Penale
ilPenalista

La validità dell'impugnazione spedita a mezzo PEC al vaglio delle Sezioni Unite

Genziana Leto
10 Gennaio 2017

La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite è la seguente: la trasmissione dell'impugnazione a mezzo PEC può essere assimilata alla trasmissione dell'impugnazione tramite raccomandata alla competente cancelleria, ai sensi dell'art. 583 c.p.p.?
Massima

Va rimessa alle Sezioni Unite la soluzione del seguente quesito: è consentito alle parti private, nel processo penale, effettuare comunicazioni e notificazioni a mezzo PEC?

Il caso

In data 4 febbraio 2016, F. veniva condannato, con decreto penale di condanna, alla pena di € 3.400,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b) e comma 2-sexies, Codice della Strada.

Avverso tale decreto F. proponeva opposizione a mezzo PEC chiedendo l'applicazione della pena e la sostituzione della stessa con lavori di pubblica utilità.

Il Gip dichiarava inammissibile l'opposizione sul rilievo che non è «consentito nel processo penale alle parti private effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata (PEC)» (Cass.,sez. I, n. 18235/2015).

Il difensore di fiducia del F. proponeva ricorso per Cassazione avverso la superiore pronuncia, espressamente richiamando, a sostegno della correttezza della notifica a mezzo PEC dell'opposizione, l'art. 48, comma 2, d.lgs. n. 82/2005 che stabilisce che: «La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta».

Con l'ordinanza in commento la Cassazione, sez. IV, rilevava che:

1) la normativa citata dal difensore del F. (d.lgs. n. 82/2005) trova applicazione esclusivamente con riferimento alle pubbliche amministrazioni (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 82/2005);

2) la Cassazione si è già espressa sulla non utilizzabilità della PEC da parte delle parti private nel processo penale e sulla possibilità di suo utilizzo limitatamente alle notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall'imputato (artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p.) (Cass. 28 gennaio 2015, n. 18235; Cass. 30 marzo 2016, n. 18823);

3) l'unica modalità attualmente prevista di proporre impugnazione è disciplinata dagli artt. 582 e 583 c.p.p..

Data la rilevanza della questione, la quarta sezione della Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento ha ritenuto di dover rimettere la stessa al vaglio delle Sezioni Unite.

La questione

La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite è la seguente: la trasmissione dell'impugnazione a mezzo PEC può essere assimilata alla trasmissione dell'impugnazione tramite raccomandata alla competente cancelleria, ai sensi dell'art. 583 c.p.p.?

Le soluzioni giuridiche

La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite in considerazione della rilevanza della medesima. Ciò al fine di prevenire il possibile formarsi di diversi orientamenti in seno alle sezioni semplici, le quali, per vero, hanno avuto occasione di pronunciarsi anche di recente sulla questione. In particolare, Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2015, n. 24332, ha avuto modo di dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante uso della PEC, in quanto le modalità di presentazione e spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 c.p.p., applicabili anche al P.M., sono tassative e non ammettono equipollenti.

La quarta sezione della Cassazione, nell'ordinanza in commento, richiamando la giurisprudenza che l'ha preceduta, compie una breve elencazione della normativa di riferimento in materia di proposizione dell'impugnazione. La Corte, in particolare, rileva che, seppure al caso di specie non sia applicabile l'art. 48, comma 2, d.lgs. n. 82/2005, ugualmente l'affermazione per la quale l'impugnazione non potrebbe essere trasmessa via PEC, non può ritenersi scontata. Ciò alla luce sia del processo di complessiva digitalizzazione anche del processo penale, sia della stessa giurisprudenza della Suprema Corte che, in più occasioni, ha dimostrato di preferire una lettura estensiva del testo dell'art. 583 c.p.p., ritenendo ammissibile, ad esempio, la presentazione dell'impugnazione a mezzo di raccomandata spedita tramite privato regolarmente autorizzato (Cass. pen., sez. III, 28 novembre 2013, n. 2886).

La questione se sia o meno ammissibile l'impugnazione spedita a mezzo PEC si presta a soluzioni contrapposte a seconda dell'interesse che l'interprete riterrà di prediligere.

Quella negativa, per come emerge dal testo dell'ordinanza in commento, pretende di giovarsi dell'insegnamento di Cass. pen, sez. I, n. 18235/2015, la quale ha sostenuto che alle parti private non è consentito nel processo penale effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata. Il ragionamento si basa su una lettura restrittiva delle disposizioni codicistiche in materia (artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p.) le quali, a partire dal 15 dicembre 2014, consentono le notifiche per via telematica da parte della cancelleria nei procedimenti penali a persona diversa dall'imputato. Essa, inoltre, si basa su una non condivisibile equiparazione tra “notificazione” e “spedizione” dell'impugnazione.

La soluzione positiva, invece, si fonda su una lettura estensiva dell'art. 583 c.p.p. laddove prevede la possibilità per la parte di depositare l'impugnazione anche mediante raccomandata a/r., e sulla equiparazione quod effectum della PEC alla raccomandata. A tale equiparazione degli effetti non sembra di ostacolo il testo dell'art. 2 d.lgs. n. 82/2005 (contrariamente a quanto ritiene la Cassazione nell'ordinanza in commento), il quale, invece, nella versione risultante dalle modifiche attuate dal d.lgs. n. 179/2016, espressamente estende l'applicazione delle disposizioni del citato d.lgs. n. 82/2005 anche al processo penale (cfr. art. 2, comma 6, d.lgs. n. 82/2005).

