La sindrome di Schubert, ovvero dell'incompiutezza del sistema delle notificazioni telematiche

01 Settembre 2016

A distanza di tre anni dall'operatività dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 e di due anni dall'inizio della progressiva entrata a regime del processo civile telematico, la diffusione della nota del direttore generale della giustizia civile presso il Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia prot. n. m. dg. DAG. 21 giugno 2016.0116974.U (intitolata «Inclusione del registro IPA fra quelli utilizzabili ai fini delle notifiche PEC da parte degli avvocati ai sensi della legge 53/1994») offre l'occasione per fare il punto sullo stato di attuazione dei procedimenti notificatori in forma telematica.
Principi generali della notificazione telematica: gli indirizzi PEC risultanti da pubblici elenchi

Sia che il soggetto notificatore sia un addetto a un ufficio UNEP e/o un cancelliere (nell'ambito di un procedimento giudiziario), sia che si tratti di un avvocato che si avvale della l. n. 53/1994, la normativa di specie prescrive che:

a) la notificazione telematica avvenga pel tramite della posta elettronica certificata (PEC);

b) la trasmissione dell'atto da notificare sia inviata da un indirizzo PEC a un altro indirizzo PEC, e che entrambi gli indirizzi in questione siano presenti in “pubblici elenchi”.

Tali “pubblici elenchi” — ossia gli elenchi degli indirizzi PEC utilizzabili per le notificazioni telematiche — sono individuati all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012 (nella lezione vigente, risultante da successivi interventi modificativi e interpolativi), ricorrendo a un'indicazione tassativa e restrittiva; un elenco di indirizzi PEC, dunque, non è “pubblico” perché liberamente accessibile a un numero indiscriminato di soggetti (difatti, alcuni degli elenchi individuati dalla norma sono consultabili solamente da determinati soggetti e a determinate condizioni), bensì perché la sua “pubblicità” è stabilita per legge.

I “pubblici elenchi” di cui all'art. 16-ter cit. sono, dunque:

a) l'elenco del domicilio digitale del cittadino, giusta il rinvio all'art. 4 d.l. n. 179/2012, che ha introdotto l'art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005 (ossia il Codice dell'amministrazione digitale o CAD);

b) il registro degli indirizzi PEC delle pubbliche amministrazioni dedicati alle notificazioni telematiche e tenuto presso il Ministero della Giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 (c.d. Registro delle PA);

c) l'elenco degli indirizzi PEC delle imprese costituite in forma societaria, di cui art. 16, comma 6, d.l. n. 185/2008;

d) l'Indice Nazionale Italiano degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC) dei professionisti e delle imprese, di cui all'art. 6-bis CAD;

e) il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), tenuto presso il Ministero della Giustizia.

I “pubblici elenchi” di cui alle lettere b) ed e) sono consultabili «esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati», mentre l'elenco di cui alla lettera c) è accessibile solo alle pubbliche amministrazioni [peraltro, gli stessi indirizzi PEC contenuti negli elenchi di cui alle lettere c) ed e) vanno comunque ad alimentare quello di cui alla lettera d)].

La notificazione eseguita per via telematica è regolare se avvenga tra indirizzi PEC censiti nei predetti “pubblici elenchi” e si perfeziona quando venga generata la ricevuta di avvenuta consegna, cioè la comunicazione con la quale il gestore della casella PEC del destinatario riferisce che il messaggio contenente la notificazione è stato messo a disposizione del destinatario nella predetta casella.

Due sono i corollari che si possono ricavare da tale premessa:

a) è irrilevante che il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza del contenuto del messaggio recapitato nella propria casella o addirittura dell'essergli stato recapitato il messaggio: è onere del destinatario, infatti, monitorare regolarmente la propria casella PEC e consultarne il contenuto, il che implica pure l'onere di dotarsi dello strumentario minimo all'uopo (soltanto un'impossibilità tecnica non a lui imputabile potrebbe costituire un'esimente, della quale incomberebbe comunque a lui la prova);

b) al contrario, l'invio della notificazione telematica a un indirizzo PEC non censito nei “pubblici elenchi” comporterebbe la nullità della notificazione, quand'anche il destinatario avesse avuto piena ed effettiva cognizione della notificazione in parola (salvo che la nullità venisse successivamente sanata per l'avvenuto raggiungimento dello scopo, per esempio quando il destinatario si costituisse nel giudizio cui la notificazione inerisce).

L'effettivo funzionamento delle notificazioni telematiche

Il sistema delle notificazioni telematiche, come sommariamente delineato poc'anzi (per una disamina più approfondita, si rimanda a: E. M. Forner, Le notificazioni dell'avvocato, Giuffrè, 2013; Id., Procedura civile digitale, Giuffrè, 2015; Id., Stratagemmi per il PCT, Giuffrè, 2016), può dirsi compiutamente attuato e funzionale per quanto attiene alle notificazioni effettuate dagli avvocati ai sensi della l. n. 53/1994 nei confronti di altri avvocati, professionisti e imprese (ossia, di quei soggetti i cui indirizzi PEC sono censiti all'

INI-PEC

e al

ReGIndE

).

