Difetto di giurisdizione

07 Giugno 2016

Il difetto di giurisdizione si ricollega ai limiti che la legge pone al potere del giudice di esercitare la funzione giurisdizionale in materia civile.Con riferimento ad una determinata e già instaurata controversia, sarà possibile sollevare una questione di giurisdizione per eccepire il difetto assoluto di giurisdizione del giudice civile nei confronti della P.A., ovvero il difetto relativo di giurisdizione del giudice civile nei confronti dei giudici speciali, nonché il difetto di giurisdizione del giudice italiano ex art. 11, l. 218/1995 (c.d. difetto di competenza internazionale del giudice italiano).

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

Il difetto di giurisdizione si ricollega ai limiti che la legge pone al potere del giudice di esercitare la funzione giurisdizionale in materia civile.

Con riferimento ad una determinata e già instaurata controversia, sarà possibile sollevare una questione di giurisdizione per eccepire il difetto assoluto di giurisdizione del giudice civile nei confronti della P.A., ovvero il difetto relativo di giurisdizione del giudice civile nei confronti dei giudici speciali, nonché il difetto di giurisdizione del giudice italiano ex art. 11, l.  218/1995 (c.d. difetto di competenza internazionale del giudice italiano).

Estranee al tema di cui si discorre, le altre questioni che interessano il potere-dovere di giudicare, come ad esempio i rapporti fra giudice ordinario e Corte Costituzionale ovvero fra giudice italiano e Corte di Giustizia UE, che danno luogo ad una comune quaestio iuris, la cui errata soluzione integra gli estremi di una violazione di legge denunciabile attraverso il sistema ordinario dei mezzi di impugnazione.

Le immunità degli Stati dalla giurisdizione civile

Il diritto internazionale impone a tutti gli Stati di astenersi dall'esercizio della propria giurisdizione nei confronti degli altri Stati. Tale obbligo, di natura consuetudinaria e connaturato alla struttura paritaria della comunità internazionale(parem in parem non habet iudicium), descriveva in origine una sorta di immunità assoluta.

Dopo la prima guerra mondiale, parallelamente all'ampliamento dell'attività economica degli Stati, l'immunità assoluta è stata temperata, laddove l'esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione è oggi limitata ai soli atti compiuti dallo Stato nell'esercizio delle funzioni pubbliche (atti iure imperii). Non si estende, invece, agli atti iure gestionis, cioè compiuti dagli Stati in regime di diritto privato.

La distinzione opera anche rispetto al regime dell'immunità dei beni di uno Stato estero da azioni esecutive, essendo l'esecuzione forzata ammissibile solo se esperita su beni non destinati a una pubblica funzione.

Peraltro, l'applicabilità della distinzione tra atti iure imperii e atti iure gestionis presenta più di una difficoltà, e dovrà essere discrezionalmente valutata dal giudice, caso per caso: nella prassi l'esercizio della giurisdizione si configura come un'eccezione.

Sul piano internazionale, la Convenzione del Consiglio d'Europa sull'immunità degli Stati, adottata nel 1972 ed entrata in vigore nel 1976, individua le ipotesi in cui lo Stato non potrà invocare l'immunità. Oltre al caso in cui lo Stato accetti, espressamente o con comportamenti concludenti, la giurisdizione del Tribunale di un altro Stato, sono considerati procedimenti relativi a situazioni che si collegano all'attività iure gestionis dello Stato quelli inerenti a controversie in materia di lavoro, contratti commerciali, partecipazione a società o attività industriali, proprietà e altri diritti reali, proprietà intellettuale, riparazione di un danno morale o materiale.

Sotto tale profilo la giurisprudenza ha dedicato particolare attenzione al tema degli atti che vengono compiuti dallo Stato nell'ambito delle ostilità belliche, che secondo un consolidato orientamento costituiscono manifestazione di una funzione politica e della sovranità statale, unilateralmente decisa e vincolante per le forze armate, nonché indissociabilmente legata alla politica estera e di difesa degli Stati (CGCE sez. II 15 febbraio 2007, n. 292; CEDU, Grande chambre, 14 dicembre 2006, n. 1398).

Di recente le Sezioni Unite hanno accolto un nuovo orientamento in base al quale, relativamente ai crimini di guerra qualificabili come contro l'umanità, non può essere invocata la norma consuetudinaria internazionale che sancisce l'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile di un altro Stato (Cass. civ., sez. un, 29 maggio 2008, n.14199Cass. civ., sez. un., 11 marzo 2004, n. 5044).