È, infatti, innegabile l'assimilazione che può essere fatta tra raccomandata a/r e PEC, la quale non solo è espressamente prevista dalla legge (cfr. art. 48, comma 2, d.lgs. n. 82/2005), ma risulta anche dalla sostanza delle cose, atteso che entrambi gli strumenti di trasmissione assicurano la certezza della consegna.

Più in generale, per come fatto cenno, il legislatore ha assimilato la PEC alla raccomandata a/r sicché, già sul piano letterale, l'art. 583 c.p.p. dovrebbe essere inteso, senza eccessiva fatica, come facente riferimento anche alla PEC. Ciò, peraltro, in prosecuzione logica di quell'insegnamento giurisprudenziale che ha esteso il concetto di raccomandata anche all'atto spedito dai privati regolarmente autorizzati al servizio di spedizione di posta raccomandata (Cass. pen., sez. III, 28 novembre 2013, n. 2886, cit.).

Osservazioni

Al quesito se sia o meno ammissibile l'impugnazione spedita a mezzo PEC, non sembra possa darsi risposta invocando quell'insegnamento giurisprudenziale che nega l'ammissibilità generalizzata delle notifiche e delle comunicazioni a mezzo PEC nel processo penale.

Ciò per la semplice ma assorbente ragione per la quale «La spedizione di cui all'art. 583 c.p.p. è un atto concettualmente diverso da quello della notificazione a mezzo posta di atti giudiziari. La “spedizione” può verificarsi sia pure a mezzo posta ed è volta a far pervenire non ad una controparte, bensì all'ufficio giudiziario (nella specie il giudice a quo) l'atto di gravame. Una conferma di ciò, del resto, la si può trarre dal fatto che la “notificazione dell'impugnazione”, disciplinata dal successivo articolo 584 c.p.p., riguarda unicamente il caso in cui l'atto di impugnazione, una volta pervenuto presso il giudice della sentenza impugnata, viene, appunto, notificato alle parti private senza ritardo, da ciò derivando come la distinzione tra “spedizione” della impugnazione e “notificazione” della impugnazione sia ben presente anche allo stesso legislatore» (Cass. pen., sez. III, 28 novembre 2013, n. 2886).

Ne segue che l'unica norma alla quale occorre fare riferimento è quella di cui all'art. 583 c.p.p., la quale, per come riconosciuto dalla giurisprudenza, prevede forme tassative di presentazione dell'impugnazione che non ammettono equipollenti (Cass. pen., sez. III, 3 luglio 2008, n. 38060).

La questione, dunque, si può riassumere come segue: se sia o meno la PEC assimilabile ad una raccomandata.

Al quesito sembra possa darsi risposta positiva. Ciò in quanto, e per come sopra visto, gli effetti della spedizione a mezzo PEC sono i medesimi di quelli della spedizione con raccomandata anche ai fini del processo penale (art. 2, comma 6, d.lgs. n. 82/2005).

Sicché, se gli effetti sono i medesimi, l'art. 583 c.p.p. nella parte in cui fa rifermento alla spedizione raccomandata, non può che leggersi come facente riferimento anche alla PEC.

La questione, semmai, sembrerebbe quella, diversa, se la mera trasmissione a mezzo PEC sia sufficiente ad integrare i requisiti di forma di cui all'art. 583 c.p.p. anche in punto di autenticità della sottoscrizione. È noto, infatti, il dibattito sviluppatosi in seno alla Suprema Corte di Cassazione in tema di trasmissione dell'impugnazione a mezzo raccomandata online o telegramma dettato oralmente, che si è risolto, infine, per l'inammissibilità dell'impugnazione, proprio in ragione del difetto di certa provenienza dell'atto di gravame (tra le altre, Cass. pen., sez. I, 27 ottobre 2009, n. 44660 e Cass. pen., sez. III, 31 gennaio 2014, n. 7373).

Se, dunque, la trasmissione a mezzo PEC dell'atto di impugnazione può rientrare nel concetto di spedizione a mezzo raccomandata, più dubbio è se la mera spedizione a mezzo PEC sia sufficiente a dare certezza della trasmissione dell'atto da parte del legittimato all'impugnazione.

Con riferimento a quest'ultimo problema si deve rilevare come, se è vero che la giurisprudenza della Suprema Corte ha delibato per l'inammissibilità dell'impugnazione solo a fronte dell'incertezza assoluta in ordine all'identità del soggetto impugnante (Cass. pen., sez. V,. 6 luglio 2010, n. 38722), è altresì vero che a mente dell'art. 583 c.p.p., l'atto spedito dalla parte privata a mezzo raccomandata deve essere munito di sottoscrizione autentica, al cui difetto, come sopra visto, la giurisprudenza non ha esitato a riconnettere la sanzione dell'inammissibilità.

Nell'incertezza sopra delineata la soluzione sembrerebbe essere quella di spedire l'atto debitamente munito della sottoscrizione digitale della parte, a sua volta debitamente autenticata, sempre in forma digitale, dal difensore o da altro soggetto abilitato. Ciò in armonia con le specifiche tecniche dettate dal d.lgs. n. 82/2005 che, per l'appunto, prevede sia la sottoscrizione, sia l'autentica digitale, disciplinandone, agli artt. 21 e ss., gli effetti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.