Consulente tecnico d'ufficioFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 61
17 Febbraio 2016
Inquadramento
Il consulente tecnico d'ufficio - in seguito indicato con l'acronimo di CTU - svolge la funzione di ausiliario del giudice lavorando sulla base di un rapporto fiduciario nel rispetto delle prerogative definite dal codice di rito al fine di rispondere ai quesiti - che lo stesso giudice che ha provveduto alla nomina formula nella stessa udienza di conferimento od accettazione dell'incarico - le cui conclusioni sono esposte nell'elaborato peritale che prende il nome di Consulenza Tecnica d'Ufficio .Il CTU, in qualità di tecnico ausiliario del giudice, se accetta l'incarico, deve prestare il giuramento di rito, di adempiere bene e fedelmente alle funzioni assegnategli, al solo scopo di fare conoscere al giudice la verità, tutelando il contraddittorio, consentendo alle Parti e/o rispettivi rappresentanti nel processo civile di partecipare alle operazioni peritali, rispondendo alla domanda del singolo quesito posto dal giudicante, senza esorbitare e motivando dal punto di vista squisitamente tecnico le relative conclusioni dopo essersi confrontato con i rispettivi consulenti di parte.
La responsabilità civile per fatto illecito del CTU è disciplinata dall' art. 64 c.p.c., secondo cui è il predetto ausiliare del giudice che deve risarcire i danni che ha cagionato alle parti con la sua condotta colposa mentre il Ministero della Giustizia non può rispondere di tale condotta né è garante delle obbligazioni risarcitorie di questi.
Ed invero il CTU svolge, nell'ambito del processo, una pubblica funzione quale ausiliare del giudice , nell'interesse generale e superiore della giustizia, con responsabilità civile, penale e disciplinare. Ciò premesso, la responsabilità civile del CTU comporta per lo stesso l'obbligo di risarcire il danno che abbia cagionato in violazione dei doveri connessi all'ufficio (Cass. civ., sez. I, 21 ottobre 1992, n. 11474; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1973, n. 1545), atteso che lo stesso CTU non esercita funzioni giudiziarie in senso tipico (Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2015, n.18313; Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2010, n. 18170; Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2008, n. 11229).
Il giudice può disporre indagini tecniche suppletive od integrative, sentire a chiarimenti il consulente tecnico d'ufficio sulla relazione già depositata o rinnovare, in parte o integralmente le indagini, sostituendo il CTU. Il provvedimento con cui ilgiudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l'attività espletata dalconsulente sostituito.Il CTU nello svolgimento della propria attività deve scindere i fatti dalle opinioni, e già all'atto del conferimento dell'incarico può chiedere al giudice di essere autorizzato ad avvalersi di un coadiutore per il compimento delle relative attività d'indagine, ferma restando la propria esclusiva ed integrale responsabilità per le conclusioni rassegnate nell'elaborato peritale. Inoltre, nella relazione, il CTU deve sempre fare riferimento a dati certi ritualmente prodotti in atti dalle parti del processo o che siano comunque consultabili e conoscibili pubblicamente.
Quanto alla liquidazione di onorari a vacazione, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che per attività ultimate dopo la scadenza del termine, il giudice di merito, nell'impossibilità di sceverare quale parte dell'incarico - che implica studio e predisposizione di appunti, bozze, schemi preparatori, e non solo la redazione della copia finale presentata - sia stata svolta prima del termine e quale dopo, può ritenere di ricorrere ad un criterio riduttivo mutuato dall'ultima parte dell'art. 52 del d.P.R. n.115/2002, ossia la riduzione di un terzo.
La norma che esclude il compenso per il periodo successivo alla scadenza del termine opera infatti nel senso di impedire che siano attribuite vacazioni computabili oltre il numero massimo calcolabile per i giorni compresi nel termine concesso, ma non consente di acquisire senza compenso la prestazione. Se per la prestazione è previsto il compenso a vacazioni, detto compenso è limitato da una soglia massima, costituita dalle vacazioni possibili nell'arco di tempo stabilito dal giudice per la consegna tempestiva, secondo il limite giornaliero di vacazioni (Cass. civ., sez. I, 18 settembre 2015, n.18331). Poteri e limiti
In tema di consulenza tecnica d'ufficio , rientra nel potere delconsulente tecnico d'ufficio attingere aliunde notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purchè ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio (Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2010, n.1901; Cass. civ., sez. I, 23 maggio 2008, n.13428; Cass. civ., sez.III, 6 novembre 2001, n. 13686).
Al riguardo va precisato che la mera anticipazione del parere sulla base dei primi riscontri effettuati dal CTU, sebbene costituisca un'irregolarità, non dà luogo, in sè considerata, a nullità della consulenza, neppure nel caso in cui il consulente concluda poi in senso difforme dal parere originariamente espresso (Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 1971, n. 3691).
E tuttavia occorre chiarire entro quali limiti è legittimo l'esercizio di tale facoltà da parte del consulente e quali siano i dati, le notizie, i documenti che egli può acquisire aliunde.
