n. 2762).

Tuttavia, è stato detto che, qualora subordini la riscossione degli oneri accessori, in sede di pronuncia equitativa, alla previa convocazione dell'assemblea dei conduttori, il giudice non esorbita del proprio potere di decisione secondo equità. L'ulteriore specifico problema delle conseguenze della mancata convocazione dell'assemblea dei conduttori e del diritto di ciascuno di questi di opporsi alle richieste di pagamento non è specificamente affrontato dalla legge (Cass. civ., sez. III, 3 giugno 1994, n. 5383). Per altro verso, sino a quando non sia intervenuta la delibera con la quale i conduttori assumono in proprio la gestione del servizio di riscaldamento, il locatore è tenuto ad erogare il servizio stesso, in forza dell'obbligo derivante a suo carico dal contratto di locazione (Pret. Roma 14 gennaio 1974).

I poteri del «condominio di gestione»

L'organismo previsto dagli ultimi tre commi dell'art. 10 della l. n. 392/1978 ha il potere di deliberare sulle spese per l'uso di servizi comuni e riscuotere le quote dei singoli conduttori in analogia a quanto avviene nei condomini ordinari, ma, a differenza di questi ultimi, non può disporre innovazioni o modifiche che incidano sull'integrità dell'immobile del quale i conduttori hanno soltanto l'uso in conformità del contratto di locazione (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1991, n. 10310, resa con riguardo ad una fattispecie di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica).

Gli assegnatari di alloggi di edilizia pubblica residenziale possono cioè costituire assemblee gestionali dei servizi comuni, al fine di regolare le modalità della loro erogazione e del loro uso, nonché della ripartizione delle spese ma non possono, invece, adottate decisioni destinate ad incidere sulla struttura di un impianto comune, alterandone l'originaria impostazione e modificandone la consistenza e l'ambito degli effetti che gli sono propri (Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1991, n. 4425).

Sul versante processuale, al «condominio di gestione» va riconosciuta la legitimatio ad causam solo per la gestione delle cose comuni, mentre tale legittimazione deve essere esclusa quando si faccia valere il diritto di comunione e, così, anche quando la contestazione relativa all'uso e al godimento delle cose comuni non riguardi un mero corollario dell'utilizzazione della cosa, ma venga ad investire la stessa inerenza del bene alla comunione (Cass. civ., sez. II, 23 settembre 1991, n. 9896, resa in un caso in cui il «condominio di gestione» aveva rivendicato la proprietà di un manufatto costruito da un assegnatario sul suolo comune).

Nella prospettiva dell'autogestione, la Suprema Corte ha affermato che il rendiconto delle spese del servizio, approvato, con delibera assembleare, dalla maggioranza dei conduttori, costituisce, ai sensi dell'art. 633 c.p.c., prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo di pagamento delle quote di spesa e carico dei conduttori inadempienti (Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 1977, n. 5359).

Disciplina dell'assemblea

L'assemblea del «condominio di gestione» è convocata con avviso che i conduttori debbono ricevere almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza (ex art. 66 disp. att. c.c.).

Se nessuno si presenta o non si raggiunge il quorum per la sua valida costituzione, è da credere che il proprietario possa, ed anzi debba, provvedere direttamente alla erogazione e gestione del servizio, dovendosi considerare l'inerzia dei conduttori come rinuncia ad intervenire sull'argomento, trattandosi di un diritto rinunciabile (Stincardini).

Quanto alla regolarità della costituzione ed alla validità delle delibere può aderirsi al suggerimento che vengano approntate delle tabelle millesimali secondo i criteri di quelle per il riscaldamento. Dell'assemblea sarà redatto apposito verbale da comunicarsi ai conduttori assenti che potranno impugnare la relativa delibera, ai sensi dell'art. 1137 c.c..

La nomina di un «gestore»

La prevalente giurisprudenza ammette che i conduttori possano nominare un rappresentante che provveda alla gestione dell'impianto: è stata così riconosciuta in capo al conduttore nominato amministratore degli utenti dell'impianto di riscaldamento gestito in proprio ex art. 10 della l. n. 392/1978, la legittimazione attiva all'azione di reintegra nella detenzione dell'impianto medesimo (Trib. Napoli 29 dicembre 1982; Pret. Napoli 18 febbraio 1981; Pret. Roma 10 aprile 1975; Pret. Roma 23 dicembre 1974).

Unico locatore e unico conduttore

Dalla normativa sulle locazioni (art. 1575 c.c., nonché artt. 5, 9 e 10 l. n. 392/1978) può desumersi che la gestione degli impianti e servizi concernenti gli immobili, in quanto attinente al godimento ed alla manutenzione del bene, appartiene di regola al locatore e che il conduttore può eccezionalmente incidere sulla gestione del solo servizio di riscaldamento e di condizionamento d'aria unicamente nell'ambito di assemblee di condomini o, nel caso di unico proprietario dell'edificio, di inquilini. Ne consegue che in ipotesi di unico proprietario ed unico inquilino dell'immobile, in mancanza di un'assemblea, non è possibile ipotizzare un diritto partecipativo del conduttore alla gestione del servizio di riscaldamento o condizionamento d'aria, la quale, proprio in virtù di detta mancanza, fa capo direttamente al proprietario-locatore (Cass. civ., sez. III, 30 maggio 1995, n. 6078).

Guida all'approfondimento

Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 2002;

Stincardini, Le assemblee, in Lazzaro - Preden - Terzago - Varrone, Gli oneri condominiali e le spese accessorie nel contratto di locazione, Milano, 1979.

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