Inderogabilità convenzionale della competenza

Cristina Asprella
12 Settembre 2017

Il principio fondamentale di inderogabilità della competenza, nei casi stabiliti dalla legge, può trovare eccezione nell'accordo tra le parti, con il quale viene dettata una diversa disciplina relativa alla localizzazione del foro in un futuro ed eventuale processo.
Inquadramento

L'art. 28 c.p.c. detta un principio generale, cioè la derogabilità della competenza per territorio salvo i casi di c.d. competenza funzionale territoriale: con ciò la disposizione costituisce eccezione al principio fondamentale di inderogabilità della competenza fissato dall'art. 6 c.p.c.. La previsione si raccorda con le disposizioni del successivo art. 29 c.p.c. che ne detta modalità di forma ed effetti e con l'art. 38 c.p.c. che ne disciplina le modalità del rilievo; ed è sempre quest'ultima norma a disciplinare le modalità del rilievo dell'incompetenza per tutti i criteri, compresi quelli del valore e della materia.

Diversamente dall'ipotesi della competenza facoltativa, che non necessita di alcun accordo tra le parti, ma solo la scelta, da parte dell'attore, fra più giudici ugualmente competenti, nel caso della deroga, si viene, per effetto dell'accordo delle parti, ad attribuire la competenza ad un giudice prima incompetente; in particolare l'accordo di deroga previsto dalla norma in commento consente alle parti di dettare una diversa disciplina relativa alla localizzazione del foro in un futuro ed eventuale processo. Il foro stabilito dalle parti si potrà ritenere esclusivo solo nell'ipotesi in cui risulti una enunciazione espressa di tale carattere ex art. art. 29, secondo comma, c.p.c., al cui commento rinvio; sicché deve essere evidente la comune intenzione delle parti di escludere la competenza dei fori ordinari (Cass. 4 marzo 2005, n. 4757); questo foro, pattizio e non legale, crea, pertanto, un'ipotesi di competenza derogabile e non inderogabile con la conseguenza che, anche se dichiarato esclusivo, non impedisce, come ogni altro criterio determinativo della competenza, una sua modifica per ragioni di connessione (Cass. 15 luglio 1985, n. 4143; Cass. 11 gennaio 1989, n. 72).

L'art. 28 c.p.c. dispone infine che la competenza per territorio non può essere derogata in tutti i casi in cui l'inderogabilità è disposta espressamente dalla legge: l'avverbio esclude ad evidenza ogni possibilità di estensione analogica.

In evidenza

Secondo la recente giurisprudenza la clausola contrattuale di deroga alla competenza territoriale può essere validamente pattuita a favore anche solo di una parte (cd. clausola asimmetrica), comportando, così, la facoltà per la stessa di introdurre la lite sia davanti al giudice indicato nel contratto, sia dinanzi a quello che sarebbe competente secondo i criteri ordinari, essendo, invece, l'altro contraente obbligato a promuovere eventuali controversie soltanto dinanzi all'autorità giudiziaria contrattualmente indicata (Cass. 21 luglio 2016, n. 15103).

In ogni caso il foro convenzionale stabilito dalle parti, in quanto di origine pattizia e non legale, dà luogo ad un'ipotesi di competenza derogata, e non inderogabile, ancorché sia fissato come esclusivo, sicché, nel caso di conflitto negativo sull'individuazione di tale foro, è inammissibile il regolamento di competenza d'ufficio, non venendo in rilievo alcuna delle ipotesi di incompetenza inderogabile indicate dall'art. 45 c.p.c. (Cass. 11 ottobre 2016, n. 20478).

Ipotesi di inderogabilità

La derogabilità del foro viene espressamente esclusa dall'art. 28 nelle cause previste, a proposito dell'intervento obbligatorio del pubblico ministero, nei nn. 1, 2, 3 e 5 dell'art. 70; in relazione al n. 1 ossia all'intervento nelle cause che il pubblico ministero potrebbe proporre, si deve ritenere che la disposizione si riferisca a tutte le cause nelle quali il pubblico ministero è fornito del potere di azione, analogamente a quanto dettato a norma dell'art. 48 ord. giud., nei casi tassativi nei quali il tribunale giudica in forma collegiale vanno compresi i giudizi in cui è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, sicché il tribunale deciderà in forma collegiale anche le cause promosse dal pubblico ministero, perché la ratio della norma è di riservare al collegio l'attribuzione delle cause nelle quali il pubblico ministero è presente o come agente o come interveniente obbligatorio.