Tuttavia la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja del 3 febbraio 2012, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti della Repubblica Federale di Germania sulla domanda risarcitoria proposta dai parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine, ha costretto la nostra Suprema Corte a riaffermare l'indirizzo precedente.

In evidenza

Non sussiste la giurisdizione italiana in relazione alla domanda risarcitoria promossa nei confronti della Repubblica federale di Germania con riguardo ad attività "iure imperii" lesive dei valori fondamentali della persona o integranti crimini contro l'umanità, commesse dal Reich tedesco fra il 1943 ed il 1945, dovendosi escludere che il principio dello "jus cogens" deroghi al principio dell'immunità giurisdizionale degli Stati (pronuncia resa in sede di regolamento di giurisdizione, in applicazione della sentenza della Corte internazionale di giustizia dell'Aja del 3 febbraio 2012 - la cui immediata efficacia nei giudizi è stata riconosciuta anche dall'

art. 3, comma 1, della legge n. 5 del 2013, sopravvenuta tra la decisione ed il deposito della sentenza - che aveva disatteso il pregresso orientamento delle medesime

Sezioni Unite). (Cass. civ., sez. un., 21 febbraio 2013, n. 4284).

Il difetto di giurisdizione nei confronti del giudice straniero.

L'originario comma 2 dell'art. 37 c.p.c. è stato abrogato dall'art. 73 l.31maggio 1995 n. 218 ed oggi la disciplina del difetto di competenza internazionale del giudice italiano, ossia quella che attiene ai rapporti fra giudice italiano e giudice straniero, è contenuta nell'art. 11 della medesima legge.

Con riferimento alla possibilità di esperire il regolamento di giurisdizione nel caso di difetto di competenza internazionale italiana, le Sezioni unite ne hanno dichiarato l'ammissibilità relativamente alle questioni sulla sussistenza o meno della giurisdizione nei confronti di soggetti stranieri (Cass. civ., sez. un., 21 febbraio 2013,

n. 4284Cass. civ., sez. un., 27 febbraio2012, n. 2926) purché il convenuto abbia contestato il difetto nel suo primo atto difensivo (Cass. civ., sez. un., 26 maggio 2009, n. 12105).

La proroga della competenza internazionale è ammessa allorché il difetto di competenza internazionale non sia rilevabile d'ufficio, ma possa essere eccepito soltanto dal convenuto che si sia costituito in giudizio e che non abbia espressamente o tacitamente accettato la competenza internazionale italiana (

Cass. civ., sez. un., 26 aprile 2011, n. 11559Cass. civ., Sez. un., 23 novembre 2000, n. 1200).

In tale ottica, la proposizione del regolamento preventivo dopo la notifica dell'atto di citazione e anteriormente alla prima udienza di comparizione, rende validamente proposta l'eccezione di difetto di competenza internazionale del giudice italiano, per la trascrizione nella comparsa di risposta del testo del regolamento preventivo (

Cass. civ., sez. un., 26 giugno 2001, n. 8744).

Per la clausola di proroga è richiesta la forma scritta (ex art. 23, reg. CE 44/2001) e non potrà mai essere definita in violazione delle norme sul foro del consumatore (

Cass. civ., sez. un., 20 marzo 2009, n. 6771).

La proroga della competenza internazionale risulta esclusa nelle ipotesi di rilevabilità anche d'ufficio del difetto di giurisdizione:

a) nel caso di contumacia del convenuto, poiché la mancata costituzione del convenuto non implica l'accettazione tacita della competenza internazionale italiana;

b) quando il processo riguarda azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero, intendendosi le azioni che mirano a determinare l'estensione, la consistenza, la proprietà, il possesso di beni immobili o l'esistenza di diritti reali su beni altrui ed ad assicurare ai titolari tutti i diritti derivanti dal relativo titolo, con esclusione delle domande relative a garanzie reali (Cass. civ., sez. un., 19 maggio 2009 n. 11532). Stante la carenza assoluta di competenza internazionale italiana, né la costituzione né l'eventuale accettazione del convenuto potranno radicarla;

c) allorché la giurisdizione italiana resti esclusa per effetto di una norma internazionale; si tratterà sia di norme di diritto internazionale generale di natura consuetudinaria, quali quelle che sanciscono l'esenzione dalla competenza internazionale civile degli Stati stranieri e degli agenti diplomatici e consolari, sia di norme internazionali di origine pattizia, quali ad esempio quelle sulle immunità delle organizzazioni internazionali.