Un'aporia del sistema potrebbe ravvisarsi con riguardo alle procedure fallimentari, nel caso in cui sia necessario effettuare notificazioni di atti giudiziali (per esempio, la riassunzione di un giudizio in precedenza pendente nei confronti di un soggetto nelle more dichiarato fallito): benché, per effetto della novellazione dell'art. 92 l.fall. a opera del d.l. n. 179/2012, ciascuna procedura fallimentare sia titolare di un proprio, specifico indirizzo PEC — tramite il quale avvengono le comunicazioni fra curatore e creditori e al quale vanno inviate, tra l'altro, le istanze di insinuazione al passivo fallimentare — e benché tale indirizzo PEC sia pubblicamente e liberamente accessibile tramite il relativo portale dei fallimenti presso il competente tribunale; non è, allo stato della normativa, possibile effettuare notificazioni telematiche alla curatela utilizzando l'indirizzo PEC della procedura, poiché lo stesso non è inserito in uno dei “pubblici elenchi” di cui all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012.

L'impasse è, a nostro avviso, aggirabile inviando la notificazione all'indirizzo PEC del curatore (il quale, come professionista, è tenuto a dotarsene ancora in forza del d.l. n. 185/2008; e tale indirizzo, comunicato all'ordine o collegio di appartenenza, confluisce nell'

INI-PEC

e, in taluni casi, anche nel

ReGIndE

); non senza tacere che sarebbe stato preferibile, anche per ragioni di organizzazione e gestione della curatela, che pure gli indirizzi PEC delle procedure fallimentari fossero stati inclusi nel novero dei “pubblici elenchi” di cui supra.

Impraticabile risulta, invece, la notificazione telematica ai privati cittadini, i quali non sono tenuti né a dotarsi di un indirizzo PEC, né, eventualmente, a farlo inserire in alcun “pubblico elenco” (senza alcun intento polemico, ma non si vede quale effettivo vantaggio potrebbe trarre il cittadino a stabilire un proprio “domicilio digitale” ex art. 3-bis CAD, di contro ai molti svantaggi che un tanto comporterebbe); né si ritiene possibile l'invio alla casella PEC dell'imprenditore o professionista censita all'

INI-PEC

quando la notificazione non concerna l'attività imprenditoriale o professionale che è a fondamento dell'obbligo per il soggetto de quo di dotarsi dell'indirizzo PEC (esemplificando: si potrebbe notificare a un avvocato un atto di citazione in una causa di risarcimento dei danni da responsabilità professionale inviando la notificazione alla casella PEC di cui il professionista è titolare e che risulta censita sia al

ReGIndE

sia all'

INI-PEC

, ma non il ricorso per separazione promossa dal coniuge).

Gli indirizzi PEC delle pubbliche amministrazioni, fra contraddizioni ed equivoci

Al lodevole fine di migliorare l'efficienza dell'azione amministrativa, il comma 8 dell'art. 16 d.l. n. 185/2008 imponeva alle amministrazioni pubbliche «di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165» (si noti: le medesime richiamate dall'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, cui rinvia l'art. 16-ter d.l. n. 179/2012), di istituire «una casella di posta certificata […] per ciascun registro di protocollo» e di darne «comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica».

Ai sensi del richiamato art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, «per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI».

Tale elenco è noto come “IndicePA” o “Registro IPA”, ed è liberamente consultabile all'indirizzo http://www.indicepa.gov.it/.

L'IndicePA era, in effetti, incluso nei “pubblici elenchi” di cui all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012 sino alla modifica di quest'ultima norma operata con l'art. 45-bis, comma 2, lett. a), n. 1), d.l. n. 90/2014, che ha sostituito l'originale rimando all'art. 16 d.l. n. 185/2008 tout court con l'attuale e vigente rimando al solo comma 6 della medesima norma.

Ne consegue che gli indirizzi PEC contenuti nell'IndicePA non sono utilizzabili per le notificazioni telematiche di atti giudiziali (e stragiudiziali); gli indirizzi PEC utilizzabili a tal fine, invece, sono contenuti nel c.d. “Registro delle PA” tenuto dal Ministero della Giustizia in forza dell'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, «consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati».

Il “pubblico elenco” noto quindi come “Registro delle PA” è consultabile nell'area ad accesso riservato del Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia (http://pst.giustizia.it/PST/).

Ai sensi del più volte citato art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto comunicare l'indirizzo PEC per ricevere le notificazioni telematiche entro il 30 novembre 2014; peraltro, già da una veloce e sommaria consultazione del Registro delle PA emerge come, al momento attuale, non tutte le amministrazioni abbiano adempiuto al precetto.