L'inderogabilità è altresì prevista per i processi di esecuzione forzata e di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi ma la previsione va raccordata con quanto previsto dagli artt. 26, 26-bis e 27 c.p.c. (v. C. Asprella, Competenza per territorio).

Per quanto riguarda l'inderogabilità prevista sempre dall'art. 28 c.p.c. con riferimento ai procedimenti cautelari e possessori, bisogna ricordare che a norma dell'art. 669-ter c.p.c. vige il principio della coincidenza tra competenza cautelare e competenza per il merito, con la conseguenza che prima della causa il ricorso per ottenere il provvedimento cautelare deve essere proposto al giudice che sarà competente per la causa di merito che va individuato con riferimento al giudice presso cui si deciderà in sede di cognizione del diritto a cautela del quale è richiesta la misura. A norma del successivo art. 669-quater c.p.c. la competenza cautelare lite pendente – ossia nell'ipotesi in cui il provvedimento sia chiesto dopo la notifica dell'atto di citazione o del deposito del ricorso, è attribuita al giudice del merito.

L'inderogabilità convenzionale della competenza è dall'articolo predicata anche rispetto ai procedimenti camerali. Al riguardo l'inderogabilità concerne solo i procedimenti che si svolgono ex art. 737 e ss., con esclusione, quindi, di quelli che si svolgono dinanzi al presidente del tribunale (Cass. 12 dicembre 1992, n. 12188).

La prevalente giurisprudenza ritiene che, nel silenzio della legge, sia competente il giudice del forum domicilii, ossia del luogo ove si trova il soggetto della cui posizione giuridica si tratta o che è comunque interessato al provvedimento (Cass. 9 giugno 1989, n. 2796; Cass. 24 maggio 1965, n. 1004; Cass. 16 gennaio 1975, n. 167). Domicilio e residenza sono criteri successivi e non alternativi, per cui può farsi riferimento alla residenza solo quando il domicilio dell'interessato sia sconosciuto, mentre la dimora non ha alcun rilievo (Cass. 29 dicembre 1960, n. 3322). Tuttavia, per i provvedimenti relativi a minori previsti dagli artt. 330 s. c.c., la competenza territoriale del tribunale dei minorenni si determina con riferimento al luogo di effettiva residenza ovvero abituale dimora del minore (Cass. 10 giugno 1976, n. 2130; Cass. 20 luglio 1982, n. 4255).

L'art. 28 c.p.c. prevede, con norma di chiusura, che la competenza per territorio non può essere derogata in tutti i casi in cui l'inderogabilità è disposta espressamente dalla legge. La formulazione dell'inciso lascia intendere, senza ombra di dubbio, che non vi sono possibilità di estendere analogicamente la previsione dell'inderogabilità ove essa non sia espressamente prevista dalla legge.

A titolo esemplificativo, e con riserva di altri, si possono ricordare, tra i casi di competenza territoriale inderogabile previsti dalla legge e rientranti nella previsione:

Un'ulteriore ipotesi è quella afferente alla competenza della sezione specializzata agraria per le controversie relative all'affitto di fondi rustici, alla proroga legale dei contratti di mezzadria e colonia parziaria ed all'equo canone, ex art. 26, l. 11 febbraio 1971, n. 11, e art. 47, l. 3 maggio 1982, n. 203: si tratta anche in questo caso di competenza territoriale inderogabile del giudice del luogo in cui si trova il fondo.

Va poi accennato (v. R. Giordano, Il riparto di competenza tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni ai sensi del nuovo art. 38 disp. att. c.c.) alla competenza esclusiva del tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore, cui sono attribuiti, tra gli altri, ex art. 38, disp. att. c.c., i provvedimenti concernenti il matrimonio del minore e le relative convenzioni matrimoniali.