Il criterio guida è che si tratta di un potere funzionale al corretto espletamento dell'incarico affidato, che non comporta alcun potere di supplenza, da parte del consulente , rispetto al mancato espletamento da parte dei contendenti al rispettivo onere probatorio.
Esso viene legittimamente esercitato in tutti i casi in cui al consulente sia necessario, per portare a termine l'indagine richiesta, acquisire documenti in genere pubblici non prodotti dalle parti e che tuttavia siano necessari per portare a termine l'indagine e per verificare sul pianotecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette e nel contraddittorio delle parti, acquisire documenti non prodotti e che possano essere nella disponibilità di una delle parti o anche di un terzo qualora ne emerga l'indispensabilità all'accertamento di una situazione di comune interesse.
Il CTU può anche acquisire dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti, indicando la fonte di acquisizione dei dati per consentire loro di verificarne l'esatto e pertinente prelievo ( Cass. civ., sez. III, 23 giugno 2015, n.12921).
Inoltre, se è vero che la consulenza tecnica non può supplire alla deficienza delle allegazioni o prove offerte dalla parte, è pur vero che, ai sensi dell' art. 194 c.p.c., comma 1, il CTU può assumere informazioni da terzi e procedere all'accertamento dei fatti costituenti presupposti necessari per rispondere ai quesiti postigli, semprechè si tratti di fatti accessori rientranti nell'ambito strettamente tecnico dell'incarico affidatogli e non di fatti e situazioni posti direttamente a fondamento delle domande o delle eccezioni delle parti. A mente dell'art. 198 c.p.c., comma 2il CTU può anche, previo consenso di tutte le parti, esaminare documenti e registri non prodotti in causa ( Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2013, n.2251), ma non ha il potere di accertare i fatti posti a fondamento di domande ed eccezioni, il cui onere probatorio incombe sulle parti, atteso che se sconfina dai limiti intrinseci al mandato conferitogli dal giudice, tali accertamenti sono nulli per violazione del principio del contraddittorio, e, perciò, privi di qualsiasi valore probatorio, sia pure indiziario ( Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2012, n.14655).
Il consulente di ufficio può avvalersi dell'opera di uno specialista senza che sia, all'uopo, necessaria la preventiva autorizzazione o la successiva ratifica delgiudice procedente, sempre che lo stessoconsulente assuma in proprio la responsabilità morale e scientifica dell'accertamento e delle conclusioni raggiunte dallo specialista (Cass. civ., sez. III, 17 aprile 2013, n.9245; Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2006, n.7243). Compenso
Il principio della solidarietà nei rapporti fra il consulente tecnico d'ufficio e le parti del giudizio ordinario, in relazione all'obbligazione inerente al compenso dovuto al primo per l'attività svolta, si fonda sulla natura della prestazione, effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del giudizio nel quale è stata resa, che assorbe e trascende quello proprio e particolare delle singole parti ( Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2014, n. 6736).
A ciò aggiungasi che in tema di compenso per gli ausiliari del giudice, dal disposto della l. n. 319/1980, art. 11e l. n. 794/1942, art. 29si deduce che il provvedimento di liquidazione ha carattere giudiziale, suscettibile di acquistare valore di giudicato in caso di mancata opposizione nel termine di legge da parte di tutti coloro che possono averne interesse ( Cass. civ., sez. III, 30 dicembre 2014, n. 27515). Decreto di liquidazione
Il decreto di liquidazione di cui alla l. n. 319/1980, art. 11ha e conserva efficacia esecutiva nei confronti della parte in esso indicata come obbligata e - finché la controversia non sia risolta con sentenza passata in giudicato, che provveda definitivamente anche in ordine alle spese - ha l'effetto di obbligare il CTU a proporre preventivamente la sua domanda nei confronti della parte ivi indicata come provvisoriamente obbligata al pagamento e solo nel caso di sua inadempienza può agire nei confronti dell'altra, in forza della responsabilità solidale che, in linea di principio, grava su tutte le parti del processo per il pagamento delle spese di CTU e che perdura anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del processo, anche indipendentemente dalla definitiva ripartizione fra le parti dell'onere delle spese ( Cass. civ., sez. VI, 8 novembre 2013, n. 25179; Cass. civ., sez. I, 7 dicembre 2004, n. 22962; Cass. civ., sez. I, 8 luglio 1996, n. 6199).
Il CTU può agire per il pagamento in via ordinaria non solo nei casi in cui sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione, ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto ( Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2008, n. 23586).
La provvisorietà del decreto di liquidazione in esame comporta che la sua efficacia esecutiva concerne la parte nello stesso indicata come obbligata e nella misura stabilita dal detto provvedimento, nel senso che l'ausiliario, fino a quando la controversia non sia decisa con una sentenza che statuisca pure sulle spese di lite, è tenuto a proporre prima la sua domanda nei confronti del soggetto ivi menzionato nella misura indicata in decreto e, solo ove questi resti inadempiente, può agire nei confronti degli altri.