Un'ultima osservazione si impone: anche sotto il profilo dell'interfaccia utente il Registro delle PA lascia alquanto a desiderare: a dispetto di una maschera all'apparenza semplicissima — sono proposti all'utente tre campi, alternativi fra loro, dedicati rispettivamente a “Denominazione”, “PEC” e “Codice fiscale o partita IVA” — l'utente non avvezzo o non sufficientemente smaliziato potrebbe ricavare la falsa impressione che il Registro delle PA non sia in effetti funzionante, poiché molte delle ricerche inserite potrebbero restituire il desolante esito “Nessun risultato trovato”.

In realtà, il problema risiede nell'impostazione per nulla “amichevole” né intuitiva del motore di ricerca: a meno di inserire l'esatta denominazione dell'amministrazione cercata (ma non sono evidenziati criteri che aiutino, al riguardo) o quantomeno la prima parola della denominazione contenuta nel Registro, il risultato sarà sempre negativo.

Per fare un esempio: inserendo nel campo “Denominazione” l'espressione “Regione Toscana”, viene restituito un risultato, ossia un record del quale sono popolati i campi relativi alla denominazione (“Regione Toscana”) e al codice fiscale (“01386030488”) mentre quello relativo alla PEC rimane desolatamente vuoto; ma se avessimo inserito solamente l'espressione “Toscana”, ci saremmo ritrovati l'esito “Nessun risultato trovato”.

Se invece, all'espressione di ricerca avessimo premesso l'operatore “%” (cioè: “%Toscana”, o anche “%toscana”), le amministrazioni evidenziate sarebbero state addirittura tre: oltre alla Regione Toscana, anche l'Azienda USL Toscana Nord Ovest e il Ministero dello Sviluppo Economico — Ispettorato territoriale della Toscana (gli ultimi due, anche con la relativa PEC).

In conclusione, salvo i (lodevoli, a questo punto) casi delle amministrazioni che hanno diligentemente adempiuto al precetto di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, la notificazione di un atto giudiziale a una P.A. può avvenire solamente in forma analogica (tramite UNEP o il servizio postale giusta la l. n. 53/1994), e ciò costituisce indubbiamente e oggettivamente un disagio nell'ottica della digitalizzazione della giustizia.

In conclusione: una modesta proposta per le notificazioni telematiche ai privati

Abbiamo accennato retro all'attuale impraticabilità delle notificazioni telematiche ai privati cittadini; poiché il contenzioso civile non riguarda solamente imprenditori, società, professionisti e altri soggetti obbligati a dotarsi di un indirizzo PEC da includere nei “pubblici elenchi”, anche questo costituisce un rallentamento nel flusso digitale del processo telematico.

Sebbene il numero degli avvocati abilitati alle notificazioni in proprio ex l. n. 53/1994 sia notevolmente aumentato negli ultimi anni, rimane pur sempre cospicuo il novero di quanti tale abilitazione non abbiano (anche perché l'abilitazione non è richiesta per le notificazioni telematiche) e non possano quindi provvedere da sé alla notificazione mediante il servizio postale, dovendo giocoforza rivolgersi all'ufficio

UNEP

(con tutti i relativi e connessi incomodi).

Sarebbe quindi oltremodo avveduto che, da un lato si procedesse senza ulteriori indugi alla piena e funzionale informatizzazione degli uffici

UNEP

, dall'altro che si normasse una procedura di guisa da consentire all'avvocato di trasmettere telematicamente gli atti da notificare all'ufficio

UNEP

competente, e a quest'ultimo di restituire sempre per via telematica all'avvocato richiedente la relazione di avvenuta notificazione in forme tali da non richiedere il proliferare di copie informatiche di atti analogici.

Un possibile esempio: l'avvocato trasmette via PEC all'ufficio UNEP l'atto da notificare in forma di documento informatico (PDF con firma digitale); l'ufficio

UNEP

stampa su carta il documento informatico, attestando la conformità della copia analogica all'originale informatico e procede alla notificazione nelle usuali forme, indi redige direttamente in formato digitale la relazione di notificazione che restituisce al richiedente (eventualmente, identificando mediante impronta digitale l'originale informatico cui la relazione attiene, giusto per evitare di doverlo rispedire); quest'ultimo, infine, depositerà telematicamente la relazione come allegato all'atto principale costituito dal medesimo documento informatico trasmesso all'ufficio

UNEP

(ricordiamo che la trasmissione telematica non “sposta” il documento che si trasmette, bensì ne crea un duplicato informatico nel sistema del destinatario ricevente).

A ben vedere, questo schema è già presente in nuce nel disposto dell'art. 149-bis c.p.c..

Non rimane che attendere, speranzosi e fiduciosi.

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