Va infine ricordato che l'art. 68, l. 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione ed affidamento dei minori, ha demandato al tribunale per i minorenni anche la competenza a conoscere delle cause per dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturali dei minori; con ciò sottraendo al tribunale ordinario parte della materia già riservatagli dall'art. 9, comma 2, c.p.c.. Un'ulteriore ipotesi di competenza territoriale esclusiva ed inderogabile è quella prevista dall'art. 1469-bis, terzo comma, n. 19, c.c., ora recepita dagli artt. 33, lett. u), e 63 d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ma anche la previsione dell'art. 30-bis c.p.c. in tema di competenza per le cause in cui sono parte i magistrati.

In evidenza

L'art. 28 c.p.c. detta un principio generale, cioè la derogabilità della competenza per territorio salvo i casi di c.d. competenza funzionale territoriale: con ciò la disposizione costituisce eccezione al principio fondamentale di inderogabilità della competenza fissato dall'art. 6 c.p.c. La previsione si raccorda con le disposizioni del successivo art. 29 c.p.c. che ne detta modalità di forma ed effetti e con l'art. 38 c.p.c. che ne disciplina le modalità del rilievo; ed è sempre quest'ultima norma a disciplinare le modalità del rilievo dell'incompetenza per tutti i criteri, compresi quelli del valore e della materia.

Per quanto concerne le ipotesi di inderogabilità sono previste sempre dalla norma che elenca: le cause di cui ai numeri 1, 2, 3 e 5 dell'art. 70 c.p.c.; i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa; i procedimenti cautelari e possessori; i procedimenti in camera di consiglio e ogni altro caso in cui l'inderogabilità è disposta espressamente dalla legge.

Accordo di deroga della competenza territoriale

L'art. 29 c.p.c. fa da pendant all'art. 28 c.p.c. e si prefigge lo scopo di delineare le modalità richieste per legge per la validità dell'accordo di deroga in questione e si riferisce unicamente all'accordo pre-processuale o preventivo. Rispetto al contenuto dell'accordo la disposizione impone che la deroga sia settoriale, ossia concerna anche una serie di affari a patto che siano determinati ed impone altresì la forma scritta pur potendo lo scritto essere anche non contestuale, o comunque redatto per relationem, ovvero accettato con la sottoscrizione di un modulo o formulario, con applicazione della relativa disciplina civilistica. L'eventuale mancanza di uno o di entrambi i requisiti prescritti dalla norma comporta l'invalidità dell'accordo in questione, invalidità che viene ascritta alla categoria dell'inefficacia sostanziale con conseguente impossibilità di produzione degli effetti processuali, a meno che il convenuto non accetti comunque la produzione degli effetti non sollevando la relativa eccezione a mente dell'art. 38, secondo comma, c.p.c..

Peraltro la fonte della deroga alla competenza territoriale – sempre esclusi i casi di competenza funzionale – non va ricercata unicamente nella previsione dell'art. 29 c.p.c., potendo la deroga dipendere anche dalla elezione di domicilio prevista dal successivo art. 30 c.p.c. con i limiti e con le modalità previste dalla norma; in questo caso, infatti, colui che ha eletto domicilio, può essere convenuto, oltre che dinanzi al giudice individuato secondo le regole ordinarie, davanti al giudice del domicilio eletto; deve, ovviamente, trattarsi di controversie afferenti al compimento degli atti o degli affari per i quali è stato eletto il domicilio e, comunque, la deroga non ha vocazione per l'esclusività. Non va poi dimenticata la previsione dell'art. 38, secondo comma, c.p.c. che, rimasto sostanzialmente indenne alle successive riforme del processo civile, prevede che, fuori dai casi previsti dall'art. 28 c.p.c., quando le parti costituite aderiscono alla indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato resta ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo.

Si tratta di una clausola che accede ad un contratto e partecipa della natura di esso; quand'anche stipulata con un contratto autonomo ha sempre natura negoziale ed ha, ovviamente, in entrambi i casi, effetti processuali perché incide sulla determinazione della competenza territoriale derogando alle norme ordinarie che imporrebbero, per la fattispecie concreta, un diverso foro. È, qualora inserita in un contratto, autonoma rispetto a questo e indifferente alle vicende che lo riguardino e alle sue specifiche cause di invalidità, ovviamente a meno che queste cause non siano comuni o comunque comunicabili.