Il difetto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione e dei giudici speciali

Quando né il giudice civile, né alcun altro giudice dello Stato siano muniti di giurisdizione a conoscere di una controversia tra il singolo e la pubblica amministrazione si suole parlare di difetto assoluto di giurisdizione e ciò per il fatto che la domanda ha ad oggetto una situazione soggettiva che non riceve dalla legge alcuna tutela giurisdizionale (Cass. civ., sez. un.,23 febbraio 2010 n. 4309Cass. civ., sez. un.,30 marzo 2005, n. 6635).

Analoga improponibilità assoluta della domanda ricorre in tutti quei casi in cui il privato non sia in grado di far valere alcuna situazione giuridica sostanziale in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo (essendo titolare, ad es., di un interesse semplice) ed è, pertanto, privo di qualsiasi tutela giurisdizionale.

Tuttavia, secondo un minoritario orientamento di legittimità, la non configurabilità, neppure in astratto, di un rapporto giuridico e/o di un diritto soggettivo a cui l'ordinamento giuridico accordi tutela, pone una questione che attiene al merito della domanda e non alla giurisdizione (Cass. civ., sez. un, 17 settembre 2010,

n. 19700Cass. civ., sez. un., 29 aprile 2009, n. 9946).

Benché la giurisprudenza abbia notevolmente ristretto l'ambito del difetto assoluto, esso residua per quanto concerne, ad esempio, il sindacato degli atti politici (Cass. civ., sez. un.,9 giugno 1997,. 5135) nonché in tema di operazioni elettorali riguardanti l'elezione del Parlamento, considerato che l'art. 87 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, con disposizione attuativa del principio di autodichia delle Camere, affida la cognizione di ogni questione, ivi comprese quelle relative all'ammissione delle liste, alla funzione giurisdizionale esclusiva delle Camere tramite le rispettive Giunte parlamentari, restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento in proposito, anche di natura cautelare, da parte del giudice ordinario e del giudice amministrativo (Cass. civ., sez. un.,15 febbraio 2013, n. 3731; vedi anche Cass. civ., sez. un.,

8 aprile 2008, n. 9151Cass. civ., sez. un., 6 aprile 2006, n. 8118).

Il difetto di giurisdizione si radica anche sulla cognizione deic.d. giudici speciali, vale a dire dei giudici che non fanno parte dell'autorità giudiziaria ordinaria, istituita e regolata dal r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 sull'ordinamento giudiziario. Esso pone la questione di giurisdizione in termini di riparto tra i vari giuridici dell'ordinamento appartenenti a diversi ordini giurisdizionali e, pertanto, può investire non solo i limiti della giurisdizione di un giudice ordinario nei confronti di un giudice speciale ma anche i rapporti tra giudici speciali.

Il riparto di giurisdizione tra giudici dello Stato è stabilito su base legislativa ed è inderogabile. La giurisdizione, quindi, rimane ferma, senza possibilità di deroghe per ragioni di connessione (Cass. civ., sez. un., 20 aprile 2007, n. 9358), salvo diversa specifica previsione normativa (Cass. civ., sez. un.,19 aprile 2013, n. 9534Cass. civ.,

sez. U., 13 giugno 2006, , n. 13659).

Con specifico riferimento al riparto tra giudice ordinario e amministrativo, se la P.A., con atti che rappresentano l'esercizio del potere che le compete, provoca la lesione di un diritto soggettivo, può essere convenuta davanti al giudice civile come qualsiasi altro soggetto. Infatti, al di fuori dei casi di giurisdizione esclusiva, se il privato deduce la lesione di un diritto soggettivo in relazione ad un rapporto nel quale alla P.A. non è attribuito dalla legge alcun potere autoritativo né alcuna discrezionalità, la controversia deve essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. civ., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20929Cass. civ., sez. un., 28 ottobre 2008, n. 25769

).

La tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario va, invece, esclusa: a) qualora la P.A. violi situazioni giuridiche che abbiano la consistenza di interesse legittimo (

art. 103, c. 1, Cost.), ossia situazioni sostanziali solo indirettamente tutelate dalla legge a causa della presenza di interessi pubblici e di corrispondenti poteri dell'amministrazione;

b) nelle materie in cui il giudice amministrativo ha la giurisdizione esclusiva (art. 103, c. 1, Cost. art. 7 d.lgs  n. 104/2010), per cui deciderà oltre che rispetto agli interessi legittimi, anche rispetto ai diritti soggettivi.

A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 80/1998 e dellal. n. 205/2000, il giudice amministrativo è in grado di accordare il risarcimento del danno degli interessi legittimi e i diritti consequenziali anche relativamente alla giurisdizione di legittimità.

I problemi di coordinamento posti dalla concomitante operatività della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, vanno risolti secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato (Cass. civ., sez. un., 19 aprile 2013, n. 9534; Cass. civ., sez. un., 15 maggio 2003, n. 7621

). Tuttavia, le Sezioni Unite hanno precisato che la proposizione di due domande in via alternativa e in rapporto di subordinazione, la cui decisione dipenda dalla qualificazione giuridica dei fatti emersi in causa, implica che la giurisdizione sia unica per entrambe le domande e rimane affidata al giudice della domanda principale (

Cass. civ., sez. un., 28 febbraio 2007, n. 4636).

Il sindacato della Suprema Corte sulle decisioni del giudice amministrativo è circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l'ambito della giurisdizione in generale (eventuali vizi giuridici nell'individuazione del giudice) o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione (ossia quando abbia giudicato su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, oppure abbia negato la propria giurisdizione nell'erroneo convincimento che essa appartenesse ad altro giudice), con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale (Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2009, n. 3688, ;

Cass. civ.,  sez. un., 16 febbraio 2007, n. 3615).

Anche nell'ipotesi in cui il giudice amministrativo di sola legittimità abbia conosciuto del provvedimento impugnato sotto il profilo del merito (c.d. eccesso di potere giurisdizionale) viene a configurarsi una questione di giurisdizione, perché il giudice amministrativo esorbita i limiti della propria giurisdizione (Cass. civ.,  sez. un., 9 novembre 2011, n. 23302Cass. civ., sez. un., 28 aprile 2011, n. 9443). Parimenti, si configura un eccesso di potere giurisdizionale in sede di ottemperanza qualora il giudice amministrativo operi un sindacato integrativo del precedente giudicato proveniente dal giudice civile (Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2011, n. 28812), oppure quando è posta in discussione la possibilità stessa di fare ricorso alla giurisdizione di ottemperanza (Cass. civ.,  sez. un., 9 novembre 2011, n. 23302).

Nel caso in cui il g.a. abbia adottato la decisione sulla giurisdizione nonostante si sia già formato il giudicato sulla questione, è ammissibile il ricorso per cassazione per motivi inerenti la giurisdizione avverso alla sentenza del Consiglio di Stato (Cass. civ., sez. un., 9 novembre 2011, n. 23306).

Disciplina e rilevabilità del difetto di giurisdizione

Ai sensi dell'art. 37 c.p.c. il difetto di giurisdizione può essere fatto valere in via di eccezione, in qualunque stato e grado del processo. Tuttavia l'art. 9 del codice del processo amministrativo, che si applica al solo giudice amministrativo, prevede che: "Il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d'ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione" e può essere oggetto specifico di ricorso per cassazione, ex art. 360, n. 1, nell'ambito del processo civile ed ex artt. 362, comma 1, e 111, c. 7, Cost., nell'ambito dei processi davanti ai giudici speciali.

Legittimata al rilievo della questione di giurisdizione è qualsiasi parte, poiché il difetto di giurisdizione del giudice adito attiene all'ordine pubblico e costituisce materia sottratta alla disponibilità delle parti: quindi, anche l'attore che abbia commesso un errore o che successivamente ritenga il giudice adito privo di giurisdizione (

Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2010, n. 26129) ovvero il convenuto che nelle precedenti fasi del giudizio abbia sostenuto la tesi contraria (

Cass. civ., sez. un., 12 marzo 2004, n. 5179).

Il principio della rilevabilità, anche officiosa, in ogni stato e grado del processo, delle questioni di giurisdizione nei confronti della P.A. e dei giudici speciali va

coordinato con il sistema delle impugnazioni e con la disciplina del giudicato, nonché con il disposto combinato degli artt. 59 l. 69/2009art. 11 c.p.a. e art.