Una volta che la controversia sia stata risolta con sentenza che pronunci sulle spese, il perito dell'ufficio può fare valere le sue ragioni, invece, direttamente nei confronti di ogni parte in virtù della loro responsabilità solidale, indipendentemente dalla definitiva ripartizione dell'onere delle spese stabilita dal giudice, atteso che diversa è la funzione del decreto di liquidazione e della statuizione delle spese di consulenza contenute in sentenza ( Cass. civ., sez. II, 12 novembre 2015, n. 23133). Soggetti obbligati al pagamento del compenso
La consulenza tecnica d'ufficio rappresenta non un mezzo di prova in senso proprio, ma un ausilio per il giudice e, quindi, un atto necessario del processo che l'ausiliare pone in essere nell'interesse generale della giustizia e comune delle parti in virtù di un mandato neutrale, donde, il regime del pagamento delle spettanze del medesimo CTU prescinde dalla ripartizione dell'onere delle spese tra le parti contenuto in sentenza, che avviene sulla base del principio della soccombenza e, concernendo unicamente il rapporto fra dette parti, non è opponibile all'ausiliario (Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2008, n. 23586).
Da ciò consegue che le parti sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo che la controversia, durante la quale il consulente ha espletato il suo incarico, sia stata decisa con sentenza, sia definitiva sia non ancora passata in giudicato, a prescindere dalla ripartizione di dette spese stabilita nella stessa sentenza e, quindi, altresì, ove tale ripartizione sia difforme da quella in precedenza adottata con il decreto di liquidazione emesso dal giudice. L'unica eccezione a tale principio si rinviene nella emissione di un provvedimento incidentale di revoca o modifica del decreto di liquidazione prima della emissione della sentenza a regolazione definitiva delle competenze dell'ausiliario (Cass. civ., sez. VI, 5 novembre 2014, n. 23522; Cass. civ., sez. VI, 8 novembre 2013, n. 25179), atteso che, in tal caso, rimane intatto il diritto del consulente , ai sensi del d.P.R. n. 115/2002, art. 170, di proporre opposizione a tale modifica, facoltà che invece non sussiste una volta emessa la decisione definitiva, rispetto alla quale detto ausiliare perde qualunque legittimazione processuale ad interloquire sul quantum e sul quomodo di realizzazione del proprio credito.
Tale impostazione comporta che se la parte incisa dall'azione esecutiva del consulente proponga opposizione all'esecuzione facendo valere la nel frattempo intervenuta, sentenza di merito che vada ad incidere oggettivamente o relativamente ai soggetti onerati, sulla precedente liquidazione esecutiva ex lege, detta pronuncia non si pone come fatto incidente sul diritto di credito già sorto come neppure sulla identificazione dei soggetti onerati (Cass. civ., sez. II, 12 novembre 2015, n. 23133).
Pertanto il giudice può ripartire le spese della consulenza tecnica d'ufficio in quote uguali tra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa, senza violare, in tal modo, il divieto di condanna di quest'ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica condanna, ma solo esclusione del rimborso considerato che la consulenza tecnica d'ufficio, quale ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno, anzichè mezzo di prova in senso proprio, è un atto compiuto nell'interesse generale della giustizia e, dunque, nell'interesse comune delle parti ( Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2013, n. 1023; Cass. civ., sez. I, 8 settembre 2005, n. 17953).
Il rapporto che connota la presenza del consulente tecnico d'ufficio nel giudizio arbitrale nasce esclusivamente - salva l'ipotesi di intervento, in concreto, di specifici accordi con le parti, anche in merito all'entità del compenso - da un incarico conferito dagli arbitri, a loro volta legati alle parti da un negozio giuridico di natura privatistica ( Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2014, n.6736).
Ai sensi dell' art. 1719 c.c., da tale rapporto di mandato scaturisce l'obbligo del mandante di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato e per l'adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome. Tale disposizione, pertinente al rapporto in esame ove si consideri che, secondo l'orientamento prevalente, gli arbitri non necessitano del consenso delle parti al fine di disporre la consulenza tecnica d'ufficio, e, quindi, di certo non agiscono in loro nome, trova piena rispondenza nella disciplina del rapporto arbitrale. Infatti l' art. 814 c.p.c., prevede che le parti sono tenute, in via solidale, al rimborso, in favore degli arbitri, delle spese, nonchè al pagamento dell'onorario per l'opera prestata, dovendosi nelle prime ricomprendere anche quelle relative alla consulenza tecnica d'ufficio e del funzionamento del collegio, compreso il compenso al segretario ( Cass. civ., sez. I, 23 giugno 2008, n. 17034; Cass. civ., sez. I, 30 dicembre 2004, n. 24260).
Non essendo, quindi, predicabile l'azione diretta del consulente tecnico nei confronti delle parti per ottenere il proprio compenso, dovendo esso rivolgersi agli arbitri che lo hanno nominato, è evidente che la solidarietà passiva è da escludersi in apicibus, dovendo al contrario affermarsi, sulla base del chiaro tenore letterale dell' art. 814 c.p.c., nei rapporti fra le parti e gli arbitri. Orientamenti a confronto
Casistica
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