L'accordo può essere inserito all'interno di un contratto come clausola di esso, ma può anche essere stipulato autonomamente, purché nel rispetto delle previsioni dell'art. 29 c.p.c., ossia purché sia redatto in forma scritta e si riferisca ad uno o più affari determinati. La redazione in forma scritta è un requisito ad substantiam sicché in mancanza di essa si verifica una nullità che inficia la clausola; nullità che, a logica, qualora non oggetto dell'eccezione del convenuto, partecipa dell'ulteriore possibilità di deroga prevista dall'art. 38 c.p.c. Ovviamente, trattandosi di un negozio giuridico, deve contenere la sottoscrizione delle parti contrattuali, sottoscrizione che non ammette equipollenti il che esclude la prova per testimoni e qualsiasi altro mezzo di prova che non sia la produzione del documento sottoscritto da entrambe le parti. Va ricordato, però, che secondo la dottrina, la sottoscrizione apposta da una sola parte equivale, per quella parte, ad elezione di domicilio ex art. 30 c.p.c.

La deroga convenzionale crea un foro esclusivo solo quando vi sia una pattuizione espressa ed inequivoca sulla volontà delle parti di scegliere un particolare foro, con esclusione di ogni altro previsto dalla legge in via alternativa (Cass. 19 marzo 1983, n. 1946; Cass. 30 maggio 1988, n. 3691; Cass. 27 marzo 1997, n. 2723; Cass. 16 gennaio 1998, n. 324). Il foro stabilito dalle parti crea un caso di competenza derogata ma non può mai creare una competenza inderogabile, ed anche quando sia stabilito come esclusivo non impedisce, al pari di ogni altro criterio di competenza, che questa sia suscettibile di modificazione per ragione di connessione (Cass. 21 agosto 1998, n. 8316).

Peraltro la clausola derogativa è inefficace nei confronti di soggetto diverso dalle parti contraenti (Cass. 28 agosto 1995, n. 9035); ma la stessa clausola, anche se stipulata nell'interesse di una sola delle parti, può essere invocata dall'altra per il principio che, una volta posta in essere legittimamente, essa può comunque produrre i suoi effetti (Cass. 11 giugno 1983, n. 4017). In ogni caso il foro contrattualmente indicato dalle parti non rimane derogato dalla chiamata in causa di soggetto da cui il chiamante pretenda di essere garantito a titolo diverso, ad es. per garanzia impropria, da quello dedotto in giudizio (Cass. 21 maggio 2004, n. 9774).

In evidenza

L'art. 29 c.p.c. fa da pendant all'art. 28 c.p.c. e si prefigge lo scopo di delineare le modalità richieste per legge per la validità dell'accordo di deroga in questione e si riferisce unicamente all'accordo pre-processuale o preventivo. Rispetto al contenuto dell'accordo la disposizione impone che la deroga sia settoriale, ossia concerna anche una serie di affari a patto che siano determinati ed impone altresì la forma scritta pur potendo lo scritto essere anche non contestuale, o comunque redatto per relationem, ovvero accettato con la sottoscrizione di un modulo o formulario, con applicazione della relativa disciplina civilistica. L'eventuale mancanza di uno o di entrambi i requisiti prescritti dalla norma comporta l'invalidità dell'accordo in questione, invalidità che viene ascritta alla categoria dell'inefficacia sostanziale con conseguente impossibilità di produzione degli effetti processuali, a meno che il convenuto non accetti comunque la produzione degli effetti non sollevando la relativa eccezione a mente dell'art. 38, secondo comma, c.p.c..

Contenuto dell'accordo di deroga

L'accordo deve riferirsi a uno o più affari determinati, cioè deve specificare il rapporto o i rapporti giuridici cui le parti intendono riferirsi con la deroga convenzionale della competenza territoriale. La specificazione non è necessaria quando l'accordo è contenuto nel documento di un contratto come clausola o condizione dato che, in quel caso s'intende riferito alle cause che potranno sorgere da quel contratto. Si è giustamente precisato che, poiché si deve riferire ad uno o più affari determinati e deve risultare da atto scritto, il foro convenzionale non può mai coincidere con un foro generale (Consolo, 51).