9 c.p.a., per cui in sede d'impugnazione il difetto di giurisdizione è rilevabile soltanto se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione (Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2010, n. 26129).

Secondo l'orientamento tradizionale, il giudice dell'impugnazione aveva il potere di rilevare d'ufficio, indipendentemente dalle prospettazioni delle parti, l'esistenza della propria giurisdizione, anche ove il giudice di primo grado avesse deciso espressamente sul punto, per cui era sufficiente che venisse investito della questione di giurisdizione, a prescindere dal grado di specificità delle censure mosse alla decisione impugnata(Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2007, n. 14288Cass. civ.,

sez. un., 4 ottobre 2002, n. 14275).

La giurisprudenza consolidata era nel senso che la questione di giurisdizione potesse essere sollevata anche per la prima volta in Cassazione (Cass. civ.,  sez. un.,

9 luglio 2008, n. 18758) consentendo sempre di ricorrere alle Sezioni unite, per motivi attinenti alla giurisdizione, con riguardo alle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

Più di recente, le Sezioni Unite hanno modificato il proprio indirizzo, muovendo dalla considerazione che qualsiasi decisione di merito implica la preventiva verifica positiva della giurisdizione. In primo grado, in assenza di formale eccezione, il giudice non è tenuto a prendere posizione espressamente sulla giurisdizione, a meno che non rilevi d'ufficio il difetto e, quindi, sia tenuto ad emettere una sentenza declinatoria della giurisdizione. Pertanto, il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti o rilevato d'ufficio dal giudice fino a quando la causa non sia decisa nel merito in primo grado ovvero può essere fatto valere mediante impugnazione del relativo capo della sentenza di primo grado, in assenza della quale si determina il passaggio in giudicato della relativa questione (Cass. civ., sez. un., 11 aprile

2011, n. 8127Cass. civ., sez. un., 23 febbraio 2010, n. 4309Cass. civ., sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883; così anche Cons. Stato 8 febbraio 2013, n. 703).

La questione è ancora rilevabile nelle fasi di gravame (perché il c.d. giudicato implicito sulla giurisdizione non si forma) solo nel caso in cui l'unico tema dibattuto nel giudizio sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o se l'evidenza di una soluzione ha assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed ha indotto il giudice a non rispettare la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (

Cass. civ., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20932Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2008, n. 29523).

Se eccepita in primo grado, la questione di giurisdizione, che è una questione di rito pregiudiziale avente carattere assorbente, deve essere decisa prima di ogni altra (

Cass. civ., sez. un.,23 aprile1999,n. 248), salvo, tuttavia, quelle relative alla nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio e quelle concernenti la regolare costituzione del rapporto processuale (Cass. civ., sez. un., 12 dicembre 2012, n. 22776).

In caso di loro espresso esame e decisione, tali questioni cessano di essere rilevabili d'ufficio, ed il loro riesame da parte della Corte di Cassazione postula la proposizione di un'impugnazione che sia ammissibile in presenza di un interesse della parte, che sorge solo nell'ipotesi di fondatezza del ricorso principale, laddove, in caso contrario, il ricorrente incidentale manca di interesse alla pronuncia sulla propria impugnazione, che avrà sempre natura condizionata (Cass. civ., sez. un, 25 marzo 2013, n. 7381Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2009, n. 5456Cass. civ., sez. un., 4 novembre 2009, n. 23318).

Riferimenti dottrinali

BALENA, I nuovi limiti della giurisdizione italiana, FI 1996, V, 213;

BARLETTA, I limiti al rilievo d'ufficio del difetto di giurisdizione, RTDPC 2009, 1193;

CIPRIANI, La riforma della decisione dei ricorsi per la giurisdizione e per altri motivi, RDProc 2009, 301;

CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Torino 2014;

CONSOLO, Travagli "costituzionalmente orientati" delle sezioni unite sull'art. 37 c.p.c., ordine delle questioni, giudicato di rito implicito, ricorso incidentale condizionato (su questioni di rito o, diversamente operante, su questioni di merito), RDProc 2009, 1141;

FRANCHI, Giurisdizione civile I), EGT, XV, Roma 1989;

MARENGO, Oggetto ed effetti delle pronunce sulla giurisdizione, RDProc 1999, 353;

MENCHINI, Il giudicato civile, Torino 1988;

PICARDI, Manuale del processo civile, III ed., Milano 2013.

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