Forma dell'accordo di deroga

La redazione in forma scritta è un requisito ad substantiam sicché in mancanza di essa si verifica una nullità che inficia la clausola; nullità che, a logica, qualora non oggetto dell'eccezione del convenuto, partecipa dell'ulteriore possibilità di deroga prevista dall'art. 38 c.p.c. Ovviamente, trattandosi di un negozio giuridico, deve contenere la sottoscrizione delle parti contrattuali, sottoscrizione che non ammette equipollenti il che esclude la prova per testimoni e qualsiasi altro mezzo di prova che non sia la produzione del documento sottoscritto da entrambe le parti.

Con riferimento alle clausole derogative della competenza contenute nei contratti per adesione, la giurisprudenza ha precisato che, qualora la clausola non sia stata specificamente approvata per iscritto a norma dell'art. 1341, secondo comma, c.c., deve considerarsi nulla e tale inefficacia può essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in sede di regolamento di competenza, essendo l'indagine al riguardo preclusa unicamente dal giudicato (Cass. 5 dicembre 2003, n. 18680).

Effetti dell'accordo di deroga

La norma esprime chiaramente il principio che l'eventuale deroga pattizia della competenza territoriale non ha l'effetto di attribuire al giudice indicato competenza esclusiva, a meno che le parti non si preoccupino di chiarirlo espressamente. E` costante nella giurisprudenza l'affermazione del principio secondo cui il foro convenzionale può ritenersi foro esclusivo per tutte le controversie nascenti da un determinato contratto solo allorché sussista una dichiarazione espressa ed univoca da cui risulti, in modo chiaro e preciso, la concorde volontà delle parti non solo di derogare alla ordinaria competenza territoriale, ma, anche di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa (Cass. 21 luglio 2015, n. 15278; Cass. 4 marzo 2005, n. 4757; Cass. 9 agosto 2007, n. 17449; Cass. 5 luglio 2007, n. 15219; Cass. 30 maggio 2007, n. 12719). Né la esclusività del foro può essere desunta in via di argomentazione logica da elementi presuntivi, ma deve discendere da inequivoca manifestazione concorde di sottrarre la competenza agli altri fori previsti dalla legge (Cass. 13 luglio 2004, n. 12978; Cass. 18 maggio 2005, n. 10376). Peraltro, come visto, la clausola con cui si istituisca un foro convenzionale esclusivo deve essere specificamente approvata per iscritto ex art. 1341 c.c., pena la nullità assoluta, rilevabile anche d'ufficio, della clausola stessa (Cass. 9 aprile 1996, n. 3261; Cass. 25 settembre 1998, n. 9583).

In relazione alle controversie derivanti da contratto concluso tra professionista e consumatore, le norme istituiscono la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo di residenza o domicilio elettivo del consumatore: peraltro in motivazione, la corte ha specificato che una deroga è ammissibile soltanto se il professionista provi che, nel caso concreto, non determina squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (Cass., sez. un., 1° ottobre 2003, n. 14669).

In evidenza

L'espressa designazione convenzionale di un foro territoriale esclusivo, contenuta in un contratto bancario per adesione, presuppone una inequivoca e concorde volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge ed ha natura di clausola vessatoria, sicché va specificamente approvata per iscritto, dovendosi, a tal fine, ritenere sufficiente, quale indicazione specifica e idonea a suscitare l'attenzione del sottoscrittore, il richiamo al numero ovvero alla lettera che contraddistingue la clausola, senza necessità dell'integrale trascrizione della previsione contrattuale (Cass. 21 luglio 2015, n. 15278).

Riferimenti
  • Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto civ., vol. III, Torino, 1988, 125 e ss.;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2009, 265;
  • Segré, Della competenza per territorio, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 260 e ss.;
  • Gionfrida, Competenza civile, in Enc. del Dir., VIII, Milano, 1961, 73 e ss.;
  • Acone, Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., vol. VII, Roma, 1988, 37 e ss.;
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, I, 89 e ss.;
  • Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1965, 123 e ss.;
  • Asprella, sub artt. 28 e 29 c.p.c., in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, Torino, 2012, 332 e ss..
Sommario